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La propaganda pompeiana nel teatro di Pompeo: manifestazioni a favore di Sesto Pompeo

IL TEATRO DI GN POMPEO MAGNO E LA TEATRALITÀ DELLA POLITICA NEL SECOLO DELLA RIVOLUZIONE ROMANA

19. La propaganda pompeiana nel teatro di Pompeo: manifestazioni a favore di Sesto Pompeo

E’ il caso di tenere conto anche di un breve riferimento allo spazio teatrale come luogo di comunicazione successivamente alla costituzione del secondo triumvirato, che coalizzava contro Sesto Pompeo Antonio, Ottaviano e Lepido. Dopo la morte del Magno, il figlio Sesto aveva rivendicato su di sé l’eredità politica del padre, così come Ottaviano si era assicurato la propria legittimità politica presentandosi come il vero erede e vendicatore dell’uccisione di Cesare400.

In quel frangente entrambi, in virtù della loro giovane età, potevano presentarsi come concorrenti nella pietas verso i rispettivi padri, vendicatori credibili agli occhi dei Romani in quanto ugualmente estranei al cesaricidio e all’uccisione di Pompeo. Effettivamente costoro rappresentavano due valide alternative all’interno della medesima factio degli optimates401, ma pur così vicini nelle modalità comunicative e negli intenti, Sesto e Ottaviano si trovarono in aperta contrapposizione a partire dall’istituzione del discruciatum necasset, minimum afuit, quin periret concursu et indignatione turbae militaris. Saluti fuit, quod qui desiderabatur repente comparuit incolumnis ac sine iniuria. Circa Perusinum autem murum sacrificans paene interceptus est a manu gladiatorum, quae oppido eruperat.»

398 SUET. Aug. 14. 399 App. bell.civ. V 15, 62: «ἔν γέ τοι τῶ θεάτρῳ, παρόντος αὐτοῦ, στρατιώτης ἀπορ῵ν οἰκείας ἕδρας παρ῅λθεν ἐς τοὺς καλουμένους οἰκείας ἕδρας παρ῅λθεν ἐς τοὺς καλουμένους ἱππέας· καὶ ὁ μὲν δ῅μος ἐπεσημήνατο, καὶ ὁ Καῖσαρ τὸν στρατιώτην ἀνέστησεν, ὁ δὲ στρατὸς ἠγανάκτησε καὶ περιστάντες αὐτὸν ἀποχωροῦντα τοῦ θεάτρου τὸν στρατιώτην ἀπῄτουν, οὐχ ὁρώμενον ἡγούμενοι διεφθάρθαι.» 400 CRESCI MARRONE 1997, 7-8. 401 CRESCI MARRONE 1998, 8.

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triumvirato, in seguito all’emanazione del decreto sulle proscrizioni: teso a isolare i proscritti, esso infatti ebbe effetti devastanti sulle famiglie dell’alta società romana402. Alla fuga da Roma i proscritti trovarono un luogo sicuro in Sicilia, dove Sesto Pompeo403, anch’egli inserito nelle liste, prometteva accoglienza e ricompense a chi avesse aiutato un condannato a fuggire da Roma, “interferendo col tema della pietas, conteso, come si è visto, tra l’erede di Pompeo e quello di Cesare”404. In questa situazione, mentre la cittadinanza assisteva a storie strazianti di padri e figli condannati insieme, l’occasione più appropriata per indurre i vertici a mettere fine alle condanne fu riconosciuta proprio nei momenti di massima aggregazione, e particolarmente nel luogo teatrale.

In teatro infatti il popolo cercò di condizionare le decisioni dei vertici, li spinse a creare le condizioni perché il blocco granario imposto da Sesto Pompeo all’Italia si interrompesse, dopo che esso aveva danneggiato il commercio e gli approvvigionamenti dei cittadini per molti anni. Sarebbe stata proprio la delusione popolare, manifestata in seguito all’esclusione di Sesto Pompeo dal patto stipulato a Brindisi, a condurre i triumviri a stringere con quest’ultimo la pace di Miseno (39 a.C.).

“Essi (la popolazione di Roma) cambiarono il loro comportamento così che dapprima quando venivano a varie assemblee o si radunavano per qualche spettacolo li esortavano (i triumviri) a far pace e urlavano molto a gran voce per questo”405.

