La Cina: contesto storico, economico ed istituzionale
2.5. IL CONTESTO REGOLAMENTARE
2.5.2. Il Price Cap
A riconfermare la presenza, già fortemente invasiva, che il Governo cinese storicamente esercitava sull’economia nazionale si aggiunge, tra le altre peculiarità anche il concetto del Price Cap.
Sostanzialmente, anche se la procedura ufficiale permetteva all’emittente di decretare un proprio prezzo di emissione (issuing price), l’effettivo prezzo con cui l’azienda si sarebbe di fatto quotata doveva passare sotto la convalida del CSRC254.
Più nello specifico il prezzo con il quale l’emittente avrebbe fatto il suo ingresso nel mercato dei capitali veniva preventivamente calcolato attraverso la seguente formula matematica:
P0 (Offering Price) = (EPS * P/E ratio)
Esso veniva decretato alcuni mesi prima l’effettiva listing date e, nel lasso di tempo intercorrente tra le due date, il listing time lag appunto, non sussisteva alcun meccanismo di feedback che potesse consentire allo stesso valore numerico di essere influenzato dalle oscillazioni della domanda di mercato [Chan et al. (2004), Su&Fleisher (1999)].
Come si può constatare la formula si compone di due fattori moltiplicativi, il valore di ciascuno dei quali va ovviamente ad influenzare il risultato finale:
1. la profittabilità netta della compagnia emittente, calcolata con riguardo ai
254 Più tecnicamente il CSRC doveva approvare tanto il prezzo finale di quotazione quanto il valore del
multiplo che costituisce uno dei fattori moltiplicativi nella formula di cui sotto [Chen Z. et al. (2007)]. Per chiarimenti si prosegua nella lettura.
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profitti storici generati dall’impresa durante il suo ultimo triennio (EPS); 2. il P/E ratio.
In particolare, si sarebbe dovuto procede a calcolare il valore di quest’ultimo avendo riguardo ai ratios di aziende quotate, simili per collocazione territoriale e per settore di appartenenza.
Sostanzialmente l’approccio standard avrebbe voluto che, come punto di riferimento, si prendessero le Peer Companies: una volta raccolti i ratios rappresentativi di ciascuna azienda la media di questi avrebbe costituito il benchmark da seguire [Cheung et al. (2009)]. Tale tecnica, comunemente utilizzata nell’IPO market, permette infatti di considerare le reali caratteristiche del settore industriale di appartenenza, nonché le effettive condizioni di mercato255: in tal modo nessuna informazione rilevante per la determinazione del valore sarebbe stata in alcun modo tralasciata.
Tuttavia non fu questo l’approccio implementato nel contesto cinese, dove infatti il CSRC storicamente impose – indipendentemente da considerazioni circa il settore o l’andamento del mercato – che il P/E ratio non superasse un prefissato tetto massimo: il valore di tale limite superiore è mutato nel corso del tempo, ma dai dati raccolti si evince che esso fosse solitamente ben al di sotto di quello diffuso nel mercato secondario per quel determinato settore256. Questo per evitare che underwriters257
255 Si veda Cheung et al. (2008).
256A conferma di tale affermazione studi empirici quali quelli condotti da Chan et al. (2004) e da Cheung
et al. (2009) registrarono un P/E ratio che, prima del 1999, assumeva valori in un range tra 13 e 15, nel biennio 2001-2002 oltre 30. Questa imposizione venne letta dagli studiosi quale mossa strategica da parte del CSRC che, al fine di incoraggiare la crescita del mercato primario, obbligava le imprese a sotto- prezzare le proprie azioni imponendo questi tetti di valore estremamente esiguo, così da rendere più appetibile l’investimento. Inoltre, durante tutto il periodo di analisi si registrò un valore medio di IPO ratio di 19,7, ben al di sotto dello stesso a livello settoriale. Va inoltre sottolineato che, come riscontrato anche da Tian (2003) nel suo paper, la già citata intromissione del Governo nella quotazione passava anche attraverso il meccanismo di fissazione dell’offering price: l’autore infatti rilevò come una decisione governativa presa in merito ad un abbassamento del P/E ratio, perché considerato eccessivamente elevato, causò nel 1996 un generico collasso dell’indice di borsa che in due settimane perse il 32%.
