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IL TEMPIO DEI DIOSCUR

6. Un falso allarme.

6.1. Violenza e ostruzionismo durante le contiones dal Tempio dei Dioscuri nel triennio 89-87 a.C.

Dopo un ventennio per nulla documentato dalle fonti sotto il profilo delle occasioni di comunicazione politica intorno all’edificio, si registra una sorprendente convergenza di forze schierate su fronti contrapposti nel periodo compreso fra 89 e 87 a.C.

Nell’89 a.C. durante i festeggiamenti per la ricorrenza della fondazione del tempio dei Dioscuri, in un giorno che possiamo ricostruire fosse il 27 gennaio102, A. Sempronio Asellione103, nelle vesti di pretore, stava sacrificando ai gemelli circondato dalla folla, secondo quanto raccontano Valerio Massimo, Appiano, e Plinio104. E’ molto probabile che la festa fosse normalmente frequentata dai cavalieri, di cui i Dioscuri erano i patroni. Fra i cavalieri che assistevano alla celebrazione erano presenti numerosi creditori, i quali, se per un verso adempivano a una consuetudine legata alla loro appartenenza all’ordo equester, per l’altro in quella precisa occasione erano mossi da interessi privati, esasperati da alcune recenti disposizioni del pretore, legato alla factio degli optimates105.

Tali provvedimenti, infatti, già nelle premesse si rivelavano particolarmente onerosi per le loro finanze (infatti la soluzione dei prestiti ad interesse era rimessa al giudizio delle corti) e più sensibili ai problemi dei debitori106.

Scrive Appiano: “I creditori, sopportando di mal animo che egli così rinnovasse la legge antica, lo uccisero in questo modo. Asellione faceva un sacrificio nel Foro ai Dioscuri, mentre la folla, come suole nei sacrifici, gli stava attorno. Essendo stata lanciata contro di lui prima una pietra, egli gettò via la fiala, e si diresse di corsa verso il tempio di Vesta. Gli assalitori, corsi dinnanzi, gli impedirono l’entrata nel tempio e lo uccisero mentre cercava di fuggire in una taverna. (…) Il Senato fece bandire come premio, nel caso che qualcuno fosse in grado di fornire indizi circa l’uccisione di Asellione, una somma di denaro, se era

102 Ov. fast. I 705-708. Sull’episodio, BADIAN 1969, 477.

103 F. MÜNZER, RE II A 2 (19722), s.v. A. Sempronius Asellio (17), cc. 1363-1364; MRR II 33, s.v. A.

Sempronius Asellio (17); MRR III 188, s.v. A. Sempronius Asellio (17). 104 LIV. Per. 24; VAL. MAX. IX 7,4; APP. bell.civ. I 54, 232-239;

105 BADIAN 1968; BADIAN 1969, 475-481. 106 BADIAN 1969, 479; GABBA 1972, 791.

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un libero, la libertà se era un servo, e la impunità se era complice. Nessuno fece rivelazioni dato che i prestatori di denaro celavano ogni cosa”107.

L’episodio, insomma, si colloca in un momento in cui il ceto equestre sembra messo sotto scacco da una raffica di provvedimenti lesivi dei propri interessi economici e politici insieme (non ultimo il progetto di legge con cui sarebbe stato sottratto loro il controllo dei tribunali, per trasferirlo a senatori ed anche ad alcuni plebei)108 e l’aggressione nel tempio conferma la precoce acquisizione del luogo come simbolo dell’ordine e documenta allo stesso tempo l’atteggiamento ondivago dei cavalieri in relazione alle questioni di dibattito politico (non a caso, in queste circostanze la coalizione formata da cavalieri e plebe si scardina, colpita nel suo punto più debole109).

6.2. Il iustitium e la condanna capitale viste dal tempio dei Dioscuri: il periodo compreso fra 87 e 81 a.C.

L’anno successivo, l’88 a.C., il tempio fungeva da luogo di asilo e raccolta per i consoli ed i senatori che da qui proclamarono il iustitium, un blocco che il tribuno Sulpicio Rufo110 cercò di rompere con l’uso della forza111. La soluzione scelta dal Senato consentiva di procrastinare la data delle votazioni della legge, un provvedimento fortemente voluto dal tribuno poc’anzi citato, e che avrebbe assegnato a Mario l’imperium nella guerra contro Mitridate, sottraendolo a Silla, cui spettava di diritto.

