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Le migrazioni femminili latinoamericane

2.2 L’immigrazione straniera in Italia

Prima di affrontare la riflessione sulle migrazioni latinoamericane è importante riprendere alcuni elementi salienti delle migrazioni in Italia dove anche flussi dal sud America hanno trovato, negli ultimi decenni, un posto significativo. Attualmente la presenza della popolazione straniera ha assunto un ruolo strutturale all’interno del nostro sistema sociale10. Diversamente da altri paesi europei, il

fenomeno dell’immigrazione straniera in Italia è un fatto relativamente recente. Mentre in Francia, già a partire dagli anni ’50, si registra il primo flusso consistente di immigrati provenienti dalle ex colonie, in Italia, soltanto negli anni ’70, si attesta l’ingresso di migranti provenienti da Paesi europei. Si tratta di un numero limitato di persone (circa 150.000) appartenenti a specifiche categorie di lavoratori, in particolare braccianti e operatrici familiari11. Nel periodo compreso fra il Secondo Dopoguerra e primi anni Settanta, la migrazione è interpretata in relazione al sistema di sfruttamento del capitalismo internazionale facendo riferimento ad un meccanismo di sostituzione: i migranti sono oggetto di politiche di reclutamento da parte dei Paesi Occidentali in qualità di forza lavoro non

10 Cfr. in particolare, il Dossier Statistico Immigrazioni 2019; Fondazione ISMU Venticinquesimo Rapporto sulle

migrazioni 2019

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qualificata, a basso costo, necessaria per lo sviluppo delle economie avanzate (Castles, Kosack, 1973).

Nel corso degli anni Settanta, gli Stati riceventi promuovono politiche di chiusura dei confini in concomitanza con le trasformazioni che interessano l’economia globale contrassegnata dalla crisi del petrolio e dal passaggio ad un sistema post-fordista del lavoro (Castles, Miller, 1993). A partire dalla crisi petrolifera del 1973 e in relazione alle misure protezionistiche attuate dai paesi europei di antica immigrazione (Francia, Germania, Belgio), i flussi migratori interessano in modo rilevante l’Europa del Sud, in particolare Italia, Spagna, Grecia. Durante gli anni ’60 e ’70, nel territorio italiano, aumenta la presenza di cittadini stranieri provenienti dai Paesi non Occidentali. Nel corso della metà degli anni Ottanta, la situazione si rovescia: l’Italia da paese di emigrazione diventa meta privilegiata di migranti stranieri12.

Negli anni Novanta, con lo sviluppo della globalizzazione neoliberista vengono messe in atto nuove forme di sfruttamento del lavoro migrante rafforzando “logiche di restrizioni e chiusure all’ingresso, forme di governo, disciplina ed esclusione verso donne e uomini, famiglie e reti di migranti presenti sul territorio” (Pinelli, 2019: 88). Nel 1991 l’ISTAT rileva la presenza di 922.000 stranieri provenienti da paesi a forte pressione migratoria: Marocco, Jugoslavia, Tunisia13. Si tratta soprattutto di uomini soli, in cerca di lavoro che fuggono da situazioni di conflitto o di crisi economica e sociale. Nel tentativo di regolare il fenomeno dell’immigrazione, considerato un evento complesso, inaspettato e incomprensibile, nel 1986 viene emanata la prima legge sull’immigrazione: la legge Martelli14. Fino a quel momento, infatti, la normativa adottata faceva riferimento a disposizioni del governo fascista (Testo Unico sulla pubblica sicurezza del 1930). Nel corso degli anni Novanta, Nina Glick Schiller, Linda Basch, Cristina Blanc Szanton (1992, 1994) proposero una nuova prospettiva per lo studio delle migrazioni: il transnazionalismo. Questo nuovo approccio mostra il ruolo attivo dei migranti nello “sviluppare e mantenere multiple relazioni familiari, economiche, sociali, organizzative, religiose e politiche che si estendono oltre i confini” (1992: 1). Nello studio sulle migrazioni viene introdotto il punto di vista del migrante concentrando l’analisi sulle pratiche sociali messe in atto fra luoghi d’approdo e d’origine, fra l’ordine economico mondiale, le trasformazioni del capitalismo e le disuguaglianze prodotte. Negli anni Novanta, come ricordano Barbara Ehrenreich e Arlie Hochschild (2004), la componente femminile è maggioritaria ma non viene analizzata negli studi sulle migrazioni: le donne risultano invisibili in base ad un pregiudizio androcentrico dominante anche nelle scienze sociali. Infatti, la presenza di donne provenienti dall’America Latina, dall’Asia,

12 Dal 1988 al 2018 si attesta un saldo migratorio sempre positivo (ISTAT). 13 Cfr. Venticinquesimo Rapporto sulle migrazioni 2019. Fondazione ISMU. 14 Legge n.943 del 31.12.1986.

