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IL TEATRO DI GN POMPEO MAGNO E LA TEATRALITÀ DELLA POLITICA NEL SECOLO DELLA RIVOLUZIONE ROMANA

2. I ludi gladiatorii: la versatilità politica degli spettacol

Una fedele rappresentazione della struttura della società romana si replicava anche nei giochi gladiatorii, strettamente correlati ai tempi del culto21.

Analogamente a quanto si verificava nei confronti degli spettacoli teatrali, la cultura romana non elaborò sino alla metà del I secolo a.C. uno spazio e un edificio permanente, da destinare alle gare, mentre ritenne il piazzale del Foro compatibile in termini di dimensioni e di forma alle esigenze dello spettacolo, che si avvaleva di gallerie sotterranee(costruite in data non precisabile, nel I secolo a.C.), le quali fungevano da backstage per il personale impiegato nei combattimenti e di strutture lignee temporanee

18 VAL. MAX. IV 5,1: “…a condita urbe usque ad Africanum et Ti. Longum consules promiscuus senatui et

populo spectandorum ludorum locus erat. numquam tamen quisquam ex plebe ante patres conscriptos in theatro spectare sus tinuit: adeo circumspecta ciuitatis nostrae uerecundia fuit.”

19 CANOBBIO 2002, 13.

20 Cic. S. Rosc. 16.47: “Etenim haec conficta arbitror esse a poetis ut effictos nostros mores in alienis personis

expressamque imaginem vitae cotidianae videremus.”

21 Sui ludi gladiatorii: MOSCI SASSI 1992, 46; WELCH 2007, 38ss. Per gli aspetti epigrafici: SABBATINI TUMOLESI 1988; GREGORI 1989; ORLANDI 2004.

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per il pubblico, erette di volta in volta da magistrati di diverso ordine, come espediente propagandistico in vista di elezioni imminenti (cfr. ad esempio, Tav. VIII)22.

Pare accertata la sovrapposizione di tale struttura al Lacus Curtius23, e il suo sviluppo nello spazio lasciato libero dai Rostra24 repubblicani, dal tempio della Concordia25 e dalla Basilica Opimia26, dal tempio di Saturno27 e dei Dioscuri28, dalla Regia29 e dalla Basilica Aemilia30: in considerazione della forma allungata del piazzale la distribuzione degli spalti (che potevano contenere fino a 15.000 persone) avrebbe individuato un’arena ellittica, che avrebbe costituito il precedente più vicino all’anfiteatro stabile (cfr. Tav. VIII fig. 26, 27)31.

L’originaria connotazione sacrale e il legame con il rituale funerario ben presto passarono in secondo piano e anche tale tipologia di spettacoli si trasformò in un’occasione di promozione dei propri progetti elettorali e di propaganda politica: forse complice anche una simile circostanza, gli spazi alternativi al Foro si iniziarono a cercare proprio negli ultimi decenni della repubblica. Secondo Plinio, l’inventore dell’anfiteatro sarebbe stato Caio Scribonio Curione32 che nel 53 o nel 52 a.C.: “Fece costruire, uno vicino all’altro, due grandissimi teatri di legno, sospesi entrambi a cardini ruotanti in ogni direzione: lo spettacolo antimeridiano dei giochi si teneva nei due teatri orientati in direzione opposta, in modo che l due scene non si disturbassero a vicenda con il rumore; poi d’un tratto i teatri venivano congiunti – risulta che, passati i primi giorni, operazione si faceva anche mentre qualcuno restava seduto – ed una volta accostate le quattro ali si otteneva un

22 Sulla sede dei ludi gladiatorii: VITR. 10 praef. 3; SUET. Iul. 39,1; PLIN. nat. XIX 23; DIO XLIII 23, 3; DIO XXXVII 58, 4.

23 PLATNER ASHBY 19652, s.v. Lacus Curtius, 310; F. GIULIANI, LTUR III (1996), s.v. Lacus Curtius, 166-167. 24 PLATNER ASHBY 19652, s.v. Rostra, 450-451; F. COARELLI, LTUR IV (1999), s.v. Rostra (Età Repubblicana), 212-213.

25 PLATNER ASHBY 19652, s.v. Concordia, aedes, templum, 138-140; A.M. FERRONI, LTUR I (1993), s.v.

Concordia, aedes, templum, 316-320.

26 PLATNER ASHBY 19652, s.v. Basilica Opimia, 80-81; A.M. FERRONI, LTUR I (1993), s.v.Basilica Opimia, 183. 27 PLATNER ASHBY 19652, s.v. Saturnus aedes, 463-465, G. DE SPIRITO, LTUR IV (1999), s.v. Saturnus aedes, 236-237.

