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Ipotesi di articolazione: a partire da una semantica della disugua glianza

Soggetti in contesto: vulnerabilità e diritti umani di T HOMAS C ASADEI ∗

2. Ipotesi di articolazione: a partire da una semantica della disugua glianza

Pier Cesare Bori ha recentemente sostenuto la necessità di una “conversione verso il basso” 17 del discorso sui diritti umani. Esso dovrebbe prendere origine

dalla pluralità dei contesti, delle culture, delle religioni e degli stili di vita, poi- ché “non si tratta del fallimento o del successo di un’idea, bensì del destino e delle possibilità di vita di esseri umani reali” 18.

Assumere questa prospettiva – di umanizzazione e concretizzazione del di- scorso sui diritti – significa naturalmente “prendere sul serio” non solo la logica funzionale dei diritti, ma le molteplici forme di disuguaglianza e di vulnerabilità ad essa connesse; i bisogni delle persone e le modalità di esercizio dei diritti, l’idea stessa di sviluppo umano 19.

17 P.C. BORI, I diritti umani e le culture, nota introduttiva a “I diritti degli altri”, in S.

MATTARELLI (a cura di), Il senso della repubblica. Doveri, Franco Angeli, Milano, 2007, pp. 157-159, p. 158. Cfr. anche, dello stesso autore, Diritti umani e globalizzazione in G. GOZZI,

P.MANZINI (a cura di), L’Occidente e l’ordine internazionale, Giappichelli, Torino, 2008,

pp. 261-274.

18 K.W. M

ERKS, Anthropocentrism, in C. VANDER STICHELE (ed.), Disciples and Disci-

pline. European Debate on Human Rights in the Roman Catholic Church, Peeters, Leuven,

1993, pp. 169-180, p. 180.

19 In questo orizzonte si muove la riflessione di A. F

URIA, “Human discourses”: diritti,

L’indifferenza per le condizioni materiali, sulle quali si struttura il soggetto astratto, enfatizza la distinzione netta tra individui capaci e incapaci, ovvero tra forti (nonché “normali”) e vulnerabili; il mondo del diritto confina questi ultimi in una indistinta area di esclusione, finendo per considerare davvero rilevanti solo le attività a contenuto economico, e comunque riconducibili entro la sfera della libertà negativa, misurando su queste le capacità e legittimando al loro esercizio esclusivamente soggetti “forti” (il maschio adulto, bianco, alfabetizza- to, proprietario). Il soggetto astratto si rivela, in tal modo, come un potente di- spositivo di esclusione.

2.1. Una prima ricognizione può pertanto essere svolta intorno alla semanti- ca della disuguaglianza e di quanto vi è correlato, cioè i valori dell’identità e della dignità 20.

Alcuni filoni di studi critici del diritto – ad esempio quelli della Critical Ra-

ce Theory (CRT) e del Critical Race Feminism 21 – hanno mostrato la frequente intersezione (intersectionality) 22 della forme di vulnerabilità: la subordinazione

razziale si accompagna spesso ad altre forme di subordinazione, di classe, di ge- nere, ecc.; e altre forme specifiche di “accumulo” della discriminazione sono anche, solo per citare un altro esempio, quelle tra genere e disabilità, messe a fuoco nel campo degli studi di genere ma anche nei Disability Studies 23.

ne internazionale allo sviluppo. Ideologie, illusioni, resistenze, il Mulino, Bologna, 2010,

pp. 47-62, la quale si appoggia al paradigma interpretativo di D. GASPER, Human Rights,

Human Needs, Human Development, Human Security: Relationships between Four Interna- tional “Human” Discourses’, Garnet Working Paper, July 2007, n. 20.

20

Un criterio quello della “dignità” che Ignatieff stigmatizza come confuso e controver- so: M. IGNATIEFF, Diritti umani come idolatria, in ID., Una ragionevole apologia dei diritti

umani, cit., p. 56 (cfr. T. MAZZARESE, Minimalismo dei diritti, cit., p. 182). Sulla dignità

come concetto-chiave del dibattito, d’altro canto, si può vedere (anche per un’ampia rasse- gna dei riferimenti bibliografici) P. BECCHI, Dignità, in U. POMARICI (a cura di), Filosofia

del diritto. Concetti fondamentali, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 154-181. Cfr., inoltre, il

contributo di Francesco Belvisi a questo volume: in esso si svolge anche un’accurata tratta- zione del nesso tra identità e dignità.

