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L A S TRUTTURA G IURIDICO – I STITUZIONALE DELLE F ORZE A RMATE I RANIANE

3. Il Corpo delle guardie della Rivoluzione islamica

4.1 Formazione del Basij

Il Basij è l’organizzazione paramilitare più potente, in Iran, dopo il Corpo delle guardie della Rivoluzione islamica ed è, formalmente, sotto il comando militare dell’IRGC stessa. Il Basij è stato

100 GREENBERG K.J.,Killing Qassim Suleimani was Illegal. And Predictable., in The New York Times, 6 gennaio 2020. 101 Attualmente il divieto all’assassinio è sancito nell’ordine esecutivo n. 12.333 (1981), ai sensi del quale “No person

employed by or acting on behalf of the United States Government shall engage in, or conspire to engage in, assassination”.

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fondato il 26 novembre del 1979, in seguito all’emanazione di un decreto dell’Āyatollāh Khumaynī, nel quale egli ordinò la creazione di un “Army of twenty million” per proteggere la Repubblica islamica sia all’esterno, dall’interferenza degli Stati Uniti d’America, sia all’interno, dai nemici nazionali della rivoluzione.103 In effetti, differentemente dai pāsdārān, che furono istituzionalizzati prima, l’inserimento di questa seconda organizzazione paramilitare fu previsto solo a seguito della crisi degli ostaggi americani104 e funzionò come un’organizzazione rivoluzionaria indipendente fino alla fine del 1980, quando poi fu unita all’IRGC.

In diverse occasioni, è stata riconosciuta a Khumaynī la lungimiranza di aver previsto l’insediamento di questa nuova forza paramilitare, poiché ebbe un ruolo fondamentale durante la fase di reclutamento di decine di migliaia di volontari, che furono poi schierati sul fronte di guerra con l’Iraq: nella realtà, lo stabilimento di questa forza non ha nulla a che fare con la guerra con l’Iraq, scoppiata nel 1980, ed è stata solo una risposta, probabilmente molto in ritardo, a due circostanze politiche interrelate tra loro. Infatti, a partire dal 1979, il regime islamico dovette fronteggiare una situazione interna caratterizzata da una forte incertezza politica, con continue rivolte nelle province, caos economico e una diffusa illegalità in molte città, situazioni che ebbero l’effetto di generare un forte sentimento di vulnerabilità tra le autorità islamiche, le quali dovettero poi, in seguito alla crisi degli ostaggi, confrontarsi con crescenti spaccature tra i cosiddetti moderati e gli esponenti delle correnti più estremiste, tutti appartenenti ai ranghi più alti della gerarchia. Pertanto, i vertici islamici temevano che non sarebbero stati in grado di esercitare un effettivo potere politico, a meno che non avessero potuto contare su una forza militare popolare, la quale, abbracciando gli elementi più fedeli della società iraniana, si sarebbe eretta in difesa del nuovo ordine politico – istituzionale costituitosi.105

4.1.1 Lo sviluppo dell’organizzazione

Inizialmente, il Basij prese forma molto lentamente: l’Āyatollāh Khumaynī voleva che fosse una forza popolare istituita e comandata dal clero e costituita da persone appartenenti alle classi più povere e svantaggiate delle baraccopoli urbane, che, a quel tempo, erano totalmente devoti alla causa della Rivoluzione islamica. Al di là di ciò, gli esponenti del clero avevano però un’idea scarsa

103 BUCHTA W., Who Rules Iran? The Structure of Power in the Islamic Republic, The Washington Institute for Near

East Policy e Konrad Adenauer Stiftung, Washington, 2000, pp. 65-66.

104 La crisi degli ostaggi in Iran fu una crisi diplomatico – politica tra l’Iran e gli Stati Uniti, che scoppiò il 4 novembre

1979 e si protrasse fino al 20 gennaio 1981. Durante quel periodo, furono presi in ostaggio cinquantadue membri dell’Ambasciata statunitense a Teheran, a seguito dell’occupazione della sede diplomatica da parte di un gruppo di studenti iraniani, sull’onda della Rivoluzione islamica. L’evento fu significativo, soprattutto dal punto di vista dell’oltraggio ai secolari principi del diritto internazionale, così come codificati anche nella Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche.

