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Il ruolo del teatro nel periodo dell’esilio di Cicerone: la rivalutazione di un luogo sovversivo

IL TEATRO DI GN POMPEO MAGNO E LA TEATRALITÀ DELLA POLITICA NEL SECOLO DELLA RIVOLUZIONE ROMANA

9. Il primo triumvirato

9.3 Il ruolo del teatro nel periodo dell’esilio di Cicerone: la rivalutazione di un luogo sovversivo

Altre testimonianze delle molteplici potenzialità politiche degli attori, e soprattutto altre occasioni in cui il teatro fu usato come luogo di comunicazione politica, si rintracciano con particolare frequenza nel 57 a.C, momento in cui Cicerone era in esilio e si discuteva del suo rientro, sia dopo l’inizio di agosto, al suo ritorno in città.

L’anno precedente, il 58 a.C., i Romani avevano assistito agli spettacoli seduti sugli spalti di un nuovo teatro, che le fonti dichiarano essere stato realizzato dall’edile M. Emilio Scauro152 ricorrendo per la prima volta al marmo, di tipo luculleo, a innumerevoli statue di bronzo e a mosaici di vetro153. Un edificio-spettacolo, questo, già a partire dalla scelta dei materiali e che mostrava l’interesse del promotore a stupire, ancora prima dell’inizio delle rappresentazioni: non a caso Plinio lo descrive come l’opus maximum, “l’opera più splendida fra quante sono state attuate da mano umana”154. Anche la sua capacità in termini di spettatori sarebbe rimasta ineguagliata dal teatro che Pompeo qualche anno più tardi avrebbe inagurato, pur sfruttando entrambi lo spazio libero del Campo Marzio, l’unico settore compatibile con le esigenze di progetti così imponenti. Siamo informati da Plinio155 e da Quintiliano156 che dopo la conclusione dell’anno di attività il teatro di Scauro fu smantellato per riutilizzarne alcune parti nella domus del costruttore sul Palatino: questi infatti volle appropriarsi di alcune colonne marmoree non solo in funzione di sostegno architettonico ma anche di decorazione e di simbolo di status157. A questo proposito, in considerazione dell’imponenza dell’opera, è difficile credere a Plinio158 (che

151 CIC. Att. II 19, 3: “Sane res erat perturbata. equidem malueram quod erat susceptum ab illis silentio transiri,

sed vereor ne non liceat. non ferunt homines quod videtur esse tamen ferendum; sed est iam una vox omnium magis odio firmata quam praesidio.”

152 E. KLEBS, RE I 1 (19582), s.v. Aemilius (141) cc. 588-589. 153 PLIN. nat. XXXVI 5-6, 50, 114-115, 189.

154 PLIN. nat. XXXVI 114:”Opus maximum omnium quae umquam fuere humana manu facta.” 155 PLIN. nat. XXXVI 50, 189.

156 QUINT. Inst. V 13, 40.

157 MEDRI 1997, 83-110; N. POLLARD, LTUR V (1999), s.v. Theatrum Scauri, 37-38. 158 PLIN. nat. XXXVI 5.

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riferisce un brevissimo periodo di attività dello stabile) e non sarà fuori luogo immaginare che almeno uno degli episodi relativi al 57 a.C., che si analizzeranno qui di seguito, si sia verificato proprio nell’edificio citato poc’anzi159.