21 Per un’introduzione alla Critical Race Theory si veda la raccolta di saggi Legge, razza

e diritti, a cura di K. THOMAS, Gf. ZANETTI, Diabasis, Reggio Emilia, 2005. Dalla sua con- vergenza con le teorie giuridiche femministe scaturisce il Critical Race Feminism: per una panoramica si veda Critical Race Feminism: A Reader, ed. by A.K. Wing, New York Uni- versity Press, New York, 20032.

22 Cfr., da ultimo, N. Y

UVAL-DAVIS, Intersectionality and Feminist Politics, in “Europe-

an Journal of Women’s Studies”, 13, 2006, pp. 193-209.

23 Come mostra il report Discrimination Against Women with Disabilities, ed. by M.L.

Beleza, Council of Europe, Strasbourg, 2003. Sulla letteratura in espansione in tema di disa- bilità si veda la bibliografia tematica all’interno della sezione Discriminazione su persone

Del resto è stato osservato che “molte delle Convenzioni che si sono susse- guite nel secondo dopoguerra erano finalizzate a precisare e scandire proprio i diritti di soggetti particolarmente deboli” (vulnerabili, e quindi diseguali) – “quelle sui diritti delle donne, dei minori, dei lavoratori migranti”, “sui diritti dei detenuti, dei prigionieri di conflitti armati”, ma anche quelle delle minoran- ze, delle persone con disabilità 24 – “e/o per specificare il significato e definire le

garanzie di diritti già riconosciuti: così, ad esempio, quelle contro il genocidio, la discriminazione razziale, la schiavitù, la tortura” 25.

Il minimalismo dei diritti tende a semplificare la complessità di questa se- mantica della disuguaglianza, incentrandosi esclusivamente sulla categoria della libertà – e, per giunta, solo nella sua dimensione negativa – e sul criterio della “capacità di agire” (agency, di volta in volta qualificata come free, basic, o hu-

man) 26, abolendo di fatto la discussione sulla libertà positiva, sulla dignità e –

ciò che spesso resta sottotraccia – la possibilità stessa di inquadrare figure sog-

con disabilità sul sito di Labdi – Laboratorio su forme della discriminazione, istituzioni e

azioni positive : <http://www.labdi.it/indicazioni_bibliografiche.html>.

24 Colmando una lacuna nel diritto internazionale, la Convenzione sui diritti delle perso-

ne con disabilità è approdata all’Assemblea generale Onu il 13 dicembre 2006. Essa tutela i diritti di ben 650 milioni di persone e rappresenta il primo grande trattato sui diritti umani del XXI secolo. Al 31 dicembre 2011 è stata ratificata da 109 stati membri e dalla Comunità europea (a firmarla sono stati in 153): <http://www.un.org/disabilities/countries.asp?navid=

12&pid=166>. Per un approccio complessivo: E. Pariotti, Diritti umani e tutela delle perso- ne con disabilità: per una chiarificazione concettuale, in “Rivista critica del diritto privato”,

2, 2004, pp. 305-314 e, più in generale, il contributo di Giampiero Griffo a questo volume; con riferimento alla Convenzione: EAD., Disabilità, diritti umani e azioni positive, in Th.

CASADEI (a cura di), Lessico delle discriminazioni: tra società, diritto, istituzioni, Diabasis, Reggio Emilia, 2008, pp. 159-175; F. SEATZU, La Convenzione delle Nazioni Unite sui dirit-

ti delle persone disabili: diritti garantiti, cooperazione, procedure di controllo, in “Diritti

umani e diritto internazionale”, 2, 2009, pp. 259-280. Sulle profonde implicazioni della di- sabilità sui diritti umani, aspetto che “ha iniziato a ricevere la dovuta attenzione solo negli ultimi anni”, si veda, ad es., la voce Disabilità, in S. MARKS,A.CLAPHAM, Lessico dei diritti

umani, Vita & Pensiero, Milano, 2009, pp. 152-165. Più in generale, per un inquadramento

delle trasformazioni giuridiche derivanti da una specifica messa a punto della questione della disabilità, si veda M.JONES,L.A.BASSER MARKS (eds.), Disability, Divers-ability and Legal

Change, Martinus Nijhoff Publishers, The Hague-Boston-London, 1999.

