4.7 L'influenza dell'antropologia nella politica della conversione Un breve compendio: la
4.7.1 I simbolisti
Un altro passo che aiutò l'antropologia, e tutte le altre scienze sociali, a staccarsi da un modello di costruzione della realtà sociale rigidamente positivista, fu la comparazione tra visione del mondo religioso (dei capricciosi, mancanza di ordine, incoraggiamento a continui interventi umani) e mondo scientifico (entità impersonali – atomo, Io -, processi di incorporazione di una visione sostenuta da ordine e regolarità, accettazione di un ordine naturale delle cose) sostenuta dagli studi degli antropologi simbolisti. Essi postularono che tale distinzione non era corretta, né funzionale a descrivere il nostro modo di vita e di pensiero, e quindi, a maggior ragione, inadatta a parlare di altri, o al posto di altri(Rivière, 1998): il dio cristiano si sottomette al suo stesso ordine delle cose; il pensiero scientifico e quello magico-religioso incoraggiano entrambi l'intervento umano (il concetto scientifico di causalità sembra derivare proprio da questo intervento umano); molti scienziati sembrano, in più, dare per scontato ciò che non è, ossia che il loro pubblico sappia che cos'è la scienza (occidentale).
Per i simbolisti, ancora valida è la sequenza di tre stages di pensiero, che ordinano lo sviluppo della mente individuale e collettiva degli esseri umani: magico, religioso ed infine scientifico, che controlla le sue generalizzazioni alla luce di dati scientifici e contiene il concetto di legge naturale. I primi antropologi anglo-americani della scuola simbolista svilupparono la pericolosa tesi di un'intelligenza umana che si divideva su di una scala di
intensità (esistevano società ad alto grado di intelligenza/e, così come ne esistevano altre di basso grado, di grado inferiore), basata sostanzialmente su una sorta di determinismo razziale e biologico.
La posizione più moderata ed evoluta dei simbolisti era che tutte le culture sono caratterizzate da due modalità di pensiero, l'espressivo e lo strumentale.
Il pensiero espressivo
E' il pensiero estetico, magico-religioso; crea e mantiene simboli ed immagini soddisfacenti in sé. Il suo strumento principale è il linguaggio (usato in senso simbolico per dire qualcosa, riferendosi a qualcos'altro): esso può essere metaforico o metonimico, segnalando così la continuità tra due cose. Un altro strumento tipico del pensiero espressivo è il simbolismo non-verbale. L'espressivo si usa quando l'esperienza non può essere concettualizzata in termini letterali – dire il “letteralmente” impossibile da dire -. esso trova la sua primaria manifestazione nei rituali religiosi: parlare di dio, è parlare d'altro (Evans-Pritchard, 2002); nei rituali d'acqua, comuni a molte culture nel mondo, si rivela in tutta la sua forza, nella realtà, la dipendenza dell'umano dall'ambiente in cui si trova a vivere. In definitiva, il pensiero espressivo sviluppa più di ogni altro fattore quello della dipendenza – dipendere da -.
Il pensiero strumentale
Esso è formato dalla successione e dallo sviluppo consecutivo di senso comune, sapere tecnologico e pensiero scientifico. Si basa sullo schema di spiegazione – predizione – controllo degli eventi nello spazio-tempo; lo schema della spiegazione deriva da induzioni dell'osservabile. Il suo strumento principale è il linguaggio inteso come insieme di segni linguistici convenzionali (segni le cui referenze sono state costruite da una comunità che ha esercitato su di esse un consenso, il proprio).
Per i simbolisti, entrambi i pensieri sono presenti in tutte le culture, ma differisce la bilancia tra le due modalità, non solo tra culture, ma appunto all'interno di una stessa cultura, lungo la sua storia. Ovviamente, per i simbolisti la cultura in Occidente è l'unica in cui, ad avere più peso sulla bilancia, è il pensiero strumentale; ed il suo abuso è la ragione per cui, per noi, è così arduo capire e comprendere il comportamento degli esseri umani che non appartengono all'Occidente del mondo. Per questi studiosi, il discorso religioso è una via simbolica per rappresentare cose terrene; in tale discorso, le culture elaborano due tipologie di simboli, quello creativo e quello supportivo.
Clifford Geertz
Per il grande antropologo americano, il pensiero scientifico e tecnologico è sufficiente per raggiungere molti scopi, ed esiste, al massimo, una cooperazione tra pensiero scientifico e pensiero magico-religioso (ad esempio, nei “crops-growths rituals, fatti accanto ad altra tecniche di crescita delle sementi). Geertz si chiede perché l'umanità continua a praticare rituali, e risponde dicendo che essi servono ad un fine complementare e diverso: attraverso i rituali, si celebrano in realtà i risultati, attesi, del rito in anticipo, simbolizzandoli (Geertz, 1988).
Il pensiero di Geertz, in particolare, e dei simbolisti americani, in generale, è stato oggetto di forti critiche: vi sono alcuni riti (ad esempio, legati al fenomeno della stregoneria), che non anticipano proprio nulla ma, invece, hanno intenti pratici in sé; dire poi che lo scienziato in Occidente è costantemente impegnato nel testare le sue teorie è esagerato, se non concettualmente sbagliato. Tale affermazione è una semplificazione, se non una vera e propria mistificazione, della realtà: anche tra le menti più brillanti della nostra società, vi è spessissimo aderenza ed adesione ideologiche ad una singola scuola di pensiero. Ultima e forse più pertinente critica mossa a questa scuola antropologica è quella di aver occultato i processi di pensiero irrazionali che caratterizzano buona parte delle scelte, dei gusti, delle ambizioni, dei comportamenti in Occidente: il tabù per questi studiosi sembra essere stato quello di ammettere che Occidente e Non Occidente condividono aspetti razionali ed irrazionali (e quindi anche tutte le culture non occidentali hanno fondamentali processi di pensiero assolutamente e profondamente razionali), e ciò che veniva etichettato come espressivo, altrove ma anche qui da noi, potrebbe essere semplicemente, ma al contempo drammaticamente (almeno per i neo-post-sur-positivisti), irrazionale.