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IL TEATRO DI GN POMPEO MAGNO E LA TEATRALITÀ DELLA POLITICA NEL SECOLO DELLA RIVOLUZIONE ROMANA

12. Il teatro di Pompeo: un investimento lungimirante

In una realtà così articolata (l’essenzialità del teatro all’idea di cittadinanza, l’integrazione consapevole fra tempo teatrale e politica, e l’ingresso dello spettacolo nello strumentario politico) maturava la decisione politica di Pompeo di costruire un teatro nella propria città, avviato dal 62 e completato nel 55 a.C., entro la fine di settembre230.

A Mitilene, secondo Plutarco, egli sarebbe stato impressionato dal locale edificio teatrale a tal punto che “ne fece disegnare la forma e il piano, con l’intenzione di costruirne a Roma uno simile, ma più grande e imponente”231. In realtà la morfologia del teatro, perfettamente semicircolare, non rifletteva esattamente la tipologia greca ed è oggi riconosciuto come un prodotto di sintesi della cultura italica ed orientale; proprio su tale aspetto buona parte della critica storiografica ha posto l’accento per mettere in dubbio la veridicità della notizia plutarchea232.

Tornato in patria, anche se l’obiettivo principale era mostrare concretamente le proprie benemerenze come generale e la consistenza delle ricchezze portate a Roma dall’Oriente, Pompeo non si limitò ad organizzare un trionfo, nel 61 a.C. ma sapendo di poter contare su ingenti risorse manubiali si affidò ai suoi architetti per donare alla città un grande progetto urbanistico (cfr. Tav. IX). L’opera, perfettamente orientata secondo i punti cardinali ed estesa su 45.000 m2, realizzata con materiali tradizionali e elementi architettonici innovativi, riqualificava l’area del Campo Marzio233.

228 CIC. har. resp. 12, 24: ”Ita ludos eos, quorum religio tanta est ut ex ultimis terris arcessita in hac urbe

consederit, qui uni ludi ne verbo quidem appellantur Latino, ut vocabulo ipso et appetita religio externa et Matris Magnae nomine suscepta declaretur—hos ludos servi fecerunt, servi spectaverunt, tota denique hoc aedile servorum Megalesia fuerunt.”

229 CIC. har. resp. 13, 27.

230 CIC. Pis, 27.65; VELL. II 48.2; ASC. Pis. p.1, 20, St. Sul tema: PLATNER ASHBY 19652, 515-518; COARELLI 1972, 99, n. 2; MARSHALL 1985, 81-82; FREZOULS 1996, 304, COARELLI 1996, 360ss.

231 PLUT. Pomp. 42, 7-10: «…ἡσθεὶς δὲ τῶ θεάτρῳ περιεγράψατο τὸ εἶδος αὐτοῦ καὶ τὸν τύπον, ὡς ὅμοιον

ἀπεργασόμενος τὸ ἐν Ῥώμῃ, μεῖζον δὲ καὶ σεμνότερον.» 232 COARELLI 1997, 559-561.

233 PLATNER, ASHBY 19652, 91-94; 515-518; GROS 1987, 319-346; COARELLI 1997, 538ss.; GROS 1999, 35-38; GROS 2005, 200ss.; GAGLIARDO, PACKER 2006, 93-122, con bibliografia; PAPPALARDO 2007, 17, 58-59.

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Il progetto si sarebbe esteso su suolo privato, poiché la crisi finanziaria sin dagli anni della guerra sociale aveva detetminato la messa in vendita dei terreni di molti collegia sacerdotali, e di questa circostanza aveva approfittato anche Pompeo, ancora prima di rientrare a Roma dall’Oriente, come scrive Plutarco: “Prima ancora di tornare in Italia aveva acquistato nei sobborghi di Roma le migliori proprietà, i luoghi di ritrovo più belli e dei sontuosi giardini..”234.

12. 1. La vocazione navale del Campo Marzio e l’ideologia pompeiana

La zona in cui Pompeo decise di investire era già fortemente connotata in senso marittimo per via delle strutture funzionali destinate alla flotta (i navalia235 e l’arsenale, contigui alla sponda del Tevere), che poi l’opera pompeiana obliterò, ed ai numerosi monumenti celebrativi di vittorie navali (il tempio di Nettuno236, di Iuturna237, dei Lares Permarini238 e infine la Porticus Octavia239). Possiamo credere che Pompeo non rimase indifferente alla vocazione navale preesistente di questo tratto di lungotevere, una valenza già molto evidente che questi rafforzò con nuove connotazioni marine, visto che proprio in mare costui aveva conseguito le sue vittorie più importanti240.

La consonanza fra precedente destinazione d’uso e inclinazioni personali gli diede buone ragioni per sovrapporre al cantiere navale la propria ideologia, ribadita non a caso anche nella decorazione della propria abitazione di città, in cui esibì coerentemente i rostra delle navi affondate (da qui la denominazione domus ‘rostrata’241 per la casa di Pompeo)242. Proprio Plutarco conserva l’eco dell’associazione di questo tema alla vita del Magno in

234 PLUT. Pomp. 40, 8: «…οὔπω δὲ εἰς Ἰταλίαν ἐπανεληλυθὼς ἐκέκτητο τ῅ς Ῥώμης τὰ ἥδιστα προάστεια καὶ τ῵ν

ἡβητηρίων τὰ κάλλιστα, καὶ κ῅ποι πολυτελεῖς.»

