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L’incremento delle tecniche di procreazione assistita

Il dispositivo della PMA: il punto di vista degli operator

5.2 La patologizzazione dell’infertilità

5.2.1 L’incremento delle tecniche di procreazione assistita

Secondo diversi studi antropologici e sociologici (Franklin, Inhorn, 2016; Inhorn, Birenbaum- Carmeli, 2008, 2017; Inhorn, Patrizi, 2015), a partire dagli anni Novanta, nel mondo occidentale si assiste allo sviluppo preponderante delle tecnologie riproduttive con ripercussioni rilevanti sul contesto socio-culturale. Nell’ambito della procreazione assistita, si nota un processo di legalizzazione e legittimazione delle tecniche che comporta una riduzione dello stigma verso tali pratiche. Da più parti si osserva la tendenza ad approvare l’uso della PMA, allo stesso tempo, non si affermano nuovi concetti di maternità e nuove forme di famiglia. In questo quadro, l’incremento delle tecniche è dovuto ad una maggior approvazione sociale nel ricorso ad una pratica tecnologica a fini riproduttivi (Franklin, 1995, 2013; Lock, 1998; Thompson, 2015, 2016, 2017). Infatti, le testimonianze degli operatori mostrano come, attualmente, il ricorso alle biotecnologie sia considerato un percorso possibile e necessario per curarsi al pari di altre malattie. In questo senso, nel discorso pubblico e nelle pratiche delle donne, le tecnologie riproduttive rappresentano un modo accettabile e adeguato ad avere un figlio e diventare genitore.

Secondo gli operatori l’attuale incremento nell’applicazione delle tecniche non corrisponde ad un aumento nell’incidenza della sterilità nella popolazione. Benché non ci siano dati epidemiologici attendibili, risulta sicuramente in aumento il numero di coppie trattate. Secondo il discorso dominante (cfr. Flamigni, 1998) tale dinamica può essere compresa in relazione a tre fattori principali: una maggiore fiducia accordata alle tecniche per via della percezione dell’efficacia biologica; l’aumento delle malattie sessualmente trasmissibili128; la posticipazione della ricerca di un figlio individuata come causa della riduzione delle probabilità di concepire e dell’aumento dell’abortività spontanea. Come sostiene Duden (2000) riguardo alla medicalizzazione della gravidanza, allo stesso modo, nell’ambito delle tecnologie riproduttive, l’aumento del ricorso da parte delle donne può essere interpretato come un cambiamento di mentalità:

La mentalità nei confronti della PMA è cambiata in generale quindi non deve essere considerata l’ultima spiaggia ma è una modalità per cercare di ottenere un obiettivo e molte coppie arrivano a farlo (ginecologa, centro infertilità).

128 Secondo Flamigni (1998) si tratta in particolare di malattie infiammatorie pelviche che provocano una riduzione della

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Nella seconda metà del XX secolo, “la medicalizzazione, intesa come tecnologia e controllo clinici del parto” ha eliminato radicalmente “la natura storica della nascita dalla memoria collettiva” (Duden, 2000: 121). Tale trasformazione può essere spiegata soltanto attraverso la comparsa di un nuovo mito e come conseguenza del potere simbolico della tecnica. Le procedure mediche rappresentano un “rituale mitopoietico”, una “liturgia tecnologica contemporanea” (Duden, 2000: 123-125) che funziona modificando la coscienza delle donne, la concezione del parto e la creazione di nuove pratiche. Attualmente il concepimento, la gravidanza e la nascita sono considerati eventi fisiologici, rappresentano una situazione di grave rischio che richiede interventi di prevenzione nell’ambito delle procedure mediche. Inoltre, la donna è considerata responsabile della gestione del rischio legato al parto pertanto sottoporsi a tali procedure assume la forma di un obbligo. Ogni procedura biomedica è vista dalle donne come un “argine al mito del pericolo”, esprime una “valutazione medica sulla probabilità del pericolo in lei innato, dalle cui conseguenze deve essere liberata” (Duden, 2000: 135). Il concepimento, la gravidanza e il parto sono diventati momenti di crisi e il ricorso ai servizi sanitari una necessità che trasmette sicurezza. I laboratori, gli ambulatori si configurano per le donne come uno spazio di trasformazione del corpo e del significato di sé tra “desoggettivazione e delirio” (Tiqqun, 2001: 4).

5.2.1.1 La crescente specializzazione della biomedicina

Uno fra gli aspetti del ricorso alle tecnologie riproduttive riguarda la rapidità dei progressi scientifici determinata da una crescente specializzazione della biomedicina (Bouznah, Lewertowski, 2013). L’aspetto commerciale sembra motivare un continuo incremento nell’uso delle tecnologie riproduttive (Franklin, 2013; Inhorn, Patrizi, 2015). In Italia, in ambito pubblico, esistono limiti all’accesso imposti per legge riguardo all’età femminile (43 anni). Nel caso in cui, la donna rientri nei criteri previsti per legge, il medico può decidere di rifiutare le terapie in relazione alla salute della paziente. Infatti, per avviare la fecondazione il medico deve riscontrare condizioni cliniche sufficienti. Qui si riscontra una differenza fra ambito privato e ambito pubblico. Nel settore pubblico, nel caso in cui il medico acconsente al trattamento in assenza di una diagnosi e di una buona prognosi, si verifica uno spreco inutile di risorse e aumenta il rischio per la salute dell’utente. Nei centri privati prevale l’aspetto meramente economico come evidenziato dall’intervista seguente:

