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Le trasformazioni nei comportamenti riproduttivi: il calo delle nascite

Il dispositivo della PMA: il punto di vista degli operator

5.3 Gli operatori sanitari e l’approccio alle donne migranti latinoamericane

5.3.3 Le trasformazioni nei comportamenti riproduttivi: il calo delle nascite

Secondo gli operatori, in un contesto di origine in cui i figli hanno il compito di legittimare l’unione della coppia, l’impossibilità di procreare è percepita come un problema grave per le donne e gli uomini latinoamericani. In particolare, in un contesto ad elevata fertilità segnato da profonde disuguaglianze di genere, la donna si trova in una posizione subalterna con l’obbligo di assolvere il compito riproduttivo per ottenere una forma di riconoscimento sociale. Al contrario non c’è traccia della percezione della maternità per le donne come una risorsa che consente l’acquisizione di status sociale ed economico.

Rispetto alle trasformazioni nell’ambito dei comportamenti riproduttivi fra le generazioni, gli operatori riferiscono un aumento dell’età riproduttiva femminile, una riduzione notevole del

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fenomeno delle gravidanze precoci e un andamento della natalità costante nel tempo e contrario rispetto alla popolazione italiana residente nel territorio genovese. Rispetto alle prime generazioni, le giovani donne sperimentano nuove forme di relazioni di genere grazie ad un processo di modernizzazione e assimilazione al modello di relazioni di genere e di maternità dominante nel contesto di arrivo. Nel discorso dominate, la migrazione femminile stravolge l’organizzazione familiare ribaltando i modelli di genere e la divisione dei ruoli fra maschile e femminile. Si pensa, infatti, che con la migrazione le donne ottengano una maggiore autonomia rispetto al contesto di origine in cui prevale una visione dei modelli di genere basata sull’oppressione del femminile e il dominio del maschile.

Dalle testimonianze degli operatori è emersa l’idea di una rottura nel modello di maternità e di famiglia sperimentata dalle donne latinoamericane residenti. Secondo gli operatori, diversamente dalla generazione precedente e dalle italiane, per le donne migranti, la forma di famiglia dipende dalla condizione economica e dalla cultura di appartenenza. La storia individuale di migrazione e la storia familiare, la classe sociale di appartenenza, il livello di istruzione raggiunto non appaiono aspetti rilevanti nell’orientare le scelte procreative delle donne latinoamericane in contesti di migrazione:

Sicuramente fanno meno bambini rispetto a un tempo, a quando è iniziata questa migrazione però il fatto è che si sono adeguati alla nostra società. Hanno capito che fare quattro figli in Italia in base alla nostra economia non è possibile. Hanno forse dato la prevalenza alla situazione economica, come il nostro sud un tempo servivano le braccia facevano tanti figli, negli anni poi…chi ha una cultura media e chi ha un lavoro, un ceto medio lo fa per vivere meglio, forse perché abbiamo più esigenze è una società diversa. I: Rispetto alle loro mamme?

Hanno meno figli, a volte hanno un figlio in Ecuador e ne fanno un altro qua perché hanno cambiato compagno, però anche loro non ne fanno più tanti (ostetrica, reparto maternità, ospedale).

Secondo me è un paio d’anni che c’è un calo, anche l’anno prima, o stanno più attente o si sono più integrate, decisamente sono due o tre anni il dato del numero delle nascite è in calo, il 2012 su 62 gravidanze 20 erano ecuadoriane che coincide con il dato dell’ospedale il 20 25% sono straniere. Negli ultimi anni c’è stato un calo delle nascite in tutta la Liguria, […] quindi quello che è cambiato decisamente sono le persone che vengono sono forse più africane che sud americane, credo che sia forse un aumento dell’integrazione, […] la crisi ok pero gli stranieri quando arrivano qua hanno una percezione della crisi che non è come la nostra nel senso che loro vengono da paesi in cui fanno molta fatica quindi qua è sempre meglio che nel loro paese. Quindi io credo che ci sia più un aumento di integrazione, nelle abitudini, nei costumi anche perché siamo abbastanza affini sono un paese cattolico, su alcune cose si ritrovano abbastanza, forse perché ci sono sempre più generazioni che sono nate qua e quindi sono proprio più integrate in tutto nel nostro sistema (ginecologa, consultorio pubblico).