235 PLATNER, ASHBY 19652, s.v. navalia, 358-360; F. COARELLI, LTUR. III (1996), s.v. navalia, 338-339.

236 PLATNER, ASHBY 19652, s.v. Neptunus, aedes, delubrum, 360-361; A. VISCOGLISI, LTUR III (1996), s.v.

Neptunus, aedes in Campo, 341.

237 PLATNER, ASHBY 19652, s.v. Lacus Iuturnae, 311-313; E.M. STEINBY, LTUR III (1996), s.v. lacus Iuturnae, 168-170.

238 PLATNER, ASHBY 19652, s.v. Lares Permarini, aedes, 315-316; COARELLI, LTUR III (1996), s.v. Lares

Permarini, aedes, 174-175.

239 PLATNER, ASHBY 19652, s.v. Porticus Octavia, 426; A. VISCOGLISI, LTUR IV (1999), s.v. Porticus Octavia, 139-141.

240 COARELLI 1997, 345ss; 543-544.

241 PLATNER, ASHBY 19652, s.v. domus Cn. Pompeius, 187-188; V. JOLIVET, LTUR II (1995), s.v. Domus

Pompeiorum, 159-160.

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una preziosa similitudine - “come una scialuppa”243 - composta per descrivere la casa negli horti pompeiani244 in virtù della sua prossimità al teatro e delle piccole dimensioni al confronto con l’edificio cui era adiacente.

12.2. Il teatro nel complesso dell’opera sul Campo Marzio

Gli edifici e gli spazi aperti progettati non stravolsero l’andamento delle vie preesistenti, ma riservarono allo spettacolo un ruolo non secondario: il tempio di Venere sovrastava il teatro, che fungeva da gradinata scenografica di accesso e metteva in comunicazione la sovrastante area sacra con l’attiguo peristilio, cui si raccordava un giardino con piante ornamentali, statue245 (collegate al culto di Venere, al mondo del teatro e della poesia) e fontane, e infine la Curia: in un solo progetto si concentravano edifici dalle numerose e diverse funzioni, che avrebbero rappresentato il prototipo dei monumenti imperiali. Difficile è immaginare lo sviluppo volumetrico del teatro di Pompeo a partire da ciò che oggi si conserva, anche tenendo conto delle recenti misurazioni che un’equipe dell’Università di Washington ha condotto: interamente coperto e riassorbito nella fitta rete di edifici posteriori, esso si riconosce nel tessuto della Roma contemporanea per il fatto che gli isolati che vi si sono sovrapposti hanno mantenuto la forma complessiva dell’edificio, essendo poche le parti indagate archeologicamente e visibili, al di sotto di Palazzo Pio (cfr.Tav. IX).

Un valido aiuto al riconoscimento dela struttura lo fornisce il frammento di Forma Urbis246 di età severiana (cfr. Tav. IX figg. 30-32), che ne conserva la planimetria e che ha rappresentato un punto di riferimento sin dalle prime ricerche di L. Canina247. Quest’ultimo - non senza alcune imprecisioni ed ingenuità - svolse gran parte del lavoro di indagine e ricostruzione degli elementi caratterizzanti dell’edificio248, negli stessi anni di V. Baltard, autore anch’egli di una pianta la cui accuratezza rimase insuperata per quasi due secoli249.

243 PLUT. Pomp. 40: “…ὕστερον δὲ Ῥωμαίοις τοῦτο δὴ τὸ καλὸν καὶ περιβόητον ἀνιστὰς θέατρον, ὥσπερ

ἐφόλκιόν τι, παρετεκτήνατο λαμπροτέραν οἰκίαν ἐκείνης.” Sulla questione, COARELLI 1997, 544-547, 554-555. 244 GRIMAL 1969, 125-128; V. JOLIVET, LTUR III (1996), s.v. Horti Pompeiani, 78-79.

245 COARELLI 1996, 363ss.

246 CARETTONI, COLINI, COZZA, GATTI 1960, 104-106, tavv. 32; RODRIGUEZ-ALMEIDA 1981, 148, tav. 32. 247 CANINA 1835.

248 PACKER 2007, 257ss. 249 BALTARD 1837.

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Anche ai contemporanei di Pompeo fu chiaro da subito che nel Campo Marzio250 non si sarebbe verificata solo una modesta riqualificazione architettonica, ma, come tutte le opere urbanistiche di ampio respiro, quest’ultima avrebbe avuto ripercussioni culturali e sociali. Essa infatti portava a conclusione il processo di infiltrazione della cultura greca, che aveva avuto inizio molti secoli prima, ed attuava profonde innovazioni sul piano simbolico e rituale: sebbene si trattasse di un’opera manubiale - e come tale conforme alle altre che sorgevano in quell’area della città - era assai rivoluzionaria la scelta di introdurre nel Campo Marzio un edificio stabile per spettacoli, anche se al di fuori del pomerium, ragion per cui, per la sua realizzazione, era stato necessario superare le opposizioni senatorie.

Una lettera di Tirone Tunio, liberto di Cicerone, conservata da Aulo Gellio251 mostra come Pompeo fosse ben consapevole della cesura con la tradizione di cui sarebbe stato responsabile, e che per questo sorvolasse sulla funzione principale della gradinata del teatro (ossia quella di offrire un’adeguata visuale per gli spettacoli), avendo cura di diffondere del progetto una differente considerazione, come pertinenza del tempio di Venere, così da contenere le critiche dei più conservatori252.

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