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NELLA POLITICA DELLA TARDA REPUBBLICA ROMANA

3. Dopo la morte di Gaio.

La tutela della concordia attraverso la limitazione della libertas nella dittatura sillana

Dopo le reazioni spontanee di dissenso, documentate solo da Plutarco, nel partito popolare si verificò un periodo di crisi e di apparente smobilitazione, talora interrotto da episodi di polemica fra graccani e Opimio (ad esempio le gravi accuse mosse al console del 121 dal tribuno della plebe del 120 a.C., P. Decio Sibulo79). Tuttavia, solo un decennio dopo la morte di Gaio Gracco e Fulvio Flacco prese a consolidarsi quella coscienza politica che al partito popolare era mancata sino a quel momento80, trovando una consistente eco nella tradizione storiografica filo-graccana, responsabile sia della caratterizzazione negativa di Opimio, sia della drammatizzazione (anche in forma teatrale) delle morti dei Gracchi, sia della loro trasfigurazione come martiri ed exempla81.

Come è stato già detto, nella documentazione storiografica relativa alla concordia si rileva un consistente iato tra la morte di Gaio e l’inizio della dittatura sillana, a partire dalla quale questo valore torna in voga.

A molti anni di distanza il pensiero di Silla82 era ancora tanto vicino all’esperienza dei Gracchi che nel suo programma ideologico la vera priorità era scongiurare nuovi episodi di strapotere dei tribuni della plebe: si doveva stroncare sul nascere ogni iniziativa popolare e democratica per restituire forza ai poteri oligarchici, una condizione che avrebbe tutelato la concordia fra gli ordini ed evitato nuove

78 PANI 1999, 230.

79 F. MÜNZER, RE IV 2 (19582) s. v. Decius (9), cc. 2277-2278; MRR I 524, s.v. P. Decius (9). 80 BADIAN 1956, 93ss.; PERELLI 1982, 115; PANI 1999, 232.

81 La rivalutazione post mortem dei Gracchi è documentata ad esempio in CIC. Phil. VIII 14. Sul tema: BENESS, HILLARD 2001, 135ss.; HARRISON 2005, 53ss.

82 F. FRÖLICH, RE IV 1 (19702), s.v. Cornelius (392) cc. 1522-1566; MRR II 66, s. v. L. Cornelius Sulla (392).

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rivoluzioni83. A questo scopo non era sufficiente ripristinare a livello politico- amministrativo la suddivisione dei poteri - peraltro assai squilibrata - di età pre- graccana, ma era anche necessario orchestrare la propaganda, orientarla a trasmettere determinati valori, e infine controllare la trascrizione storica, come è documentato nelle vite plutarchee di Silla84 e Lucullo85.

La composizione di estesi commentarii - genere di cui il dittatore può essere considerato l’iniziatore - insieme all’attività di pochi storici fedeli al regime86 contribuivano a presentare la realtà secondo un’ottica di parte, sottolineando il sostegno costante della Fortuna (intesa non come casualità ma come divinità benigna e potente) e di Afrodite - Venere alle imprese del dittatore, oltre che il suo richiamo alla figura di Servio Tullio87.

3.1. La rappresentazione della concordia nella ricostruzione partigiana: la voce di L. Cornelio Sisenna

Ancora nel decennio post-sillano, mentre la maggioranza degli storici evidenziava gli eccessi della dittatura, L. Cornelio Sisenna88 componeva le Historiae, una ricostruzione partigiana di cui purtroppo si conservano pochissimi frammenti, in cui soddisfaceva le aspettative propagandistiche dei Commentarii sillani nel ricordare come la concordia regnasse fra dittatore e popolo.

Di “numerose contiones” così come di concordia di animo e di desideri fra popolo e dittatore si parla proprio in un brevissimo frammento della sua opera89, cui è difficile dare credito soprattutto in considerazione del fatto che, in realtà, Silla aveva ridotto

83 APP. bell.civ. I 59, 266. 84 PLUT. Sull. 37

85 PLUT. Luc. 1.

86 SALL. Iug. 95,2: “Neque enim alio loco de Sullae rebus dicturi sumus et L. Sisenna, optime et

diligentissime omnium, qui eas res dixere, persecutus, parum mihi libero ore locutus videtur.” 87 VALGIGLIO 1969, 155-197; CANFORA 1993, 23, 24; MARASTONI 2009, 13ss.

88 F. MÜNZER, RE IV 1 (19702), s.v. Cornelius (374) cc. 1512-1513; MRR II 86, s. v. L. Cornelius Sisenna (374).

89 PETER 1914, 295, fr. 132: «…multi populi, plurimae contiones dictaturam omnibus animis et studiis

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notevolmente la frequenza di tali occasioni, ritenendole pericolose per via dell’interazione fra popolo e tribuni90.

Un’affermazione così ‘sfacciata’ e oltretutto incoerente con il disprezzo di Silla e del ‘suo’ storico verso la folla e i demagoghi si allinea con quanto scritto in altri passi dell’opera, e costituisce la riprova della sensibilità della propaganda sillana al problema del consenso e della concordia91.

Ma Sisenna non è l’unica fonte - oltretutto di parte - da cui ricostruire l’ideologia della Concordia sillana. Prefigurando la concordia ordinum proposta qualche anno più tardi, nella Pro Roscio Amerino92, composta nell’80 a.C., l’Arpinate è grato a Silla per aver ripristinato il ‘gradus dignitatis’ e l’onore, e conserva traccia della presenza nella propaganda di Silla di riferimenti alla pace e alla concordia: tali sarebbero la soluzione alle divisioni fra cavalieri e senato93.

Agli elementi raccolti sin qui si aggiungono copiosi riferimenti in tre discorsi sallustiani, eco dei motivi propagandistici antisillani, e da cui si evince che Silla sfruttò la Concordia come tema e slogan politico degli optimates proprio negli anni della sua dittatura94.

90 CANDILORO 1963, 223ss; VALGIGLIO 1969, 79; NOÈ 1988, 52ss. 91 LAFFI 1967, 255-256; PERUTTELLI 2004, 16.

92 CIC. S. Rosc. 8, 22: «Neque enim mirum, cum eodem tempore et ea, quae praeterita sunt, reparet et ea,

quae videntur instare, praeparet, cum et pacis constituendae rationem et belli gerendi potestatem solus habeat, cum omnes in unum spectent, unus omnia gubernet, cum tot tantisque negotiis distentus sit, ut respirare libere non possit, si aliquid non animadvertat, cum praesertim tam multi occupationem eius observent tempusque aucupentur ut, simul atque ille despexerit, aliquid huiusce modi moliantur. Huc accedit, quod, quamvis ille felix sit, sicut est, tamen in tanta felicitate nemo potest esse in magna familia, qui neminem neque servum neque libertum improbum habeat.»; 47, 137 « Quod animadversum est in eos qui contra omni ratione pugnarunt, non debeo reprehendere; quod viris fortibus quorum opera eximia in rebus gerendis exstitit honos habitus est, laudo. Quae ut fierent idcirco pugnatum esse arbitror meque in eo studio partium fuisse confiteor. Sin autem id actum est et idcirco arma sumpta sunt ut homines postremi pecuniis alienis locupletarentur et in fortunas unius cuiusque impetum facerent, et id non modo re prohibere non licet sed ne verbis quidem vituperare, tum vero in isto beIlo non recreatus neque restitutus sed subactus oppressusque populus Romanus est.»

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