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Il metodo d’asta

1.3. METODI DI PRICING ED ALLOCATION

1.3.3. Il metodo d’asta

Infine si procede all’analisi del cosiddetto auction method che sostanzialmente si concretizza nel comune e molto conosciuto metodo d’asta: si tratta di un sistema nel quale, dopo aver fissato un prezzo soglia minimo sotto il quale non è ammissibile scendere, gli investitori coinvolti sono tenuti ad indicare la loro quantità ed il loro prezzo massimo: successivamente, sulla base delle differenti offerte raccolte, verrà decretato l’effettivo prezzo finale, tale da esaurire l’offerta disponibile [Draho (2004)]80.

Come si evince questo sistema, sotto certi aspetti, ha degli elementi in condivisione con il sopraccitato bookbuilding81, poiché entrambe le procedure arrivano all’individuazione

di un prezzo di emissione attraverso la rivelazione della domanda, ma dall’altro lato hanno anche molti elementi di notevole difformità [Jenkinson&Ljungqvist (2001)]. Premesso che come per tutti gli issuing methods finora analizzati anche per l’auction vi sono differenti declinazioni82, la differenza sostanziale tra questo ed il precedente metodo risiede proprio nell’impostazione ed organizzazione della procedura.

Il metodo d’asta può infatti aver luogo tranquillamente senza l’intervento di soggetti esterni, ma sulla base di semplici sistemi informatici automatizzati che permettano l’incontro tra domanda e offerta, nel rispetto dei parametri di prezzo-quantità decretati

80 Per ulteriori approfondimenti sull’argomento si veda Biais&Faugeron-Crouzet (2002) e

Derrien&Womack (2003): quest’ultimi in particolare forniscono un chiaro schema temporale del suddetto metodo con riferimento al contesto francese. Un prezzo d’offerta minimo accettabile viene individuato di comune accordo tra l’underwriter e l’emittente generalmente una settimana prima dell’effetiva IPO date: questo fornirà il punto di partenza per raccogliere le differenti offerte in termini di quantità e prezzo proposte dagli investitori e tracciare successivamente una curva di domanda cumulativa rappresentativa le loro intenzioni. Sulle modalità di determinazione del prezzo finale d’asta si veda un esempio chiarificatore, tratto da Choi&Pritchard (2005), pag. 414. Per quel che concerne le declinazioni di questo sistema nel contesto italiano si veda anche la Rivista delle Società, 1986. Giuffrè Editore, Milano.

81 Non a caso in alcuni libri di testo è possibile imbattersi nell’espressione “[…] bookbuilding or other

auction-like methods […]” quasi ad indicare un’identità tra le due procedure. Come invece si avrà modo di specificare in questa sede i due metodi hanno delle affinità, ma anche notevoli differenze: Borsa Italiana S.p.A., nella sua Guida alla Quotazione rinvenibili nel sito web istituzionale (2001), si riferisce al metodo di bookbuilding utilizzando l’appellativo di “metodo d’asta imperfetto”, espressione che di per sé enfatizza gli elementi in comune e non.

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Si può infatti assistere a casi di single price auction, in base ai quali, come si evince dal nome stesso, tutti i partecipanti saranno tenuti a pagare il medesimo prezzo, o ad aste per le quali i proponenti saranno chiamati a rispondere per il prezzo effettivamente offerto. Queste ultime sono le c.d. discriminatory price auction, nome dovuto proprio al fatto che vengono fatte delle distinzioni tra i vari investitori.

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da regole specificate ex ante: in questo caso si parla comunemente di internet-based

auction mechanism, una realtà molto diffusa83.

Contrariamente il bookbuilding è un processo tutt’altro che automatizzato; esso fonda il suo funzionamento su una pluralità di soggetti: in primis sul ruolo ricoperto dall’underwriter, soprattutto in sede di selezione degli investitori e di successiva fissazione del prezzo finale; in secondo luogo sul rapporto di intermediazione e di perenne dinamismo che si viene ad instaurare tra i diversi soggetti. Senza tali elementi questa procedura sarebbe destinata a scomparire definitivamente.

Va inoltre specificato che, a differenza di quanto avviene nel sistema d’asta e nel fixed

price regime, la procedura di bookbuilding è l’unica, tra gli issuing methods, che

consente all’underwriter di discriminare in fase di collocamento, trattando differentemente i diversi investitori: questa eventualità, ossia la possibilità di trattare favorevolmente taluni soggetti a discapito di altri allocando a questi un maggior numero di azioni, può essere utilizzata come adeguata ricompensa a favore di quegli investitori più informati che, per l’appunto, attraverso un’onesta e rappresentativa rivelazione della loro domanda, hanno contribuito all’identificazione di un prezzo il più equo e corretto possibile [Jenkinson&Ljungqvist (2001)].

Inoltre la letteratura teorica, suffragata da quella empirica, ha dimostrato come il metodo di price discovery attuato attraverso il bookbuilding abbia consentito di ridurre l’Underpricing, poiché si basa su una maggiore condivisione di informazioni84 [Lombardo (2011)].

