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L A S TRUTTURA G IURIDICO – I STITUZIONALE DELLE F ORZE A RMATE I RACHENE

6. Le Forze di Mobilitazione Popolare

6.1 L’Iran in Iraq

Oggi le FMP, intese come istituzione coercitiva, sono una caratteristica rinvenibile sia nella struttura di sicurezza dell’Iraq sia nella vita quotidiana di gran parte del Paese, inclusi i territori contesi, tanto che molti dei raggruppamenti sono divenuti formalmente parte dell’apparato di sicurezza iracheno, anche se alcuni di questi continuano ad operare su una base relativamente autonoma nonostante la loro incorporazione formale. In realtà, la versione originaria di 'Hashd, l’organizzazione che fu appunto creata per combattere Dāʿesh, è stata sciolta in seguito al venir meno della minaccia esterna che aveva tenuto uniti i vari gruppi e così alcuni gruppi armati sono diventati prettamente locali, altri si sono integrati con le forze di sicurezza, e infine, altri ancora si sono focalizzati sulle loro attività politiche. Pertanto, l’originario 'Hashd non esiste più e, sebbene il nome persista, esso si riferisce ora ad un’entità completamente ristrutturata nella quale dominano per lo più i gruppi filoiraniani. L’attuale militanza sciita mira ad accrescere progressivamente la propria influenza socioeconomica in tutta la società irachena, sfruttando la legittimazione che le deriva dalla lotta contro Dāʿesh e accrescendo la propria popolarità attraverso il proprio impegno nel rifornimento di servizi pubblici, laddove assenti, evidenziando al contempo la scarsa

performance del governo centrale.154

I gruppi più potenti delle FMP sono quelli che mantengono forti legami con Teheran, promettendo in particolare fedeltà spirituale alla Guida suprema Khāmeneī: pertanto, essendo considerati dall’Iran come degli alleati politici e militari affidabili, essi beneficiano di maggiori finanziamenti da parte della controparte iraniana, rispetto invece ad altri raggruppamenti delle FMP. In realtà, il numero di paramilitari pro-Khāmeneī è relativamente piccolo, tuttavia fungono da delegati per la Repubblica islamica in territorio iracheno, peraltro i capi di questi gruppi mostrano

153 Ibidem, p. 2. 154 Ibidem, p. 3-4.

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orgogliosamente la propria affiliazione con l’Iran, professando fedeltà non solo nei confronti della Guida suprema, ma anche rispetto al principio della wilāyat al-faqīh.155 'Hashd è dunque al centro

della grande lotta per il potere all’interno del diviso campo sciita iracheno: il vincitore di questo confronto sarà poi colui che controllerà l’esecutivo in Iraq e guiderà, pertanto, la ricostruzione dello Stato nella fase post Dāʿesh, anche dal punto di vista dell’identità nazionale.156

Conclusione

In seguito all’analisi fino a qui condotta, emerge in modo lampante il generale stato di disordine che domina l’apparato statale iracheno, in particolare dal punto di vista della difesa e della sicurezza armata. Ciò, peraltro, sottolinea l’immenso divario che intercorre tra la struttura irachena e quella iraniana precedentemente analizzata, laddove, da una parte, il sistema delle forze armate appare frammentato e disorganizzato, tanto da cadere di fronte all’arrivo della prima minaccia territoriale, condotta, peraltro, da un attore terroristico non statale di matrice jihadista, appunto Dāʿesh; mentre, dalla parte iraniana, il sistema delle forze armate si caratterizza per una forte centralizzazione della struttura di comando e controllo, un preciso indirizzo strategico ed una condizione di politicizzazione dell’apparato militare portata quasi agli estremi, tanto che la concezione all’origine dell’apparato stesso trova fondamento nel primario scopo di difesa del regime politico istituito, piuttosto che della Nazione stessa.

Mantenendo l’attenzione sullo scenario iracheno, è bene sottolineare come le problematiche attuali siano, in larga parte, conseguenze dirette di un’evoluzione politica complessa, nella quale il vero protagonista dell’azione è scarsamente rinvenibile nel popolo iracheno, quanto piuttosto in attori esterni, e, anche in questo caso, la contrapposizione con la gloriosa stagione rivoluzionaria iraniana non può passare inosservata. Ad oggi, l’Iraq è uno Stato attraversato da profonde divisioni e frammentazioni, le quali si riflettono nello stesso panorama militare: infatti, tra le forze armate qui analizzate, di cui i Peshmerga rappresentano certamente il caso più singolare ed emblematico, sono rinvenibili anche i gruppi armati facenti parte delle Forze di Mobilitazione Popolare che, come si è detto pocanzi, operano sotto il diretto comando dell’unità iraniana Niru-ye Qods, il cui capo era appunto il generale Qasem Soleimani, il quale, non a caso, è stato ucciso dagli Stati Uniti proprio in Iraq, Stato in cui Washington e Teheran sono uniti da obiettivi comuni, ma da un contrapposto disegno finale. Infatti, entrambi i Paesi mirano alla sconfitta e alla eliminazione di Dāʿesh, così come vogliono evitare un’implosione dell’Iraq, che potrebbe derivare da un possibile collasso

155 MANSOUR R. E JABAR F.A., The Popular Mobilization Forces and Iraq’s Future, Carnegie Endowment for

International Peace, Washington, 2017, p. 13.