25 T. M

AZZARESE, Minimalismo dei diritti, cit., p. 200. A questo riguardo Annalisa Furia

ha parlato di un “duplice processo di universalizzazione/espansione e di moltiplicazione/dif- ferenziazione dei diritti riconosciti agli individui […] nel tentativo di riconoscere e protegge- re in modo sempre più efficace i bisogni dei singoli e dei gruppi, di garantirne lo sviluppo e di tutelarne in modo sempre più efficace la sicurezza”: “Human discourses”: diritti, bisogni,

sviluppo e sicurezza, cit., p. 48.

26 In una recente difesa della agency theory, James Griffin ha tuttavia suggerito che que-

sta teoria avrebbe un potere generativo di ampia portata in grado di garantire la maggior par- te dei diritti che sono usualmente proclamati come diritti umani nei documenti internazionali e costituzionali: On Human Rights, Oxford University Press, Oxford, 2008.

gettive espressive della condizione umana, della sua multiformità, nonché della sua fragilità. Questo tipo di approccio rischia di approdare a quel “paradigma chiuso di normalità giuridica” 27, entro il quale chi non è “capace” – ed è dunque

debole, vulnerabile, non pienamente riconducibile entro un parametro di norma- lità – di fatto rischia di essere escluso 28.

Di qui la necessità suggerita dal femminismo giuridico e dalla Critical Race

Theory – di procedere ad una ricognizione e a una mappatura delle diverse for-

me di discriminazione, subordinazione e oppressione 29, spesso intrecciate con la

costruzione (e perpetuazione) di pregiudizi e stereotipi 30. L’oppressione, nel

27 Il riferimento è a S. R

ODOTÀ, Dal soggetto alla persona. Trasformazioni di una cate-

goria giuridica, in “Filosofia politica”, 3, 2007, p. 374. Le ricerche di Stefano Rodotà mo-

strano come la ricezione di filoni di indagine come il femminismo e la teoria critica della razza sia avvenuta, innanzitutto, in alcuni rilevanti settori del pensiero civilistico. Rodotà ha individuato nella categoria di “persona” lo strumento concettuale per superare – in senso concreto e singolare – “il formalismo astratto e scorporato del soggetto di diritto”, così come pensato “sia dalla tradizione positivistica sia da quella giusnaturalistica”: oltre al saggio so- pra citato, si vedano – più estesamente – La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Feltri- nelli, Milano, 2006, e Dal soggetto alla persona, Editoriale Scientifica, Napoli, 2007. Su questo approccio “personalistico”, in grado di ridefinire anche la nozione stessa di dignità umana, si veda il saggio di Francesco Belvisi in questo volume.

28 Che è quanto invece intende contrastare, come si vedrà anche in seguito, l’“approccio

delle capacità” elaborato da Amartya Sen e poi riarticolato da Nussbaum. Cfr. A.K. SEN, La

diseguaglianza. Un riesame critico (1992), il Mulino, Bologna, 1992 (n.e. 2010), pp. 38 ss.,

43 ss., 53 ss., 63-72, 76 ss., 85 ss., 107 ss.; M.C. NUSSBAUM, Diventare persone. Donne e

universalità dei diritti (2000), il Mulino, Bologna, 2001.

29 Per un primo approccio: S. B

ONI, Discriminazione, in M. FLORES, Diritti umani. Cul-

tura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione, 2 voll., Utet, Torino,

2007, vol. I, pp. 489-495. Se la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 ha stimolato la proliferazione della legislazione contemporanea contro la discriminazione, le misure legislative in ambito europeo sono molto recenti: l’art. 6 § 2 del Trattato sull’Unione europea del 1992; l’art. 13 del Trattato di Amsterdam del 1997, ove si prevede che il Consi- glio possa “prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”; l’art. 21 della Carta di Nizza del 2000; nonché varie sentenze della Corte europea di giustizia.

