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2.2.3 La monarchia hashemita

2.2.3.1 Il ruolo dell’esercito

Tenuto conto dell’attenzione che questo scritto dedicherà alla struttura delle forze armate nei due Paesi presi in analisi, si è pensato di dedicare un paragrafo circa il ruolo dell’esercito durante la monarchia hashemita. Infatti, nella strutturazione delle nuove istituzioni irachene, i britannici posero particolare attenzione all’organizzazione dell’esercito, il quale sarebbe dovuto intervenire a fianco della potenza mandataria con lo scopo di preservare il sistema politico così istituito. Ciò risulta ancora più evidente se si considera che il primo ministero ad entrare in funzione fu proprio quello della Difesa, operativo a partire dal 1921, e fu lo stesso re a definire l’esercito come “la spina dorsale per formare una nazione”, riconoscendo dunque all’istituzione militare il ruolo di cardine dello Stato.79

L’esercito del regno dell’Iraq non trovò fondamento su un particolare criterio confessionale, mostrandosi in questo modo in linea con il sistema politico di cui era parte, tuttavia, anche in questo contesto, gli sciiti furono sempre tenuti agli estremi della gerarchia, mentre gli ufficiali furono per lo più sunniti. Nel corso degli anni, questi ultimi iniziarono ad interessarsi ad alcune idee moderniste, di origine principalmente europea, le quali muovevano verso una concezione laica e di riformismo militare, secondo il quale l’esercito avrebbe dovuto porsi come l’artefice del riscatto e del progresso della nazione. L’effetto di queste aspirazioni si manifestò con l’azione di alcuni ufficiali, i quali, adottando inizialmente posizioni di distanza rispetto alla politica di esclusiva collaborazione con la Gran Bretagna, fecero il primo colpo di Stato militare in Iraq nel 1936 sotto la guida di Bakir Sidqi, generale iracheno e capo di stato maggiore dell’esercito iracheno, che era però un grande ammiratore di Mustafa Kemal e della sua azione di rinnovamento nazionale in Turchia.80 Nonostante l’esito fallimentare di questo primo tentativo di rovesciamento militare, ne seguirono

78 CAPEZZONEL. E SALATI M., op. cit., pp. 356-357. 79 LUIZARD P.J., op. cit., p. 33.

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comunque altri, tanto che in cinque anni l’Iraq conobbe sei colpi di Stato, ognuno dei quali mostrò, tuttavia, i ristretti margini di autonomia di cui il Paese disponeva nei confronti di Londra.

Solo nel 1958 l’istituzione militare finì per collegarsi, almeno apparentemente, con il movimento di opposizione che aveva represso e combattuto fin dai primi tempi della sua fondazione. Per il consolidamento di questa nuova unione, sotto la guida del Comitato supremo degli Ufficiali liberi81, fu decisivo l’impulso dato dalla firma del Patto di Baghdad del 1955, con il quale la Gran Bretagna si vide riconosciuto il diritto al mantenimento delle proprie basi militari in Iraq, nonché dai vari moti di solidarietà nei confronti di Nasser, in seguito all’aggressione anglo- franco-israeliana da lui subita.82 L’esito di quest’ultimo colpo di Stato portò, dunque, alla deposizione del re, il cui regno cadde il 14 luglio 1958 aprendo così ad una nuova fase nella vita istituzionale del Paese.83

2.2.4 La repubblica

Non vi sono dubbi sul fatto che la Rivoluzione antimonarchica del 1958 fu, innanzitutto, un colpo di Stato militare, tuttavia questa denominazione è spesso emersa proprio in relazione al movimento unitario che vide dalla medesima parte gli Ufficiali liberi, guidati dal generale Abd al- Karim Kassem, e i gruppi clandestini che da sempre erano stati espressione del rifiuto del regime monarchico hashemita, così come della presenza britannica nel Paese. In seguito all’allontanamento del re, fu instaurato un Consiglio di sovranità composto da ufficiali e nel quale Kassem ricoprì contemporaneamente la carica di Primo ministro e ministro della Difesa, instaurando di fatto un regime di potere personale. Nel 1959 Kassem annunciò l’uscita del Paese dal Patto di Baghdad, concretizzando il desiderio di indipendenza del popolo iracheno, che nutrì verso questa nuova fase politica grandi speranze, in particolare si fece strada la possibilità di superare definitivamente le divisioni interne tra le comunità.84

Tali speranze si tramutarono presto in vane illusioni, poiché dalla caduta della monarchia un nuovo scontro divise il Paese tra quanti si dichiararono sostenitori del nazionalismo arabo, favorevoli quindi all’ingresso dell’Iraq nella Repubblica araba unita, fondata nel 1958 e

81 In Iraq il Comitato supremo degli Ufficiali liberi si organizzò emulando il modello egiziano degli Ufficiali liberi, di

cui faceva parte Nasser, e che, nel 1952, aveva deposto il re.

