• Non ci sono risultati.

Il modello Principale-Agente

Teorie esplicative l’IPO Underpricing

3.2. IL FILONE DELLE ASIMMETRIE INFORMATIVE

3.2.3. Il modello Principale-Agente

Altra declinazione del filone di teorie riconducibili all’Asimmetria Informativa, si tratta di un modello, quello del Principale-Agente, che trova applicazione non solo nel contesto delle IPO, bensì anche in tutte quelle situazioni nelle quali si assiste ad un rapporto di delega: un Agente - per l’appunto - opera per conto di un Principale in un contesto di asimmetria informativa che può manifestarsi in forma sia pre che post contrattuale.

Normalmente ricondotto al modello di Jensen&Meckling (1976) che, tuttavia, prendeva a riferimento il rapporto manager-proprietario, in questa sede lo stesso viene applicato al processo di prima quotazione: nello specifico all’asimmetria informativa intercorrente tra issuer e underwriter288.

Come più volte evidenziato l’underwriter riveste un ruolo fondamentale nel Going

Public Process: dalla sua expertise nel prezzare ed allocare le azioni dipende l’intero

288 Per essere più precisi il link tra questo modello ed il mondo della prima quotazione è oramai radicato

da oltre 20 anni: quello che emerse dalle teorie iniziali fu che la banca impegnata in un processo di prima quotazione (per l’appunto l’underwriter) fosse sotto-performante in termini di marketing e distribuzione delle azioni proprio per questo concetto di asimmetria informativa tra la stessa e l’issuer: quest’ultimo, conoscendo poco o niente dell’operato dell’underwriter, poiché all’oscuro di tutto, non era neppure in grado di monitorare gli sforzi profusi da questo per l’esecuzione di un ottimo IPO deal.

182

successo dell’operazione che, parimenti, costituirà anche un’operazione di marketing per l’underwriter stesso, permettendogli di farsi conoscere ed apprezzare da ulteriori soggetti interessati, suo potenziali clienti futuri.

Proprio in questo senso Baron (1982) e Baron&Holmstrӧm (1980) constatarono che le banche di investimento tenute a ricoprire il ruolo di underwriter, durante la fase di collocazione IPO si trovavano in una situazione che viene comunemente definita, nel linguaggio Principale-Agente, di azzardo morale o moral hazard289.

Gli stessi Loughran&Ritter (2004) rafforzarono quanto testé riportato dai loro colleghi, evidenziando come il legame contrattuale tra l’emittente e l’underwriter rappresentasse in realtà una tipologia di accordo istituzionale con alcuni “dark sides”: le condizioni presenti palesavano infatti chiari problemi di agenzia, i quali, coerentemente con quanto sostenuto, si sono poi effettivamente registrati nella realtà.

Sostanzialmente quello che veniva sostenuto in queste teorie era che l’Underpricing fosse uno strumento volutamente utilizzato dall’underwriter nell’ambito di un processo di rent-seeking activities290. Nonostante questa affermazione potrebbe sembrare paradossale alla luce di quanto detto al I capitolo, vale a dire che le underwriting fees spettanti alla banca sono calcolate proporzionalmente all’ammontare dei guadagni raccolti in sede di IPO e quindi non converrebbe assolutamente sotto-prezzare le azioni, il modello mette in luce un aspetto differente e guarda all’Underpricing come ad una sorta di sconto compensativo per la banca coinvolta nell’IPO.

Pur essendo innegabile - a livello teorico - che la miglior mossa da fare sia quella di prezzare correttamente le azioni così da ottenere il massimo profitto dall’operazione di IPO, tuttavia da queste teorie è emerso che i vantaggi derivanti all’underwriter nel

289 A differenza della situazione di Selezione Avversa, anch’essa una possibile declinazione della teoria

Principale-Agente, ma in un contesto pre contrattuale, quella dell’Azzardo Morale si prefigura quale comportamento opportunistico in fase post contratto. La stessa si basa sull’assunto che, qualora il Principale sia all’oscuro delle azioni compiute dall’Agente e non abbia modo di monitorarle né controllarle, allora l’Agente perseguirà indubbiamente i propri scopi a spese del Principale. Anche nel caso del modello proposto da Baron (1982) e Baron&Holmstrӧm (1980) si sta implicitamente assumendo che all’emittente non sia concesso di verificare gli sforzi compiuti dall’underwriter in fase di vendita e collocazione dei titoli.

290 Con questa espressione inglese ci si riferisce a tutte quelle attività svolte nel tentativo di migliorare il

proprio benessere a spese di quello altrui: per comprendere come questo concetto venga declinato con riferimento alla figura dell’underwriter si prosegua nella lettura.

