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Il Front National: tra euroscetticismo e nazionalismo sociale

Maastricht Treaty del 1992 e sul Constitutional Treaty del

4.2.3 Il Front National: tra euroscetticismo e nazionalismo sociale

Nel 1972, Jean-Marie Le Pen fonda il Front National, un partito politico che, pur restando in una posizione marginale all’interno del sistema bipartitico francese nei suoi primi dieci anni di storia, riuscirà ad imporsi quale unica forza della destra nazionalista. L’ascesa ha inizio con le elezioni europee del 1984, quando il partito ottiene l’11% dei consensi (2 seggi) in concomitanza con l’affermarsi nel dibattito pubblico della questione migratoria. Il tema ruota intorno alla forte critica rivolta al PS, nella figura di François Mitterand, e all’allora sindaco di Parigi ed esponente del RPR, Jacques Chirac, proprio sulla difficoltà di gestione dell’integrazione soprattutto nell’ambito del lavoro e dell’occupazione (Hainsworth, O’Brien e Mitchell 2004; Genga 2015b). Sulla scia della forte opposizione dichiarata in occasione del referendum sul Trattato di Maastricht nel 1992, il FN inizia a guadagnare terreno all’interno del sistema politico francese; nel 2002, le elezioni Presidenziali vedono per la prima volta passare al secondo turno un candidato dell’estrema destra. I risultati elettorali registrati dal

FN a partire dagli anni Ottanta possono essere spiegati tenendo conto di tre importanti fattori: il primo riguarda il lento declino della figura del Presidente Mitterand, soprattutto a causa della crescita dell’inflazione e dell’aumento del tasso di disoccupazione; il secondo si riconduce alla capacità del partito di inserire la componente identitaria e culturale all’interno del dibattito pubblico e politico sull’integrazione.; il terzo si individua nel ruolo fondamentale giocato dai media, i quali, grazie alla sovraesposizione mediale dell’esponente del FN, ha assicurato una visibilità tale da legittimare la presenza del partito quale “terzo polo” nel panorama politico francese (Perrineau 1995, 1997; Almeida 2014; Genga 2015b). Nel complesso, l’ascesa del Front National può essere considerata il sintomo di una “crisi multipla” sul piano economico, sociale e politico, la quale sembra essere direttamente collegata all’incapacità delle forze politiche di sinistra di gestire, arginare e risolvere il problema dei flussi migratori. Facendo della questione migratoria la sua key issue, il leader Jean-Marie Le Pen dà forma ad un discorso politico incentrato sul corto circuito tra immigrazione, disoccupazione e insicurezza, riuscendo a portare alla luce le fragilità e le contraddizioni del sistema nazionale e di quello europeo. Sarà anche l’interesse rivolto all’Europa ad avere un ruolo nel successo del FN, dal momento che questa attenzione finisce per rendere nulla la strategia di “neutralizzazione” della issue comunitaria, attuata dai partiti

mainstream allo scopo di evitare conflitti interni (Fotia 1995; Perrineau 1997; Gentile 2008;

Reynié 2016; Stockemer 2017).

In occasione del Congresso di Tours del gennaio 2011, il partito decide di rinnovare la propria immagine attraverso un cambiamento nella leadership – un obiettivo che sembra essere raggiunto ancor più in seguito al cambiamento del nome del partito, da front National a

Resseblement National, portato a termine nel 2018. La guida del partito passa nelle mani di

Marine Le Pen, figlia di Jean-Marie, che pur presentandosi quale promotrice di un nuovo progetto politico, mantiene una certa continuità nel “sentire comune” soprattutto per la sua discendenza biologica con il leader storico del gruppo (Thillaye e Chwalisz 2015; Bastow 2018). La presidenza di Marine Le Pen è caratterizzata da una netta contrapposizione alla radicalità rinnovata del partito di destra UMP, guidato da Nicolas Sarkozy, che si allinea alle posizioni del FN in merito all’aumento delle espulsioni e del controllo alle frontiere, rivolgendo maggiore attenzione alla dimensione culturale e identitaria della questione migratoria. Si tratta di un cambiamento che provocherà una battuta d’arresto all’ascesa del FN durante le Presidenziali del 2007, ma che allo stesso tempo guiderà la Le Pen in un processo di rimodulazione delle posizioni e delle strategie comunicative del FN (Stockemer 2015; Morini 2018). In particolare, si attua una strategia, conosciuta come dediabolisation, che fosse in grado di allontanare il FN dai gruppi e dalle posizioni dell’estrema destra e che

avviasse finalmente un processo di “istituzionalizzazione” all’interno dei palazzi di governo9 (Stockemer 2015; Genga 2015b; Goodliffe 2016; Stockemer e Barisione 2017; Bastow 2018). Si tratta di una scelta che segnerà in parte il successo del Front National alle elezioni del 2014, alle quali con il 24,86% di voti diviene la prima forza politica nazionale; infatti, se nel corso della presidenza di Jean-Marie Le Pen al partito viene attribuito soprattutto il carattere nazionalista e xenofobo (Grunberg 2008), con il passaggio alla presidenza di Marine Le Pen al FN viene riconosciuta una chiara istanza euroscettica, derivante sia dalla dediabolisation sia dal ruolo di rilevanza che la leader assume a livello europeo, facendosi portavoce di quelle istanze anti-Bruxelles, anti-globalizzazione, anti-islamiche e anti-immigrazione che caratterizzeranno il discorso politico e pubblico dell’Europa a ridosso delle EPE 2014 (Stockemer 2015; Dumitrescu 2016; Stockemer e Barisione 2017).

