• Non ci sono risultati.

IL TEMPIO DEI DIOSCUR

8. La frequentazione popolare dal 59 a.C in po

8.1. Lo scenario dell’inaugurazione di un consolato anomalo

Era stato Giulio Cesare131 ad inaugurare proprio nell’anno del suo consolato un nuovo corso nella comunicazione con le masse: secondo quanto riferisce Cassio Dione, ciò si verificò dopo la presentazione al Senato della lex Julia agraria et Campana, che avrebbe potuto risolvere la questione agraria avviando distribuzioni di terre senza alcuna spesa a carico dello stato, ricorrendo al bottino orientale di Pompeo132.

In quell’occasione, anche se era evidente che grazie al provvedimento in esame “tutti i cittadini avrebbero trovato un sufficiente sostentamento”133 i senatori dimostrarono di non essere disposti a dare la propria approvazione, poiché “sospettavano che con quella

128 DIO XXXVII 43, 1-3.

129 W. H.GROSS, RE XXII 1 (19702), s.v. M. Porcius Cato Uticensis (16), cc. 168-213; MRR III 170. 130 PINA POLO 19892, 294, nr. 273; FEZZI 2003, 51- 53; SUMI 2009, 171.

131 A. KLOTZ, RE X 1 (19722), s.v. Iulius (131), cc. 186-275; MRR II 187, s.v. C. Iulius Caesar (131). 132 Sull’episodio SUMI 2009, 171-172.

51

legge (Cesare) si sarebbe guadagnato il favore del popolo e avrebbe conquistato fama e potenza superiori a tutti”134.

Fu così che Cesare dichiarò: “Io vi avevo resi giudici ed arbitri (ogg. Senatori) di questa legge (la lex agraria), deciso a non presentarla al popolo se in qualche punto non vi fosse piaciuta; ma poiché non volete esaminarla, sarà il popolo a giudicarla”135. Prosegue lo storico: “Da quel giorno (Cesare) non comunicò più nessun provvedimento al Senato nel corso del suo anno di consolato, ma presentò direttamente al popolo ogni suo progetto”136.

Il console insomma, aveva preso l’abitudine a relazionarsi più frequentemente col popolo, determinando un incremento di occasioni comunicative di genere conzionale che, soprattutto per lo squilibrio di potere e di competenza fra mittente e destinatari, favoriva il parlante e la realizzazione dei suoi progetti politici. Alla luce di tale circostanza Plutarco si esprime in questi termini: “Cesare non appena fu eletto console, per compiacere i poveri e gli indigenti propose di fondare colonie (…) mutando il consolato in una specie di tribunato della plebe”137.

In seguito alla decisione di ignorare l’ostilità senatoria, Cesare avrebbe consolidato la propria posizione convocando gli uomini più influenti ad esprimere approvazione nei confronti della medesima lex Julia agraria et Campana, cosicché tutta l’assemblea ne risultava intimorita “in quanto (Cesare) dimostrava di avere consenzienti uomini che in quel momento per unanime giudizio erano i più autorevoli della città ed avevano grandissima influenza su tutti”138.

134 DIO XXXVIII 2, 3 : “ὑπώπτευον γὰρ αὐτόν, ἐφ’ ᾧπέρ που καὶ ἐγίγνετο, τό τε πλ῅θος ἀπ’ αὐτῶν ἀναρτήσεσθαι καὶ ὄνομα καὶ ἰσχὺν καὶ ἐπὶ πάντας ἀνθρώπους ἕξειν.” 135 DIO XXXVIII 4 : «ἐγὼ μὲν ὑμᾶς καὶ δικαστὰς τοῦ νόμου καὶ κυρίους ἐποιησάμην, ὅπως, εἴ τι μὴ ἀρέσειεν ὑμᾶς, μηδ’ ἐς τὸν δ῅μον ἐσεἐποιησάμην, ὅπως, εἴ τι μὴ ἀρέσειεν ὑμᾶς, μηδ’ ἐς τὸν δ῅μον ἐσενεχθείη.» 136 DIO XXXVIII 4: “ ἐπεὶ δ’ οὐκ ἐθέλετε προβουλεῦσαι, ἐκεῖνος αὐτὸς αἱρήσεται. κἀκ τούτου οὐδ’ ἄλλο τι τῆ γερουσίᾳ ἐν τῆ ἀρχῆ ταύτῃ ἐπεκοινώνησεν, ἀλλ’ ἐς τὸν δ῅μον ἄντικρυς πάνθ’ ὅσα ἐβούλετο ἐσέφερεν.” 137 PLUT. Pomp. 47, 5 : «τοῖς μέντοι μετὰ ταῦτα πραττομένοις φανερὸς ἦν ἤδη παντάπασιν ἑαυτὸν τῷ Καίσαρι χρήσασθαι παραδεδωκώς.” 138 DIO XXXVIII 4, 5: καὶ τοὺς ἄλλους προσκαταπλήξῃ, ὁμογνώμονας τοὺς πρώτους τε ὁμολογουμένως ἐν τῆ πόλει τότε ὄντας καὶ μέγιστον παρὰ πάντας δυναμένους λαβών.”

52

Appiano139 riferisce che Cesare costruì il proprio consenso presso il popolo proprio parlando dai Rostri, e Cassio Dione conserva la notizia di uno spostamento compiuto da Cesare in occasione della contio deliberativa, nel tempio dei gemelli divini, un luogo che, come sappiamo, disponeva di una pedana adatta allo scopo, ampia ed elevata, realizzata da Cecilio Metello nel 117 a.C.