183

sotto-prezzare i titoli superano di gran lunga gli svantaggi [Baron&Holmstrӧm (1980)]291. In questo senso infatti, oltre alle ovvie facilitazioni conseguenti in termini di pubblicizzazione dell’offerta e di saturazione della stessa (quindi certezza di trovarsi ad affrontare casi di Oversubscription), potevano palesarsi delle situazioni in base alle quali gli ipotetici azionisti, pur di ottenere l’allocazione di quegli strumenti, considerassero l’eventualità di corrispondere all’underwriter dei side payments intensi come pagamenti extra: a titolo esemplificativo questi potevano presentarsi nella forma di maggiori commissioni di vendita imputate agli investitori292 [Loughran&Ritter (2002)].

Contestualmente prese molto piede in questo senso anche la pratica dello spinning di cui si era già accennato al I capitolo: sostanzialmente l’underwriter utilizzava a proprio vantaggio il canale allocativo, conferendo le azioni prevalentemente a quei soggetti che ricoprivano ruoli chiave all’interno delle diverse realtà aziendali, i cosiddetti Executives, nella speranza che gli stessi si sarebbero in futuro rivolti a loro per avviare un’eventuale propria attività di investimento [Ljungqvist (2007)].

Per ovviare a questo immane problema di comportamenti scorretti diveniva pertanto necessario implementare un meccanismo di redazione del contratto tra Principale ed Agente che facesse perno sullo schema degli incentivi: nello specifico affinché l’underwriter facesse un uso appropriato delle maggiori informazioni che deteneva relativamente alla domanda degli investitori per l’impresa quotanda Baron (1982) propose un modello contrattuale secondo il quale la pricing decision, sia in termini di IPO price che di underwriting spread, venisse presa dalla banca attingendo da un menu di combinazioni contrattuali proposte dall’emittente293. Sostanzialmente il fulcro di tale

291

Proprio nel modello di Baron&Holmstrӧm (1980) si sottolineò come fosse nel più totale interesse dell’underwriter fissare un prezzo di emissione basso: in tal modo lo stesso avrebbe ridotto al minimo lo sforzo impiegato in fase di marketing e di allocazione dei titoli. Questi infatti, date le condizioni estremamente favorevoli di offerta, non avrebbero di certo rischiato di rimanere invenduti. Va tuttavia evidenziato che gli stessi autori riconobbero come la ragguardevole concorrenza nell’industria dell’investment banking (ci riferiamo al contesto US della fine degli anni ‘80) avrebbe dovuto parzialmente ridurre questo problema di agenzia.

292 Proprio per questo comportamento scorretto nel 2002 l’istituto bancario del Credit Suisse First Boston

venne multato per la considerevole cifra di 100 milioni (US$). Fonte: NASD Regulation Inc. (22 gennaio 2002).

293 Per ulteriori approfondimenti si legga il relativo paper. Baron, D.P., 1982. A Model of the Demand for

184

contratto consisteva nel delegare all’underwriter la fissazione del prezzo d’offerta, ma al contempo ricompensare lo stesso per la raccolta e l’utilizzo, in fase di IPO price

setting, delle differenti informazioni rivenienti dal mercato.

Questo sistema non poteva ovviamente portare alla fissazione di un prezzo di tipo first

best, come invece si sarebbe potuto ottenere qualora non si fossero verificate situazioni

di inosservabilità dell’impegno e di asimmetrie informative, tuttavia proprie di questo caso.

Ad ogni modo va sottolineato che i modelli di Baron (1982) e Baron&Holmstrӧm (1980), nonostante abbiano indubbiamente costituito una parte importante nel filone delle asimmetrie informative, hanno parimenti manifestato una certa fragilità.

Ci si riferisce nello specifico a quanto emerso dagli studi di Muscarella&Vetsuypens (1989) in base ai quali vennero registrati dei notevoli casi di Underpricing anche per quelle azioni emesse dalle banche di investimento nel loro stesso processo di prima quotazione. Questo fatto si palesa di per sé come paradossale se letto alla luce di quanto finora sostenuto dai due precedenti autori: essendovi infatti perfetta identità in questo particolare scenario tra l’emittente e l’underwriter non ha assolutamente alcun senso ricondurre il dato di Undepriricng rilevato alla riflessione precedentemente fatta circa i comportamenti poco onesti messi in pratica dall’underwriter in un contesto di asimmetria informativa. In tal senso gli studi di Baron (1982) e Baron&Holmstrӧm (1980) dovrebbero quindi essere rivisti anche alla luce di queste rilevazioni paradossali.