30 Si vedano, a titolo esemplificativo, S. PLOUS (ed.), Understanding Prejudice and Di-

scrimination, McGraw-Hill, Boston, 2003; C. STANGOR (ed.), Stereotypes and Prejudice: Es-

sential Readings, Psychology Press, Philadelphia (PA), 2000; P.-A. TAGUIEFF, La forza del

pregiudizio: saggio sul razzismo e sull’antirazzismo, il Mulino, Bologna, 1994; F. SCHAUER,

Profiles, Probabilities and Stereotypes, Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 2003;

S. BONI, Stereotipo, valore, discriminazione: considerazioni socio-antropologiche, in Th. CASADEI (a cura di), Lessico delle discriminazioni, cit., pp. 23-41. Le forme di oppressione e discriminazione sono sovente introiettate in specifiche configurazioni istituzionali: un esem- pio concreto, a questo riguardo, è quello rappresentato dal cosiddetto “razzismo istituziona- le” studiato dalla Critical Race Theory. Pratiche di razzismo, da quest’angolo prospettico,

senso qui inteso, è un fenomeno strutturale che situa certi gruppi in posizione svantaggiata, e certi altri in posizione avvantaggiata o privilegiata in relazione ai primi. L’oppressione consiste, allora, in “una struttura restrittiva di forze e di barriere tendente alla immobilizzazione e alla limitazione di un gruppo o una categoria di persone” 31.

Sotto questo profilo, la discussione sui diritti umani approda a quello che, negli ultimissimi anni, è stato definito diritto “antidiscriminatorio” 32.

Entro tale discussione, che vede così allargare i confini della ricognizione sui diritti umani e sui soggetti di diritto 33, alcune recenti proposte si configurano

come risposte concrete a condizioni di vulnerabilità/svantaggio: esse partono dal riconoscimento delle situazioni specifiche delle donne, dei gruppi discrimi- nati sulla base della differenza razziale e/o culturale, delle persone con disabili- tà, dei lavoratori svantaggiati, dei migranti. La vulnerabilità, una volta ricono- sciuta, invoca dunque “azioni positive”, la giustificazione di misure che, con espressione controversa, vengono denominate di “diritto diseguale” 34. Quest’ul-

non sono solamente gli atti dichiarati ed espliciti, ma anche quelle decisioni che i decisori “bianchi” (o “europei” rispetto agli “extracomunitari”) erroneamente identificano come comportamenti neutrali (rispetto alla differenza razziale), comportamenti che, in realtà, sono strettamente associati alla “bianchezza”. Il fatto che siano prese decisioni che risentono di questo fenomeno configura una forma di “razzismo istituzionale […] che sistematicamente crea o perpetua vantaggio, o svantaggio, razziale” (B. FLAGG, Ero cieco ma ora vedo, in

Legge, razza e diritti, cit., p. 79). Sulle interconnessioni tra questi aspetti sia consentito rin-

viare a “Razza”, discriminazioni, istituzioni, fascicolo monografico della “Rivista trimestra- le di Scienza dell’amministrazione. Analisi delle istituzioni e delle politiche pubbliche”, a cura di Th. CASADEI, 4, 2007.

31 M. F

RYE, Oppression, in Politics of Reality, Crossing Press, Trumansburg (N.Y.),

1983, p. 11; cfr. I.M. YOUNG, Le politiche della differenza (1990), Feltrinelli, Milano, 1996, pp. 51-84.

32 In una letteratura in costante espansione si segnalano M. B

ELL, Antidiscrimination Law

and the European Union, Oxford University Press, Oxford, 2002, e, con riguardo al contesto

italiano, Il nuovo diritto antidiscriminatorio: il quadro comunitario e nazionale, a cura di M. BARBERA, Giuffrè, Milano, 2007; D. STRAZZARI, Discriminazione razziale e diritto: un’in-

dagine comparata per un modello “europeo” dell’antidiscriminazione, Cedam, Padova, 2008.

Si vedano, inoltre, T. PITCH, I diritti fondamentali: differenze culturali, disuguaglianze socia-

li, differenza sessuale, Giappichelli, Torino, 2004; M.-A. BARRÈRE UNZUETA, Diritto antidi-

scriminatorio, femminismo e multiculturalismo. Il principio di uguaglianza di donne e uomini come strategia per una rilettura giuridica, in “Ragion pratica”, 23, 2004, pp. 363-379.

33 Su questo aspetto, anche con riferimento ai suoi profili problematici: C. MARGIOTTA, I

diritti e l’inflazione dei soggetti, in “Filosofia politica”, 3, 2005, pp. 422-426.