Occorre tenere conto del fatto che se il popolo, presenza assidua del teatro di Pompeo, era unanime nel sostegno a Sesto, ciò non si doveva attribuire solo ai meriti del giovane, ma anche alla potente strumentalizzazione messa in atto dai suoi sostenitori a Roma, tanto capaci da annientare la cattiva immagine che era stata data del figlio del Magno dagli oppositori. Egli infatti era presentato come un bandito, poiché in effetti aveva imposto il blocco delle importazioni anche stringendo collaborazioni con i pirati che il 402 CRESCI MARRONE 1998, 11. 403 DIO XLVII 12, 1-3. 404 CRESCI MARRONE 1998, 11. 405 DIO XLVIII 31, 4-5: «τοσαύτῃ μεταβολῆ ἐχρήσαντο ὥστε τὸ μὲν πρ῵τον κατὰ συστάσεις γιγνόμενοι ἢ καὶ ἐπὶ θέαν τινὰ ἀθροιζόμενοι παρεκάλουν σφ᾵ς εἰρην῅σαι νοι ἢ καὶ ἐπὶ θέαν τινὰ ἀθροιζόμενοι παρεκάλουν σφ᾵ς εἰρην῅σαι καὶ πολλὰ ἐπὶ τούτῳ ἐπεβόων, ὡς δὲ οὐκ ἐπείθοντο, ἠλλοτριώθησάν τε αὐτοῖς καὶ πρὸς τὸν Σέξτον ἀπέκλιναν. καὶ ἄλλα τε ἐπὶ θεραπείᾳ αὐτοῦ διεθρόουν, καὶ ἐν ταῖς ἱπποδρομίαις κρότῳ τε πολλῶ τὸ τοῦ Ποσειδ῵νος ἄγαλμα πομπεῦον ἐτίμων καὶ ἡδονὴν ἐπ’ αὐτῶ πολλὴν ἐποιοῦντο. ἐπεί τε ἡμέραις τισὶν οὐκ ἐσήχθη, τούς τε ἐν ταῖς ἀρχαῖς ὄντας λίθοις ἐκ τ῅ς ἀγορ᾵ς ἐξήλασαν καὶ ἐκείνων τὰς εἰκόνας κατέβαλον, καὶ τέλος, ἐπειδὴ μηδ’ ὥς τι ἐπεραίνετο, σπουδῆ ἐπ’ αὐτοὺς ὡς καὶ ἀποκτενοῦντές σφας ὥρμησαν.»

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padre molti anni prima aveva sconfitto; d’altra parte, i suoi sostenitori erano stati tanto abili da lasciare in secondo piano le responsabilità oggettive di costui rispetto alla crisi economica in cui Roma versava. Rispetto a tale deformazione, un ruolo di prim’ordine l’ebbero i parenti dei condannati, che svilupparono una particolare ‘familiarità’ con il teatro e i suoi annessi, in coerenza con la politica messa in atto da Sesto Pompeo in Sicilia. Come nota V. Vio, il popolo, forse incoraggiato dai parenti di coloro che erano stati danneggiati dalle proscrizioni ed erano fuggiti in Sicilia da Sesto, svolgeva sorprendentemente il ruolo di mediatore fra le due parti (da una parte i triumviri, dall’altra Pompeo), tenendo in maggior considerazione il figlio del Magno per via delle energie profuse da quest’ultimo nell’aiutare i proscritti406.

Purtroppo le fonti che ci parlano di questo complesso periodo sono prevalentemente filo augustee, costringendoci nella constatazione che “il vincitore non è il protagonista della narrazione”407, e offuscando il processo di consolidamento del fronte filo pompeiano a Roma, proprio nel periodo delle proscrizioni. Tali sentimenti trovarono sfogo prima, nel novembre del 40 a.C., durante la processione dei ludi plebei, poi, ripetutamente nel teatro costruito dal generale nel Campo Marzio.

19.1 La strana storia di Marco Oppio: la pietas dei supporters di Sesto Pompeo

Da molto tempo ormai lo spettacolo era usato come strumento di propaganda dall’alto verso il basso, da magistrati a beneficio della folla. Una sensibile accelerazione di questa percezione nella coscienza civile si verifica nel gesto esemplare di iniziativa popolare registrato da Cassio Dione408 ed Appiano409 e datato al 37 a.C., quando, dopo che per