82 La crisi di Suez, parte del conflitto arabo – israeliano, fu uno scontro che nel 1956 caratterizzò l’occupazione

congiunta del canale di Suez da parte di Francia, Regno Unito ed Israele. In particolare, l’azione militare fu intrapresa in reazione alla decisione del Presidente egiziano Nasser di nazionalizzare il canale di Suez, vitale rotta commerciale per il Regno Unito, che deteneva circa il 44% delle quote. Il conflitto, combattutosi tra il 29 ottobre e il 7 novembre del 1956, si risolse in seguito all’annuncio da parte dell’Unione Sovietica di intervenire direttamente in sostegno dell’Egitto: a fronte del timore di un allargamento del conflitto, gli Stati Uniti costrinsero britannici, francesi e israeliani a ritirarsi. Secondo molti, l’evento bellico sancì la vittoria militare del contingente anglo-franco-israeliano, ma la vittoria politica, a livello internazionale, fu egiziana.

83 LUIZARD P.J., op. cit., pp. 34-35. 84 Ibidem, pp. 46-48.

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comprendente l’Egitto e la Siria, e quanti invece guardarono con sospetto all’unionismo arabo, in particolare i comunisti e i curdi, nonché lo stesso Kassem.85 Questa frattura fu quindi fondamentale nella composizione delle nuove alleanze politiche e il Primo ministro non poté che individuare come fondamentali partner di governo i curdi e, in particolare, il Partito comunista, che in quegli anni emerse come l’alleato politico più forte, tanto da confermarsi come il primo partito iracheno.86 L’alleanza politica ebbe poi nella realtà vita molto breve, poiché Kassem, anche detto lo zaʻim, rifiutò di legalizzare i partiti e optò per l’esercito come unico alleato. L’esito di questa prima fase post monarchica fu, dunque, la ripresa degli scontri, alimentata anche dalla totale esclusione dal governo dei nazionalisti arabi, i quali, sottoposti a repressione e costretti in molti casi all’esilio, iniziarono a pianificare il rovesciamento del governo di Kassem.87

2.2.4.1 Il partito Baʻth

Fondato in Iraq nel 1952 per importazione dalla Siria, il partito Baʻth88 rappresentò la principale manifestazione del movimento nazionalista e arabista, affacciandosi sullo scenario politico di quegli anni anche grazie al sostegno degli ufficiali dell’esercito. Nonostante il suo carattere ideologico, all’inizio poté contare tra i suoi ranghi numerosi sciiti, ma in reazione alle scelte politiche intraprese da Kassem, in aperto contrasto con l’approccio unionista, si schierò fin da subito contro lo zaʻim e questo sentimento di ostilità crebbe a tal punto da sfociare, nel febbraio del 1963, in un colpo di Stato che portò al rovesciamento di Kassem e a cui fece seguito una spietata repressione nei confronti dei comunisti, il cui successo era visto dai nazionalisti arabi come la peggiore delle calamità.89

La repressione attuata nei confronti dei comunisti, la maggior parte dei quali sciiti, finì ben presto per mostrarsi non tanto come un’azione di allontanamento in virtù di contrasti di natura politica e ideologica, quanto piuttosto come una vendetta avente una connotazione prettamente confessionale. Ciò pose gli sciiti che erano parte della Guardia nazionale, la milizia propria del partito Baʻth, di fronte ad una prima dura prova, nella quale non poterono fare altro che constatare l’ondata di violenza e odio antisciita dei loro colleghi sunniti. La dimensione confessionale della

85 Ibidem, pp. 49-50.

86 In quegli anni il Partito comunista incarnò perfettamente le aspirazioni e le tendenze degli sciiti, tra i quali vi erano

anche i gruppi più svantaggiati della popolazione irachena, tanto che alla fine degli anni Cinquanta la comunità sciita costituiva la base del partito, ma vi erano tra i quadri anche diversi figli si sayyid sciiti (i discendenti del Profeta) e o di religiosi. Nel posizionamento del Pci tra le fila degli “antiunionisti”, in merito al tema dell’unità araba, fu fondamentale l’influenza esercitata dall’Iran: buona parte degli sciiti erano ostili al progetto dell’unione in quanto vedevano in essa l’espressione di un mondo arabo a maggioranza sunnita.

