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Sui diversi usi del teatro dopo la morte di Cesare: intenti di riabilitazione politica dei cesaricidi mediante l’uso di pièces teatrali Il caso del Brutus di Accio

IL TEATRO DI GN POMPEO MAGNO E LA TEATRALITÀ DELLA POLITICA NEL SECOLO DELLA RIVOLUZIONE ROMANA

16. Dopo il cesaricidio

16.3. Sui diversi usi del teatro dopo la morte di Cesare: intenti di riabilitazione politica dei cesaricidi mediante l’uso di pièces teatrali Il caso del Brutus di Accio

Ancora a teatro e significativamente durante i Ludi Apollinares del luglio del 44 a.C., un secolo dopo la sua prima messa in scena, il Brutus di Accio riaccendeva la propria vocazione politica.

Contrariamente a quanto aveva previsto il pretore urbano M. Bruto370, che aveva organizzato ogni dettaglio della festa prima di allontanarsi da Roma (infatti, spaventato dal comportamento di Antonio, aveva deciso di non assistere ai giochi371), la tragedia prescelta per la rappresentazione fu sostituita con un’altra del medesimo autore, selezionata dal collega nella pretura C. Antonio, sotto la cui direzione si svolsero i ludi dal 6 al 13 luglio372.

Oltre al dispendio di energie nella preparazione della festa (Plutarco373 riferisce di un numero impressionante di belve, di attori di successo scritturati a Napoli, e dell’esortazione a presenziare indirizzata ai nomi più celebri fra i sostenitori dei cesaricidi), la scelta operata da M. Bruto suonava appropriata per molte ragioni ed era evidentemente gradita a Cicerone, il quale tuttavia, come confidava in una lettera ad Attico, non aveva nessuna intenzione di presenziarvi374. Cicerone sapeva bene che “nelle presenti circostanze far celebrare i giochi pubblici è per lui (Bruto) fonte di onore, ma anche doveroso”375, poiché si prestava all’esigenza di un esponente di punta del gruppo dei cesaricidi di riabilitare la propria posizione indicando alla città la via per la quale

370 TH. GELZER, RE X 1 (1917), s.v. Iunius (53), cc. 937-1020; MRR II 321 s.v. M. Iunius Brutus (53).

371 CIC. Att. XV 12,1: “Ludos enim absens facere malebat, statim ait se iturum simul ac ludorum apparatum iis

qui curaturi essent tradidisset. navigia conligebat; erat animus in cursu. interea in isdem locis erant futuri.”; XVIII 2; XXVI 1.

372 CIC. Phil. I 15 ; PLUT. Brut . 21, 3 ; APP. bell.civ. III 23. 373 PLUT. Brut. 21,5-6.

374 CIC. Att. XV 26, 1: “…tabellarius ille quem tibi dixeram me ad Brutum esse missurum in Anagninum ad me

venit ea nocte quae proxima ante Kal. fuit litterasque ad me attulit; in quibus unum alienum summa sua prudentia, idem illud, ut spectem ludos suos.”

375 CIC. Att. XV 26, 1: ”…equidem illos celebrari et esse quam gratissimos mirabiliter cupio idque ita futurum

esse confido et tecum ago ut iam ab ipsa commissione ad me quem ad modum accipiantur hi ludi, deinde omnia reliquorum ludorum in dies singulos persequare.”

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ritrovare l’equilibrio politico, grazie ad un ‘classico’ della drammaturgia, che, oltre ad accordarsi perfettamente con la tradizione filo monarchica di Tiberio Gracco (denigrato per non aver espresso un giudizio negativo in assoluto verso la monarchia, ma solo verso i re ingiusti), puntava a evidenziare le malcelate aspirazioni monarchiche di Cesare.

Proprio l’argomento dell’aspirazione monarchica (del dittatore ucciso) sarebbe stato particolarmente intonato all’argomento della tragedia portata in scena, in considerazione del fatto che M. Bruto era discendente del tirannicida a cui era intitolata la praetexta di Accio.

A questo scopo sarebbe servita una claque mischiata fra gli spalti di un teatro (forse proprio quello di Pompeo) su cui solo Appiano ci informa con parole esplicite: ”c’era la speranza che durante gli spettacoli il popolo, mosso a compassione, richiedesse il ritorno dei congiurati”, mentre Plutarco forse sottintende il medesimo concetto affermando che Bruto e Cassio “nutrivano speranza che questo (che la collera si raffreddasse) sarebbe avvenuto facilmente in folle che si lasciano trasportare da movimenti sconsiderati e repentini”376.

Far rappresentare in teatro una tragedia incentrata sui valori repubblicani poteva risultare provocatorio, ma sembrava appropriato alle vicissitudini della società romana che aveva appena assistito alla eliminazione di un dittatore, un atto di tirannicidio che era ritenuto legittimo dai cesaricidi e un sacrilegio dai cesariani.

Tale rielaborazione teatrale agevolava la factio degli optimates nello sforzo di mostrare la legalità dei propri atti, sfruttando il potenziale emotivo del tema della tirannide di fronte al pubblico.

