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Il “sovversivismo dell’immanenza” come approccio al discorso sui diritti uman

Soggetti in contesto: vulnerabilità e diritti umani di T HOMAS C ASADEI ∗

3. Il “sovversivismo dell’immanenza” come approccio al discorso sui diritti uman

Ripensare i diritti umani legandoli alla semantica della disuguaglianza, indi- viduandone la costitutiva connessione con i bisogni, può contribuire a ridare lo- ro corpo, a radicarli – senza abolirne la tensione universalizzante – alla concre- tezza e pluralità dei luoghi in cui i diritti vengono (o possono essere) rivendicati (ciò che genera, come si vedrà, una prospettiva di “universalismo contestuale, situato, plurale”).

Fin qui si è cercato di mostrare come la prospettiva teorica delineata si di- scosti dal “minimalismo dei diritti”. Vorrei provare a mostrare, ora, come essa si ponga rispetto alle ipotesi di “proliferazione” 76.

La proliferazione dei diritti può essere collegata al processo di globalizza- zione, inteso sia nei suoi aspetti negativi sia nei suoi aspetti positivi, mediante il quale ci si rende conto, seppure gradualmente, dell’“interdipendenza” 77 fra tutti gli uomini. Inoltre, sempre più forte, da più parti, è la consapevolezza che i di- ritti umani, al di là delle loro possibili restrizioni nel “recinto occidentale”, pos- sano essere effettivamente non solo un patrimonio dell’“Occidente” 78 e – dun-

que – universali.

75 Aspetto, questo, che allarga il ragionamento sui diritti allo statuto della persona e alle

modalità di definirla e concepirla, nonché all’idea stessa di umanità. Su questi profili si veda il contributo di Silvia Vida in questo volume.

76 Sul punto si veda, da ultimo, E. P

ARIOTTI, I diritti umani. Tra giustizia e ordinamento

giuridico, Utet, Torino, 2008, in part. pp. 158-162.

77 Sul “modello della interdipendenza”, oltre alle tesi di Tronto, si può richiamare anche

E. WOLGAST, La grammatica della giustizia (1987), Editori Riuniti, Roma, 1991. Cfr. I.

TRUJILLO, Imparzialità e reciprocità nella giustizia internazionale, in F. VIOLA (a cura di),

Forme della cooperazione. Pratiche, regole, valori, il Mulino, Bologna, 2004, pp. 229-273.

78 A questo proposito, si vedano i contributi della sezione monografica di “Cosmopolis”,

1, 2008, dal titolo “Il futuro dei diritti umani” (http://www.cosmopolisonline.it/): Gm. ZA- MAGNI, Dialogo interculturale e diritti umani: a sessant’anni dalla Dichiarazione universale

dei diritti dell’uomo; H. ATLAN, Vers une éthique universelle et pragmatique des droits de

l’homme; H. REDISSI, Islam et droits de l’homme: l’esprit et la lettre; P.W. KAHN, Christia-

nity, National Identity and the Problematic Character of Human Rights in the United States;

A. SHARMA, Religion, Violence and Human Rights: a Hindu Perspective; R. CAVALIERI, I

diritti umani in Cina; E. BABISSAGANA, How to Turn Human Wrongs in Human Rights: le

cas de l’Afrique du Sud (entretien avec A. Calbucci); V. MALAGUTI BATISTA, Diritti (e)

umani nel Brasile contemporaneo. Cfr. L. PINESCHI (a cura di), La tutela internazionale dei

I diritti umani “crescono” – e non possono non crescere (si pensi, oltre a quel- la universale del 1948, alle decine di ulteriori Dichiarazioni, circa settanta: sui diritti delle donne, degli anziani, dei minori, dei profughi, ecc.) – perché è im- possibile elencare, una volta per tutte e in via ultimativa, ciò che spetta a ciascun essere umano “semplicemente” in quanto tale 79. Ciò che risulta centrale, dunque,

non è il rischio della loro continua proliferazione 80, specie se si pensa a questa

avvalendosi di una gerarchia in qualche modo ordinante e a criteri di concatena- zione. Come centrale si configura, piuttosto, la misura, la ponderazione, il “bi- lanciamento” tra i diversi diritti 81, la possibilità concreta, da un lato, di limitarli e

combinarli, dall’altro, di garantirne la rivendicazione ed effettiva tutela 82.

