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La rottura della finzione e l’interazione fra spettatori e attori dopo il rientro di Cicerone dall’esilio

IL TEATRO DI GN POMPEO MAGNO E LA TEATRALITÀ DELLA POLITICA NEL SECOLO DELLA RIVOLUZIONE ROMANA

9. Il primo triumvirato

9.4 La rottura della finzione e l’interazione fra spettatori e attori dopo il rientro di Cicerone dall’esilio

Tra la fine di aprile ed i primissimi giorni di maggio del 57 a.C., durante i Ludi Florales165 che si svolgevano nel Circo in concomitanza con l’assemblea in cui il Senato aveva votato nel tempio della Virtus166 il rientro dall’esilio di Cicerone167, si concentrarono

162 LEBEK 1996, 41-42.

163 Sull’atteggiamento di Cicerone nei confronti dello spettacolo: CIC. Att. 16, 5,1; BERTRAND 1897. 164 NICOLET 1976, 486.

165 WISEMAN 1999, 195-203; BERNSTEIN 1998, 206-222. 166 PALOMBI 1999, 206-207.

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manifestazioni a sostegno di quest’ultimo e contro Clodio, alcune spontanee, altre effetto delle arti patetiche dell’attore Esopo, amico dell’oratore e “sempre con la parte migliore, sia in senso politico che teatrale”168.

Nel descrivere l’atteggiamento del pubblico agli spettacoli, ‘in agguato’ della minima somiglianza fra testi classici ed attualità, C. Nicolet suggerisce che in questa occasione gli edili curuli si fossero accordati con Pompeo e la maggioranza del senato perché si rappresentassero opere in grado di stimolare il clamore dei sostenitori di Cicerone169. I Ludi erano frequentatissimi e notoriamente licenziosi: cinque giorni erano riservati a spettacoli in cui partecipavano anche prostitute e danzatrici, mentre l’ultimo era dedicato a gare, che si svolgevano nel circo170. Come spesso accadeva, mentre si metteva in scena una togata di Afranio intitolata Simulans, il pubblico teneva d’occhio anche lo ‘spettacolo’ che si svolgeva sugli spalti, che lentamente si riempivano dei senatori usciti dalla seduta del Senato171. Il passaparola diffondeva nel teatro la notizia della deliberazione assunta in favore del ritorno di Cicerone e la folla quasi interruppe la messa in scena con un applauso in segno di gratitudine, rivolto al console che aveva offerto i giochi (Lentulo

167 Cic. Sest. 56, 120-121: «…quid fuit illud quod, recenti nuntio de illo senatus consulto quod factum est in

templo virtutis ad ludos scaenamque perlato, consessu maximo summus artifex et me hercule semper partium in re publica tam quam in scaena optimarum, flens et recenti laetitia et mixto dolore ac desiderio mei, egit apud populum Romanum multo gravioribus verbis meam causam quam egomet de me agere potuissem? summi enim poetae ingenium non solum arte sua, sed etiam dolore exprimebat. qua enim (vi): “qui rem publicam certo animo adiuverit, statuerit, steterit cum Achivis” vobiscum me stetisse dicebat, vestros ordines demonstrabat! revocabatur ab universis “re dubia haut dubitarit vitam offerre nec capiti pepercerit”. haec quantis ab illo clamoribus agebantur! Cum iam omisso gestu verbis poetae et studio actoris et exspectationi nostrae plauderetur: “summum amicum summo in bello” nam illud ipse actor adiungebat amico animo et fortasse homines propter aliquod desiderium adprobabant: “summo ingenio praeditum”. iam illa quanto cum gemitu populi Romani ab eodem paulo post in eadem fabula sunt acta! “O pater…”! me, me ille absentem ut patrem deplorandum putabat, quem Q. Catulus, quem multi alii saepe in senatu patrem patriae nominarant. quanto cum fletu de illis nostris incendiis ac ruinis, cum patrem pulsum, patriam adflictam deploraret, domum incensam eversamque, sic egit ut, demonstrata pristina fortuna, cum se convertisset, “haec omnia vidi inflammari” fletum etiam inimicis atque invidis excitaret!»

168 CIC. Sest. 56, 120: “…me hercule semper partium in re publica tam quam in scaena optimarum” 169 NICOLET 1976, 490.

170 WISEMAN 1999, 196-197: BERNSTEIN 1998, 206-222.

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Sfintere172), salvo poi esprimere la propria disapprovazione quando arrivò anche Clodio: a questo punto, infatti, tutti levarono fischi, grida altissime e pugni173.