406 Sull’episodio: SENATORE 1991, 112ss.; VIO 1998, 24. 407 SENATORE 1991, 116. 408 DIO, XLVIII 53, 2-6: « αἴτιον δὲ ὅτι πάντες οὐχ οὕτως ἵν’οἴκοι ἐπὶ πλεῖον ἄρξωσιν, ὡς ἵνα ἐν τοῖς ἄρξασιν ἀριθμ῵νται καὶ ἀπ’ αὐτοῦ καὶ τὰς τιμὰς καὶ τὰς δυνάμεις τὰς ἔξω λαμβάνωσιν ἐσπούδαζον. οὔκουν οὐδὲ ἐς ῥητὸν ἔτι τινὲς χρόνον ᾑροῦντο, ἀλλ’ὥστε ἐπιβ῅ναί τε τοῦ ὀνόματος τ῅ς ἀρχ῅ς καὶ ἀποστ῅ναι ὅταν τοῖς 3. τὸ κράτος ἔχουσι δόξῃ·καὶ πολλοί γε ἐπὶ τ῅ς αὐτ῅ς ἡμέρας ἑκάτερον ἔπραξαν. εἰσὶ δὲ οἳ καὶ παντάπασι τὰς ἀρχὰς ὑπὸ πενίας ἐγκατέλιπον τ῵ν γὰρ σὺν τῶ Σέξτῳ τότε ὄντων, ὡς καὶ κατὰ 4. δίκην δή τινα ἀτιμασθέντων, οὐ μνημονεύω. βουλευομένου δ’ οὖν καὶ Μάρκου τινὸς ὆ππίου ἀγορανομίας ὑπ’ ἀπορίας (ἐκ γὰρ τ῵ν ἐπικεκηρυγμένων καὶ αὐτὸς καὶ ὁ πατὴρ αὐτοῦ ἦν) ἐκστ῅ναι τὸ πλ῅θος οὐκ ἐπέτρεψεν, ἀλλ’ ἔς τε τὰ ἄλλα τὰ πρὸς τὸν βίον ἀναγκαῖα καὶ ἐς τὸ τ῅ς ἀρχ῅ς ἀνάλωμα ἀργύριον αὐτῶ συνεσήνεγκε.5 καὶ λόγος γε ἔχει καὶ τ῵ν κακούργων τινὰς ἐς αὐτὸ τὸ θέατρον ἐν προσωπείοις, ὡς καὶ ὑποκρινουμένους τι, ἐσελθόντας συγκαταβαλεῖν τὰ χρήματα. καὶ ὁ μὲν οὕτω ζ῵ν τε ὑπὸ τοῦ ὁμίλου ἠγαπήθη, καὶ ἀποθανὼν οὐ πολλῶ ὕστερον ἔς τε τὸ Ἄρειον πεδίον ἐκομίσθη 6. καὶ ἐκεῖ καὶ ἐκαύθη καὶ ἐτάφη· ἡ δὲ δὴ βουλὴ ἀγανακτήσασα τῆ πάσῃ τοῦ πλήθους περὶ

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effetto della restitutio il proscritto Marco Oppio410 aveva fatto ritorno a Roma, sorprendentemente i ruoli di magistrato finanziatore/ destinatari del munus si ribaltarono. Il medesimo episodio diventò oltretutto il prototipo di fulminee invasioni del teatro, condotte non più da parte di schiere di protestatari ma da parte di singoli individui o ridottissimi gruppi con intenti eversivi.

La storia dell’ex proscritto Marco Oppio è narrata incidentalmente da Cassio Dione, interessato più che altro a descrivere la grave situazione in cui versava la Repubblica per effetto di incarichi magistratuali di breve durata, che si susseguivano durante l’anno. Diversamente Appiano411 si dilunga per una trentina di paragrafi del IV libro su oltre sessanta casi di proscritti, ciascuno ben caratterizzato. Il proposito dello storico è esemplificare la varietà di reazioni dei condannati di fronte alla perdita dei propri diritti, i diversi espedienti tentati per salvarsi, le fughe riuscite e quelle fallite, i tradimenti o i gesti estremi di fedeltà da parte di congiunti e schiavi nei confronti dei proscritti, coi quali essi condivisero la condanna: Marco Oppio si inserisce nell’ultima categoria, quella di parenti fuggiaschi che in coppia ripararono da Sesto Pompeo, in Sicilia, e che non solo si salvarono ma furono riammessi all’attività politica.

Appiano ci introduce alla storia di Marco partendo dal momento della sua fuga da Roma all’inizio delle proscrizioni (la sua partenza si data dalla fine del 43 a.C.), un viaggio faticoso, affrontato trasportando il padre sulle proprie spalle pur di non lasciarlo, vecchio e infermo, in balìa dei suoi esecutori: “Quanto a Oppio, che voleva restare a casa per la sua vecchiaia ormai decrepita, il figlio se lo caricò sulle spalle, lo fece uscire dalla porta della città e poi, un poco prendendolo per mano, un poco portandolo, lo condusse fino in Sicilia”412. L’immagine dei due Oppii, ed in particolare quella del figlio, esempio vivente di pietas413, ricordava così da vicino la fuga di Anchise sulle spalle del figlio Enea che incuteva rispetto verso entrambi e “nessuno - scrive Appiano – sospettò o avversò quel αὐτὸν σπουδῆ τὰ ὀστ᾵ αὐτοῦ, ὡς οὐχ ὁσίως ἐν τῶ ἱερῶ χωρίῳ κείμενα, ἀνείλετο, πεισθεῖσα τοῖς ποντίὁσίως ἐν τῶ ἱερῶ χωρίῳ κείμενα, ἀνείλετο, πεισθεῖσα τοῖς ποντίφιξι, καίπερ πολλοὺς ἄλλους ἐν αὐτῶ καὶ πρότερον καὶ μετὰ ταῦτα θάψασα.”

