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Il metodo dei multipli di mercato

1.4. METODI DI VALUTAZIONE DEL VALORE AZIENDALE

1.4.2. Il metodo dei multipli di mercato

Si tratta di uno dei metodi comunemente più utilizzati, soprattutto in sede di prima quotazione, sia per ragioni attinenti la rapidità ed immediatezza nel calcolo del valore desiderato, sia per la sua semplicità di implementazione96.

In particolare si tratta di un approccio che esula completamente da lunghe ed articolate formule matematiche, come invece accade per il metodo del DCF, ed in base al quale si riesce a calcolare il valore della società quotanda – e quindi anche delle azioni oggetto di prima emissione – semplicemente confrontando la stessa con società simili, già presenti nel mercato regolamentato, ed affini all’emittente sulla base di caratteristiche attinenti la rischiosità, la profittabilità, le opportunità di crescita, la dimensione dell’impresa ed il settore industriale di appartenenza97 [Borsa Italiana S.p.A. (2004)].

95 Una panoramica estremamente dettagliata dei punti deboli di questa procedura di determinazione del

valore aziendale è disponibile in Borsa Italiana S.p.A. (2004). In questa Guida alla Valutazione vengono passati in rassegna tutti i possibili problemi di applicazione della stessa. Già a partire dalla determinazione del valore del WACC, ossia del tasso di sconto per il calcolo del valore attuale, è necessario individuare il corretto costo del capitale proprio, che a sua volta necessita dell’implementazione del modello del CAPM [Sharpe (1964)]. Tuttavia per procedere in questa direzione si deve individuare un beta che sia coerente con il livello di rischiosità dell’impresa oggetto di analisi: non essendo questo dato direttamente disponibile spesso si calcola il beta rappresentativo per quello specifico settore come media dei beta delle differenti società quotate. Per ulteriori chiarimenti si veda appunto la Guida alla Valutazione sopraccitata.

96 Alcuni professionisti sono invece del parere che si tratti di un mero metodo di controllo, che deve cioè

supportare la determinazione del valore già effettuata precedentemente attraverso un’altra procedura, come si trattasse di un double check [Borsa Italiana S.p.A. (2004)].

97 Non sempre questo è possibile; possono infatti esservi delle situazioni nelle quali si riesce a trovare

corrispondenza entro certi limiti, ma non con riferimento a ciascuna delle caratteristiche sopra elencate. In tal caso, poiché diventa comunque necessario procedere all’individuazione di aziende comparabili, è fondamentale individuare quali siano i tratti ritenuti più significativi nella selezione e procedere coerentemente secondo il nuovo criterio stabilito [Borsa Italiana S.p.A. (2004)].

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Dette società sono anche conosciute nel linguaggio tecnico con l’appellativo di comps o di peer companies.

Nella sostanza questo metodo prevede che, a seguito dell’individuazione delle adeguate società comparabili, per ciascuna di queste vengano calcolati degli opportuni multipli: questi in particolare sono determinati come rapporto tra grandezze a valori di mercato e grandezze contabili delle stesse98.

Una volta che, per ciascuna peer company si è proceduto all’individuazione del valore di ratio, si procede individuando il valore medio di settore: questo verrà successivamente applicato come moltiplicatore alla corrispondente grandezze della società oggetto di valutazione, sia essa di natura economica, patrimoniale o finanziaria, così da individuare un range di valori entro il quale può posizionarsi l’offering price dell’emittente, obiettivo finale dell’applicazione di tale metodo.

Tuttavia questa procedura, estremamente intuitiva e di pressoché immediata implementazione, è stato tacciata di essere eccessivamente approssimativa, visto la notevole soggettività che la caratterizza, ed al contempo di fondarsi eccessivamente su un elemento spesso poco concretizzabile quale l’individuazione di un campione rappresentativo di peer companies.

