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La Teoria della Segnalazione

Teorie esplicative l’IPO Underpricing

3.2. IL FILONE DELLE ASIMMETRIE INFORMATIVE

3.2.4. La Teoria della Segnalazione

Le “Signalling Theories” sono in realtà un filone alquanto corposo, che va ben oltre il solo universo delle IPO: oltre a quella qui oggetto di analisi ci si può facilmente imbattere, soprattutto qualora si vada ad indagare nelle politiche finanziarie aziendali adottate da un’impresa, in casi di Dividend Signalling o di Debt Signalling294.

Per avere invece una visione di lettura che colleghi questo modello con il precedente di Benveniste&Spindt (1989) si veda Biais et al. (2002).

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Estraniandosi per un attimo dall’ambiente economico-finanziario celebre è in questo senso anche la teoria della segnalazione nel mercato del lavoro di Michael Spence (1973): egli sosteneva che i futuri dipendenti, per segnalare al datore di lavoro la propria qualità, lanciavano un segnale attraverso l’investimento effettuato in ambito educativo.

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Il concetto sostanzialmente è invariato anche se cambia lo strumento funzionale allo scopo: l’obiettivo che in queste ultime due versioni qui citate l’impresa persegue è quello di segnalare la propria qualità compiendo azioni impattanti quali contrarre debito finanziario o impiegare le proprie risorse nella distribuzione dei dividendi295.

Con riferimento invece al mercato delle IPO questa teoria, che viene storicamente ricondotta agli studi compiuti da Ibbotson (1975), anche se la stessa è stata poi ampliata attraverso i contributi di Allen&Faulhaber (1989), Grinblatt&Hwang (1989) e Welch (1989), individua quale mezzo di segnalazione a disposizione delle imprese per l’appunto l’Underpricing. Nello specifico fu proprio Ibbotson (1975) che, attraverso la sua analisi, intuì come l’atto di sotto-prezzare le proprie azioni potesse essere volutamente funzionale a “leave a good taste in investors’ mouths”: l’obiettivo era quindi attirare l’attenzione degli investitori segnalando la propria qualità con un’azione altamente costosa (ed unicamente per questo valevole) come, per l’appunto, l’Underpricing.

Emerge pertanto come questa teoria parta dall’assunto opposto rispetto a quelli precedentemente descritti: per la prima volta in questa sede si sostiene che l’operatore maggiormente informato sia l’emittente stesso ed il maggior confronto avvenga tra questo e la platea di investitori disinformati [Ljungqvist (2007)]. Sostanzialmente quello si voleva sostenere era che l’azienda sarebbe stata disposta a sotto-prezzare le proprie azioni, e quindi conseguentemente a perdere ingenti quote di capitale in sede di IPO, solo qualora la stessa avesse la certezza di registrare un futuro trend di crescita e quindi conseguentemente di generare profitto: nel gergo tecnico solo qualora si trattasse di una

high quality firm.

Esclusivamente le good companies potevano permettersi, secondo questa teoria, tale costosa segnalazione, poiché confidavano nel fatto che, una volta acquisite le azioni volutamente sotto-prezzate, gli investitori sarebbero stati assolutamente in grado di comprendere l’effettivo valore dell’impresa, nonché la sua solidità, evitandole pertanto di dover ulteriormente ricorrere a questi dispendiosi mezzi di segnalazione.

295 Per ulteriori approfondimenti circa queste specifiche teorie di segnalazione, la cui trattazione esula

dallo scopo del presente lavoro, si rimanda a: A.A.V.V., 2012. Corso di politiche finanziarie aziendali. Università Cà Foscari di Venezia, Dipartimento di Management, Ed. McGraw-Hill.

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Questo d’altro canto doveva parimenti permettere alle società oramai quotate di presentarsi nel mercato dei capitali anche successivamente, attraverso le già citate SEO, e di ottenere in quella circostanza ulteriore equity, questa volta a condizioni più favorevoli: senza questo ulteriore step nessuna impresa, neppure quelle più performanti, avrebbe ottenuto vantaggio alcuno dalla sola operazione di Underpricing296; ne sarebbero contrariamente derivate solo inutili perdite.

