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I metodi di Pricing

La Cina: contesto storico, economico ed istituzionale

2.5. IL CONTESTO REGOLAMENTARE

2.5.3. I metodi di Pricing

Come testè accennato in chiusura del precedente sotto-paragrafo, nel ventennio intercorso dalla nascita ufficiale delle piazze finanziarie cinesi i metodi di pricing utilizzati per individuare l’IPO offering price hanno subito notevoli cambiamenti: la direzione intrapresa in tal senso è stata – come da prassi – quella di creare meccanismi volti ad eliminare con gradualità l’ingerenza dello Stato e finalizzati a creare mercati sempre più efficienti e funzionanti.

Molti autori [Cheung et al. (2009), Chiou et al. (2010), Su&Fleisher (1999), Teshima&Suzuki (2008), Tian&Megginson (2011)] nel corso degli anni si sono interrogati proprio sulle ripercussioni che tali cambiamenti regolamentari potevano avere avuto sul fenomeno dell’IPO Underpricing: in particolare essi si interrogarono se una minore intromissione da parte del Governo nei meccanismi di pricing e di

allocation delle azioni potesse andare a beneficio degli emittenti, riducendo la portata

dell’Underpricing e migliorando la stabilità del prezzo azionario259.

259 In particolare Chiou et al. (2010) si chiesero se, tra le altre cose, una migrazione del mercato IPO

cinese verso un modello maggiormente market-oriented fosse andato a beneficio delle imprese quotande in termini di minor Underpricing e minor volatilità del prezzo. Si veda il III capitolo per approfondimenti.

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Ad ogni modo, come si evidenziava precedentemente in questo stesso capitolo, prima della nascita ufficiale delle piazze finanziarie di Shanghai e Shenzhen circa un centinaio di società emisero titoli azionari. Il prezzo di vendita di questi fu decretato, in assenza dei meccanismi ufficiali di pricing - che vennero infatti formulati solo successivamente - utilizzando il loro valore nominale al momento di emissione.

A partire dal 1995 si iniziarono invece a registrare i primi cambiamenti davvero rilevanti nelle modalità di calcolo del prezzo di quotazione.

Procedendo con ordine si possono individuare, dal 1995 alla data corrente, quattro differenti meccanismi di pricing [Chiou et al. (2010)], la cui conoscenza si palesa fondamentale al fine di comprendere le dinamiche sottostanti all’Underpricing:

1. Il primo metodo, comunemente indicato in letteratura con l’appellativo di

“online fixed-price offering” (1995-1998), si fondava sull’assunto che il prezzo

veniva fissato dall’emittente, ma necessitava assolutamente dell’approvazione da parte del CSRC. Introdotto già nel 1994, ma divenuto effettivo solo un anno più tardi, prevedeva che l’investitore potesse fare delle offerte sulla base di un prezzo pre-determinato. Quest’ultimo veniva calcolato matematicamente andando a moltiplicare l’EPS netto dell’azienda quotanda per un P/E ratio preventivamente dato, il cui valore, determinato dal CSRC, si attestava normalmente in un range tra 13 e 15 [Cheung et al. (2009), Tian&Megginson (2011)]; si trattava sostanzialmente del sistema del Price Cap di cui sopra. Come precedentemente accennato, tale valore nel rapporto veniva volutamente mantenuto a livelli bassi: in questa maniera si stava implicitamente imponendo alle aziende quotande ridotti offering prices, garantendo nel contempo agli investitori considerevoli returns, Questo permetteva parimenti di assicurarsi il successo dell’operazione di IPO, perseguendo nello scopo primario di creazione dei mercati finanziari [Chiou et al. (2010)]. Era infatti essenziale non fallire in questa senso, almeno nella fase iniziale, considerando che non solo ne avrebbe pesantemente rimesso la credibilità del Governo, ma che sarebbe parimenti sfumata la ragione principale che al tempo aveva spinto lo Stato alla creazione delle Borse Valori: sanare le precarie condizioni finanziarie delle SOE [Cooper