Come afferma Appiano, per la presenza in teatro della claque dei cesaricidi, a nulla valsero gli sforzi di C. Antonio di correggere le inclinazioni politiche date ai giochi scegliendo il Tereus, tragedia di Accio meno schierata politicamente: “alcuni che erano stati pagati, cominciarono ad invocare il richiamo di Bruto e Cassio, e il resto degli spettatori veniva sollecitato alla compassione”377.

376 APP. bell.civ. III 23, 87: ”…Παρασκευή τε ἦν ἐς αὐτὴν δαψιλὴς καὶ ἐλπὶς ἐν τῆ θέᾳ τὸν δ῅μον ἐπικλασθέντα

καλέσειν τοὺς ἀμφὶ τὸν Βροῦτον.“; PLUT. Brut. 21, 2 : « ὃ ῥᾳδίως ἔσεσθαι προσεδόκων ἐν πλήθεσι φορὰς ἀσταθμήτους καὶ ταχείας φερομένοις.»

377 APP. bell.civ. III 24, 90: «…ἐμμίσθων γάρ τινων ἀνακραγόντων κατακαλεῖν Βροῦτόν τε καὶ Κάσσιον, ἐπεὶ τὸ

λοιπὸν αὐτοῖς θέατρον συνεδημαγωγεῖτο ἐς τὸν ἔλεον, ἐσέδραμον ἀθρόοι καὶ τὰς θέας ἐπέσχον, μέχρι τὴν ἀξίωσιν αὐτ῵ν σβέσαι.» Sull’episodio: GRATTAROLA 1990, 44.

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D’altro canto il pubblico non doveva essere così concentrato sulla messa in scena se la protesta assunse proporzioni tanto preoccupanti che “irruppe una massa di uomini che fece sospendere lo spettacolo fin quando cessarono quelle richieste”378: dalle parole che la nostra fonte usa successivamente si intuisce che la ripresa dello spettacolo, dopo che fu riportato il silenzio, avvenne per intervento di Ottaviano, che era a Roma, e col suo operato mise fine alle speranze dei cesaricidi di poter rientrare in città379.

Quel che accadde in teatro in quel giorno è documentato anche da Cicerone, che in due lettere ad Attico380 (scritte il 9 e l’11 luglio del 44 a.C.) e con maggiore enfasi nella prima Filippica381, riferisce sommariamente circa la sostituzione avvenuta e gli applausi del popolo romano, suscitati non tanto dall’opera in sé quanto dalla sua somiglianza con la situazione di Bruto382.

Concordemente con la descrizione di Appiano, ma tacendo sull’esistenza di una claque predisposta allo scopo e, anzi, sottolineando come fosse concorde la manifestazione, nella prima Filippica Cicerone ricorda con pathos le dimostrazioni del popolo: “Che significato hanno le grida ostili di tantissimi cittadini negli spettacoli gladiatori? E le frecciate in versi del popolo? e gli applausi senza fine all’indirizzo della statua di Pompeo? e quelli rivolti ai due tribuni della plebe vostri avversari?”383. I cittadini, è evidente, hanno ormai preso possesso del mezzo teatrale e con frecciate, applausi e parole in versi trasmettono il proprio favore ai cesaricidi, che sono lontani da Roma. Lo scandalo con cui un tempo l’Arpinate descriveva l’insolentia del pubblico a teatro è ormai un atteggiamento superato, e questi riconosce ora piena legittimità a tali forme espressive: “Io per mia natura di codesti applausi, quando sono indirizzati a dei demagoghi, non ho mai fatto alcun conto; al contrario, però, quando a tributarli sono gli appartenenti ad ogni

378 APP. bell.civ. III 24, 90.

379 APP. bell.civ. III 24, 91: «…Βροῦτος δὲ καὶ Κάσσιος, ἐπεὶ σφ῵ν τὰς ἐλπίδας τὰς ἐν ταῖς θέαις ὁ Καῖσαρ

διέχεεν, ἔγνωσαν εἰς Συρίαν καὶ Μακεδονίαν.» 380 CIC. Att. XVI 5; XVI 2.

381 CIC. Phil. I 36: “Nisi forte Accio tum plaudi et sexagesimo post anno palmam dari, non Bruto putabatis, qui

ludis suis ita caruit, ut in illo apparatissimo spectaculo studium populus Romanus tribueret absenti, desiderium liberatoris sui perpetuo plausu et clamore leniret.”.

382 CIC. Att. XVI 5: “…tuas iam litteras Brutus exspectabat. cui quidem ego [non] novum attuleram de Tereo

Acci. ille Brutum putabat. sed tamen rumoris nescio quid adflaverat commissione Graecorum frequentiam non fuisse; quod quidem me minime fefellit; scis enim quid ego de Graecis ludis existimem.”

383 CIC. Phil. I 15, 36: «Quid enim gladiatoribus clamores innumerabilium civium? quid populi versus? quid

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classe sociale, dalle più alte alle medie fino alle più basse, in conclusione tutti quanti i cittadini, e quando coloro i quali in precedenza di solito cercavano il consenso popolare, lo evitano, per me quelli non sono più applausi ma un vero e proprio giudizio”384.

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