L A S TRUTTURA G IURIDICO – I STITUZIONALE DELLE F ORZE A RMATE I RACHENE
3. L’esercito iracheno
3.1 La costante inadeguatezza dell’esercito iracheno
Sebbene l’attuale situazione derivi, per lo più, dalla violenta evoluzione dell’Iraq come entità politica dopo l’invasione degli Stati Uniti nel 2003, il Paese e la sua società hanno sempre avuto un rapporto tortuoso con le loro forze armate, le cui radici, come è stato detto nel capitolo 1 (parte I), sono rinvenibili già nel XX secolo, a partire dal lungo ciclo di colpi di Stato fino ad arrivare agli anni Ottanta, durante i quali iniziò invece la stagione delle esibizioni militari. Quando nel 1980 l’Iraq di Saddām Husayn decise di invadere l’Iran, poteva contare su un apparato militare apparentemente formidabile, il quale però si dimostrò incapace di sfondare la tenace resistenza della Repubblica islamica. Al termine del conflitto, nel 1988, l’esercito iracheno ammontava a circa un milione di forze effettive, ma sotto il controllo di una dittatura, con un’economia disfunzionale, sforzi seri di smobilitazione erano fuori discussione. Pertanto, il tentativo di Baghdad di mantenere l’esercito utilmente impiegato fu uno dei fattori che condusse all’invasione del Kuwait, nel 1991, che tuttavia portò ad una significativa sconfitta militare, durante la Prima guerra del Golfo, e ad oltre un decennio di sanzioni internazionali. Fu durante questa fase complessa che la sicurezza passò, in parte, nelle mani delle forze tribali e delle milizie, e, in particolare, i Peshmerga si trasformarono da bande di guerriglieri in una forza paramilitare semi – formale del Kurdistan iracheno.46
Quanto avvenne in seguito all’invasione statunitense dell’Iraq è già stato in parte analizzato: l’esercito iracheno fu sciolto, dando seguito alla fase di “de - baʻthification” voluta dall’Autorità Provvisoria della Coalizione, e a ciò seguì la creazione di una nuova forza armata durante la seconda metà degli anni 2000. Tuttavia, dal 2003 all’inizio del 2007, l’Iraq fu caratterizzato da un profondo vuoto, anche dal punto di vista della sicurezza interna, laddove si registrò l’assenza di forze di sicurezza irachene in grado di far rispettare la legge e mantenere l’ordine, situazione che condusse il Paese in una sorta di stato di natura Hobbesiano, caratterizzato dalla guerra di tutti contro tutti: l’Iraq si era trasformato, dunque, in un vortice di violenza, nel quale le diverse comunità e gruppi si scontravano nell’intento di prevalere l’uno sull’altro, mentre gli Stati Uniti
45 AZIZ S. E VAN VEEN E., A State with Four Armies: How to Deal with the Case of Iraq, in War on the Rocks, 11
novembre 2019. Reperibile al link: https://warontherocks.com/2019/11/a-state-with-four-armies-how-to-deal-with-the- case-of-iraq/.