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in merito agli aspetti futuri organizzativi sulla base dei quali il Basij avrebbe dovuto svilupparsi e, conseguentemente a ciò, tutti i principi operativi, le funzioni, nonché la struttura stessa dell’organizzazione, furono aspetti relegati ad una condizione di generale indeterminatezza. Tuttavia, il clero ben presto realizzò che tutte queste lacune, non solo ostacolavano la crescita e l’effettività operativa della nuova forza paramilitare, ma fin dal principio consolidarono il Basij come oggetto del contendere tra i diversi centri di potere in competizione tra loro: ciascuna delle forze guardava al Basij come ad un veicolo potenzialmente utile al rafforzamento della loro base politica e, dunque, lottò per assicurarsi posizioni di influenza all’interno dello stesso, modellandolo secondo le loro specifiche preferenze religiose ed ideologiche.106

Riflettendo le visioni dei capi del Partito repubblicano islamico, l’IRGC voleva che il Basij avesse una struttura fortemente centralizzata, disciplinata e strettamente controllata, e fosse impiegato, durante i normali periodi di pace, alla sola gestione di questioni di sicurezza interna, che includevano attività di contrasto e neutralizzazione dei nemici interni ed esterni. Durante un’emergenza nazionale o in periodi di guerra, invece, l’IRGC riteneva che il Basij dovesse funzionare come una forza di resistenza decentralizzata, conducendo continue operazioni di contrasto al nemico, indipendentemente dal governo. A questa visione si contrapposero anche altre, da quella sostenuta dal clero, che voleva che il Basij muovesse le proprie operazioni sulla base di una motivazione politica e ideologica estremamente forte e radicata, ad un’altra, espressione invece di alcuni gruppi politici islamici secolarizzati, tra cui quello del Primo ministro Mehdi Bazargan, che insistettero per un addestramento culturale dei suoi membri. Le opinioni diverse, e molto spesso contraddittorie, dei gruppi islamici in merito al futuro del Basij non furono il solo motivo di ostacolo al suo sviluppo, ma determinante fu anche un’altra componente, che riguardava l’impossibilità della nuova forza paramilitare di poter contare su un proprio budget finanziario, dipendendo così dalla cooperazione con altri organi islamici, rivoluzionari, e di governo, i quali erano però riluttanti all’idea di spendere parte delle proprie risorse in un’organizzazione che rimaneva al di fuori del loro diretto controllo.107

Negli anni di guerra con l’Iraq (1980 – 88), il Basij reclutò buona parte dei suoi membri tra volontari che, tendenzialmente, erano per lo più troppo giovani o troppo anziani per essere considerati tra le fila del servizio militare tradizionale. Come previsto da Khumaynī, le reclute molto spesso provenivano da zone urbane e rurali piuttosto povere, motivate però a combattere sulle linee del fronte da un forte sentimento patriottico e fervore religioso. Durante la guerra, il Basij era una divisione largamente inesperta e scarsamente equipaggiata, che operava sotto il comando del

106 Ibidem, pp. 88-89. 107 Ibidem, p. 90.

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Corpo delle guardie della Rivoluzione islamica e che, in ragione delle caratteristiche della sua composizione, subì più vittime di qualsiasi altra forza armata iraniana, tanto che gli immensi sacrifici dei soldati iraniani divennero un punto focale nella politica del dopoguerra. I veterani di guerra, infatti, in particolare coloro che erano associati al Basij o all’IRGC, ritenevano di essersi sacrificati in difesa della Repubblica islamica più di qualsiasi altro gruppo e, pertanto, avanzarono richieste affinché fosse riconosciuto loro un peso maggiore negli affari del Paese.108

4.1.2 Rinnovo delle funzioni ed aree di azione del Basij

In risposta a ciò, il governo iraniano espanse i ruoli domestici e le attività a carico del Basij e, mentre l’IRGC fu coinvolto in numerosi contratti per la realizzazione di infrastrutture in Iran, il Basij fu trasformato in un’ampia organizzazione sociale, la cui presenza andò radicandosi nelle scuole, fabbriche, corporazioni, uffici e moschee di tutto il Paese: lo sviluppo impresso fu tale da accordare all’organizzazione licenza legale per operare in qualità di polizia morale islamica, riconoscendo ai suoi membri l’autorità de facto sulla condotta sociale in pubblico e aprendo, così, la strada dell’attivismo politico. Verso la fine degli anni Novanta, le operazioni condotte dal Basij, che erano per lo più indirizzate ai reati civili, tra cui l’indossare abiti della moda occidentale o il consumo di alcool, furono sempre più mirate contro coloro che si fecero promotori di riforme politiche: queste attività di contrasto, spesso sfociate in episodi violenti, come nel caso della repressione degli studenti nel 1999, hanno portato al consolidamento del Basij come gruppo di pressione in difesa degli interessi della linea più dura del governo, apertamente anti – riformista, e dunque, in opposizione alle politiche riformiste dell’allora Presidente della Repubblica, Khātami, fino al suo coinvolgimento nelle contestate elezioni di Aḥmadinežād nel 2005 e 2009.109