409 APP. bell.civ. IV 173.

410 F. MÜNZER, RE XVIII 1 (1939), s.v. Oppius (15), c. 739; MRR II 396, s.v. M. Oppius (15). 411 APP. bell.civ. IV 15- 51.

412 APP. bell.civ. IV 41, 172: “Ὄππιον δὲ ὁ υἱός, ὑπὸ γήρως ἀσθενεστάτου μένειν ἐθέλοντα, ἔφερεν ἐπὶ τοῦ

σώματος, ἕως ἐξήγαγέ τε διὰ τ῵ν πυλ῵ν καὶ τὸ λοιπὸν μέχρι Σικελίας ἄγων ἢ φέρων ἐκόμισεν.”

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comportamento analogo a quello di Enea, del quale dicono che anche i nemici provarono rispetto vedendolo portare suo padre sulle spalle.”414.

Lo storico collega a quel segno di devozione filiale, la cui notizia divenne presto leggendaria, il comportamento del popolo (ὁ δ῅μος), che elesse il giovane all’edilità per il 37 a.C., quando costui fece ritorno a Roma. In quell’occasione, sebbene in quanto ex proscritto non avesse possibilità di pagare i ludi che avrebbe dovuto organizzare, accadde che “il popolo in segno di lode lo elesse edile, ma siccome gli era stato confiscato il patrimonio, egli non aveva mezzi per sostenere le spese della carica”415. A differenza di Appiano, che omette spiegazioni sull’attività politica pregressa dell’uomo e sulle modalità della sua elezione nel 37 a.C., un fatto, questo, che appare tanto imprevisto da assumere le caratteristiche di un’acclamazione, quasi come se il neo eletto non avesse fatto proprio nulla – né propaganda elettorale né attività politica – per cercare tanta notorietà, Cassio Dione è più attento al significato politico della storia riepilogata poc’anzi. Lo storico severiano realizza una sequenza di brevissimi ritratti di uomini diventati magistrati esclusivamente per opportunità personale, e che hanno sperperato tutto pur di conseguire una magistratura. In un simile contesto l’esperienza dell’edile Marco Oppio documentava il grave caos che si era prodotto a Roma: i magistrati non mostravano più alcun interesse per le funzioni cui erano preposti e si preoccupavano solo dei benefici derivanti da tali incarichi; spesso si dimettevano dalle magistrature il giorno stesso in cui l’avevano ottenute, bastando loro l’elezione per poter sfruttare il titolo come un onore416 oppure in molti casi decidevano di rinunciare all’incarico perché non avevano le sostanze per adempiervi.

A tal proposito è il caso di sottolineare la precisazione di Cassio Dione, secondo il quale simili carriere erano accessibili a molti, ad esclusione dei “sostenitori di Sesto Pompeo (di

414 APP. bell.civ. IV 41, 172: “οὐδενὸς ἄρα τὸ σχ῅μα ὑπονοήσαντος ἢ ἐνυβρίσαντος, οἷόν που καὶ τὸν Αἰνείαν

γράφουσιν αἰδέσιμον τοῖς πολεμίοις γενέσθαι φέροντα τὸν πατέρα.” Sulla frequenza di riferimenti alla pietas

nella propaganda di Ottaviano e di Sesto Pompeo: GALLINI 1971, 174; HINARD 1985, 501; CRESCI MARRONE 1998, 9-20. 415 APP. bell.civ. IV 41, 173: “καὶ τὸν νεανίαν ὁ δ῅μος ἐπαιν῵ν ὕστερον ἀπέφηνεν ἀγορανόμον· δεδημευμένης δ’ὕστερον ἀπέφηνεν ἀγορανόμον.” 416 DIO XLVIII 53, 2-3: “αἴτιον δὲ ὅτι πάντες οὐχ οὕτως ἵν’οἴκοι ἐπὶ πλεῖον ἄρξωσιν, ὡς ἵνα ἐν τοῖς ἄρξασιν ἀριθμ῵νται καὶ ἀπ’ αὐτοῦ καὶ τὰς τιμὰς καὶ τὰς δυνάμεις τὰς ἔξω λαμβάνωσιν ἐσπούδαζον. οὔκουν οὐδὲ ἐς ῥητὸν ἔτι τινὲς χρόνον ᾑροῦντο, ἀλλ’ὥστε ἐπιβ῅ναί τε τοῦ ὀνόματος τ῅ς ἀρχ῅ς καὶ ἀποστ῅ναι ὅταν τοῖς τὸ κράτος ἔχουσι δόξῃ.”

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