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Perché la politica? Perché i diritti (culturali)?

Diritti umani e umanità: a partire da Jeanne Hersch di S ILVIA V IDA

5. Perché la politica? Perché i diritti (culturali)?

Coerentemente con il carattere storico dei diritti umani, in Idéologies et réa-

litè Hersch presenta la politica come il mezzo con cui gli esseri umani si sforza-

no di agire sulle proprie condizioni di vita, influendo sulla realtà e assicurandosi lo sviluppo necessario alle loro libertà 52. In tal modo, la filosofia pratica diventa

riflessione politica, analisi attenta alle condizioni sociali, economiche, culturali che possono favorire lo sviluppo della libertà:

Il male esiste. Ed è perché il male esiste che esiste la politica. È il male che la rende necessaria. Da questo punto di vista la politica diventa come il diritto: è la ne- cessità di tenere il male in scacco o piuttosto di limitarne i danni che ha dato la na- scita a entrambi 53.

Qui si evidenzia come alla riflessione di Hersch sui diritti umani sia sottesa, da un lato, la duplice appartenenza della natura umana al regno naturale della forza e al regno kantiano dei fini 54, dall’altro, una distinzione fondamentale tra

libertà in senso politico e libertà in senso esistenziale (o libertà in senso filosofi- co): la prima è lo spazio (vuoto) in cui la seconda può attualizzarsi e svilupparsi. Come scrive Hersch, “[i]n senso politico”, la libertà “è la garanzia di preserva- zione di un vuoto” 55; “[i]n senso filosofico, la libertà designa […] la presenza di

un soggetto che interviene in ciò che non è in lui per trasformarlo, attribuirgli significato e valore” 56.

[…] [U]no stato democratico deve salvaguardare intorno a ogni cittadino libero uno spazio di libertà che costui potrà riempire a suo piacimento di sostanza e di va- lore. L’attuazione dei diritti umani, vista da fuori, presenta necessariamente un aspetto di questo tipo, spiritualmente povero. I cittadini devono allora avere in se stessi di che riempire, di credenze e adesioni, il vuoto preservato per loro. Altrimenti il vuoto resta vuoto, e se non ci sono più cittadini, non c’è più nemmeno democra- zia 57.

È per questo motivo che l’esistenzialismo di Hersch contempla il carattere politico di un assetto sociale: la capacità di libertà di ognuno è accresciuta o di-

52 Cfr. J. HERSCH, Rischiarre l’oscuro. Autoritratto a viva voce, a cura di L. BOELLA, F.

DE VECCHI, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2006, p. 153.

53 J. HERSCH, Idéologies et réalitè. Essai d’orientation politique, Pon, Paris, 1956, p. 94. 54 F. D

E VECCHI, La libertà incarnata, cit., p. 222.

55 J. H

ERSCH, Idéologies et réalitè, cit., p. 118.

56 Ibid., p. 164. 57 J. H

minuita da una politica che garantisca a ogni cittadino occasioni di “fioritura” della propria umanità 58. Ma attenzione: la libertà politica

in sé non è […] nient’altro che uno spazio aperto all’anima […]. In verità, non è li- bertà, ma soltanto possibilità di una libera presenza. Essa preserva un vuoto indi- spensabile […] [e] come affermano in senso peggiorativo i suoi detrattori, è formale, poiché essa è la forma protettrice e sacra del vuoto indispensabile all’altra; la libertà concreta, sola pienezza umana 59

ossia la libertà esistenziale, per la cui realizzazione devono essere garantite le condizioni (formali) della libertà politica.

Allo stesso modo, i diritti umani (civili e politici, economici e sociali, cultu- rali) salvaguardano e rivendicano non solo le occasioni di attualizzazione della capacità di libertà, ma anche l’esercizio di certe attività che favoriscono lo svi- luppo dell’essere umano e che Hersch vede incarnate nei beni tutelati dai cosid- detti diritti culturali: quanto più l’essere umano si forma dando e ricevendo un’educazione culturale, tanto più favorisce lo sviluppo della sua capacità di li- bertà.

Le occasioni da cui originano l’esigenza di incarnare la libertà sotto forma di diritti sono sostanzialmente tre, e sono quelle da cui scaturiscono i diritti civili e politici (i più facilmente esigibili), quelli economici e sociali (che dipendono, molto di più dei primi, dal contesto di sviluppo e dal livello dell’ambiente di vi- ta, e quindi sono più difficilmente esigibili dei primi), e infine quelli culturali 60.