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Storicamente parlando il metodo d’asta era ampiamente utilizzato nella metà degli anni ‘80 nel contesto anglosassone: irragionevolmente (si stanno ancora indagando le cause non trattandosi per certo di un cambiamento nella regolamentazione) di lì ad alcuni anni si è assistito ad un progressivo disuso dello stesso a favore di metodi alternativi [Jenkinson&Ljungqvist (2001)]. Tuttavia il contesto inglese non rappresenta la realtà globale e l’auction method permane ancora in molti paesi come il sistema più impiegato: ad esempio in Giappone lo stesso è stato reso obbligatorio dal 1990 al 1997 per evitare il verificarsi di scandali come avvenuto invece in passato. Le ragioni sottostanti la predilezione per l’uno o l’altro sistema vanno ricercate nelle caratteristiche istituzionali, regolamentari e finanziarie del contesto sotto analisi. Proprio a questo scopo è stato scritto il II capitolo, al fine di fornire una panoramica sui meccanismi generali che governano la realtà cinese, protagonista indiscussa del resto dell’elaborato.

84 Per ulteriori approfondimenti circa il metodo sopra citato, nonché sulla letteratura a partire dalla quale

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Le ragioni suddette sono le cause per le quali tale sistema (il bookbuilding) è considerato tra i più efficienti in termini di fissazione del prezzo d’offerta, oltre che essere effettivamente quello più diffuso a livello mondiale85.

Vanno tuttavia riportate talune differenze di natura geografica con riguardo al mercato delle IPO e alle differenti modalità di applicazione della procedura di bookbuilding. Nel suo paper Ritter (2003) oltre a riconoscere una fiorente proliferare in Europa di piattaforme di negoziazione conosciute sotto il nome unico di Euro NM Markets86, sottolineò la diffusione nel Vecchio Continente della procedura del bookbuilding a partire - come già detto - dagli anni ‘90.

Moltissimi sono stati gli studi che hanno cercato di indagare le cause sottostanti l’abbandono del meccanismo del prezzo fisso o dell’asta a favore, dell’ormai molto più diffuso, sistema del bookbuilding87 [Biais&Faugeron-Crouzet (2002), Ljungqvist et al. (2003), Sherman (2000)].

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Si veda Lombardo (2011) e Wilhelm Jr (2005). In tal senso rimane curioso il caso di Google Inc., che, azienda americana quotatasi nel 2004 (Nasdaq), ha stranamente preferito adottare il metodo d’asta online. Si veda su questo specifico case study quanto riportato da Hensel (2005).

86 Solo per citare i più rappresentativi nel 1997 in Germania si assistette alla creazione del Neuer Markt

che si prefiggeva di invogliare alla quotazione tutte quelle imprese ad alto potenziale di sviluppo e crescita. A seguire l’esempio della vicina Germania non hanno tardato anche Italia e Francia che, rispettivamente, hanno dato vita al Nuovo Mercato e al Nouveau Marchè. Tuttavia già nel 2002 si assistette ad una chiusura del primo nato, alla quale succedettero, quasi in un effetto domino, anche quelle delle altre sedi di negoziazione pur di recente costituzione. Nello specifico, volgendo l’interesse al contesto nazionale, nel 2005 Borsa Italiana optò per congedare il listino delle società innovative con alto potenziale di sviluppo, sostituito dal cosiddetto Mtax che successivamente venne accorpato nell’MTA [www.borsaitaliana.it].

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In tal senso il contesto francese si è rivelato terreno fertile di indagine [Biais&Faugeron-Crouzet (2002), Derrien&Womack (2003), Vandemaele (2003)] rappresentando un’arena nella quale erano contemporaneamente presenti tutti e tre gli issuing methods e nella quale la scelta tra l’uno o l’altro sistema era assolutamente libera e svincolata da alcun tipo di imposizione: erano i soggetti direttamente coinvolti nel processo di quotazione gli unici tenuti a decidere quale metodo utilizzare. Tale decisione veniva normalmente presa preliminarmente alla pubblicazione dei documenti necessari per avviare un’IPO. Tra il 1992 ed il 1998 vennero individuati nel contesto finanziario francese la coesistenza della procedura di offerta a prezzo fisso nella veste di offre à prix ferme, del metodo d’asta definito anche l’offre à prix minimal ed infine il placement garanti molto simile al bookbuilding di stampo americano [Biais&Faugeron (2002), Derrien&Womack (2003), Vandemaele (2003)]. Da tale studio emerse che, coerentemente con quanto sostenuto negli studi di Biais et al. (2002), il metodo d’asta era il migliore in termini di controllo dell’Underpricing e di riduzione della volatilità dello stesso nelle fasi di hot markets. Al contrario l’analisi condotta da Loughran et al. (1994) dimostrò che il metodo del prezzo fisso conduceva irrimediabilmente ad alti livelli di Underpricing: questa constatazione aveva già trovato precedente riscontro in uno studio condotto da Welch (1992) il quale fu in grado di dimostrare empiricamente che il sistema del prezzo fisso applicato per alcune IPO europee poteva comportare il verificarsi del fenomeno delle information cascades e che, alla luce di questa constatazione, le imprese sottoprezzavano volutamente le proprie azioni così da creare un contesto favorevole, nonché rafforzare l’opinione degli investitori circa la figura dell’emittente. Per ulteriore dettaglio circa la teoria dell’ information cascades si prosegua nella lettura del III capitolo.

