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Tra 133 e 121 a.C Il mezzo teatrale nella comunicazione fra partes.

IL TEATRO DI GN POMPEO MAGNO E LA TEATRALITÀ DELLA POLITICA NEL SECOLO DELLA RIVOLUZIONE ROMANA

4. Tra 133 e 121 a.C Il mezzo teatrale nella comunicazione fra partes.

Dalla sperimentazione della factio conservatrice all’acquisizione del teatro da parte del fronte popolare.

Nonostante la separazione fra teatro e politica, soprattutto nella tarda repubblica proprio tale dimensione offriva sia alla popolazione sia ai politici grandi opportunità di espressione.

Alla folla sugli spalti - in assenza di un senso di responsabilità individuale42 - esso permetteva di dare voce ai propri sentimenti (senza per questo essere considerati rivoluzionari), ai politici, agli attori e agli organizzatori consentiva di ottenere visibilità, allo stesso tempo di trasmettere precisi messaggi ed influenzare / rafforzare (adulatio) correnti di opinione, o commentare fatti politici dell’attualità scegliendo le pieces più allusive43. Una debacle a teatro per chi avesse organizzato o preso parte allo spettacolo, o ancora l’insoddisfazione delle aspettative del pubblico, analogamente alla critica sollevata da parte di un attore, costituivano una condanna paragonabile a quella di un tribunale, aggravata dall’impossibilità di replicare.

Contrariamente all’opinione più diffusa nelle fonti circa i potenziali risvolti rivoluzionari del teatro, occorrerà precisare che esso fu sfruttato per affermare il prestigio personale44 e come strumento di comunicazione di massa prima di tutto dalla factio conservatrice, la quale pertanto non si limitò alle più consuete occasioni di propaganda, ma declinò la propria linea anche in campo artistico per suscitare consenso politico.

41 VAL. MAX. II 4,1: "Proximus <a> militaribus institutis ad urbana castra, id est theatra, gradus faciendus est,

quoniam haec quoque saepe numero animosas acies instruxerunt excogitataque cultus deorum et hominum delectationis causa non sine aliquo pacis rubore uoluptatem et religionem ciuili sanguine scaenicorum portentorum gratia macularunt".

42 YAVETZ 1969, 19.

43 LEBEK 1996, 41ss.; FELDHERR 1998, 169ss.; SUSPENE 2004, 329-330. 44 CIC. Mur. 34, 72.

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Tuttavia, come si vedrà, quel che risulta dalle fonti è che almeno sino alla dittatura di Silla il partito degli optimates utilizzò i ludi più come un argomento da citare in discorsi di fronte al popolo in occasione di contiones che come uno spazio da occupare fisicamente e di cui appropriarsi con gesti eclatanti. E’ per reazione, in un secondo momento, che gli esponenti del fronte opposto avrebbero compiuto interventi concreti (tentativi di costruzione di teatri, difesa della gratuità dei posti) nel medesimo ambito.

4.1.1 La propaganda conservatrice e le parole in teatro: il Brutus di Accio

In considerazione di quanto si è già detto, tra le prime forme di propaganda teatrali di orientamento conservatore si registrano le parole sul teatro e quelle in teatro, pronunciate rispettivamente da un console e da un poeta tragico.

Non si può ignorare la composizione da parte del tragico Accio della praetexta intitolata Brutus (datata ai primissimi anni della Rivoluzione Romana), in cui il teatro e la messa in scena sono rispettivamente lo spazio fisico ed il mezzo utilizzato dall’autore in vista di comunicazioni politiche e propagandistiche, né si può trascurare il discorso che G. Fannio45 nel 122 a.C. avrebbe pronunciato da console “De sociis et nomine Latino contra Gracchum”, e in cui il medesimo luogo funge da riferimento simbolico di fronte al popolo, un’orazione, questa, che, indipendentemente dalla sua veridicità, fu trascritta e diffusa con successo come esempio di oratoria e conosciuta anche da Cicerone46.

Con il Brutus Accio esplicitava la propria ammirazione per L. Giunio Bruto47 reputato il ‘fondatore’ della repubblica per aver allontanato il re Tarquinio il Superbo da Roma. Ma in virtù dell’omonimia e della lontana discendenza di D. Giunio Bruto48, patrono dell’autore e trionfatore su alcune popolazioni iberiche, dall’altro Bruto, il padre della repubblica, l’opera si prestava anche a trasmettere un chiaro messaggio politico ai suoi contemporanei. Accio infatti - poeta militante nella factio degli optimates - esaltava l’antico difensore della repubblica e insieme giustificava le azioni del fronte anti

45 F. MÜNZER, RE VI 2 (19582), s.v. C. Fannius, cc. 1987-1991; MRR I 516, s.v. C. Fannius M.f. C.? n. (7). 46 CIC. Brut. 99.

47 VGL. SCHUR, RE Suppl. V (1931), s.v. Iunius (46a), 356-361; MRR I, 1, s.v. L. Iunius M.f. – n. Brutus (46 a supb. 5, 356ff.).

48 F. MÜNZER, RE X 1 (19722). s.v. D. Iunius Brutus Callaicus, cc.1021-1025; MRR I 496, s.v. D. Iunius M. f. M.

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graccano49 che avevano portato all’uccisione del leader popolare, avvenuta nel 133 a.C.; un episodio politico in cui D. Giunio Bruto sarebbe stato coinvolto, se accogliamo la testimonianza di Orosio50.