Il concetto implicito in questa teoria è che sotto-prezzare si pone in prima istanza come tappa necessaria per ottenere futuri guadagni e riconoscimenti.

Ovviamente, come tutti i modelli di segnalazione, anche questo sotto esame è validato solo qualora il segnale lanciato dalle imprese sia talmente costoso da non poter essere imitato; se infatti così non fosse a nulla sarebbe valso l’aver sopportato un ingente livello di Underpricing: è in questo contesto che si inserisce il concetto di “equilibrio di separazione”. Sostanzialmente, ipotizzando297 che la scoperta da parte degli investitori circa l’effettiva qualità dell’impresa (good versus bad company) avvenga precedentemente al tentativo di SEO [Ljungqvist (2007)], le imprese di bassa qualità non avranno alcun incentivo ad imitare la controparte performante: se infatti anche riuscissero ad entrare nel mercato dei capitali segnalandosi attraverso il costoso strumento dell’Underpricing, questo segnale ingannevole verrebbe intercettato immediatamente dal mercato, ben prima che alle stesse venga data la possibilità di trarne alcun vantaggio in sede di SEO.

Questa constatazione ci permette pertanto di sostenere che le imprese low quality eviteranno aprioristicamente di imitare la controparte, poiché, qualora scoperte, alle stesse verrebbe completamente preclusa la possibilità di recuperare i soldi perduti utilizzando l’emissione secondaria (SEO): in sintesi, dopo aver perso in fase di IPO, le

296 Va inoltre evidenziato che, come teorizzato negli studi di Allen&Faulhaber (1989), le IPO di imprese

di “qualità superiore” non solo dovevano essere caratterizzate da un prezzo di collocamento più basso, e quindi da un conseguente Underpricing più elevato, ma al contempo anche da una dimensione dell’offerta azionaria ridotta. Se infatti l’obiettivo era quello di far conoscere la propria qualità attraverso una costosa operazione di spontaneo sotto-prezzamento, al contempo si voleva arginare al massimo il danno monetario proprio attraverso una ridotta offering size. L’impresa avrebbe proceduto successivamente a raccogliere l’effettivo capitale, attraverso un’emissione secondaria che sarebbe avvenuta a condizioni più ragionevoli, dato l’effetto sortito dalla segnalazione.

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stesse si ritroverebbero a registrare un’ulteriore perdita di capitale anche nella fase successiva.

Tuttavia questo filone circa le teorie di segnalazione fece contestualmente sorgere un dubbio più che legittimo: considerando che l’azione di Underpricing lancia indubbiamente un messaggio, ma lo stesso è estremamente costoso per l’impresa, alcuni autori al tempo si interrogarono se non vi potessero essere delle strade alternative da percorrere. In questo senso si inseriscono le ricerche condotte da Booth&Smith (1986), da Titman&Trueman (1986) nonché da Megginson&Weiss (1991): essi individuarono quali possibili segnali alternativi all’implementazione dell’Underpricing rispettivamente l’adozione di un underwriter di comprovata abilità; l’utilizzo di

auditors stimati nel panorama internazionale ed infine la presenza di venture capitalists

a certificare l’operazione di IPO.

Parzialmente collegato con questo aspetto vi è un’ulteriore declinazione della “Signalling Theory” conosciuta anche come “Insider Signalling Theory” [Leland&Pyle (1977)]. Nello specifico questi autori sostennero che lo stesso imprenditore fosse da solo in grado di lanciare un forte segnale circa la qualità dell’impresa: il tutto dipendeva dall’ammontare di equity dallo stesso detenuto. Tanto maggiore infatti era la sua quota azionaria a seguito dell’IPO tanto più voleva dire che l’impresa apparteneva alla cerchia delle high quality companies e che molto probabilmente la stessa era in procinto di avviare dei progetti ad alto potenziale di crescita. Sostanzialmente sulla base di questa teoria quello che ci si aspettava era che il valore dell’impresa incrementasse contestualmente alla porzione di equity detenuta dall’imprenditore.

Alla luce di questo, qualora si consideri l’assunzione testé proposta quale corretta ed accettabile, ci si aspetterebbe di constatare che l’insider ownership sia direttamente collegata con il primo giorno di IPO Underpricing, sulla base di quanto appena sostenuto [Ljungqvist (2007)].