87 LUIZARD P.J., op. cit., p. 51.

88 Hizb al-Baʻath al-ʻarabi al-ishtiraki, Partito della rinascita araba e socialista. 89 LUIZARD P.J., op. cit., p. 56.

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repressione fu tale che, nel giro di alcuni anni, il partito Baʻth si svuotò quasi completamente di esponenti sciiti e divenne espressione dei soli gruppi sunniti legati all’istituzione militare.90

Il primo colpo di Stato del 196391, pur non avendo mostrato un carattere dichiaratamente confessionale, riportò all’attenzione di tutti i contrasti insiti nella questione irachena, provando come la stessa non fosse stata superata. Il divorzio che poi avvenne tra la comunità sciita e il partito Baʻth fu la chiara manifestazione della distanza politica tra i gruppi confessionali: il Partito comunista, in rappresentanza della maggioranza degli sciiti del Paese, non poteva che esprimere il proprio rifiuto alla perdita dell’Iraq e della sua specificità nel caso di avvicinamento ai progetti dell’unione araba.92

La vita istituzionale irachena fu attraversata, nel luglio del 1968, da un altro colpo di Stato che portò il generale Ahmad Hassan al-Bakr a ricoprire la carica di Presidente della Repubblica. Quest’ultimo era parente di Saddām Husayn, il quale, a partire da questo momento, iniziò la propria ascesa all’interno del partito e, poi, del regime. Il partito Baʻth che portò a termine quest’ultimo colpo di Stato era, tuttavia, completamente mutato rispetto a quello che si era imposto nel 1963: integralmente confessionalizzato e filosunnita portò ai vertici del potere famiglie appartenenti alla piccola borghesia provinciale araba sunnita, tutte caratterizzate dal legame di vicinanza con l’esercito.93 Ufficialmente il rovesciamento del 1968 era stato condotto da militari, ma nelle fasi successive al colpo di Stato, su istigazione di Saddām Husayn, il regime inaugurò un periodo di trasformazione dell’istituzione militare, in particolare furono compiute numerose epurazioni contro gli ufficiali superiori in nome di una fase di trasformismo che mirava, di fatto, alla “baʻthizzazione” delle forze armate, con lo scopo ultimo di consolidare un esercito ideologico che si ponesse al servizio del partito.94 Tramite queste dinamiche, Saddām Husayn mirava a prendere il controllo del partito, espellendo i militari indipendenti che ne facevano parte, e così facendo riuscì, nel corso degli anni, ad affermare la logica familiare su quella militare, tanto che, nel 1976, fu nominato generale pur non avendo mai fatto parte della gerarchia militare. A quel punto l’esercito “ideologico” divenne una forza armata al servizio, non più tanto del partito, quanto piuttosto di un

90 Ibidem, pp. 57-60.

91Nello stesso anno seguì un altro colpo di Stato ad opera di uno dei golpisti, il generale Abd al-Salam Aref, che

approfittò dell’impopolarità del partito Baʻth e delle sue milizie, considerati i colpevoli dell’ondata di violenza che stava attraversando il Paese.

92 LUIZARD P.J., op. cit., p. 60. 93 Ibidem, pp. 64-66.

94 “(…) solo i membri del Baath sono ammessi nei collegi e nelle istituzioni militari; devono sottoscrivere l’impegno a

operare nell’interesse del Baath e sanno che, se vengono meno a questo impegno, rischiano la condanna a morte. (…) Tutti quelli che si dedicano a un’attività politica al di fuori del Baath sono puniti con la morte.” LUIZARD P.J., op. cit., p. 71.

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clan familiare, quello dei takriti95, che grazie al sostegno dell’esercito riuscì a prevalere su tutti gli altri clan arabi sunniti che erano parte del Baʻth.96

L’ascesa del clan alla guida dello Stato si concluse il 16 luglio 1976, quando Saddām Husayn si impadronì di tutte le funzioni che fino ad allora erano state in capo ad Ahmad Hassan al-Bakr, suo antico protettore, divenendo così Presidente dell’Iraq e ponendosi al vertice di un regime dittatoriale che perdurò fino al 2003, anno della sua destituzione in seguito all’invasione anglo- americana.