Il potenziale trasformativo ed emancipativo dei diritti, di contro alla loro svalutazione, è stato affermato in maniera perspicua da alcuni autori della già menzionata Critical Race Theory (in origine scaturita dai Critical Legal Studies ma che tuttavia, rispetto ad essi, non rinuncia alla forza “sovversiva” dei diritti): “Le persone possono domandare un cambiamento solo nella logica dell’istitu- zione che stanno sfidando” 83. Un significato analogo possiede l’idea per cui si

deve rispettare la situazione circostanziale, perché solo a partire da essa può prendere le mosse una critica che aspiri ad essere efficace, in quanto capace di sfruttare le caratteristiche intrinseche di uno stato di cose (“potenziale di circo- stanza” 84). Michael Walzer 85 ha definito questa modalità critica come “sovver-

sivismo dell’immanenza”. In tema di diritti, sfruttare il potenziale di circostanza significa attuare attività concrete per garantire identiche opportunità di partenza,

79 Cfr. J. GARDNER, “Semplicemente in quanto esseri umani”: titolari e giustificazioni

dei diritti umani, in “Ragion pratica”, 29, 2007, pp. 413-432; T. ENDICOTT, I diritti umani

sono davvero universali?, in T.MAZZARESE,P.PAROLARI (a cura di), Diritti fondamentali.

Le nuove sfide, cit., pp. 45-63.

80 Su cui si veda comunque C. W

ELLMAN, The Proliferation of Rights. Moral Progress o

Empty Rhetoric, Hart Publishing, Oxford, 1999.

81 Uno sguardo d’insieme è fornito da G. PINO, Conflitto e bilanciamento tra diritti fon-

damentali. Una mappa dei problemi, in “Ragion pratica”, 28, 2007, pp. 219-276, cui si rin-

via anche per un quadro esaustivo della letteratura sull’argomento.

82 Uno dei punti dolenti del discorso dei diritti – come osservava Bobbio – è proprio il pro-

blema del loro effettivo rispetto: N. BOBBIO, L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990, p. 5 ss.

83 K. CRENSHAW, Legittimazione e mutamento nelle norme contro la discriminazione, in

Legge, razza e diritti, cit., p. 123.

84 F. JULLIEN, Trattato dell’efficacia (1997), Einaudi, Torino, 1998. Il “potenziale di cir-

costanza” rappresenta uno snodo fondamentale del ragionamento normativo: si veda Gf. ZA- NETTI, Introduzione al pensiero normativo, Diabasis, Reggio Emilia, 2004, pp. 43-46. Jullien

è tornato di recente sul rapporto tra “momento della concretezza” e “universalismo” in

L’universale e il comune. Il dialogo tra culture (2008), Laterza, Roma-Bari, 2010.

85 M. W

ALZER, Geografia della morale. Democrazia, tradizioni, universalismo (1994),

mediante le quali tendere a una piena autonomia della persona 86. La promozio-

ne del cambiamento giuridico e sociale si otterrebbe, quindi, attraverso un ri- chiamo militante al diritto, dall’interno della società stessa. E per far questo la logica dei diritti – anziché ridotta al minimalismo – può richiedere il supporto di azioni positive di “parificazione”, ispirate dal principio dell’eguaglianza sostan- ziale (cfr. § 2).

Attraverso la “logica sovversiva dei diritti”, si può ridisegnare anche la con- cezione dell’“universalismo” (e, correlativamente, del “particolarismo” e del “contestualismo”) 87. Il discorso sull’universalismo, letto attraverso la chiave

del sovversivismo dell’immanenza, può essere portato al livello della semanti- ca della disuguaglianza e della vulnerabilità e, in altri termini, al livello di quella che alcuni autori interpretano come esperienza della sofferenza, del do-

lore, della subordinazione, dell’umiliazione – quella che Klaus Günther defini-

sce “the experience of pain and humiliation” 88 – da cui il punto di vista critico

trae la sua fonte normativa e motivazionale ultima. Se l’individuazione della vulnerabilità costituisce la fonte universalistica della critica, il particolarismo risulta dalla creatività delle risposte che si danno ad un universale bisogno di fuggire l’esperienza dell’oppressione: “le esperienze che portano alla creazione di un diritto hanno il più delle volte a che fare con il dominio e la schiavitù, cioè con l’oppressione, la vulnerabilità e la paura, e in generale con l’esercizio del potere” 89.