Dunque, anche se il Basij nacque con funzioni prettamente paramilitari, nel corso degli anni la sua attenzione si è progressivamente allontanata dalle attività militari, volgendo verso il consolidamento di un ruolo ampliato nell’attivismo pro – regime iraniano. Formalmente, l’annuncio circa la modifica della propria struttura organizzativa avvenne a seguito delle proteste del 2009, quando fu previsto un cambio di nome, da Forza di resistenza Basij (Niru-ye Moqavamat-e Basij) a Organizzazione Basij, che letteralmente sarebbe Organizzazione per la mobilitazione degli oppressi (Sazman-e Basij-e Mostaz‘afin), e fu poi previsto un aumento della sua influenza socioculturale in tutti i settori della società iraniana. In un’intervista risalente al mese di novembre del 2009, il Comandante del Basij, il Brigadiere generale Mohammad Reza Naqdi, sottolineò come il cambio di nome facesse parte di un più ampio processo di rinnovamento e rifocalizzazione delle attività

108 OSTOVAR A., Iran’s Basij: Membership in a Militant Islamist Organization, in The Middle East Journal, Vol. 67, n.

3, Middle East Institute, 2013, pp. 348-349.

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dell’organizzazione: infatti, la parola “forza” (niru) conferiva una connotazione essenzialmente militare all’organizzazione e il cambio di nome è stato dunque pensato per andare oltre ai soli affari militari. In tale prospettiva, le diverse dimensioni militari del Basij sono state traferite alle forze di terra dell’IRGC e, in questo modo, è stato possibile un maggiore coinvolgimento del Basij nelle arene sociali e scientifiche, assicurando un continuo e sistematico progresso nello sviluppo del Paese. Sebbene Naqdi sottolineasse il rinnovato ruolo di espansione del Basij nello sviluppo sociale e scientifico dell’Iran, egli ha anche sostenuto i rischi derivanti da una riduzione considerevole delle responsabilità militari, in particolare in relazione alla lotta al dissenso interno contro il regime.110

4.1.2.1 Strumento di propaganda del regime

Il Basij gioca, dunque, un importante ruolo politico e culturale nella Repubblica islamica dell’Iran, responsabile in particolare per l’educazione ideologico – religiosa, la propaganda e la repressione politica. Significativo è il dettagliato programma per la socializzazione politica che è stato predisposto e che differisce, radicalmente, dagli usuali approcci occidentali in materia di reclutamento: ad esempio, le famiglie dei cosiddetti martiri, cioè coloro che sono morti in guerra o durante gli scontri con i manifestanti, costituiscono il principale obiettivo dell’intensa politica di indottrinamento. Tra i membri del Basij si contano sia uomini che donne, principalmente adolescenti oppure con un’età superiore ai trenta o quant’anni: in particolare, le donne Basij sono divise in tre diverse categorie, regolari, attive e speciali, e in genere molte di coloro che fanno parte delle ultime due categorie ricevono un addestramento per l’uso di armi di ridotte dimensioni, accompagnato, al contempo, dal completamento di alcuni corsi in materie aventi natura politica e ideologica.111

Le donne Basij sono generalmente disposte, in qualità di personale addetto alla sicurezza, all’interno di edifici governativi considerati particolarmente sensibili, così come nei diversi ministeri, ma hanno un ruolo significativo anche durante le manifestazioni pubbliche organizzate dallo Stato. Molte di loro, infatti, sono attive in diversi settori di intelligence nelle città iraniane, il che le rende in grado di fornire informazioni in merito alla presenza di elementi antigovernativi e identificare i nascondigli e rifugi utilizzati dagli stessi. In aggiunta a ciò, tutti i membri del Basij, ma specialmente le donne, sono incoraggiati ad instillare nei loro figli l’ideologia ufficiale e gli insegnamenti impartiti dall’Āyatollāh Khumaynī: in questo modo, il regime spera che le generazioni più giovani siano formate, abbastanza rapidamente, al fine di assicurare la perpetua esistenza del governo islamico in Iran. In tale contesto, il tema del martirio è divenuto uno dei

110 Ibidem, p. 350.

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principali strumenti per la socializzazione politica in seno al Basij: a coloro che sacrificano la propria vita, in nome della rivoluzione, viene promessa vita eterna e un ricordo glorioso. Addestrati ed indottrinati secondo questi principi, i membri del Basij sono spesso coinvolti nelle dimostrazioni di massa in supporto del governo o per altre funzioni così come sancite dalle autorità iraniane: prendendo parte ad attività di questa natura, il Basij si è evoluto in una potente organizzazione per la propaganda, religiosa e politica, nell’Iran contemporaneo.112