34 Per un inquadramento della nozione si veda A. D’ALOIA, Eguaglianza sostanziale e

diritto diseguale. Contributo allo studio delle azioni positive nella prospettiva costituzionale,

Cedam, Padova, 2002. Una recente attestazione delle molteplici valenze del concetto si rin- viene negli scritti dello stesso d’Aloia e di Tecla Mazzarese, contenuti nel Lessico delle di-

time sono introdotte affinché possano mettere in condizione i soggetti esclusi, costretti al silenzio, di esercitare effettivamente la propria “capacità di agire” e di vedere così riconosciuta appieno la loro dignità.

Le azioni positive si presentano, pertanto, come un modello paradigmatico di “diritto diseguale”: sono, infatti, procedure normative predisposte per realizzare obiettivi di “eguaglianza sostanziale”, a favore di individui e categorie ricono- sciute come deboli o svantaggiate 35.

Il principio di eguaglianza sostanziale consente di inquadrare fattori di diffe- renziazione/svantaggio che dipendono da situazioni a dimensione non solamen- te individuale: dalla identità di genere alla collocazione sociale, all’appartenen- za a gruppi e/o minoranze etniche, “razziali”, culturali. Si passa, quindi, dalla “persona fisica” tutta risolta in “unità di doveri e diritti” 36, alla persona concepi-

ta nelle diverse modalità dell’esistenza, dunque “da una nozione che predica in- differenza e neutralità ad una che impone attenzione per il modo in cui il diritto entra nella vita, e si fa tramite di un diverso insieme di criteri di riferimento” 37.

Puntuali ricognizioni sulla “nuda vita” – e sulle forme di disuguaglianza che la connotano – portano a statuti soggettivi differenziati: la rilevanza attribuita all’essere donna, bambino, anziano, portatore di disabilità, migrante, soggetto debole/incapace/vulnerabile (e, in quanto tale, potenzialmente suscettibile di di- scriminazioni) induce a rimuovere dal procedimento giuridico di costruzione della persona l’indifferenza per la realtà delle condizioni materiali 38.

diseguale (pp. 189-206) e Eguaglianza, differenze e tutela dei diritti fondamentali. Nuove sfide e crisi dello Stato costituzionale di diritto (207-231).

35 Un’analisi delle tecniche di diritto diseguale attuate con riferimento a categorie di “la-

voratori svantaggiati” è offerta da M.V. BALLESTRERO,G.G.BALANDI (a cura di), I lavora-

tori svantaggiati tra eguaglianza e diritto diseguale, il Mulino, Bologna, 2005. Per una radi-

cale messa in discussione della nozione – “fuorviante” e “bizzarra” – si veda T. MAZZARESE,

Eguaglianza, differenza e tutela dei diritti fondamentali, in “Ragion pratica”, 27, 2006, pp.

415-416. Sulla problematicità dell’eventuale connessione tra eguaglianza sostanziale e dirit- to diseguale si era soffermata Letizia Gianformaggio in alcuni degli scritti ora raccolti in

Eguaglianza, donne e diritto, a cura di A.FACCHI,C.FARALLI,T.PITCH, il Mulino, Bologna, 2005, parte I. Cfr., al riguardo, oltre al saggio sopra menzionato di Mazzarese, P. COMAN- DUCCI, Le ragioni dell’egualitarismo. Discutendo con Letizia Gianformaggio, in “Ragion

pratica”, 27, 2006, pp. 387-398. Si veda anche L. GIANFORMAGGIO, Politica della differenza

e principio di eguaglianza: sono veramente incompatibili? (1992), in EAD., Filosofia e criti-

ca del diritto, Giappichelli, Torino, 1995, pp. 81-173.

36 H. K

ELSEN, La dottrina pura del diritto (1960), Einaudi, Torino, 1966, p. 198; ma cfr.,

anche, ID., Teoria generale del diritto e dello Stato (1945), Etas, Milano, 19805, pp. 93-96.

37 S. R

ODOTÀ, Dal soggetto alla persona, cit., pp. 372-373; cfr. ID., La vita e le regole,

cit., p. 25. Per alcuni interrogativi e anche marcate riserve rispetto a questa prospettiva, si veda A. AMENDOLA, Persona e soggetto giuridico nello Stato di prevenzione, in “Filosofia politica”, 3, 2007, pp. 411- 422.