Una tale prospettiva implica quella peculiare genesi dei diritti a partire dagli atti di rivendicazione, dal claiming, che Joel Feinberg ha introdotto nel dibattito

86

Cfr. G. TORRES,L.GUINER, Il canarino e la nozione di political race, in Legge, razza e

diritti, cit., pp. 127-141.

87 Per un quadro dei molteplici modi di intendere l’universalismo, anche in relazione alle

diverse modalità di concepire “il particolare”, si veda S. BENHABIB, La rivendicazione del-

l’identità culturale. Eguaglianza e diversità nell’era globale (2002), il Mulino, Bologna,

2005, pp. 49-51. Per una disamina dei numerosi volti dell’universalismo, dei suoi aspetti problematici oltre che delle sue potenzialità e delle sue “virtù”, si veda L. BACCELLI, I diritti

dei popoli. Universalismo e differenze culturali, cit., le cui tesi fondamentali sono riprese an-

che nel saggio dello stesso Baccelli raccolto in questo volume.

88 K. G

ÜNTHER, The Legacies of Injustice and Fear. A European Approach to Human

Rights and their Effects on Political Cultural, in Ph. ALSTON (ed.), The EU and Human

Rights, Oxford University Press, Oxford, 1999, pp. 117-144, p. 127. Dello stesso Günther si

veda, per una definizione articolata e “operativa” di universalismo, Der Sinn fur Angemesse-

nheit: Anwendungsdiskurse in Moral und Recht, Suhrkamp, Frankfurt am Main, 1988. Per

una puntuale elaborazione della nozione di “umiliazione” si veda l’opera di Avishai MAR- GALIT, La società decente (1996), Guerini e Associati, Milano, 1998.

89 M. W

ALZER, Due specie di universalismo, in “Micromega”, 1, 1991, pp. 127-145, a p.

teorico-giuridico 90 e che Luca Baccelli, nel contesto delle intense discussioni

sull’origine e il fondamento dei diritti, ha proposto all’attenzione attraverso l’idea provocatoria del “particolarismo dei diritti” 91. Nell’impegno volto ad af-

fermare e rivendicare diritti e nella mobilitazione per ottenerli può rinvenirsi un elemento “generalmente umano” e dunque, in qualche modo, universalistico. Nel linguaggio dei diritti si può riconoscere “il gesto tipicamente umano, di sol- levarsi e di reagire, di affermare la propria dignità”, un gesto che però si muove a partire da concrete, particolari e specifiche esperienze/situazioni di oppressio- ne e di vulnerabilità. La lotta per l’affermazione dei diritti richiede, oltre che la conoscenza di princìpi, la conoscenza e la comprensione delle strutture sociali, delle questioni istituzionali e la capacità di agire sui “sistemi” 92. In altri termini,

occorre che i princìpi si radichino nelle strutture sociali affinché si dia giustizia

nella storia. La logica della giustizia ha bisogno di un luogo materiale e istitu-

zionale in cui funzionare 93, necessita di contesti, della consapevolezza che i

soggetti si trovano in particolari situazioni e tipi di relazioni.

Sempre Günther, richiamandosi alla teorizzazione di Walzer e di Richard Rorty, tratteggia, a questo proposito, un universalismo “complesso” e connesso alla “rivendicazione” 94. È quest’ultimo che può legarsi, concretamente, alla voi- ce and action degli individui, alle loro lotte e ai loro conflitti: il “right to voice”

assume un rilievo centrale nel processo di formazione e implementazione dei diritti e scardina – entro una dinamica che fa leva sulle istituzioni – la logica che porta una parte di umanità, i soggetti più vulnerabili, a “beneficiare” del solo “diritto al silenzio”. I diritti si generano dalla percezione delle esperienze nega-

90 J. FEINBERG, The Nature and Value of Rights, in “Journal of Value Inquiry”, 4, 1970,

pp. 83-84.