Il FN delle origini, guidato da Le Pen-padre, non esprime una netta opposizione all’Europa, ma si dichiara a favore di una “Europa delle nazioni”, ossia un’entità sovranazionale che fosse particolarmente incentrata sulla costruzione di un benessere sociale e che lasciasse spazio alle autonomie degli Stati membri (Hainsworth, O’Brien e Mitchell 2004). Fin da subito, l’idea di una social Europe si scontra con l’anima nazionalista del partito, dal momento che le due visioni sembrano essere per loro natura contrapposte: un’Europa forte o una Francia forte? Con il dibattito sul Trattato di Maastricht del 1992, il FN ha la possibilità di far emergere una netta opposizione alla maggiore integrazione, che avrebbe minacciato la sovranità nazionale. L’Unione Europea, che avrebbe dovuto tutelare le singole parti che la compongono, diviene un vero e proprio “suicidio delle Nazioni” a causa dell’autoritarismo di Bruxelles. Di conseguenza, l’agenda del partito si focalizza sul nazionalismo, sulla sovranità e sull’identità, accreditandosi nel tempo quale unico partito francese capace di dar vita a una reale opposizione all’Unione (Hainsworth, O’Brien e Mitchell 2004; Almeida 2014), e dando forma a un euroscetticimo che Benoit (1997) definisce “nazionalismo sociale”. Inizialmente, l’istanza euroscettica si basa sulla volontà e necessità si riconquistare la sovranità politico-economica attraverso la ri-negoziazione dei trattati europei, che prevedono una suddivisione del potere fra lo Stato nazionale e le istituzioni comunitarie (Shields 2014). A questo, si aggiunge una critica derivante dall’aumento del debito e del tasso di disoccupazione, considerati quali diretta conseguenza dell’adesione all’eurozona e dei criteri di austerità. Con il cambio di presidenza, Marine Le Pen si trova ad operare in un contesto provato dalla difficoltà di gestione dei flussi migratori, che non solo stanno facendo crollare il sistema economico e occupazionale francese, ma sembrano provocare difficoltà di natura culturale e identitaria (ibidem). Le issues che si sviluppano all’interno della propaganda del

9Esemplare nell’attuazione di tale strategia di dediabolisation, l’espulsione del leader storico di partito, Jean-Marie Le Pen, all’epoca nominato Presidente onorario, avvenuta nel 2015 in seguito alla trasmissione di un’intervista in cui l’esponente riconosceva una certa irrilevanza all’utilizzo delle camere a gas nel corso della seconda guerra mondiale.

FN a partire dal 2011 sono: un protezionismo che permetta la reindustrializzazione del Paese e la riacquisizione della sovranità economica; una rinegoziazione dei trattati europei per salvaguardare gli interessi dei francesi; un controllo maggiore delle frontiere e l’uscita dall’accordo Schengen, che permetta di ridurre l’ingresso di immigrati, di aumentare la sicurezza pubblica (anche attraverso il potenziamento delle forze dell’ordine) e di garantire una quantità maggiore di servizi alla cittadinanza. Si tratta di una volontà di risanare il sistema di welfare a livello nazionale, che prevede un apprezzabile impegno nel migliorare le condizioni di vita delle classi più povere, destinato però esclusivamente ai cittadini francesi. Il forte ruolo dello Stato, l’attenzione alla popolazione e, allo stesso tempo, l’esclusione da tale sistema di welfare degli immigrati, sono gli elementi per cui il FN è considerato un partito della “destra sociale”, che si dichiara super partes rispetto alla contrapposizione tra la destra e la sinistra francese (Shields 2014; Genga 2015b).

Nel complesso, l’euroscetticismo del Front National sembra essere del tutto legato all’andamento del domestic context e fondato sulla valutazione dei benefici e dei costi derivanti dalla EU membership. Seguendo quella che è la definizione di Taggart (1998), il partito è riconducibile alla categoria del soft euroscepticim, se si considera che nonostante le molteplici critiche rivolte su diverse policies, non si è mai delineata una reale volontà di uscire dall’Europa, ma prende forma la volontà di creare un fronte comune tra gli Stati membri allo scopo di “fermare” l’attuale configurazione e pensare una rinnovata tipologia di Unione (Reungoat 2015; Morini 2018; Ivaldi 2018).