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erano focalizzati a colpire i terroristi e gli insorti47, piuttosto che nella messa in sicurezza della popolazione locale, anche alla luce del fatto che, per la maggior parte degli iracheni, i problemi maggiori erano rappresentati dal crimine dilagante e dalle campagne di pulizia etnica condotte da parte delle milizie settarie.48
A partire dal 2007 – 08, l’approccio statunitense mutò parzialmente e condusse ad una collaborazione più stretta e diretta con la controparte irachena, che fu guidata in un percorso di addestramento e di progressiva professionalizzazione, nel tentativo di rimuovere i limiti insiti nell’apparato difensivo, tra cui la corruzione, l’incompetenza e l’approccio settario.49 Ciò nonostante, l’esercito regolare iracheno ha poi subito una catastrofica disintegrazione di fronte ad una nuova minaccia, questa volta di natura terroristica: infatti, a partire dal 2014, il sedicente Stato Islamico (IS), o Dāʿesh, ha dato avvio alla propria mobilitazione militare per la conquista dei territori siriani e iracheni, sconfiggendo l’esercito regolare iracheno che cadde, dunque, di fronte all’assalto della milizia terroristica. È in conseguenza di ciò che le altre forze militari si inseriscono, nel quadro della difesa armata irachena, come alternativa all’esercito regolare, in particolare i Peshmerga e le Forze di Mobilitazione Popolare, la cui nascita e affermazione non deve sorprendere alla luce della ripetuta inadeguatezza dell’esercito iracheno, che si è rivelato incapace nell’azione di difesa della sua popolazione e dei suoi stessi territori.50
3.1.1 La disfatta dell’esercito iracheno contro Dāʿesh
Il 29 giugno 2014, nell’ambito della guerra civile siriana51 e dell’insurrezione irachena, Dāʿesh annunciò a Mosul, in Iraq, l’istituzione di un “Califfato” nei territori caduti sotto il suo controllo, a cavallo territorialmente tra la Siria e l’Iraq: il discorso di proclamazione fu pronunciato presso la moschea al – Nuri da Abū Bakr al-Baghdādī, capo dell’organizzazione jihadista che, a partire da quel momento, adottò la dicitura di Stato Islamico. Ciò avvenne dopo che, nel giro di alcune settimane, la milizia terroristica era riuscita a prendere il controllo di strategici punti di
47 Dalla prospettiva di Washington, il problema principale da dover essere affrontato era l’insurrezione interna, la quale
non fu altro che uno sforzo armato, da parte della comunità sunnita irachena, per cacciare le forze armate americane fuori dal Paese. L’insurrezione fu aiutata, favorita e, alla fine, dominata da al-Qāʿida e portò all’alienazione della comunità sunnita irachena, la quale era stata, fino a poco prima, la base etnico – settaria su cui crebbe e si mantenne il regime di Saddām Husayn, fino alla sua sconfitta.
48 POLLACK K.M., The Fall and Rise and Fall of Iraq, in Middle East Memo, n. 29, Brookings Institution, Washington,
D.C., luglio 2013, pp. 3-4.
49 Ibidem, pp. 8-9. 50 Ibidem.
51 La guerra civile siriana è un conflitto attualmente ancora in corso, scoppiato il 15 marzo del 2011, sull’onda delle
proteste che si svilupparono nel più ampio contesto della Primavera Araba. Le manifestazioni sorsero con l’obiettivo di spingere alle dimissioni il Presidente siriano, Baššār al-Assad, alla guida di una struttura istituzionale monopartitica del Partito Baʻth. Il conflitto, sorto inizialmente come una guerra civile, ha poi progressivamente mutato la propria connotazione a causa dell’inserimento, nel teatro di guerra, di numerosi attori regionali e internazionali, fino al coinvolgimento di non – state actors tramite il consolidamento territoriale di Dāʿesh.
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frontiera tra l’Iraq e la Siria, conquistando, in tal modo, importanti città come la stessa Mosul, seconda città dell’Iraq per grandezza. Al contempo, l’esercito iracheno agì privo di una reale strategia e, completamente allo sbaraglio, non riuscì ad esercitare una forza di resistenza sufficiente a contrastare l’avanzata di Dāʿesh che era, peraltro, numericamente inferiore alle forze armate del Paese.52
Il 3 luglio 2014, il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Chuck Hage, e il Presidente del gruppo dei Capi di Stato maggiore dell’esercito, il Generale Martin E. Dempsey, rilasciarono una conferenza stampa, al Pentagono, sull’evoluzione della situazione in Iraq dal punto di vista della sicurezza. Per settimane i media avevano coperto, o in parte offuscato, il progresso del movimento jihadista radicale, che aveva rapidamente guadagnato il controllo su vaste aree dell’Iraq, mentre le forze di sicurezza irachene, incapaci di opporre resistenza, venivano sconfitte. Alla luce degli sviluppi, uno dei giornalisti che era presente alla conferenza stampa pose una domanda un po' provocatoria: sottolineando, dapprima, come gli Stati Uniti avessero speso circa 25 miliardi per la creazione e costruzione delle forze di sicurezza irachene, le quali stavano però crollando di fronte ad una milizia di circa diecimila uomini, il giornalista chiese che cosa gli Stati Uniti avessero guadagnato, effettivamente, dall’invasione dell’Iraq e cosa, negli anni successivi, fosse stato realmente fatto per ricostruire il settore della sicurezza iracheno.53