91 Si vedano, L. BACCELLI, Il particolarismo dei diritti. Poteri degli individui e paradossi

dell’universalismo, Carocci, Roma, 1999 (cfr., per una dettagliata disamina, T. MAZZARESE,

Diritti fondamentali fra particolarismo e riaffermazione dell’universalismo, in “Ragion pra-

tica”, 17, 2001, pp. 205-213); ID., Dieci anni dopo. Il particolarismo dei diritti, in S. VIDA (a

cura di), Diritti umani. Trasformazioni e reazioni, cit., pp. 61-83; ID., I diritti dei popoli.

Universalismo e differenze culturali, cit. Va precisato che si sviluppa in questa sede una

reinterpretazione della prospettiva indicata da Baccelli.

92 In tal senso si veda G. PALOMBELLA, La tutela dei diritti, le discriminazioni, l’ugua-

glianza. Dai diritti umani ai diritti fondamentali, in “Ragion pratica”, 23, 2004, pp. 381-409,

p. 396, il quale concepisce i “diritti fondamentali” come specificazione dei “diritti umani”.

93 In tal modo i diritti umani, “sottili”, vengono a far parte delle rappresentazioni di sé

che una comunità compie, divenendo “spessi” o, seguendo l’argomentazione di Palombella, “fondamentali” (ibid.).

94 K. GÜNTHER, The Legacies of Injustice and Fear, cit., pp. 119-124 (il riferimento è a

R. RORTY, Human Rights, Rationality, and Sentimentality, in S.SHUE,S. HURLEY [eds.],

Human Rights, Basic Books, New York, 1993, pp. 111-134 [I diritti umani, Garzanti, Mila-

tive, dalla concreta condizione della sofferenza, della paura, dell’ingiustizia: “a human right is the rejection of a concrete historical experience of injustice and fear” 95.

Si delinea, così, una visione della vulnerabilità come generale condizione umana che si concretizza nelle società in diverse forme ma che risulta comun- que – e sempre – universalmente da contrastare. È in tal senso che si può parlare di un peculiare “universalismo della vulnerabilità” 96. Il dolore e l’umiliazione,

la sofferenza, i modi in cui la vulnerabilità si estrinseca, sono correlati all’op- pressione e alle situazioni di pericolo che si danno nelle diverse società 97 e che,

se si assume la prospettiva emancipativa dei diritti umani, sono sempre e co- munque – in ogni luogo – un male 98. Affiora, così, la prospettiva di un “univer-

salismo contestuale” 99, tale per cui valori e principi, che scaturiscono all’interno

di una determinata cultura e di un determinato contesto, possono essere accetta- bili anche da altre culture.

Sotto questo profilo, le circostanze del contesto, i suoi dettagli, così come i suoi margini e confini, diventano estremamente rilevanti: “il circostanziale non

95 Ibid., p. 127. Günther accenna qui anche al contributo che Carlos S. Nino ha offerto al

dibattito nel cercare di tenere insieme la complessità delle diverse tradizioni e il “claim to universalism” (C.S. NINO, The Ethics of Human Rights, Clarendon, Oxford, 1991).

96 Per una messa a fuoco di questa concezione, che assume la vulnerabilità come costitu-

tiva dell’esistenza umana, cfr. E. FERRARESE, Vivere alla mercé. Figure della vulnerabilità

nelle teorie politiche contemporanee, in “La società degli individui”, 2, 2010, pp. 21-33.

Sulle possibili prospettive che possono scaturire dalla messa a fuoco della categoria della vulnerabilità, in chiave giuridica, si veda E. OLIVITO, Primi spunti di riflessione su multicul-

turalismo e identità culturali nella prospettiva della vulnerabilità, in “Politica del diritto”,

vol. XXXVIII, n. 1, 2007, pp. 71-110.

