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Il dispositivo della PMA: il punto di vista degli operator

5.3 Gli operatori sanitari e l’approccio alle donne migranti latinoamericane

5.3.5 Forme di religiosità e donne migrant

Il ruolo della religione cattolica nell’orientare le pratiche riproduttive e sessuali delle donne migranti è sopravvalutato da parte degli operatori, è dato per scontato e naturalizzato. Infatti, le donne

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latinoamericane sono descritte come un gruppo uniforme, stabile per appartenenza religiosa e pratiche (Lagomarsino, Pagnotta, 2010, 2012). Nonostante nel discorso dominante si enfatizzi il peso esercitato dalla dottrina tradizionale, rispetto alla questione della procreazione assistita, è emersa la diffusione di una dinamica di negoziazione dell’appartenenza religiosa (Rapp, 1998; Roberts, 2006; Paxson, 2003). Per le donne che ricorrono alla PMA il riferimento a Dio è sempre presente ma la funzione delle fede viene negoziata in relazione alla condizione della donna.

Le testimonianze raccolte esprimono l’idea che, nel caso della popolazione latinoamericana, l’appartenenza religiosa informi i comportamenti riproduttivi in modo automatico e totalizzante. I latinoamericani appaiono profondamente legati alla religione che regola ogni aspetto individuale e sociale, pertanto non sembrano possedere un pensiero razionale, autonomo. L’immagine prevalente è quella del migrante come vittima passiva della tradizione religiosa, incapace di adottare un comportamento razionale.

Il discorso medico tralascia i seguenti aspetti: in primo luogo, il cattolicesimo non è l’unica religione professata; gli operatori non considerano la diversa posizione rispetto alla PMA da parte della chiesa cattolica e dalle chiese protestanti valdesi e metodiste. Rispetto alla PMA, in particolare, protestanti calvinisti, valdesi e metodisti presentano posizioni liberali opposte rispetto alla chiesa cattolica, sulla base di due aspetti: il principio di autodeterminazione e la libertà di coscienza, il concetto di vita. Riguardo ai fedeli cattolici, gli operatori non si interrogano rispetto alla forma di religiosità messa in atto che appare legata a valori tradizionali o a modelli occidentali. In questo ambito, ritorna il paragone con la popolazione del Sud Italia:

La religione sicuramente può condizionare la scelta di maternità come nella donna italiana, un po’ come nel nostro sud senza voler offendere ma non c’è paragone laggiù siamo a livelli incredibili, i preparativi per le celebrazioni religiose in quei paesi sono incredibili e quindi se l’apporto religioso è così forte è ovvio che influisca. Non credo che le condizioni economiche abbiano influito perché sennò ritornano. Ci sono molti che dopo aver lavorato sono tornati in Ecuador con il loro gruzzoletto ne ho sentiti più di uno, quelli che sono qua e hanno un figlio lo fanno perché sono legate ai loro valori e questo esula dalla crisi, se vuoi mettere su famiglia magari ti limiti nel numero (ginecologa, consultorio).

Per gli operatori il ruolo della religione varia in relazione all’appartenenza culturale: nel caso delle donne sudamericane la riproduzione è espressione della volontà divina, per questo motivo accettano passivamente le prescrizioni dei medici, non fanno domande sugli effetti delle tecniche sulla salute della donna e del feto, non chiedono i dettagli delle procedure. Al contrario, le donne italiane cattoliche sono informate, istruite e hanno sviluppato un pensiero critico sulle pratiche di PMA, non si fidano ciecamente del medico ma fanno molte domande in particolare sulle implicazioni etiche

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delle tecniche, sulle conseguenze sul feto. Secondo il parere degli operatori si tratta dell’effetto dell’ignoranza che interessa in modo assoluto e irreversibile il gruppo latinoamericano. Tutto ciò denota una scarsa conoscenza delle pratiche riproduttive per impossibilità di accedere alle informazioni a causa di uno scarso livello di istruzione:

Spiegare cosa vuol dire una fecondazione in vitro a uno straniero è diverso da italiano non per la lingua ma proprio il modo di parlare. L’italiano ti dice si però l’embrione…magari…provo a spiegarti: due cattolici praticanti uno italiano e l’altro sudamericano. Se tu spieghi a un italiano loro dicono sì però l’embrione è vita non so se lo voglio congelare, io per motivi morali non lo faccio, ma prima della fivet io faccio un’inseminazione, non posso avere rapporti per questa cosa dell’artificiale... A un cattolico praticante del Sud America: va bene se Dio vuole se Dio è d’accordo lo facciamo non c’è problema, ma possiamo congelare e va bene ok, l’ovodonazione...eh vabbè se non possiamo fare diversamente qualcuno aiuterà… è una questione più della comunità, non so se è legato a un’ignoranza culturale però è proprio visto diversamente, la religione è totalmente diversa. Mentre un italiano ti dice sì però dopo i 35 anni è vero che questa tecnica può portare problemi al bambino, problemi di trisomia di malati mentali ma non è che diventa… l’idea…ti chiedono proprio se può nascere con problemi mentre l’italiano ti dice sì però…(ginecologa, centro privato PMA).

Rispetto al pensiero dell’istituzione cattolica riguardo alla PMA, è emerso dalle opinioni degli operatori sanitari come le coppie di religione cattolica non sembrino seguire le indicazioni ufficiali della chiesa cattolica romana. In particolare, riguardo agli embrioni creati in laboratorio, alcune coppie non acconsentono alla crioconservazione in accordo ai dettami dell’istituzione cattolica e in quanto ritenute forme di vita devono essere tutelati:

L’aspetto religioso, si, talvolta, devo dire che se dovessi definire la percentuale di cattolici sulla base delle coppie sembrerebbero una percentuale del tutto esigua se dovessero seguire i dettami della chiesa, rispetto staticamente alla quantità di coppie, allora sì, ci sono. Qualcuno, ad esempio, è contrario al congelamento degli embrioni e quindi noi non li congeliamo perché la chiesa cattolica dice che non si possono congelare gli embrioni (biologa, centro infertilità).

In generale, dalle testimonianze raccolte, è evidente la diffusione dell’idea che la chiesa cattolica non sia contraria alla PMA perché in ogni caso, il fine delle tecniche è la creazione di una vita, considerata “dono di Dio”. Allo stesso tempo, emerge fra gli operatori di fede cattolica la necessità di avere conferma che le pratiche svolte non siano contrarie alla volontà di Dio:

È andata (operatore sanitario) a chiedere al confessore se non stesse facendo qualcosa contro la volontà di Dio e lui le ha detto secondo me no, perché qualsiasi cosa che favorisce la nascita di una vita è considerabile bello e buono agli occhi del Signore, per cui lei ha detto va bene sono contenta perché anch’io la pensavo cosi ma volevo essere sicura (biologa, centro pma).

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Secondo l’ipotesi critica formulata da Mohanty (2003) e ripresa da Pinelli (2019), lo sguardo etnocentrico adottato per descrivere le donne del Terzo Mondo produce una rappresentazione distorta delle donne migranti come gruppo omogeneo e privo di potere, vittima dei sistemi sociali, occultando in questo modo, la complessità dei posizionamenti e l’eterogeneità delle esperienze. L’esplicitazione e l’enfasi posta sull’oppressione delle donne configura la pozione del margine come luogo di privazione, non riconoscendo le diverse forme di resistenza al potere. Dall’analisi delle parole degli operatori sanitari incontrati durante la ricerca sul campo, emergono alcuni elementi principali: la sostituzione e scomposizione della categoria analitica “donne del Terzo Mondo” con la classe “donne latinoamericane”; la compressione delle molteplici forme di esclusione femminile all’interno del patriarcato; l’occultamento delle forme di discriminazione connesse alla classe sociale, sessualità, orientamento religioso Mohanty (2003). Tali elementi “annullano la realtà materiale e storicamente specifica dei gruppi e delle singole donne” ed esprimono una tendenza colonialista che consiste nell’appropriazione “della pluralità dei posizionamenti della donne” contribuendo a “porle fuori dalla storia, senza guardare alle modalità con cui esse sono costruite attraverso le strutture mascherando anche le diverse forme di agency a cui danno vita” (Pinelli, 2019:27-29).

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