257 A differenza del regime esistente prima della nascita delle Borse Valori, quando cioè le negoziazioni
avvenivano in sedi ufficiose e senza l’utilizzo di intermediari, a partire dalla creazione del CSRC l’intero processo fu regolato a passi graduali. Fu per esempio indispensabile per un’azienda che intendeva quotarsi dotarsi di un underwriter. Questo, una volta ottenuta l’approvazione da parte del CSRC sul prezzo di emissione, allocava le azioni tra gli investitori senza però avvalersi di un sistema di bookbuilding o simile. Per questo si dovrà aspettare alcuni anni dopo l’entrata in vigore della Security
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troppo ottimisti potessero utilizzare ratios eccessivamente elevati, immettendo pertanto nel mercato titoli a prezzi irragionevolmente alti, tali da vanificare lo scopo primario per cui si era proceduto all’apertura del mercato dei capitali: attirare il maggior numero di investitori possibile.
Va precisato che il concetto di limite superiore per il P/E ratio non è mai stato ufficializzato dal CSRC, che infatti non l’ha mai riportato come requisito in nessun documento formale; tuttavia la sua esistenza è fortemente sostenuta da accademici e professionisti del settore, i quali hanno tentato di mapparne il valore nel corso degli anni [Yu&Tse (2003)].
Infatti, nonostante non sia dato sapere le tecniche e le modalità un tempo impiegate dal CSRC per decretare il limite superiore di tale fattore, considerando che la stessa autorità ne negava addirittura l’esistenza, gli studiosi nel corso degli anni sono stati in grado di ipotizzare un suo valore a partire da una serie di osservazioni.
La procedura infatti prevedeva che gli underwriters coinvolti in questo processo di quotazione cercassero ovviamente di spuntare il prezzo di offerta maggiore, a beneficio del loro cliente: questa proposta, superato lo step di controllo da parte del CSRC, poteva tuttavia essere rigettata dal Governo qualora lo stesso avesse individuato nell’issuing
price un valore di emissione superiore al Price cap implicitamente imposto.
Tale dinamica di rifiuto era destinata a ripetersi fintantochè il CSRC non fosse dell’opinione che il prezzo finale proposto avesse un valore da lui, e quindi indirettamente anche dal Governo, ritenuto più ragionevole e più consono.
Ovviamente dall’osservazione di una serie ripetuta di dinieghi gli studiosi furono in grado di evincere, per via indiretta, quale fosse il limite massimo: a titolo esemplificativo a partire da tali osservazioni fu decretato che negli anni antecedenti al 1999 questo valore si aggirasse attorno a 15, mentre dal 2002 intorno al 20. Nel biennio di passaggio (2000-2001) si implementò invece un metodo di pricing che aboliva completamente il vincolo del tetto massimo258: in questo contesto il P/E ratio, libero da ogni restrizione, si collocò attorno ad un valore di 50.
Law nel 1999 [Chen Z. et al. (2007)]. Per chiarimenti si veda i sotto-paragrafi successivi dedicati ai metodi di pricing ed allocation.
258 Si tratta del cosiddetto “Loosened P/E ratio method”. Per ulteriori approfondimenti si veda il sotto-
paragrafo successivo, nel quale verranno trattati i casi di Overheated IPO, dovuti appunto alla mancanza di limitazioni nel valore del ratio.
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Alla luce di quanto riportato emerge nuovamente quanto il Governo cinese sia stato fortemente presente durante il processo di quotazione: esso esercitava un potere talmente rilevante da poter porre veto sull’offering price decretando pertanto, anche se indirettamente, la grandezza dell’Underpricing.
Purtroppo una delle note dolenti di tale Price Cap risiedeva proprio nel fatto che, oltre a costituire un freno per la corretta determinazione di un fair price, lo stesso veniva imposto di ugual valore per tutte le aziende quotande, senza considerare che le stesse potevano differire anche notevolmente, e di fatto ciò avveniva, le una dalle altre: da questa errata omologazione nel valore ne derivò una rilevante imprecisione in termini di prezzo di quotazione, la quale venne tuttavia superata negli anni attraverso l’implementazione di schemi di pricing alternativi al suddetto, che venne così soppiantato in un’ottica di perenne miglioramento [Cheung et al. (2009)].