97 Il programma di Rorty “ritiene che l’unico vincolo necessario è la consapevolezza del

fatto che l’umiliazione è una sofferenza per tutti” e dunque che il progresso verso una mag- giore solidarietà dipende “dalla abilità di considerare sempre di più le tradizionali differenze (di tribù, di religione, di razza, di usanze, e simili) come prive di importanza quando messe a confronto con le somiglianze in rapporto al dolore e all’umiliazione” (R. RORTY, La filosofia

dopo la filosofia. Contingenza, ironia, solidarietà [1989], Laterza, Roma-Bari, 1989, pp.

111, 221).

98 Per un’analisi della “sofferenza”, entro una dimensione concettual-categoriale, si veda B.

PASTORE, Per un’ermeneutica dei diritti umani, Giappichelli, Torino, 2004, pp. 43-44, il quale

si richiama, tra gli altri, alle riflessioni di Paul Ricoeur. La tesi secondo cui il valore assoluto dei diritti umani riguarda il valore ultimo della dignità umana, che implica il dovere di non fare mai soffrire un essere umano, è stata sostenuta da M.A. CATTANEO, Diritti dell’uomo, non di-

ritti delle culture, in “Sociologia del diritto”, 1, 2002, pp. 9-15, p. 14. Per un altro tipo di ap-

proccio si veda il saggio di Francesco Belvisi più volte citato e raccolto in questo volume.

99 Una prospettiva strutturata di “universalismo contestuale” si rinviene in B. PASTORE,

Per un’ermeneutica dei diritti umani, cit., in part. pp. 25-34, il quale ne illustra ulteriormente

i tratti teorici in ID., Universalismo contestuale, in S. VIDA (a cura di), Diritti umani. Tra-

è più concepito come ciò che sta attorno (circum-stare), semplice accessorio o dettaglio (che accompagna quel che sarebbe l’essenziale della situazione o del- l’evento – e che perciò rinvia ad una metafisica dell’essenza); ma è attraverso di esso che il potenziale avviene – precisamente in quanto potenziale di situazio- ne” 100. Un approccio contestuale ai diritti umani può essere visto, allora, come

un incremento di potere della comprensione e interpretazione dei fenomeni, nonché come un supporto decisivo del progetto di emancipazione dei soggetti che intende i diritti umani come “ragioni per l’azione” 101.

L’articolazione del “sovversivismo dell’immanenza”, e la costante attenzio- ne ai dettagli dei contesti (ovvero alle condizioni materiali e di vita dei sogget- ti), che ne costituisce il basilare presupposto, rinvia alla possibilità di concepire un “diritto diseguale”, radicato nelle contingenze che strutturano il contesto stesso; le diverse forme di azione positiva hanno il vantaggio di permettere a in- dividui e gruppi subordinati (a partire dal riconoscimento della semantica della disuguaglianza, e quindi in base al genere, alla differenza razziale, alla disparità dovuta alla disabilità: § 2) di godere dei benefici di una attenzione particolare alle specifiche condizioni di subordinazione, e dunque di consentire loro, attra- verso tecniche che agiscono entro gli spazi sociali e istituzionali, il raggiungi- mento di una eguale dignità. Non si tratta però – come vorrebbero far sembrare i critici del contestualismo – di regredire verso strutture giuridiche e sociali im- perniate esclusivamente sulle differenze, sugli status, sulle particolarità. Si trat- ta, piuttosto, di muoversi entro un nuovo equilibrio che riconosce l’inelimina- bile tensione, ma al contempo anche la possibile integrazione, tra eguaglianza e diversità, tra universalità e contesti, tra una artificialità necessaria e una realtà che non può essere cancellata o occultata. Un approccio siffatto non contempla un’unica misura – così come un unico soggetto indifferenziato e scorporato – ma il convivere, appunto, di una “misura oggettiva”, che fa riemergere la gene- ralità della regola, e una “misura soggettiva” che ne consente la concretizzazio- ne 102. Tale esito è attestato dalla logica del “diritto diseguale”, imperniato sul

100 F. J

ULLIEN, Trattato dell’efficacia, cit., pp. 20 e 26.

101 Cfr. J. R

AZ, I valori tra attaccamento e rispetto (2001), Diabasis, Reggio Emilia,

2003, pp. 39-68.