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Nell’ambito dei cambiamenti che interessano i comportamenti riproduttivi, il fenomeno del calo delle nascite nella popolazione migrante latinoamericana è considerato dagli operatori sanitari l’esito di processi di modernizzazione e di assimilazione al modello riproduttivo dominante (Decimo, 2018; Gribaldo, 2018). In questa prospettiva, nel nuovo contesto di vita le donne assumono comportamenti moderni e razionali come la contraccezione ormonale e pianificano le nascite; dal punto di vista degli operatori sanitari, le donne straniere inserite nel nuovo contesto di vita acquisiscono in modo automatico le pratiche adottate dalla popolazione autoctona. L’inserimento sociale e lavorativo delle donne latinoamericane, favorito da una presunta vicinanza culturale, in particolare legata alla religione cattolica e alla stabilizzazione, contribuisce a trasformare i comportamenti riproduttivi verso un modello di famiglia adeguato alla società di accoglienza.

Sulla base della nozione di politica culturale della riproduzione proposta da Rapp e Ginsburg (1995), Krause (2001; 2012) mostra come il sapere prodotto dalle scienze demografiche, circolando con l’aiuto dei media, informa concretamente ideologie legate al genere, alla razza e alla classe. Il discorso dominante in Italia raffigura il fenomeno della bassa fecondità come espressione di irrazionalità negando in questo modo, i cambiamenti avvenuti nella vita quotidiana delle donne che riguardano le condizioni materiali e lo spostamento di valori simbolici. Nell’ambito dello studio dei comportamenti riproduttivi, Krause (2001, 2012) suggerisce di allargare il focus critico agli studi sulla popolazione per comprendere le conseguenze concrete della produzione di un sapere che si traveste da scienza neutrale e Verità (cfr. Greenhalgh, 1995b; 2003; d’Aloisio, 2017; Ranisio, 2012). L’ideologia dominante si basa sull’idea di famiglia “controllata” e razionale, di forma ristretta, in cui si esercita direttamente il potere nella costruzione di una soggettività femminile. Secondo Krause (2001, 2012) la pratica di realizzare indagini statistiche rappresenta uno strumento diagnostico per monitorare il benessere socio-economico del corpo politico nazionale. Nel discorso dominante, il fenomeno della bassa natalità manifesta un tipo di modernità le cui logiche sono state ribaltate. Si diffonde l’idea che certi tipi di procreazione come la scelta del contenimento delle nascite, rappresentino comportamenti razionali: la capacità riproduttiva viene disciplinata dal soggetto stesso per ottenere il raggiungimento di obiettivi a lungo termine. Mentre la riduzione delle nascite rappresenta una risposta razionale secondo le predizioni di Malthus riguardo ad un sovrappopolamento disastroso, la rappresentazione di un trend negativo delle nascite e l’enfasi sui risultati delle indagini demografiche interpretano la bassissima fertilità come segno di irrazionalità. Secondo Krause (2001), la retorica sul calo della natalità indica il fatto che le donne siano coinvolte nel difficile rifiuto della genitorialità. Nel discorso politico e mediatico, le donne stanno rifiutando la responsabilità di rinnovare la Nazione: tali pratiche sono considerate una malattia sociale, una patologia da curare. La scelta delle donne di essere una produttrice piuttosto che in primo luogo riproduttrice è indice di un disastro: la responsabilità delle

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donne si collega ad un immaginario collettivo che riduce tale fenomeno ad un’epidemia. In questa prospettiva, afferma Krause (2001) le pratiche di “fare famiglia” sono legate alle aspettative sociali che riguardano l’educazione adeguata dei figli e la rispettabilità della classe media. L’ideologia di classe si combina con l’ideologia di genere per modellare le decisioni delle donne riguardo al numero giusto di figli da desiderare e mettere al mondo. L’ideologia dominante sulla famiglia controllata, razionale e ristretta, esercita il suo potere direttamente sulla costruzione della soggettività e dell’identità sociale. Nei racconti dei media il discorso sulla bassa natalità è contrapposto alla crescita della popolazione migrante e riflette, rafforza paure circa l’estinzione della razza italiana e la scomparsa della cultura europea. Le proiezioni sulla crescita zero alimentano percezioni distorte che generano paure verso i migranti. L’analisi della potente costruzione di conoscenza portata avanti dai demografi, sostenuta dai media, unita alle esperienze vissute dalle donne, permette di evidenziare il legame fra il giudizio della società sulle pratiche riproduttive e l’ideologia di genere, razza e classe (Krause, 2001).

5.3.4 Forme di maternità e famiglia migrante: gravidanze precoci, maternità tardiva e

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