Anche gli attori lo derisero, lui che era candidato all’edilità (che di fatto ricoprì nel 56 a.C.), mentre era seduto fra il pubblico e tutto il coro gli si rivolse nel pronunciare un verso che sembrava adatto a descriverlo: “Tito, a lui le tue prodezze, d’una vita ignobile gli alti frutti…”174, una dimostrazione di disprezzo che lo costrinse ad andarsene175. A trasformare la rappresentazione in una celebrazione di Cicerone e della sua vittoria contribuì nuovamente l’attore Esopo che, scritturato per interpretare l’Eurisace di Accio avrebbe interpolato di sua iniziativa alcuni versi dell’Andromaca Aechmalotis176 di Ennio scegliendo la parte più ricca di riferimenti all’attualità e trasformando la recita in un meeting politico177. Tali spunti dovevano essere ancora più evidenti per effetto della gestualità e di ammiccamenti: non è da escludere che citando il verso “Tutto ciò in fiamme io vidi rovinare!”178 l’attore avesse indicato il Palatino, dove sorgeva proprio la casa di Cicerone che Clodio aveva distrutto. Anche in questo caso l’attore, come un clacqueur, indusse all’applauso e alla commozione pure i detrattori del suo amico, seppure uomo “non popolare”179. Il carattere tragico delle interpolazioni scelte da Esopo

172 E. GROAG, RE IV 1 (19702), s.v. Cornelius (238), cc. 1392-1398; MRR II 191, s. v. P. Cornelius Lentulus

Sphinter (238).

173 CIC. Sest. 118-119: «sed quid ego populi Romani animum virtutemque commemoro, libertatem iam ex

diuturna servitute dispicientis, in eo homine cui tum petenti iam aedilitatem ne histriones quidem coram sedenti pepercerunt? nam cum ageretur togata 'simulans,' ut opinor, caterva tota clarissima concentione in ore impuri hominis imminens contionata est: “huic, Tite, tua post principia atque exitus vitiosae vitae..“ sedebat exanimatus, et is qui antea cantorum convicio contiones celebrare suas solebat cantorum ipsorum vocibus eiciebatur. et quoniam facta mentio est ludorum, ne illud quidem praetermittam, in magna varietate sententiarum numquam ullum fuisse locum, in quo aliquid a poeta dictum cadere in tempus nostrum videretur, quod aut populum universum fugeret aut non exprimeret ipse actor. et quaeso hoc loco, iudices, ne qua levitate me ductum ad insolitum genus dicendi labi putetis, si de poetis, de histrionibus, de ludis in iudicio loquar.»”

174 CIC. Sest. 118 : «Huic Tite, tua post principia atque exitus vitiosae vitae.» 175 Sulla semiotica del fallimento a teatro s.v. CIC. rep. IV 11, PARKER 1999, 175. 176 ENN. Vv. 92-99 V2..

177 CIC. Sest. 116-123; DUPONT 1985, 121; VANDERBROECK 1987, 245, nr.53; NOÈ 1988, 69; PETRONE 2004, 91- 92.

178 CIC. Sest. 121: “…Haec omnia vidi inflammari”.

179 CIC. Sest. 57, 122: “…quae tum significatio fuerit omnium, quae declaratio voluntatis ab universo populo

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sembrano confermare il quadro delineato da F. Frost Abbott180, secondo la quale, quando i riferimenti all’attualità erano previsti nel copione dall’autore erano di carattere leggero, diversamente se era un attore a decidere di introdurre modifiche e interpolazioni, questi avrebbe preferito attingere a versi della tragedia, che il pubblico conosceva bene181. Pochi giorni dopo, fra il 9 e il 13 di maggio del 57182 gli spettatori trasmisero la stessa vicinanza a Cicerone assente e l’ostilità verso un membro della gens Claudia, durante spettacoli gladiatorii nel Foro, sede abituale per questo genere di intrattenimento, organizzati in quell’occasione da Quinto Cecilio Metello Scipione Nasica183.

Sembra che nei confronti del pretore Appio Claudio184, fratello di Clodio, le manifestazioni di antipatia si fossero trasformate in una consuetudine, a giudicare dalle forme verbali ‘cum spectaret’, ‘quam veniret’, che Cicerone coniuga al congiuntivo imperfetto e che restituiscono l’impressione di una situazione che si ripete frequentemente185. Tuttavia costui non si decideva a rinunciare al piacere di recarsi a teatro, di cui anzi era un assiduo frequentatore: “egli frequentava ogni giorno gli spettacoli gladiatorii, ma non era mai notato mentre vi si recava”186, così “emergeva all’improvviso, dopo essersi trascinato sotto i tavolati”187 all’inizio dello spettacolo, nel settore che gli spettava. Cicerone descrive con l’ironia propria del satirico la scena dell’improvvisa manifestazione: “come se (Appio Claudio Pulcro) stesse per declamare ‘mater te appello’”, un verso dall’Iliona di Pacuvio188. Dopo la sua apparizione si scatenava solitamente una pioggia di fischi, a conferma del fatto che la comparsa di un attore sul palco fosse seguita con la stessa attenzione di quelle sugli spalti, allo stesso modo oggetto di apprezzamenti e critiche da parte del pubblico: “l’important du spectacle n’est plus sur la scène, mais dans l’orchestre”189.