98 Per la determinazione di questi ratios è infatti necessario procedere in primis individuando delle

grandezze di natura borsistica che andranno a costituire il numeratore nel rapporto, quale ad esempio il prezzo di negoziazione delle azioni di quella specifica peer company (P) o l’Enterprise Value della stessa (EV), vale a dire la somma tra la sua capitalizzazione di mercato e la sua posizione finanziaria netta. Secondariamente, per il valore a denominatore, è prevista l’individuazione di una grandezze più prettamente di natura economica, finanziaria o patrimoniale, quale ad esempio l’Utile per Azione, anche conosciuto con la sigla inglese di EPS (Earnings Per Share), l’EBIT o l’EBITDA. In tal senso esistono una pluralità di multipli utilizzati nella prassi qualora ci si accinga a valutare un’azienda: tra i più conosciuti ed utilizzati su scala globale si hanno l’ EV/EBITDA, l’EV/EBIT, l’EV/VENDITE nonché il super inflazionato P/E, quest’ultimo dato appunto dal rapporto tra il prezzo di negoziazione dell’azione e l’EPS dell’azienda sotto analisi. Va comunque precisato che sempre più spesso si assiste a casi in cui tali multipli non vengono utilizzati tout court, bensì vengono parzialmente rettificati o normalizzati per depurarli da eventuali distorsioni di natura fiscale o legati a particolari politiche di bilancio attuate. Inoltre, sempre al fine di rendere il loro contributo il meno fuorviante e distorsivo possibile, sempre più spesso si predilige l’EV/EBITDA all’EV/EBIT: il secondo è infatti calcolato sulla base di voci di natura più discrezionale (è al netto di ammortamenti ed accantonamenti) e quindi è più incline ad incorporare errori valutativi [Borsa Italiana S.p.A. (2004)]. Oltre a questo delicato aspetto che va tenuto debitamente in considerazione, anche il fattore temporale non va tralasciato: normalmente i multipli vengono calcolati sulla base dell’anno corrente e del successivo, quindi in un’ottica di forecasting (si parla rispettivamente di trailing e di leading multiples); tuttavia si può procedere diversamente qualora vi siano delle particolari ragioni che giustificano tale scelta [Borsa Italiana S.p.A. (2004)].

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La scelta del giusto campione di riferimento incorpora l’accuratezza e l’attendibilità che caratterizzeranno il successivo processo di price discovery: considerando che non sempre è possibile individuare aziende che rispecchino appieno tutti le caratteristiche dell’emittente, spesso si utilizzano criteri di selezione per i quali è sufficiente una parziale affinità. Vi sono stati ad esempio casi nei quali, al fine di determinare il valore di una determinata azienda, in fase di selezione delle comps si è prestato attenzione solo ed esclusivamente al settore industriale di appartenenza, indipendentemente dalle caratteristiche dimensionali o dai dati economici.

Altresì si sono verificate situazioni nelle quali si è preferito guardare prevalentemente all’aspetto qualitativo, al fine di individuare un campione che, sebbene non altrettanto numeroso come nel caso precedente, includesse solo ed esclusivamente quelli che erano considerati dall’impresa quotanda i suoi veri competitors, anche se si trattava di un campione di numerosità spesso esigua.

Infine in casi limite, dettati dalla totale assenza di imprese similari per settore o caratteristiche operative, si è proceduto utilizzando multipli generici, individuati a livello di intero mercato, o multipli di imprese quotatesi di recente: in quest’ultimo caso l’unico elemento di condivisione era quindi essere state anch’esse oggetto di un’IPO nel breve termine.

Va inoltre precisato che, anche ammesso che tale difficoltà in fase di individuazione delle peer companies venga superata brillantemente, ulteriori problemi subentrano nella fase successiva: le stesse aziende comparabili, ai cui dati si attinge per l’individuazione di un multiplo medio rappresentativo del settore, possono infatti presentare dei valori per il calcolo dei rispettivi ratios già di partenza corrotti, per ragioni di varia natura [Draho (2004)].

L’emittente inoltre, attraverso questo metodo, può facilmente modificare i valori finali ottenuti volgendoli a proprio vantaggio; inoltre questa stessa procedura agisce per sommi capi, senza considerare l’effettivo profilo di rischio specifico per quella determinata impresa e quindi tralasciando uno degli aspetti più importanti in sede di valutazione della società [Draho (2004)].

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