107 APP. bell.civ. I 54, 236-239: “οἱ δανεισταὶ δὲ χαλεπήναντες, ὅτι τὸν νόμον παλαιὸν ὄντα ἀνεκαίνιζε, κτείνουσιν αὐτὸν ὧδε· ὁ μὲν ἔθυε τοῖς Διοσκούροις ἐν ἀγορᾷ, τοῦ πλήθους ὡς ἐπὶ θυσίᾳ περιστάντος· ἑνὸς δὲ λίθου τὸ πρῶτον ἐπ’αὐτὸν ἀφεθέντος, ἔρριψε τὴν φιάλην καὶ ἐς τὸ τ῅ς ἗στίας ἱερὸν ἵετο δρόμῳ. οἱ δὲ αὐτὸν προλαβόντες τε ἀπέκλεισαν ἀπὸ τοῦ ἱεροῦ καὶ καταφυγόντα ἔς τι πανδοχεῖον ἔσφαξαν. (…) καὶ ἡ σύγκλητος ἐκήρυσσεν, εἴ τίς τι περὶ τὸν Ἀσελλίωνος φόνον ἐλέγξειεν, ἐλευθέρῳ μὲν ἀργύριον, δούλῳ δὲ ἐλευθερίαν, συνεγνωκότι δὲ ἄδειαν· οὐ μὴν ἐμήνυσεν οὐδείς, τῶν δανειστῶν περικαλυψάντων.” 108 BADIAN 1969, 479; GABBA 1972, 791.

109 Tuttavia l’atteggiamento del ceto equestre nei confronti del senato è ben più complesso: GABBA 1972, 773: “Né si può genericamente affermare che esistesse nel ceto equestre (almeno nel suo strato più alto) un desiderio preciso di entrare nella cerchia senatoria per condividerne funzioni, competenze e diritti (..) e sembra anzi più radicata e ben testimoniata la tendenza equestre a controllare dall’esterno la nobilitas e la sua politica”.

110 B. KÜBLER, RE IV a (19702), s.v. P. Sulpicius Rufus (92), cc. 843-849; MRR II, s.v. P. Sulpicius Rufus (92), 41.

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Pertanto, nel processo verso la ‘conquista’ politica del tempio, già riconosciuta nell’episodio dell’apparizione dei Dioscuri dopo la vittoria di Mario contro i Cimbri, si frapponeva un ostacolo insormontabile: “i consoli proclamarono la vacanza delle attività pubbliche, egli (Sulpicio) aizzò la folla contro di loro, che erano riuniti in assemblea presso il tempio dei Dioscuri e fece uccidere, oltre a molti altri, il giovane figlio di Pompeo”112. E’ il caso di precisare anche come l’ostilità fra i due schieramenti fosse inasprita dallo spostamento politico appena compiuto dal tribuno Sulpicio: questi, sebbene militasse da lunga data nella factio degli optimates ed avesse iniziato l’anno di tribunato in accordo con il senato ed i consoli (era amico in particolare di Quinto Pompeo), ora si comportava come un agente dell’ambizione politica di Mario113 e raccoglieva intorno a sé e contro i consoli, liberti, novi cives e giovani cavalieri, di fatto tentando di ricompattare proprio quel fronte che l’opposizione cercava di dividere.

Il giudizio espresso da Plutarco114 nella vita di Silla si concilia con quanto scrive Livio: “avendo il tribuno della plebe P. Sulpicio, per istigazione di G. Mario, presentato leggi rovinose, per le quali gli esuli dovevano essere richiamati, i nuovi cittadini e i libertini ripartiti (nelle trentacinque tribù) e G. Mario doveva essere fatto comandante supremo contro Mitridate, re del Ponto, e dinanzi alle ostilità dei consoli Q. Pompeo L. Silla avendo usato la forza uccidendo (Q. Pompeo) il figlio del console Q. Pompeo e genero di Silla, il console L. Silla con il suo esercito marciò su Roma e proprio dentro di essa combatté contro il partito di Sulpicio e Mario, e lo cacciò”115.

Infatti, congiuntamente all’assegnazione del comando a Mario contro Mitridate, Sulpicio da un lato attirava dalla sua parte i cavalieri mostrando di voler tutelare i loro interessi (ad esempio con l’espulsione dei senatori indebitati per più di 2000 denarii) dall’altro proponeva ai novi cives la possibilità di difendere il loro inserimento nelle trentacinque tribù.

112 PLUT. Sull. 8, 6ss.; sullo stesso episodio cfr. anche FLOR. II 9,10. 113 BADIAN 1969, 481ss.; POWELL 1990, 448,

114 PLUT. Sull. 8.

115 LIV. LXXVII: “Cum P. Sulpicius trib. pleb. auctore C. Mario perniciosas leges promulgasset, ut exsules

revocarentur et novi cives libertinique in tribus distribuerentur et ut C. Marius adversus Mithridaten, Ponti regem, dux crearetur, et adversantibus consulibus Q. Pompeio et L. Sullae vim intulisset, occiso Q. Pompeio (Q. Pompei cos. filio, genero Sullae) L. Sulla cos. cum exercitu in urbem venit et adversus factionem Sulpici et Mari in ipsa urbe pugnavit eamque expulit." Sull’episodio anche: PLUT. Sull. 8, 3-5.