4.1.2. La propaganda conservatrice e le parole sul teatro: il posto a teatro come argomento politico nella contio di Gaio Fannio

Pur con tutte le cautele imposte dalla precarietà del testo, è il caso di soffermarsi anche sulle parole di Gaio Fannio, che già oratore ed annalista, grazie alla breve alleanza con Gaio Gracco51 aveva ottenuto l’elezione al consolato nel 122 a.C., e poi aveva abbandonato decisamente il fronte popolare per avvicinarsi alla factio degli optimates e diventare collega di G. Opimio52 nel medesimo anno di consolato53.

Come si è detto, il discorso del console è tramandato in forma frammentaria da Giulio Vittore54 ma non è stato riconosciuto dalla critica né autentico né contemporaneo ed è ritenuto una rielaborazione di età posteriore incentrata sulla figura di Gaio55. Se non con queste parole, forse con argomenti simili e scelti in considerazione dell’uditorio a cui si rivolgeva (cittadini residenti a Roma), Fannio avrebbe tentato di illustrare al popolo i tranelli nascosti in una delle proposte di legge presentate da Gaio Gracco, queste ultime strutturate in modo da attirare il consenso di una base più ampia e diversificata possibile56: “Pensate che, se darete ai Latini la cittadinanza, ci sarà ancora posto per voi nelle assemblee (‘in contione’), che potrete ancora partecipare ai giochi (‘ludiis’) e alle feste (‘festis diebus’)? Non capite ancora che quelli là vi porteranno via tutto?”57.

Gaio Fannio cercava insomma di scuotere gli animi dei presenti soffermandosi sulle ripercussioni che avrebbe prodotto la concessione della civitas ai Latini - una proposta

49 MIGLIORATI 2000, 155.

50 OROS. V 12, 7; sul tema: MIGLIORATI 2000, 159.

51 F. MÜNZER, RE II A 2 (19722), s.v C. Sempronius Gracchus (47), cc. 1375-1400; MRR I 517, s.v. C.

Sempronius Gracchus (47).

52 F. MÜNZER, RE XVIII 1 (1939) s.v. L. Opimius (4), cc.673-677; MRR I 520-521, s.v. L. Opmius Q. f. Q. n. (4). 53 PLUT. C. Gracch. 29 (8).

54 IUL. VICT. 11, Rh. Lat., 413,5; ORF4, fr.6 e 7. 55 FRACCARO 1912, 416-417; FERRARY 1983, 53-54. 56 GABBA 1990, 671ss.

57 IUL. VICT. 6, 4, 11 - HALM 1863, alla pagina 402: “Si latinis civitatem dederitis, credo, existimatis vos ita, ut

nunc constitistis, in contione habituros locum aut ludis et festis diebus interfuturos. Nonne illos omnia occupaturos putatis?”; ORF4, 32, fr.3.

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decisamente modesta rispetto a quella di Flacco, di qualche anno prima, che intendeva estendere la cittadinanza a tutti gli Italici.

E’ innegabile che l’attuazione della legge avrebbe riversato a Roma un numero così alto di nuovi cittadini, che coloro che erano presenti alla contio di Fannio (evidentemente cittadini di più lungo corso) non avrebbero trovato posto tanto facilmente in occasioni di aggregazione tradizionalmente loro riservate: di qui la ragionevole insinuazione del console “Nonne illos omnia occupaturos putatis?”. In particolare erano le contiones (si noti che il console non menzioni i comitia) ed i giochi nei giorni di festa, i privilegi da custodire gelosamente e di cui, al contrario, i cittadini in ascolto sarebbero stati privati se non si fossero schierati con l’aristocrazia.

In considerazione della centralità degli spettacoli, del posto a teatro e delle contiones nella vita di ogni cittadino, Fannio era certo di aver toccato le corde giuste, qualunque fosse la composizione della folla che si raccoglieva ad ascoltarlo (la classe benestante, che poteva dedicarsi alla politica senza preoccupazioni economiche, come sostiene Mouritsen58, o la plebe e i liberti, come invece riterrebbe Millar59). La strategia dei conservatori, consisteva in una mimesis che prendesse a modello i popolari, apparentemente “ricorrendo a misure demagogiche che compiacevano la massa popolare, ma (che, in realtà) erano contro l’interesse della collettività”60.

Su un altro aspetto occorre soffermarsi: conseguenza logica del discorso attribuito a Fannio è l’equivalenza fra spettacolo e contiones, un dato che tutti i politici da quel momento in avanti avrebbero tenuto ben presente. Se il ragionamento di Fannio sminuisce le contiones nella loro dimensione politica, tuttavia entrambe erano ritenute dal volgo - poco coinvolto nella politica attiva - degli ambitissimi privilegi, percepite come benefici per nulla secondari derivanti dal possesso della cittadinanza61.

Due sono le circostanze che rendono più complessa la comprensione dell’orazione di Fannio: in primo luogo la dubbia autenticità del documento62, in secondo luogo la difficoltà del lettore moderno a riconoscere piena validità politica agli argomenti usati dal

58 MOURITSEN 2001, 43 fa riferimento a MOREL 1987, 135-137.

59 MILLAR 1984; 1986, 1995 a, 1998; VANDERBROECK 1987; WILL 1991, 1ss.; YAKOBSON 1992, 1999, PURCELL 1994, 678; PINA POLO 1996, 126-150.

60 PLUT. C. Gracch. 29 (8), 4: “Ἡ δὲ βουλὴ δείσασα μὴ παντάπασιν ἄμαχος γένηται, καινὴν καὶ ἀσυνήθη πεῖραν

ἐπ῅γε τοῖς πολλοῖς ἀποτροπ῅ς, ἀντιδημαγωγοῦσα καὶ χαριζομένη παρὰ τὸ βέλτιστον.” 61 NICOLET 1976, 59-60, 494; PERELLI 1993, 234.

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