Io questo mese ho avuto una gravidanza con una coppia che ha fatto 4 fecondazioni, in tutto sei transfert di embrioni […] Bene io ho visitato il marito gli ho dato la terapia e la signora è rimasta incinta per conto suo, ok! […] bene c’è gente che ti dice va bene la fecondazione, la facciamo subito perché qual è l’aspetto commerciale? Che una fecondazione a un centro lombardo gli rende 4800 euro (ginecologo, centro infertilità).

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Diversi studi antropologici (Inhorn, Franklin, 2016; Rapp, 1998, 2001; Parisi, 2017) sostengono che le tecnologie riproduttive sono dispositivi socio-culturali modellati costantemente da fattori umani, da forze sociali e rapporti di potere. In questo quadro, le caratteristiche stesse delle tecnologie riproduttive e il contesto economico, politico, culturale e morale in cui si sviluppano rappresentano aspetti che danno una forma precisa alle tecnologie riproduttive. Nell’ambito dell’infertilità il ruolo dell’industria farmaceutica è preponderante. Si tratta infatti di un mercato che si costruisce, si estende e si modifica nel tempo in cui il consumo delle tecnologie riproduttive è guidato dal mito del progresso. Secondo Inhorn e Carmeli (2008) l’industria della PMA è un mondo complesso che comprende diverse figure quali industrie farmaceutiche, biologi, medici, banche di sperma e ovociti. In questa prospettiva, la società e le tecnologie sono viste in una relazione reciproca e costitutiva, l’una è allo stesso tempo origine ed effetto dell’altra (Ong, Collier, 2005). Per alcuni politici è compito del legislatore contrastare la diffusione della “provetta selvaggia”129 al fine di tutelare i diritti delle donne e delle coppie infertili e per disporre di interventi mirati alla prevenzione del fenomeno dell’infertilità. Un’adeguata normativa impedirebbe di privilegiare le tecniche invece di curare l’infertilità.

Durante la ricerca sul campo ho notato numerosi casi di sperimentazione di farmaci o di nuove tecniche di cura dell’infertilità. In questi casi, gli operatori propongono a determinati pazienti l’utilizzo di un farmaco e seguono il decorso raccogliendo i dati clinici. Infatti, dopo l’autorizzazione alla vendita, il farmaco viene proposto ai medici per realizzare alcuni studi clinici. In questi casi, il medico recluta i pazienti in base ad alcune caratteristiche specifiche e propone loro di partecipare allo studio clinico attraverso la firma del consenso informato (Pignarre, 2010). Ogni settimana venivano ricevuti in reparto almeno due rappresentanti di aziende farmaceutiche. L’atteggiamento fra loro era fortemente competitivo130 e l’incremento della loro presenza era ben visibile negli ambulatori sottoforma di gadget offerti ai medici, libri divulgativi, poster e opuscoli informativi.

Dal periodo sul campo svolto presso il reparto di Fisiologia della riproduzione dell’Ospedale Sant’Anna di Genova, è emerso un rapporto asimmetrico fra paziente e medico: il paziente è colui che “subisce l’intervento medico e la terapia” (Bouznah, Lewertowki, 2013: 117). Tali posizioni profondamenti disuguali sono determinate da diversi fattori: la crescente specializzazione della biomedicina, la frammentazione delle prese in carico, lo sviluppo continuo delle scoperte scientifiche, il perfezionamento degli strumenti tecnologici. Tutto ciò impedisce un approccio globale alla persona

129 Espressione usata da Giovanna Melandri, ex deputata PD, in occasione di un convegno sulla PMA (Quaderni di Scienza

e Vita, n. 4, 2008, pag. 10)

130 Durante il lavoro sul campo, ho assistito ad un diverbio fra rappresentanti per ottenere un colloquio con la dottoressa

responsabile del centro. Di norma i rappresentanti veniavano ricevuti solo su appuntamento, per un massimo di due alla settimana.

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e aumenta la “distanza fra il mondo degli esperti e la realtà quotidiana di coloro che fanno ricorso ai loro servizi” (Bouznah, Lewertowski, 2013:117). Comportamenti ambivalenti dei pazienti (interruzione del trattamento, scarsa partecipazione, rifiuto indiretto) e situazioni di blocco nel processo terapeutico possono quindi essere interpretati in relazione all’accessibilità e intelligibilità del sistema medico. Le tensioni fra differenti sistemi di interpretazione della malattia, del mondo e delle relazioni appartenenti al medico e al paziente possono creare incomprensioni che impediscono la presa in carico. Si tratta di persone portatrici di modelli di vita e visioni del mondo lontane dal pensiero occidentale, migranti o “autoctoni” (Bouznah, Lewertowski, 2013; Coppo, 2010).

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