102 S. RODOTÀ, Dal soggetto alla persona, cit., p. 376. Non si tratta dunque, come aveva

ammonito Letizia Gianformaggio, di sostituire il valore dell’eguaglianza con quello della differenza: Correggere le diseguaglianze, valorizzare le differenze: superamento o raffor-

zamento dell’eguaglianza?, in “Democrazia e diritto”, 1, 1996, pp. 53-72. La tesi che richie-

de il riconoscimento delle specificità – delle donne, ma il discorso può essere esteso a tutti gli altri soggetti che si ritrovano in condizioni di subordinazione e oppressione – si aggiunge, ma non sostituisce la richiesta di eguaglianza e di correzione delle diseguaglianze. Ha di re- cente riportato l’attenzione su questo approccio T. MAZZARESE, Eguaglianza, differenze e

riconoscimento della differenza che diviene disparità: il fine – universale – del- l’eguaglianza può richiedere misure – specifiche – di sostegno. In tal modo, la persona debole, vulnerabile, può prendere la parola, esercitare libertà e respon- sabilità, ovvero la sua capacità di autonomia; può mostrare il suo volto e il suo corpo. La rivendicazione delle differenze diviene, in questa chiave, una prose- cuzione della lotta per l’eguaglianza.

Nell’ambito della riflessione svolta, il tema della vulnerabilità si lega – ri- mettendolo in gioco rispetto all’esclusione provocata dal minimalismo – a quel- lo della dignità umana. Diventa saliente, come è stato osservato, “che le persone abbiano assicurate le condizioni affinché la loro vita possa essere considerata e sentita come una vita che valga la pena di essere vissuta (oltre che garantita in quanto tale), attraverso l’eliminazione delle forme di vulnerabilità e l’elimina- zione della sofferenza socialmente generata, che erode le basi della dignità, del- l’eguale rispetto e della reciprocità dei riconoscimenti” 103. Il valore dei diritti –

e il loro futuro – riguarda pertanto, sul piano assiologico-normativo, il valore ultimo della dignità, che implica a sua volta il dovere etico di prendersi cura, oltre che di se stessi, anche degli altri, nonché, sul piano strettamente giuridico, la messa in atto di tecniche che consentano ai soggetti più deboli di essere posti in condizione di poter esercitare concretamente i loro diritti.

È indubbiamente un “diritto faticoso” 104 quello che emerge da questo ap-

proccio ai diritti umani: esso si misura con le complicazioni che derivano da una presa d’atto realistica dei processi e delle pratiche sociali, nonché con una ten- sione etica che guarda alla persona in relazione a tutto ciò che ad essa si connet- te (e tali complicazioni rinviano sul piano teorico-analitico, come si è visto, alla problematicità di un diritto diseguale, ai nodi del rapporto tra diritti e bisogni, nonché alla precisa individuazione delle forme dei conflitti e del possibile bi- lanciamento tra diritti) 105. Certamente, esso non ha la linearità del modello mi-

nimalista. Quest’ultimo sfoltisce la selva dei diritti ma – semplificando le po- tenzialità di conflitto tra soggetti, tra movimenti collettivi e tra i diritti stessi –

103 B. P

ASTORE, Per un’ermeneutica dei diritti umani, cit., p. 44.

104 S. R

ODOTÀ, Dal soggetto alla persona, cit., p. 375.

105 L’interrelazione tra piano teorico-analitico, politico-empirico (di disamina dei proces-

si materiali della realtà) ed etico-normativo pare fornire le chiavi per un approccio che colga i segni più profondi delle sfide odierne in materia di diritti umani, a partire dalla materialità dei rapporti e dalla pienezza della vita nelle sue molteplici sfaccettature, nonché dai molte- plici modi per negarla o sfregiarla. Altri autori hanno segnalato l’opportunità di cogliere questa esigenza rivendicando la necessità di una “teoria impura” dei diritti: se Luca BAC- CELLI, “Ex parte populi”. Per una teoria impura dei diritti, cit., rivendica la contaminazione tra livello teorico e livello retorico (ma potremmo anche dire, politico), dal canto suo, Gemi-

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