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La fase di post quotazione

Ammesso che la quotazione sia avvenuta regolarmente, secondo i passaggi finora descritti, si apre un’altra delicata fase: quella post IPO.

Comunemente gli intermediari, nella fattispecie la banca di investimento che ha affiancato l’impresa nel ruolo di lead underwriter nella fase di prima emissione, assiste la stessa anche successivamente, durante il delicato momento di trading nel mercato secondario60: una volta infatti che le azioni sono state prezzate ed allocate in fase primaria, consuetudine vuole che di lì a pochi giorni inizi la fase di trading vero e proprio nei listini ufficiali61.

In particolare l’istituto di credito può svolgere un’importante funzione postuma, di stabilizzazione del prezzo azionario nel cosiddetto aftermarket, quindi per un periodo di tempo normalmente circoscritto62.

Nello specifico la procedura stabilizzatoria che qui si vuole analizzare63 prevede che, al fine di evitare un’eccessiva fluttuazione nel valore del titolo appena quotato, il consorzio collochi sul mercato un quantitativo di azioni maggiore a quanto

60 Questo di per sé non si verifica perennemente: possono esservi casi di IPO ove il consorzio e

l’underwriter esauriscono la loro funzione una volta espletata la fase di pricing e allocation presso gli investitori primari. In questo caso si hanno pertanto due situazioni ben distinte e differenti tra l’IPO e la successiva negoziazione nel mercato secondario. Talvolta invece – come nel caso qui oggetto d’analisi – può verificarsi il contrario, poiché la figura dell’underwriter, e degli altri soggetti del sindacato, continua a giocare un ruolo fondamentale anche durante la fase post IPO.

61 Come si avrà modo di approfondire già in questo I capitolo, ma maggiormente nel II e III, questo

elemento, che di per sé appare scontato per tutte le IPO indipendentemente dal contesto nazionale ove hanno luogo, non è in realtà così automatico. Nel contesto cinese ad esempio si è assistito a casi limite di IPO nei quali è intercorso anche un periodo di un anno e oltre tra il momento di allocazione delle azioni presso gli investitori e la loro successiva ammissione alla quotazione nei mercati ufficiali, con notevole danno per i soggetti coinvolti che si sono trovati intrappolati in una situazione priva di vie d’uscita. Per approfondimenti si prosegua nella lettura dell’elaborato.

62 Va tuttavia precisato che vi possono essere ulteriori funzioni post IPO espletate dal consorzio, che

vanno quindi ad aggiungersi a quella stabilizzatoria qui in esame. Le stesse possono non essere esplicitamente dichiarate nel contratto, bensì implicite nelle condizioni, soprattutto quelle avente carattere economico, in termini di maggiori commissioni gravanti sull’emittente. Può infatti avvenire che il consorzio si impegni nell’aftermarket a i) svolgere un’attività di market maker così da assicurare un certo livello di liquidità al titolo; ii) assicurare all’impresa un analyst coverage anche dopo la delicata fase di prima quotazione, così da garantire uno stabile flusso informativo sulla società e iii) supportare l’impresa che si rivolga nuovamente al mercato finanziario per la raccolta di ulteriore capitale [Jenkinson&Ljungqvist (2001)].

63 Nella fattispecie esistono tre forme di stabilizzazione riconosciute e previste ad oggi: lo stabilizing (o

pure stabilization), la syndicate covering transaction (o short covering) e la penalty bid. Quella che in questa sede si intende approfondire è la seconda procedura, in base alla quale il consorzio assumerà una posizione corta da sanare successivamente. Per ulteriori approfondimenti sulle altre due tipologie, non oggetto di questa analisi, si veda Lombardo (2011), nello specifico pagg. 34 e ss.

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preventivamente programmato, esercitando la cosiddetta opzione di overallotment, letteralmente sovrallocazione, concordata tra emittente e sindacato: così facendo lo stesso si ritroverà in una short position che potrà essere coperta in differenti modi, anche alla luce dell’andamento del prezzo dei titoli.

Qualora il valore di mercato degli stessi sia sceso al di sotto dell’issue value, ossia – anche alla luce di quanto spiegato all’inizio del presente capitolo – si assista ad un caso di overpricing, all’underwriter conviene coprire la sua posizione acquistando direttamente nel mercato, ossia ad un prezzo inferiore, e rivendendo al maggior prezzo prefissato. Ovviamente questa operazione, oltre che palesarsi quale altamente profittevole per il consorzio, consente allo stesso di adempiere alla sua funzione di stabilizzatore del prezzo, premendo sul lato della domanda ed impedendo quindi un collasso nel valore delle Shares emesse: infatti per coprire la sua posizione il sindacato sarà spinto ad acquistare una certa quantità di azioni nel mercato; in questa maniera il prezzo delle stesse sarà portato ad aumentare per applicazione dell’elementare meccanismo che guida l’andamento della domanda e dell’offerta [Lombardo (2011)].