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Un altro esempio della convergenza intorno a tale spazio del Foro, questa volta come sede di comunicazione politica è quello tramandato da Appiano e Floro, relativo ad una contio legislativa convocata dal console L. Cornelio Cinna116 nell’87117. Quest’ultimo, un esponente di area popolare, avrebbe dovuto presentare al popolo una legge relativa alla distribuzione dei nuovi cittadini nelle trentacinque tribù e a favore del rientro di Mario e di tutti gli esiliati. Da Appiano118 si deduce che la contesa fra i consoli dell’87 a.C., Cn. Ottavio119 (filo optimates) e Cinna (popularis) - rappresentanti delle due parti della cittadinanza in aperta ostilità, la vecchia (τῶν ἀρχαίων) e la nuova (τοῖς νεοπολίταις) - si sarebbe manifestata anche nella scelta dei luoghi occupati dal console conservatore: infatti Ottavio “sparso il terrore, pervenne al tempio dei Dioscuri, evitando Cinna. Quelli che erano con lui, gettatisi, pur senza alcun ordine, sui neo cittadini, ne uccisero molti e inseguirono gli altri, messi in fuga, sino alle porte”120, mentre i tribuni suoi alleati erano oggetto di aggressioni presso i Rostri, la tribuna da cui avevano opposto il veto alle proposte di Cinna, il quale fu costretto ad allontanarsi dalla città121.

Alcuni anni più tardi, il fatto che il piazzale antistante il tempio sia stato prescelto come luogo di osservazione di una condanna a morte offre un dato di notevole interesse e conferma molte delle considerazioni espresse poc’anzi122.

Nell’81 a.C. Silla infatti avrebbe fatto uccidere Q. Lucrezio Ofella123, precedentemente legato a Cinna, poi divenuto collaboratore del dittatore, reo di aver avanzato la propria candidatura al consolato nonostante fosse ancora cavaliere. Egli infatti aveva ‘creduto’ di

116 F. MÜNZER, RE IV 1 (19702), s.v. Cornelius (106), cc. 1282-1287; MRR II 45, s.v.L. Cornelius Cinna (106). 117 APP. bell.civ. I 64; FLOR. II 9,10.

118 APP. bell.civ. I 65, 298 – 66, 301: “ἀνθισταμένων δὲ τῶν ἀρχαίων κατὰ κράτος, Κίννας μὲν τοῖς νεοπολίταις

συνέπραττε, νομιζόμενος ἐπὶ τῷδε τριακόσια δωροδοκ῅σαι τάλαντα, τοῖς δ’ τῷδε τριακόσια δωροδοκ῅σαι τάλαντα, τοῖς δ’ἀρχαίοις ὁ ἕτερος ὕπατος ὆κτάουιος.”

119 F. MÜNZER, RE XVII 2 (19712), s.v. Octavius (20), cc.1814-1818; MRR II 45, s.v. Cn. Octavius (20).

120 APP. bell.civ. I 64, 291: “ὡς δὲ κατέπληξεν, ἐς τὸ τῶν Διοσκούρων ἱερὸν παρ῅λθε, τὸν Κίνναν ἐκτρεπόμενος.

ὅσοι δ’ αὐτῷ συν῅σαν, χωρὶς ἐπαγγέλματος ἐμπεσόντες τοῖς νεοπολίταις ἔκτεινάν τε πολλοὺς καὶ ἑτέρους φεύγοντας ἐπὶ τὰς πύλας ἐδίωκον.”

121 PINA POLO 19892, 284, nr. 223.

122 PLUT. Sull. 33.4-5; APP. bell.civ. I 101, 471.

123 F. MÜNZER, RE XIII 2 (19722), s.v.Lucretius Ofella (25), cc. 1686-1687; MRR II, 72, s.v. Q. Lucretius Ofella (25); MRR III, s.v. Q. Lucretius Ofella (25), 130. Il suo cognomen era più probabilmente Afella, come ha suggerito BADIAN 1967, 227-228; KEAVENEY 1984, KEAVENEY 2003, 84-93.

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poter ricoprire quella magistratura senza rispettare il consueto ordine di acquisizione delle cariche inferiori (quelle di questore e di pretore), ed attribuendo maggior rilevanza alle sue imprese, come anticamente si faceva124.

Le sue aspirazioni politiche (aveva appena concluso la praefectura equitum) e la negligenza verso la recente lex Cornelia de magistratibus avrebbero contrariato Silla a tal punto da indurlo a organizzare una condanna a morte nella piazza del Foro125. Anche in questo caso, pertanto, i gesti più estremi di alcuni esponenti optimates sembrano trovare in tale cornice la sede più strategica, una circostanza a cui forse non è del tutto estraneo il valore vincente dei Dioscuri. Tuttavia si deve tenere conto anche delle implicazioni politiche della condanna: con tale provvedimento si colpiva infatti un personaggio politico che aveva militato in ambienti popolari, oltretutto un cavaliere.

Sarebbe interessante poter verificare quanto l’episodio della condanna a morte sia stato utilizzato consapevolmente dal partito popolare in chiave martiriologica, presentando Ofella come vittima dello scontro con la factio antagonista, e in quale misura l’avvenimento sia stato percepito come un attacco all’ordine equestre, in virtù del nesso devozionale che proprio a quel luogo di culto e ritrovo legava in modo inequivocabile il cavaliere che era stato giustiziato.

7. Il tempio come teatro di dibattiti contrastati: il consolato in absentia a Pompeo (62

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