Percorrendo questa via, è possibile mettere in discussione i presupposti an- tropologici del minimalismo che concepisce come unico referente dei diritti un soggetto autonomo, monadico, interessato esclusivamente alla sua sicurezza come singolo e alla sua capacità d’agire. Nella prospettiva di Ignatieff, un sog- getto con capacità d’agire è in grado di fare fronte alle differenze, alle debolez- ze, alle discriminazioni, poiché i diritti “aiutano la gente ad aiutarsi” 39: essi ri-

guardano, eminentemente, il conferimento di potere individuale. Assimilando il concetto di libertà umana a quello di capacità individuale, un tale approccio tende a interpretare i diritti come strumenti funzionali alla tutela e alla garanzia della volontà privata del singolo. Tale concezione “scompositivo-privatistica” 40

prospetta i diritti quali “barriere” volte a impedire arbitrarie intrusioni nelle sfe- re di vita dei singoli individui e atte a rendere tali sfere indisponibili al legislato- re nonché, più in generale, a solidali rapporti di cooperazione strutturati attra- verso regole e processi istituzionali.

In settori della discussione filosofico-giuridica e filosofico-politica contem- poranea, tuttavia, è emersa una critica “all’idea che gli individui siano intera- mente autonomi e autosufficienti” 41. Si tratta di una prospettiva teorica che

cambia radicalmente il discorso sui diritti rispetto alla prospettiva del minimali- smo e che “smentisce il mito” – minimalista, appunto – “che ci vuole cittadini sempre autonomi e potenzialmente eguali: durante la nostra vita, tutti noi pas- siamo attraverso gradi diversi di dipendenza e indipendenza, di autonomia e di vulnerabilità” 42.

2.2. Entro la prospettiva ora indicata, ad essere in gioco sono la valenza normativa e pratica della dignità e del rispetto umani, nonché la loro effettiva concretizzazione attraverso processi di produzione normativa all’interno di con- testi giuridici determinati.

dei diritti fondamentali dell’Unione europea che, appunto, attribuisce rilevanza alle figure

elencate nel testo, aprendo la via alla teorizzazione di un “diritto antidiscriminatorio”.

39

M. IGNATIEFF, Una ragionevole apologia dei diritti umani, cit., p. 59.

40 Mutuo questa efficace espressione da V. M

ARZOCCHI, Le ragioni dei diritti umani, Li-

guori, Napoli, 2004.

41 J. T

RONTO, Confini morali. Un argomento politico per l’etica della cura (1993), Dia-

basis, Reggio Emilia, 2006, p. 153. Attraverso questo percorso Tronto è approdata ad una specifica elaborazione sui diritti dei migranti e, in generale, sul tema dei diritti umani: J. TRONTO, Re-imagining Immigrants as Caring Citizens, dattiloscritto inedito. Per quanto ri- guarda la questione dei diritti umani si rinvia ai suoi scritti più recenti: Human Rights, De-

mocracy and Care, in “The Good Society”, 2, 2007, pp. 38-40; e Feminism, Human Rights, and the Ethics of Care (testo di prossima pubblicazione). Ringrazio Joan Tronto per aver

messo a mia disposizione questi suoi scritti e per il dialogo intrattenuto in questi anni su que- ste tematiche.

42 J. T

Che cosa richiede la dignità umana? Non è sufficiente proclamarla, come ac- cade nei documenti ufficiali e nelle dichiarazioni internazionali, in cui ci si limi- ta ad esaltare in via normativa il valore delle persone a livello universale, ma occorre partire dalla constatazione realistica, per cui in gran parte del mondo gli esseri umani non sono ancora “persone” 43, come attestano emblematicamente le

molteplici violazioni dei diritti e la diffusione, anzi la costante espansione, della condizione più lontana dal riconoscimento e la tutela della dignità umana, “la più orrenda di tutte le privazioni dei diritti umani” 44: la schiavitù. La teoria del

diritto non sembra prestare sufficiente attenzione alla questione, al punto da far- ne un tema del tutto oscurato o interdetto 45. Ciò nonostante ritengo che non si

possa affatto escludere il fenomeno della schiavitù da un’indagine sulla condi- zione attuale (e sul futuro) dei diritti umani, ovvero su ciò che ne rappresenta la più radicale e dura negazione 46. Coercizione e assoggettamento passano attra-

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