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(2003)]. In caso di Undersubscription, eventualità molto rara ma pur sempre possibile, era onere dell’Underwriter l’acquisizione di tutte le azioni invendute; 2. Il secondo (1999-2001) coincide temporalmente con l’entrata in vigore, nel

luglio 1999, della Securities Law260, attraverso la quale il mercato cinese ebbe modo di avvicinarsi sempre più ad un modello market-driven e durante il quale il ruolo del CSRC, come precedentemente detto, divenne gradualmente meno invadente261. In tale contesto l’emittente, in concomitanza con l’underwriter designato, aveva la facoltà di individuare preliminarmente un offering price

range. Successivamente, in un’ottica di bookbulding approach e con l’intervento

di specifici investitori istituzionali pronti ad acquistare le azioni di nuova emissione, si individuava il prezzo finale d’offerta che normalmente era maggiore rispetto a quanto individuato preliminarmente dal range. Essendo completamente sparito ogni riferimento al P/E ratio tale secondo metodo venne indicato con l’appellativo “loosened P/E ratio method”.

Questo approccio, vale a dire la possibilità di negoziare il prezzo di collocamento, venne inizialmente adottato solo da quegli emittenti che presentavano un total equity capital superiore ai 400 milioni (RMB) [Cheung et

al. (2009)]: successivamente, nell’aprile del 2000, questo tetto venne eliminato

concedendo alla totalità delle società di implementare lo stesso metodo.

Tuttavia questo sistema di pricing, teoricamente più progredito poiché considerava l’effettiva domanda di mercato, si rivelò fallimentare quando venne applicato al contesto cinese, troppo particolare. Ciò poiché ci si trovava di fronte ad una realtà ancora alle sue origini, i cui investitori erano spesso poco esperti ed per nulla informati circa l’effettivo valore dell’azienda quotanda: lasciando sostanzialmente nelle loro mani il processo di pricing si ebbe modo di assistere

260 Promulgata per volontà del Presidente della PRC. Si veda per ulteriori approfondimenti il capitolo II,

al sotto-paragrafo 2.3.2. “Lo sviluppo del mercato azionario”.

261 Sostanzialmente al CSRC non rimaneva che controllare la conformità alle norme e alle leggi, nonché

dare l’irrinunciabile approvazione finale all’IPO price. Infatti,come si evince dalla lettura di cui sopra, con l’entrata in vigore della Security Law il processo di allocazione e di pricing delle azioni fu progressivamente svincolato dalle volontà dello Stato concedendo ad emittente ed underwriter di decretare il prezzo di quotazione delle azioni con il metodo del bookbuilding. Per approfondimenti si veda il proseguo del paragrafo. Si vedano inoltre Chen Z. et al. (2007) e Cheung et al. (2009).

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in quegli anni a notevoli “Overheated IPO”, ossia letteralmente quotazioni che scottano262 [Cheung et al. (2009)];

3. il terzo meccanismo (2001-2004), considerando le falle del precedente, fece nuovamente riferimento al P/E ratio come fattore moltiplicativo della profittabilità dell’azienda, ma stavolta si concesse al multiplo di raggiungere al massimo un valore di 20 e al prezzo finale di offerta di raggiungere un valore 10 volte maggiore o minore dell’offering price di base263. Tale metodo, trattandosi di una versione rettificata del primo, fu etichettato con l’appellativo di

“controlled P/E ratio method” e permise di evitare il ripetersi di Overheated

IPO ponendo un cap, anche se meno restrittivo del precedente, al valore del rapporto. Tuttavia, entrato in vigore nel luglio del 2001, fu applicato indistintamente a tutte le aziende che erano in procinto di quotarsi, ignorando le peculiarità proprie di ciascun settore. Questa imposizione causò una distorsione nel sistema che andava sanata il prima possibile [Cheung et al. (2009)];

4. infine nel 2004 la Company Law e la Security Law furono entrambe emendate: