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I fattori culturali nella terapia psicoanalitica: la psicoanalisi, strumento di indagine etnologica

La psicoanalisi e l'etnologia studiano ciò che, nell'uomo, è specificamente umano, cioè quanto permette di distinguere l'uomo, essere di cultura, dall'homo sapiens, inteso in termini biologici. La psicanalisi si rivolge più particolarmente a ciò che, nello psichismo dell'uomo, è specificamente umano, e l'etnologia a ciò che è caratteristico dell'uomo, e dell'uomo soltanto, nella cultura e nella società. Le due scienze non forniscono

conoscenze addizionali ma complementari; esiste infatti un rapporto di indeterminazione, del tipo Heisenberg–Bohr (Nathan, 1996), tra la comprensione etnologica e quella psicoanalitica del comportamento umano.

Devereux avverte che il terapeuta non giungerà ad una neutralità completa se non a condizione di risolvere i propri conflitti sia affettivi che culturali; durante il dispositivo, lo studioso raccomanda al terapeuta di evitare di lasciarsi sollecitare dai propri interessi culturali o da ogni altro interesse extra-analitico.

L'esplorazione completa dei significati, dei valori e delle connotazioni di un dato item attraverso la psicoanalisi di un solo individuo, lo studio trasversale di un gran numero di soggetti, l'esplorazione etnologica completa di tutte le matrici alle quali si riferisce questo item in una sola cultura, o ancora l'inventario ragionevolmente completo delle matrici primarie alle quali esso è collegato in un numero cospicuo di culture (Farmer, 2005), rappresentano quattro procedimenti che forniscono esattamente gli stessi risultati quanto al vero significato dell'item in questione, e che sono stati approfonditi dallo studioso francese, durante il corso della sua vita.

In Devereux, risulta essere fondamentale l'alleanza tra psicoanalisi ed etnologia: l'uniformità della psiche umana implica anche l'uniformità della Cultura umana, con la C maiuscola. Al pari degli individui, le culture differiscono fra di loro essenzialmente per la maniera in cui i loro elementi costitutivi si giustappongono e si organizzano in modelli e strutture. L'acquisizione della cultura in sé nel bambino e la trasformazione di uno specimen immaturo di genus homo (in senso zoologico) in un essere umano intervengono in modo simultaneo. Questo doppio processo, indivisibile sul piano funzionale, costituisce ciò che chiamo umanizzazione, da distinguere dall'acquisizione di una cultura specifica, definibile come etnizzazione. L'umanizzazione operante attraverso l'acquisizione della cultura attualizza la potenzialità dell'uomo; l'etnizzazione si limita a fornire una serie di mezzi specifici alla loro attualizzazione (Coppo, 2003). La natura biologica dell'uomo, perciò, deve essere presa in considerazione tanto dall'etnologo quanto dallo psicanalista; tuttavia, essa deve essere considerata non come una vera e propria causa causans della cultura e della psiche umana, ma soltanto il terreno sul quale queste ultime sono capaci di svilupparsi.

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La natura molteplice dell'etnopsichiatria

Grazie alla parola accompagnata da un ascolto comprensivo, si riesce a riconciliare il migrante con la realtà del mondo ordinario, dove valgono altre leggi e logiche affettive; la coscienza rappresenta un attributo umano distintivo ma esposto ai più diversi agenti perturbativi, interni o esterni alla persona o al corpo sociale.

Momento cruciale dell'etnopsicoterapia è un influenzamento dello stato mentale attraverso l'attivazione dei nuclei culturali endogeni della comunità; esso richiede il mantenimento costante della relazione tra l'individuo e la comunità di appartenenza. Devereux pensa che per funzionare come tale, ogni cultura deve tracciare un confine tra normale e anormale, demarcando una soglia differenziale decisiva perchè ogni gruppo socio-culturale sappia classificare i comportamenti umani in spazi gnoseologici, giuridici e clinici ben delimitati. L'indagine etnopsichiatrica viene condotta impiegando una metodologia generale adeguata allo studio del comportamento e perfettamente aderente al programma di ricerca dell'etnopsichiatria anche quando si cimenta nell'analisi storiografica. Tale metodologia è conosciuta come complementarismo e offre alle scienze del comportamento umano il criterio della doppia spiegazione, utile ad interpretare la natura e le caratteristiche di fenomeni fisici complessi.

Il complementarismo è il principio, mutuato dalla fisica, secondo cui non è possibile definire, nello stesso istante e con la medesima precisione, il primo e il secondo comportamento della particella luminosa ma che ciascuna delle due spiegazioni satura, nella propria sfera problematica, le domande dell'osservatore relative alla massa o alla velocità della particella. Devereux ricava l'assunto che, siccome i comportamenti umani sono sempre sovradeterminati da molteplici influenze perturbative, essi possono rientrare in più categorie esplicative del tutto distinte. Ognuna di queste è sufficiente a dare ragione dei fenomeni rientranti nel proprio dominio di conoscenza ma non può imporre la sua egemonia interpretativa sull'intera gamma dei fenomeni distribuiti nelle altre categorie esplicative. Anzi, quanto più chiara appare una spiegazione ottenuta in un dominio tanto più oscura diventerebbe questa stessa spiegazione qualora pretendesse di egemonizzare un altro dominio conoscitivo entro cui pure ricade il fenomeno esaminato. Questo vincolo di indeterminazione (Nathan, 2003) diventa una generalizzazione metodologica quando Bohr introduce il principio complementarista e lo presenta assieme al principio di distruzione o di scomparsa, secondo cui la conoscenza derivata dall'esame sperimentale troppo spinto di un fenomeno finisce con il distruggerlo creando, al tempo stesso, un

secondo fenomeno da ricondurre a spiegazione (Nathan, 2003; Fassin, 2009). Devereux invita a scandagliare i residui ipotetici retrostanti e recessivi del caso studiato che spesso assumono la forma di moventi soggettivi. In tal modo si riescono ad affiancare alla prima determinazione, esaurita dalla prima indagine storica, ulteriori possibilità esplicative, addirittura individuali.

Si ottiene un reale incremento della conoscenza solo quando le molteplici spiegazioni dei dati in gioco convergono verso un quadro coerente di spiegazioni. Ad esempio, un comportamento umano può essere spiegato ricorrendo alle dimensione esterna (cultura) o a quella interna (psiche) ma ambedue sono saldate (costitutive) ed interattive (influenzamento reciproco) nella concreta realtà del soggetto di esperienza. Non sono complementari i fenomeni bensì le loro spiegazioni. Il complementarismo deve essere rigoroso nella scelta dei fatti pertinenti da interpretare assegnando ciascuno di essi, attraverso una precisa selezione e categorizzazione, a un metodo disciplinare ben definito (ovvero ad un particolare modo di interagire con il fenomeno). Il metodo complementarista contempla, innanzitutto, un principio di esclusione: due livelli esplicativi diversi si escludono reciprocamente in quanto la presenza operatoria dell'uno impone l'assenza dell'altro nella mente dell'interprete scientifico. La descrizione del fenomeno umano comporta l'implementazione, nel sistema esplicativo dell'osservatore, del punto di vista del soggetto osservato che si è intanto sviluppato durante la loro relazione interattiva. Tale angolo visuale provoca una sottile e fragorosa perturbazione dell'organizzazione noetica dell'osservatore a cui viene posto il problema di come modificare le proprie descrizioni in rapporto alle reazioni offerte dall'osservato. Queste ultime consistono in un conflitto di teorie tra osservatore ed osservato, ingaggiati nello stesso campo di perturbazione e sottoposti alla stessa tensione trasformativa indotta dalla loro interazione. La perturbazione reciproca tra osservatore ed osservato rappresenta proprio l'evento-chiave dello studio antropologico sul campo. La cura analitica si fonda proprio sulla provocazione e sulla risoluzione tecnica di una perturbazione, provocata intenzionalmente dal dispositivo terapeutico non solo sul soggetto esposto ad esso (transfert del paziente) ma anche sul costruttore del dispositivo (controtransfert dell'analista). La spiegazione scientifica di tale dinamica considera quale oggetto privilegiato la derivata fenomenica dell'incontro con il paziente, rappresentata dalle reazioni dell'analista. Bisogna riconoscere a Devereux di aver spostato il proprio cimento esplicativo dal paziente alle logiche operatorie dell'analista e di aver ampliato la necessità di spiegare le leggi della perturbazione interattiva tra osservatore ed osservato all'insieme delle scienze del comportamento.