Un altro aspetto di cui tenere conto è il nuovo atteggiamento di Cicerone nei confronti del teatro, un sentimento maturato per motivi di opportunità nel periodo dell’esilio. Infatti, benché egli in genere fosse un frequentatore tutt’altro che assiduo dei ludi, proprio nel periodo della sua assenza da Roma, Cicerone era impossibilitato a difendersi di persona e rivalutava in modo particolare le occasioni di spettacolo. Di questa nuova inclinazione si conservano richiami successivi sia nella Pro Sestio sia nell’epistolografia. Nei momenti difficili dell’esilio infatti, la licenza poetica degli attori e le dimostrazioni di affetto da parte della platea, pur non essendo le uniche armi a sua disposizione, sono ciò che Cicerone ricorda e esalta più frequentemente, coerentemente con l’opinione espressa nella Pro Sestio e poi ancora nel de oratore, in cui avvicina l’oratoria alla recitazione, includendo la teatralità fra le doti di cui un buon oratore deve dare mostra160. Agli aspetti già emersi nel discorso di G. Fannio sull’importanza della partecipazione ai ludi come atto sociale e civico, Cicerone aggiunge senza mezzi termini che tali occasioni (giochi e contiones) sarebbero le uniche in cui il popolo si esprime in modo spontaneo ed immediato161. La sfumatura politica implicita nelle manifestazioni di gradimento del pubblico conferma l’impressione che nel II e I secolo a.C. gli spalti gremiti di un teatro non fossero percepiti diversamente dalle altre occasioni di comunicazione politica: tuttavia, mentre queste ultime si erano trasformate frequentemente in scontri violenti - infatti le contiones erano accompagnate da espressioni di dissenso nelle strade, improvvisate o organizzate, le elezioni soffrivano in modo particolare il problema della corruzione, e difficilmente il voto rispecchiava una scelta consapevole - a teatro, la corruzione non avrebbe avuto modo di interferire. Anche se una claque organizzata avesse tentato di

159 PLIN. nat. XXXVI 24, 114. Sul teatro: MEDRI 1997, 83-110; N. POLLARD, LTUR V (1999), s.v. Theatrum

Scauri 37-38.

160 CIC. de orat. I 28, 127; PETRONE 2004, 23-24; 29ss.

161 CIC. Sest. 50, 106: «…nunc, nisi me fallit, in eo statu civitas est ut, si operas conductorum removeris,

omnes idem de re publica sensuri esse videantur. etenim tribus locis significari maxime de (re publica) populi Romani iudicium ac voluntas potest, contione, comitiis, ludorum gladiatorumque consessu. quae contio fuit per hos annos, quae quidem esset non conducta sed vera, in qua populi Romani consensus non perspici posset? habitae sunt multae de me a gladiatore sceleratissimo, ad quas nemo adibat incorruptus, nemo integer; nemo illum foedum vultum aspicere, nemo furialem vocem bonus audire poterat.»

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indirizzare il consenso, difficilmente sarebbe riuscita a condizionare il pubblico - complice anche l’elemento di coinvolgimento ed immedesimazione. Gli spettatori infatti applaudivano in modo blando se prezzolato, e sonoramente solo se libero da censure, quando la situazione rappresentata avesse avuto caratteristiche di somiglianza all’attualità e così facendo trasmettevano in maniera immediata il giudizio e l’appagamento delle proprie aspettative.

Era un fatto comune che a teatro si verificassero riferimenti non sempre benevoli verso i personaggi presenti, talora dettati dal copione e con manifesta intenzione dell’autore di rompere la finzione scenica, talora perché singoli autori dotati di una conclamata personalità artistica decidevano autonomamente quali pièces teatrali portare in scena, se correggerne il testo o la gestualità162.

E’ proprio dalla profonda conoscenza dei meccanismi e degli atteggiamenti che la condizione di spettatore / attore proiettava sui cittadini, che discendevano l’esaltazione della moderatio a teatro ed il tono critico e distaccato di Cicerone, che presenziava ai ludi assai di rado163.

Ma, come afferma C. Nicolet, “Mais le trait de beaucoup le plus intéressant dans ces sortes de manifestations dont le théatre est à la fois l’objet et l’occasion, c’est qu’elles ne concernent pas seulement des individus présents dans l’assistance. Elles prennent en fait le plus souvent naissance du spectacle lui-même, c’est-à-dire du contenu politique qu’il possède en propre, soit par la volonté de l’auteur, soit, grâce à un goût remarquable pour l’allusion, par les organisateurs du spectacle ou les acteurs eux-mêmes”164.

9.4 La rottura della finzione e l’interazione fra spettatori e attori dopo il rientro di

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