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istituzionale o dall’esasperazione delle divisioni settarie; tuttavia, mentre gli Stati Uniti guardano alle forze armate irachene come all’unico possibile collante tra la comunità sunnita e sciita, in ragione anche della dottrina militare di cui sono stati esportatori, l’Iran mira al completamento di un disegno politico che ha per modello il caso degli Hezbollah in Libano, dove il medesimo movimento si è rivelato essere soggetto politico, attore sociale e forza militare. Quanto detto non deve comunque sorprendere, tenuto conto del fatto che la dottrina che guida i pāsdārān nelle loro operazioni militari è quella dell’esportazione della Rivoluzione islamica, la quale altro non è che la creazione nella regione di proxy militias, la cui istituzione, facilitata dalle contrapposizioni etniche e confessionali, può essere sfruttata da Teheran per il perseguimento dei propri interessi politici e militari.157

Infine, per quanto riguarda il sistema delle forze armate irachene nel suo complesso, è evidente che il collasso delle stesse di fronte alla minaccia terroristica ha fatto emergere le contraddizioni e le questioni irrisolte dell’apparato statale iracheno, il quale, lentamente ricostruito sotto l’egida statunitense, in seguito alla fase di “de – baʻthification”, ha continuato a mantenere al proprio interno dinamiche che, risalenti alla cultura istituzionale irachena, sono risultate incompatibili con il nuovo assetto governativo. L’elevato stato di incertezza in cui versa l’Iraq non dà modo, al momento, di delineare possibili sviluppi futuri, tuttavia, sarà fondamentale che gli attori della comunità internazionale che attualmente stanno fornendo supporto ai Peshmerga o alle forze di sicurezza irachene, si mostrino capaci di dare seguito ad alcune precise raccomandazioni:158

 Sviluppare una strategia di Security Sector Reform, di cui a lungo si è parlato, che consideri operazioni di supporto alle forze di sicurezza dell’Iraq, così come ai Peshmerga, ma in un’ottica di interrelazione e dipendenza tra le due sfere militari. Ciò è tanto più necessario alla luce della crescita delle FMP, la cui presenza potrebbe creare un problema ancora più grande se una guerra civile dovesse scoppiare. Una strategia integrata, invece, dovrebbe tenere conto delle conseguenze derivanti dal rafforzamento delle diverse forze, in relazione l’una all’altra, e della necessità di strutture di comando e di meccanismi operativi integrati. Un sistema di questo tipo dovrebbe scoraggiare una forza armata dalla tentazione di voler prevalere sull’altra in una particolare situazione di conflitto;

 Assicurare che una strategia integrata di SSR sia inserita in una più ampia strategia politica di inclusione dei curdi iracheni nella politica dell’Iraq, operata in una

157PARIGI G., Le Forze di Mobilitazione Popolare in Iraq, in ISPI – Commentary. Istituto per gli Studi di Politica

Internazionale, 2 febbraio 2016.

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prospettiva inclusiva e conciliatoria, pur continuando a riconoscere le dinamiche politiche che caratterizzano il governo regionale del Kurdistan. Ovviamente, ciò non può prescindere dall’individuazione di un accordo tra le parti, circa le aree contese del Paese, e dall’impegno da parte di Baghdad per il mantenimento degli obblighi assunti costituzionalmente nei confronti del Kurdistan, compreso l’obbligo di corrispondere al KRG la quota di fondi stabilita;

 Considerare il bisogno di operare un’azione di riforma anche all’interno della regione del Kurdistan iracheno, al fine di prevenire ulteriori conflitti all’interno della stessa comunità curda. Ciò, ovviamente, dovrebbe tradursi nell’assunzione di un impegno da parte dei due principali partiti politici, KDP e PUK, ad astenersi dal ricorrere all’impiego dei Peshmerga per il raggiungimento di obiettivi politici, il che significa, dunque, depoliticizzare, centralizzare ed istituzionalizzare l’intera struttura militare curda.159

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189 CAPITOLO 1

L

E

R

ELAZIONI

P

OLITICO

M

ILITARI

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