28 PLATNER ASHBY 19652, s.v. Castor, aedes, templum, 102-105; I. NIELSEN, LTUR I (1993), s.v. Castor, aedes,

templum, 242-245.

29 PLATNER ASHBY 19652, s.v. Regia, 440-443; R. SCOTT, LTUR IV (1999), s.v. Regia, 189-195.

30 PLATNER ASHBY 19652, s.v. Basilica Aemilia, 72-76; E.M. STEINBY, LTUR I (1993), s.v.BasilicaAemilia, 167- 168.

31 WELCH 2007, 45-55, 70.

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anfiteatro che ospitava i giochi gladiatorii – ma un gladiatore ingaggiato per un gioco ancora più rischioso era lo stesso popolo romano, fatto ruotare sospeso in aria – giochi che comportavano rischi minori di quello che correva il popolo romano quando stava nel teatro mentre ruotava“33.

Più probabilmente l’‘esperimento’ descritto dallo storico sarebbe stato elaborato un ventennio dopo alcune redazioni campane, denominate Spectacula. Diversamente, a Roma, per designare il medesimo edificio si usò il termine Amphiteatra (ossia una forma greca), in relazione al teatro di caccia costruito per il trionfo di Cesare, nel 46 a.C., di cui ci parlano Svetonio e Cassio Dione34.

Come si è detto, le gare ed i combattimenti godevano della stessa versatilità in politica delle organizzazioni di ludi scaenici ed essendo inserite nel novero degli spettacoli pubblici dalla fine del II secolo a.C., furono sottoposte anche alle medesime norme restrittive, le quali, fra gli altri scopi già elencati, si prefiggevano quello di prevenire che l’ambitio portasse al tracollo economico privati cittadini e che così mettesse in crisi l’intera economia di Roma35.

2.1.1. I combattimenti come metafora degli equilibri della società romana

Come è stato già affermato, le regole fondamentali della Repubblica erano trasposte nei ludi gladiatorii attraverso una duplice metafora, resa più evidente dalla centralità fisica e simbolica del contesto più frequentemente utilizzato a questo scopo, il Foro.

In primo luogo, infatti, la divisione dei ruoli fra spettatori e lottatori offriva una conferma della tradizionale demarcazione fra la cittadinanza e coloro che, avendo commesso trasgressioni, ne erano espulsi e condannati a morire contro altri uomini o fiere affamate; in secondo luogo, nella finzione del combattimento, il predominio romano trovava un’efficacissima trasposizione nella necessità che il più debole soccombesse al più forte36.

33 PLIN. nat. XXXVI 117: “operae pretium est scire, quid invenerit, et gaudere moribus nostris ac verso modo

nos vocare maiores. theatra iuxta duo fecit amplissima ligno, cardinum singulorum versatili suspensa libramento, in quibus utrisque antemeridiano ludorum spectaculo edito inter sese aversis, ne invicem obstreperent scaenae, repente circumactis — ut constat, post primos dies etiam sedentibus aliquis —, cornibus in se coeuntibus faciebat ampitheatrum gladiatorumque proelia edebat, ipsum magis auctoritatum populum Romanum circumferens.”

34 SUET. Iul. 37-39; DIO XLIII 22, 3; 23, 4; Sulla notizia, cfr.ETIENNE 1965, 216. 35 MOSCI SASSI 1992, 40.

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Come rileva E. Flaig, nei ludi gladiatorii si manifestava uno dei più grandi paradossi della società romana, poiché i gladiatori erano criminali, cittadini messi al bando o schiavi non più desiderati dai loro padroni, ma nell’arena dovevano dare prova della loro sottomissione ai valori e alla coreografia delle virtù romane: la disciplina, la brillantezza tecnica, l’obbedienza e l’accettazione della morte37.

E’ chiaro, insomma, come non solo la dimensione degli spalti, l’interazione fra finzione e realtà, ma anche il mondo gladiatorio costituisse una componente fondamentale del simbolismo politico romano38: le diverse tecniche di combattimento (contro le fiere, contro i nemici non riconducibili all’ordine e poi con combattimenti mortali) distribuite in crescendo lungo la giornata, affermavano infatti il dominio di Roma sulla natura, sui popoli incivili e su tutta l’umanità39.

A dispetto delle tante analogie, sotto un particolare aspetto, che si manifestò dall’epoca augustea in avanti, teatro e combattimenti non erano assimilabili: infatti la preferenza del popolo per la competizione sportiva e le lotte cruente non trovò corrispondenza nella politica culturale imperiale.

La scelta di costruire più spesso teatri che anfiteatri, ritenendo i primi più funzionali all’espressione del potere sacralizzato è stata riconosciuta da P. Gros come l’effetto concreto del disinteresse del principe verso tale categoria di intrattenimento, la quale, al contrario, andò catalizzando tutta l’attenzione del pubblico sui gladiatori40.

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