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dall’Europa dell’Est è numericamente rilevante e in continuo aumento, legata alla richiesta di collaboratrici domestiche negli Stati Uniti e in Europa Occidentale.

Attualmente, i dati ISTAT 2018 raccolti nel Dossier Statistico sulle migrazioni mostrano i primi paesi di provenienza dei cittadini stranieri residenti in Italia: Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina. Rispetto agli anni Novanta, il recente flusso di migranti presenta fattori causali e forme completamente diverse: da un lato si osserva l’aumento della pressione migratoria a causa di conflitti, persecuzioni politiche e religiose, l’incremento delle condizioni di precarietà socio-economica che determinano la partenza di migranti dall’Africa Sub-sahariana e dal Medio Oriente; dall’altro si riducono i canali di ingresso regolari. Il Dossier sottolinea il progressivo radicarsi della popolazione straniera che si riflette nell’aumento delle acquisizioni di cittadinanza italiana. Diversamente rispetto alle percezioni e alle retoriche diffuse sull’invasione che presentano la crescita della popolazione straniera come una minaccia per la sicurezza nazionale, dal Dossier emerge che, nel corso del 2018, anche a causa di un calo costante delle nascite, la crescita della popolazione straniera risulta molto contenuta. A fronte di dinamiche di stabilizzazione e di radicamento nel paese, emergono politiche e processi sociali di esclusione e discriminazione che non riconoscono il ruolo strutturale dell’immigrazione. Come si evidenzia nel Dossier esistono, infatti, dinamiche di esclusione nell’accesso ai servizi e al welfare: rispetto agli italiani, la maggioranza dei migranti non possiede una casa di proprietà; gli alunni stranieri non continuano gli studi dopo l’età dell’obbligo diversamente dalla maggioranza degli italiani; la retribuzione media è molto inferiore rispetto agli italiani e circa un terzo dei lavoratori stranieri è sovra-istruito15.

2.2.1 L’ immigrazione latinoamericana in Italia

A partire dalla metà degli anni ’90, l’Italia e la Spagna diventano mete privilegiate della migrazione dall’America Latina. Tra la popolazione migrante del Sud America, le principali nazionalità di provenienza sono Ecuador e Perù. Come emerge dalla tabella 1 si registra un continuo aumento delle presenze latinoamericane e allo stesso tempo, se osserviamo il valore percentuale, dal 2005, si attesta una riduzione in rapporto agli ingressi di cittadini non comunitari.

Tabella 1: Popolazione residente in Italia proveniente dal Sud America: le prime sei nazionalità

2005 % 2010 % 2015 % 2019 %

Ecuador 53378 2.2 85940 2 91259 1.8 97128 1.8

Perù 53220 2.2 87742 2 109668 2.1 79249 1.5

Brasile 25823 1 44067 1 42587 0.8 59690 0.9

41 Repubblica dominicana 15286 0.6 22920 0.5 28804 0.5 29584 0.5 Cuba 11363 0.4 16878 0.4 19999 0.4 22273 0.4 Colombia 15843 0.6 19573 0.4 19618 0.3 18375 0.3

Fonte: dati ISTAT, elaborazione propria

I dati ISTAT riguardo all’istruzione della popolazione latinoamericana mostrano un livello medio alto che non coincide con un riconoscimento degli studi effettuati in patria. La maggior parte dei migranti ecuadoriani (52%) possiede un titolo di secondaria di secondo grado mentre circa la metà della popolazione migrante (45%) lavora nei servizi alla persona16. Ciò comporta un processo di declassamento sociale che condiziona le pratiche e incide sulla percezione di sé.

Nel periodo 2010-2018, a livello nazionale, l’andamento della popolazione migrante ecuadoriana si può distinguere in due fasi distinte: dal 2010 al 2014 si registra una crescita continua nelle presenze, al contrario, negli ultimi quattro anni si attesta una notevole riduzione17. Tale valore può essere interpretato in relazione alla diminuzione degli ingressi, legata all’introduzione di normative restrittive nel rilascio del visto e in relazione all’incremento del numero di acquisizioni della cittadinanza.

Grafico 2: Andamento della presenza di cittadini della comunità di riferimento e dei cittadini stranieri

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