Pur tuttavia fin qui si è considerato solo ed esclusivamente lo scenario favorevole, in base al quale il prezzo delle azioni subisce una flessione ribassista che può essere facilmente corretta. Qualora invece si verificasse il caso opposto, ossia si palesi il fenomeno dell’Underpricing o, detto in termini più comprensibili, il prezzo delle azioni negoziate raggiunga un valore maggiore rispetto a quello di prima emissione, procedere con il riacquisto azionario sarebbe una mossa altamente controproducente per l’underwriter, che, ciò nonostante, deve trovare una soluzione alternativa per coprire la posizione corta precedentemente assunta.

In tal senso si inserisce il concetto della greenshoe option, opportunità accordata nel contratto tra emittente e sindacato in base alla quale quest’ultimo è legittimato ad acquistare, durante un periodo massimo di trenta giorni dall’avvenuta IPO, fino ad un 15% di azioni in più sempre al prezzo di emissione64.

64 Il nome deriva dall’IPO della Green Shoe Manufacturing Company avvenuta nel 1963 e che, per la

prima volta in assoluto, utilizzò questo meccanismo. Va detto che il limite del 15% è il risultato di un processo graduale: dal 1963 al 1983 infatti l’opzione era limitata al 10% delle azioni oggetto di sollecitazione all’investimento, solo a partire dall’agosto del 1983 si ebbe il balzo al 15%, livello al quale si colloca correntemente [Lombardo (2011)]: tuttavia in alcuni contesti vi possano essere accordi di altra natura in termini percentuali [Jenkinson&Ljungqvist (2001)]. Sull’argomento si veda anche Hansen, R.S.,

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In questa maniera allo stesso viene data la possibilità di adempiere alla sua obbligazione senza però incorrere nelle perdite che sarebbero occorse qualora avesse dovuto acquistare le azioni al maggior prezzo di mercato.

Questa opportunità, oltre che fornire una valida via di fuga al sindacato che deve assolutamente far fronte alla sua short position, consente parimenti allo stesso di espletare la sua funzione di stabilizzatore del prezzo azionario, che in questo specifico caso é opposta alla situazione precedente: se, come si è verificato in questo scenario, il prezzo dei titoli ha raggiunto un livello tale da superare l’issue price, una maggiore offerta degli stessi attraverso l’esercizio dell’overallocation comporta – a parità di domanda – una riduzione del prezzo ad un livello ritenuto più accettabile.

Tuttavia va precisato che, come più volte rimarcato, questo servizio post IPO è fornito da underwriter e consorzio per un periodo limitato di tempo e qualora sia concessa la possibilità di esercitare l’opzione di sovrallocazione: ovviamente l’abilità di stabilizzare il prezzo delle azioni dipenderà tanto dagli estremi entro i quali questa opzione può essere esercitata (in termini percentuali), quanto dal periodo temporale entro il quale è concesso agire, normalmente nell’arco di una trentina di giorni successivi all’IPO, anche se le stesse condizioni potrebbero variare ad hoc [Jenkinson&Ljungqvist (2001)]. Una volta espletata tale funzione si arriva al momento di effettivo scioglimento del consorzio: se è vero che da un lato il servizio testé descritto aumenta l’incertezza circa l’effettivo valore monetario che verrà raccolto dall’IPO, concedendo la possibilità di emettere più di quanto originariamente preventivato, dall’altro lato permette di raggiungere un graduale equilibrio tra la domanda e l’offerta di quei titoli, consentendo parimenti una stabilizzazione del valore degli stessi attorno al fair price.

Questa procedura si è particolarmente diffusa a partire dagli Stati Uniti65 fino a raggiungere altre nazioni e continenti: tuttavia permangono forti dubbi circa la sua legittimità tanto che le società che gestiscono le Borse valori, nonché le autorità preposte alla vigilanza, stanno contemplando la possibilità di sanzionare questa attività Fuller, B.R., Janjigian, V., 1987. The Over-allotment option and Equity Financing Flotation Costs: an Empirical Investigation. Financial Management, 16(2), 24-32.

65 Per precisione si tratta di una pratica stabilizzatoria disciplinata in via ufficiale a partire dal 1997 per

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di stabilizzazione del prezzo perché considerata poco trasparente e parzialmente manipolativa del mercato: sostanzialmente si sta tentando di forzare il “sistema” [Aggarwal (2000a)].