180 FROST ABBOTT 1907, 55. 181 CIC. Luc. 20.

182 VANDERBROECK 1987, 246, nr. 54; VILLE 1981, 62, nr. 13.

183 F. MÜNZER, RE III 1 (19702), s.v. Caecilius (99), cc. 1224-1228; MRR II 201, s.v. Q. Caecilius Metellus Pius

Scipio Nasica (99, and Supb. 3.223); JORY 1986.

184 F. MÜNZER, RE III 2 (1899), s.v. Appius Claudius (297) cc. 2849-2853; MRR II 200, s.v. Ap. Claudius

Pulcher (297). 185 CIC. Sest. 59, 126.

186 CIC. Sest. 59, 126: «…cum cotidie gladiatores spectaret, numquam est conspectus quam veniret.» 187CIC. Sest. 59, 126: «Emergebat subito, cum sub tabulas subrepserat…»

188 CIC. Sest. 59, 126. 189 DUMONT 2004, 245.

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La tragedia di Pacuvio citata da Cicerone per annientare l’auctoritas di Appio Claudio non era scelta a caso, era molto conosciuta ed i lettori dell’orazione avrebbero sicuramente apprezzato la consonanza fra il nemico di Cicerone e l’Ombra di Polidoro, solitamente interpretata da un attore che appariva da sotto il palcoscenico.

Se la pioggia di fischi che si era scatenata da ogni angolo del Foro era stata tale da atterrire i gladiatori e i loro cavalli190 e da trasmettere sostegno a Cicerone, anche la tragedia messa in scena (il Brutus di Accio) da Esopo si prestava a allusioni sia alla situazione politica della tarda repubblica sia alla vicenda dell’Arpinate, per l’orientamento politico del suo autore e a maggior ragione per i contenuti della trama; essa infatti esaltava il fondatore della repubblica e si opponeva al nascente movimento popolare. L’attore pronunciò evidentemente con particolare intensità il verso “Tullio, il primo uomo che rese liberi i cittadini”191, e il pubblico non poté fare a meno di notare l’omonimia e la consonanza di intenti fra quest’ultimo e Servio Tullio: ciò bastò a scatenare un nuovo fragoroso applauso tributato a Cicerone, ancora in esilio, ma impegnato nella denuncia dell’ingiustizia subita e della sua condizione di vittima.

Pressato dalla necessità di ottenere una base di sostenitori quanto più vasta possibile, nell’orazione pronunciata a favore dell’amico Sestio192, Cicerone sentiva la necessità di precisare ai suoi ascoltatori che l’applauso concorde era scaturito da un pubblico in realtà assai eterogeneo e che rispecchiava gli orientamenti di tutta la cittadinanza: “Si tratta di uno spettacolo che richiama sempre la massima affluenza di cittadini d’ogni ceto, essendo particolarmente gradito alla folla”193). In quella medesima giornata di festa si diffuse la notizia che anche Sestio, l’amico di Cicerone che si era prodigato per il suo rientro, era presente allo spettacolo, e così, individuato dalla folla, costui raccolse una testimonianza smisurata dell’affetto dei cittadini per l’Arpinate, tanto che “da tutti i posti dai quali era possibile vedere, a cominciare dal Campidoglio, e dagli steccati posti nel Foro, si alzò allora un applauso così interminabile, che mai per nessuna questione, come tutti hanno

190 CIC. Sest. 59, 126: “…qui tamen quoquo tempore conspectus erat, non modo gladiatores sed equi ipsi

gladiatorum repentinis sibilis extimescebant”.

191 ACC. praet. V. 40 R3: “Tullius, qui libertatem civibus stabiliuerat”.

192 F. MÜNZER, RE II A 2 (19722), s.v.Sestius (6) cc. 1886-1890; MRR II 202, s.v. P. Sestius (6).

193 CIC. Sest. 58,124: «…id autem spectaculi genus erat quod omni frequentia atque omni genere hominum

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riconosciuto, si ebbe una dimostrazione così unanime e così palese di tutto il popolo romano”194, prefigurazione della concordia bonorum auspicata da Cicerone.

9.5. I ‘sabotaggi’ teatrali di Clodio: invasioni ed occupazioni del teatro nel 57 a.C. da

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