Questi ultimi riguardano più direttamente l’esercizio effettivo della libertà; e se alcuni credono che siano meno necessari dei precedenti (come sappiamo, in ambito liberale essi richiedono giustificazioni ad hoc) di fatto non è così. I dirit- ti culturali sono gli ultimi arrivati nelle dichiarazioni e sono il sintomo di quello che negli ultimi decenni chiamiamo il “moltiplicarsi” di patti, carte, e conven- zioni destinati ad accrescere le occasioni (a livello nazionale e internazionale) per enunciare e diversificare i diritti; e quanto più essi si moltiplicano, tanto meno sembrano esigibili, proprio a causa della diseguaglianza dello sviluppo e dei livelli di vita e della grande diversità delle culture e dei loro imperativi so- ciali 61.

58

Inevitabile, anche in questo caso, il riferimento al pensiero di M. NUSSBAUM, soprat- tutto per come si delinea in Women and Human Development. The Capabilities Approach, Cambridge University Press, New York, 2000 (trad. it. 2001).

59 J. HERSCH, Idéologies et réalitè, cit., pp. 164-165. 60 J. H

ERSCH, I diritti umani da un punto di vista filosofico, cit., pp. 76-82.

61 Si pensi, ad esempio, a quella che è ancora oggi in molte culture la condizione femmi-

nile, rispetto alla quale i diritti sono violati ogni giorno senza che questa violazione sia ne- cessariamente vissuta come tale dalle donne che si tratterebbe di difendere.

Quindi, se è vero che i tentativi fatti per diversificare e concretizzare i diritti umani e tener conto delle condizioni necessarie alla loro effettiva attuazione so- no indispensabili – altrimenti si rischia di ridurne l’esigenza a un’astrazione tut- ta teorica (o, peggio, a un auspicio inefficace) –, nello stesso tempo, il moltipli- carsi dei diritti rischia di renderli meno vincolanti e sempre meno esigibili perché dipendono da condizioni esterne e sfavorevoli sempre più numerose – senza con- tare che certi diritti possono entrare in conflitto con il diritto di ogni uomo di ade- rire a una cultura determinata, senza la quale egli si sente estraneo a se stesso 62.

Tuttavia, i diritti culturali sono ritenuti da Hersch fondamentali per lo svi- luppo della capacità di libertà inteso come sviluppo umano. Del resto, ella insi- ste sulla necessità esistenziale fondata sull’esperienza vissuta del soggetto: ho bisogno di essere riconosciuto dagli altri, altrimenti, simbolicamente, non esisto. Il movente è l’esperienza che ogni essere umano fa della sua dipendenza simbo- lico-esistenziale dal riconoscimento altrui. Si tratta di un riconoscimento simbo- lico che molto ha a che fare con l’identità culturale: se ciò che vivo come essere umano è un’esperienza di dipendenza e fragilità, che è l’essere riconosciuto da un altro, questo significa che l’esistenza di ogni essere umano come tale, la sua esistenza simbolica, è più importante della sua vita biologica o empirica, e quindi più importante del diritto alla vita o del principio di uguaglianza.

Ciò ha ricadute su una certa idea di eguaglianza: l’esistenza simbolica distin- ta dalla vita biologica è ciò che costituisce l’unica uguaglianza concepibile degli esseri umani. Commentando l’art. 1 della Dichiarazione universale, Hersch af- ferma che l’uguaglianza di cui esso parla non è una verità di fatto, ma un’ugua- glianza esistenziale e simbolica. È la (misteriosa) possibilità propria di ogni es- sere umano di essere un soggetto libero e responsabile, cioè capace di libertà 63.

62 Da qui un interrogativo spinoso: i diritti umani culturali concernono prima di tutto le

persone singole (gli individui), o le collettività, (i cosiddetti gruppi)? Nel secondo caso, in- fatti, il paradigma individualistico/soggettivistico e quindi universale del diritti umani entre- rebbe in conflitto, come noto, con la titolarità collettiva – e l’esercizio collettivo – dei diritti culturali, che, per definizione, non possono essere universali, né universalizzabili. Su questo punto la letteratura è sterminata, ma per una sintesi recente dei problemi che la considerazio- ne delle differenze culturali causa all’approccio universalistico (e soggettivistico) dei diritti si rinvia a L. BACCELLI, I diritti dei popoli. Universalismo e differenze culturali, Laterza, Roma-Bari, 2009; F. TEDESCO, Diritti umani e relativismo, Laterza, Roma-Bari, 2009; non-

ché ai loro saggi contenuti in questo volume. Interessante, ma di segno opposto, è S. BEN- HABIB, La rivendicazione dell’identità culturale. Eguaglianza e diversità nell’era globale

(2002), il Mulino, Bologna, 2005, che difende l’universalismo dalle cadute retoriche delle politiche multiculturaliste.

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