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Introduzione Le trasformazioni dell’ordine internazionale

convergenze, complementarietà e deroghe di I SABEL T RUJILLO

1. Introduzione Le trasformazioni dell’ordine internazionale

I “diritti umani” e il “diritto internazionale umanitario” possono essere consi- derati due manifestazioni dell’emergenza del rispetto della persona umana come principio chiave dell’ordine internazionale. Nonostante la storia di questi due fe- nomeni sia risalente nel tempo, l’effetto di entrambi, cioè la rilevanza della perso- na e dei suoi diritti come un bene da proteggere nella e per conto della comunità internazionale, può essere ritenuta una novità degli ultimi quarant’anni di storia.

Questo dato convive comunque con il vecchio modello del diritto interna- zionale come diritto degli stati sovrani, in cui gli individui sono semplicemente “sudditi”. Ancora negli anni Settanta dello scorso secolo – ed è pregiudizio duro a morire nella mente di molti giuristi – il diritto internazionale veniva inteso esclusivamente come il diritto degli stati, o, in ultima istanza, come un diritto intergovernativo, cioè di chi comanda dentro lo stato. Non si può dire che ora non lo sia più, per lo meno perché – si sostiene, in parte con ragione – solo gli stati sono dotati di strumenti capaci di fare rispettare il diritto e dunque di pro- teggere i diritti. Che lo stato sia il protagonista incontestato del diritto interna- zionale però dipende anche da un altro pregiudizio culturale pure difficile da scardinare, cioè la convinzione che il diritto è soprattutto “sanzione”, che la sua caratteristica essenziale è quella della coercibilità 1. In questo senso, si deve so-

1 Si pensi per esempio all’opera di due grandi giuristi, H. K

ELSEN (Il diritto come specifica

tecnica sociale [1941], in ID., la teoria politica del bolscevismo e altri saggi, a cura di R. GUA- STINI, Il Saggiatore, Milano, 1981, pp. 94-121) e N. BOBBIO (Teoria generale del diritto, Giappi-

prattutto dire che lo stato è l’unica entità capace di usare la forza in modo legit- timo 2. Si mette così in secondo piano che il diritto è anche (e soprattutto) regola

capace di guidare il comportamento umano 3. Cambiare questa prospettiva po-

trebbe avere conseguenze interessanti anche sul modo di intendere le trasforma- zioni del diritto internazionale, ma questa linea di riflessione ci allontanerebbe dal tema centrale di questo contributo. Nella linea indicata però si sottintenderà l’idea che il diritto internazionale sia capace di fornire ragioni o standard per guidare l’azione degli stati e delle altre organizzazioni internazionali.

La trasformazione prima richiamata è sorretta, peraltro, da un ripensamento della funzione e del senso dei cosiddetti diritti territoriali dello stato, in linea con l’esigenza della difesa della persona 4. Per esempio, si discute sempre di più la

sempre meno scontata differenza di trattamento tra cittadini e stranieri, differenza che conta notevolmente se si considera – come si è detto prima – che gli stati sa- rebbero i migliori strumenti per la tutela dei diritti. Tutti questi mutamenti si in- quadrano infine in un contesto in cui è sempre maggiore il peso della società civi- le internazionale nella scena mondiale. Nel quadro delle organizzazioni interna- zionali, si intende per società civile l’insieme dei gruppi – non di cittadini né go- verni, né di famiglie o di business (le organizzazioni non governative, le associa- zioni di popoli indigeni, le organizzazioni di volontariato, le fondazioni) – che vogliono sollecitare l’attenzione per questioni fondamentali al fine di influenzare le politiche e le decisioni che le organizzazioni internazionali assumono. Anche a queste il diritto internazionale suggerisce standard e parametri 5.

In questa schematica introduzione bisogna evitare due difetti speculari: quel- lo di chi non percepisce questi cambiamenti continuando a vedere nel diritto in- ternazionale il solo diritto degli stati sovrani, e quello di chi ne esagera la porta- ta, per esempio, banalizzando il ruolo dello stato nell’ordine internazionale. Non è plausibile che l’ordine internazionale possa fare a meno dello stato, ma biso- gna rilevare che il suo ruolo è oggetto di ripensamenti alla luce di istanze globa- li 6. Approfondire questa linea ci allontanerebbe pure dal taglio scelto, che vuole

essere un po’ più limitato.

2 M. W

EBER, La politica come professione (1919), in ID., Il lavoro intellettuale come profes-

sione. Due saggi, Einaudi, Torino, 1948, p. 48.

3 Il riferimento dovuto è a H.L.A. H

ART, Il concetto di diritto (1961), a cura di M.A. CATTA-

NEO, Einaudi, Torino, 2002.

4 Per “diritti territoriali dello stato” si intende indicare i diritti di giurisdizione e di controllo

delle risorse e dei confini. Un importante aspetto del dibattito sul tema riguarda il ruolo che le di-

visioni territoriali giocano nelle teorie della giustizia. Tra i tanti, cfr. T. MEISELS, Territorial

Rights, Springer, Dordrecht, 2005.

5 Per questo modo di intendere per lo meno la pratica dei diritti umani cfr. A.K. S

EN, Elements

of a Theory of Human Rights, in “Philosophy & Public Affairs”, 32, 2004, pp. 315-356.

Il punto di partenza della riflessione vuole essere il confronto tra i diritti umani e il diritto internazionale umanitario, due sistemi dai quali ricavare stan- dard di azione nel contesto internazionale. I due fenomeni in esame attestano innanzitutto come il diritto della comunità internazionale muove – anche se fati- cosamente – in direzioni diverse da quelle per cui era nato nell’epoca moderna. Alle sue origini il diritto delle genti di tradizione romana (il cosiddetto ius gen-

tium) regolava i rapporti tra i popoli, ma anche quello tra i cittadini romani e

quelli che non lo erano. Agli inizi dell’epoca moderna, però, proprio quando il diritto delle genti si prepara a dare origine al diritto internazionale, si sposta l’asse dall’individuo allo stato; il ius gentium si trasforma in diritto tra le genti (meglio dunque indicato dall’espressione ius inter gentes), tra le nazioni allora esordienti in Europa 7, anche se si dota di strumenti che lo rendono capace di in-

cludere altre comunità, come quelle americane appena scoperte 8. Oggi nel dirit-

to internazionale è divenuto (di nuovo) rilevante l’individuo, questa volta sotto il profilo del suo benessere, della sua sopravvivenza, anche se – come già si è detto – questa tendenza non esclude altre concorrenti.

L’obiettivo del mio contributo è quello di definire questi due fenomeni e di costruire alcune riflessioni di carattere filosofico a partire dalla loro considera- zione congiunta 9. Si tratterà dunque, in primo luogo, di cosa si intenda per “di-

ritto internazionale umanitario” e per “diritto (internazionale) dei diritti umani”, cercando di coglierne le logiche sottostanti; in secondo luogo si indagherà su quali siano le differenze e i punti di contatto tra essi. Infine, ci si domanderà se e, se sì, perché il diritto internazionale umanitario abbia una maggiore “presa”, un maggiore successo, nella comunità degli stati e anche nella società civile in- ternazionale rispetto ai diritti umani.

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