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In tal senso va precisato che, a differenza del Vecchio Continente, ove vi sono stati periodi di coesistenza dei tre differenti issuing methods, il panorama americano ha visto prevalentemente - e fin dal principio - l’affermazione del metodo del bookbuilding88 [Derrien&Womack (2003)].

A tal riguardo gli studi che si sono concentrati esclusivamente sugli Stati Uniti non hanno presentato un’accurata indagine di confronto tra metodi differenti, non essendo quest’ultimo possibile: tuttavia è stato dimostrato da accurati studi empirici [Benveniste&Spindt (1989)], che tale procedura, nella sua configurazione tipicamente americana, era particolarmente efficiente poiché induceva gli investitori a rivelare onestamente le proprie idee circa la qualità dell’emittente.

Sulla scia dell’influenza US anche l’Europa iniziò gradualmente ad adottare un metodo di emissione estremamente similare all’esempio d’oltre oceano, pur tuttavia con alcune peculiarità.

Il contesto statunitense prevede normalmente [Ritter (2003)] la determinazione di un

price range precedentemente all’inizio del road show: questo intervallo di prezzo, che

normalmente differisce per non più di due dollari, può subire delle ulteriori e successive modifiche qualora sia ritenuto necessario sulla base delle richieste rinvenute da parte degli investitori istituzionali in fase di raccolta delle informazioni.

Al di là di questa mera precisazione l’effettivo prezzo finale di offerta viene normalmente stabilito in un ammontare maggiorato fino ad un massimo del 20% in rialzo o in ribasso rispetto all’ultimo price range decretato89 [Ritter (2003)].

88 In questo senso va precisato che quando ci si riferisce al bookbuilding approach ci si può imbattere in

due modalità di emissione dei titoli leggermente difformi: da un lato vi è il bookbuilding classico di stampo US, dall’altro ci si può riferire ad una procedura che si colloca a metà strada fra il metodo del prezzo fisso ed il bookbuilding. Questo poiché vengono applicate le classiche regole di pricing e di allocation tipiche del bookbuilding eccezion fatta per una piccola porzione di azioni, le sole destinate al pubblico retail, le quali vengono allocate utilizzando la tecnica del prezzo fisso seppur al prezzo individuato con il bookbuilding [Derrien&Womack (2003)]. Alla luce di quanto testè detto le due procedure differiscono di poco sul versante del price setting.

89 Loughran&Ritter (2002) riportano alcuni dati interessanti per quel che concerne la procedura di

bookbuilding americana: secondo i loro studi il prezzo finale di offerta si posizionava all’interno dell’intervallo di prezzo originariamente stabilito circa nel 50% dei casi. Per quel che concerne l’altra metà è emerso che nel 25% dei casi lo stesso si collocava al di sopra dell’intervallo, nel restante 25% al di sotto.

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Diversamente, Aussenegg et al. (2003) con riferimento al contesto delle IPO tedesche, riscontrarono alcune differenze sostanziali nelle modalità di esecuzione del

bookbuilding europeo.

In primis con riferimento alle tempistiche di determinazione del price range che,

normalmente, avveniva a bookbuilding già avviato; in secondo luogo nell’ammontare stesso dell’intervallo di prezzo che, nella maggioranza dei casi, superava i due euro, contrariamente al contesto americano.

Pur tuttavia dallo studio di casi di IPO avvenute nei mercati finanziari tedeschi, ma non solo [Ljungqvist et al. (2003)], è emerso che il prezzo finale non si è mai collocato al di sopra del tetto massimo previsto dall’intervallo originariamente decretato: quest’ultima eventualità rimane esclusivamente rinvenibile nel contesto US.

Parallelamente va sottolineata un’ulteriore differenza nelle modalità attuative del Going

Public Process: mentre negli Stati Uniti è imposto il cosiddetto Quiet Period (a volte

anche indicato con l’appellativo Waiting period o Cooling-off period), l’Europa non è altrettanto restrittiva.

Nella fattispecie si tratta di un periodo di 40 giorni90 - successivi all’effettiva quotazione - durante i quali non è concesso agli analisti affiliati con l’emittente rilasciare alcun parere o predisporre reports riguardanti il titolo appena quotato [Ritter (2003)].

Questo poiché si ritiene che tutte le informazioni davvero rilevanti circa lo stato di salute dell’impresa debbano essere già state presentate in fase di predisposizione dei documenti necessari alla quotazione, in particolare nel prospetto informativo: per tale motivo ulteriori aggiunte sono ritenute del tutto irrilevanti, nonché esclusivamente atte a modificare artificialmente l’andamento del titolo [Ritter (2003)].

Contrariamente, la situazione nel Vecchio Continente lascia notevole libertà in questo senso ammettendo la divulgazione di informazioni e la predisposizione di research

reports tanto agli analisti affiliati che a quelli non indicati dall’underwriter [Ritter

(2003)].