La legge, è il caso di ribadirlo, si proponeva di ratificare le conquiste di Gn. Pompeo Magno in Oriente istituendo distribuzioni di appezzamenti nel fertilissimo ager Campanus. La regione era rinomata per l’alto valore economico delle sue terre e rappresentava il mezzo più efficace per ingenerare sentimenti di riconoscenza diretta e fedeltà politica, a vantaggio di Cesare, non solo da parte dei veterani di Pompeo ma anche da parte dei proletari con almeno tre figli, che il console aveva deciso acutamente di incorporare fra i beneficiari del provvedimento. Con una simile legge, insomma, egli dimostrava a tutti i livelli della società, senza privilegi, la propria generosità nel distribuire doni.

E’ il caso, a questo punto, di esplicitare la particolare consonanza tra valori simbolici del tempio e gli argomenti trattati da Cesare dalla piattaforma rostrale del medesimo edificio nel 59 a.C.: se l’edificio godeva di una particolare associazione con i cavalieri per via della condivisione dei simboli distintivi fra gemelli divini e l’ordo equester, non si può trascurare l’ipotesi avanzata da C. Nicolet, che nella contio il console avesse introdotto al voto anche la lex de publicanis140, con la quale Cesare, inaspettatamente, concedeva ai cavalieri la riduzione dei tassi dei publica. Infatti, con un simile espediente, come afferma Appiano141, il console aumentava considerevolmente i guadagni dei pubblicani e così si assicurava l’acquiescenza e il sostegno dell’intero ordine equestre, in cui si identificava la massima potenza economica dell’impero.

La scelta di presentare i due provvedimenti alla folla in combinazione, contribuì evidentemente a far lievitare la concordia, un tema familiare anche agli intestatari del tempio: sebbene distanti per molte ragioni, le parti sociali (ricchi e poveri, civili e veterani) riconoscevano nel sostegno a Cesare un elemento di aggregazione, mentre costui

139 APP. bell.civ. II 10, 36.

140 NICOLET 1966, 132-133; NICOLET 1989, 284. 141 APP. bell.civ. II 13, 48.

53

scongiurava il rischio di lasciare qualcuno insoddisfatto, e quindi reclutabile dai propri oppositori.

In tale circostanza un elemento che agevolò il successo di Cesare fu l’espediente della prerogativa, il diritto ad esprimere il primo voto, un privilegio concesso, di fronte alla plebs comitialis, al padre di Cn. Plancio142. Costui infatti è princeps dei pubblicani, categoria da identificarsi in massima parte con i cavalieri143. La notizia è tramandata dall’Arpinate nell’orazione tenuta nel 54 a.C.: il padre di Plancio “per primo dette voto favorevole alla legge sui pubblicani, allorquando un uomo di gran valore (Cesare) console, dette a quella corporazione per mezzo del popolo quello che, se fosse stato lecito, gli avrebbe accordato per tramite del Senato”144. Dato che, come si è detto, partecipavano a tale momento informativo parti sociali fra loro assai distanti, quel che contava maggiormente era far confluire e quindi unire nel sostegno a Cesare le differenze che intercorrevano tra di esse (cavalieri, proletari e veterani).

In tal senso, la scelta di dispensare favori pubblicamente concretizzava immediatamente il patto di fiducia tra i presenti e il console, sapiente regista della propaganda e consapevole dell’onda emozionale che si sarebbe prodotta a proprio vantaggio per effetto del consensus di tutta la folla interessata dalle concessioni.

Tuttavia, nel corso di una giornata tanto decisiva per la costruzione del legame di fiducia con la cittadinanza, si registrò l’intervento ostile di Calpurnio Bibulo145. Questi, collega di Cesare nel consolato, cercava di riportare equilibrio negli eccessi demagogici delle comunicazioni dell’avversario. A tal proposito scrive Cassio Dione: “Poiché Cesare, non curandosi di lui (Bibulo) aveva fissato un giorno preciso per la promulgazione della legge, e il popolo di notte aveva occupato il Foro, Bibulo si presentò coi suoi sostenitori e riuscì a

142 F. MÜNZER, RE XX 2 (19702), s.v. Plancius (3), cc. 2012-2103.

143 CIC. Planc. 34-35. Sull’argomento: cfr. NICOLET 19742, 133-134. NICOLET 1989, 284, YAKOBSON 1999, 97ss. 144 CIC. Planc. 35: «nam quod primus scivit legem de publicanis tum cum vir amplissimus consul id illi ordini

per populum dedit quod per senatum, si licuisset, dedisset, si in eo crimen est quia suffragium tulit, quis non tulit publicanus? si quia primus scivit, utrum id sortis esse vis, an eius qui illam legem ferebat? si sortis, nullum crimen est in casu; si consulis, <statuis> etiam hunc a summo viro principem esse ordinis iudicatum.»

145 F. MÜNZER, RE III 1 (19702) s.v. Calpurnius (28), cc. 1368-1370; MRR II 187, s.v. M. Calpurnius C.f. n.

54

farsi strada fino al tempio dei Dioscuri, dal quale Cesare arringava la folla.”146. Il suo arrivo nella piazza del Foro, la rissa scaturita in seguito al suo farsi largo fra la folla per raggiungere il podio del tempio e parlare ai cittadini presenti, costituiscono la conferma del compiuto slittamento simbolico del tempio dalla factio degli optimates a quella dei populares, un fenomeno che si è verificato con gradualità fra II e I secolo a.C.

Outline

Documenti correlati