Lo spot politico: generi, tecniche e stil
2.5 La pubblicità politica arriva in tv: lo spot elettorale
La pubblicità politica può essere diffusa su molteplici e diversi canali: manifesti, opuscoli, brochure, volantini, spazi pubblicitari su giornali e riviste, spazi televisivi, newsletter e altri canali di distribuzione elettronica. Soprattutto in televisione, la political advertising ha trovato un valido alleato per la diffusione di messaggi creativi, persuasivi e brevi: gli spot. La pubblicità politica televisiva può essere considerata la forma dominante di comunicazione tra i candidati e gli elettori sia negli Stati Uniti sia in Europa (Kaid 1999; Kaid e Johnston 2001; Kaid e Holtz-Bacha 2006). Questa situazione sembra essere la diretta conseguenza della rapidità con cui il mezzo televisivo ha assunto un ruolo centrale soprattutto negli Stati Uniti, dove la politica si è accorta da subito della sua potenza persuasiva, spingendo i candidati a investire una considerevole parte del budget per la propaganda televisiva. Ciò ha incentivato e lasciato ampio spazio alle sperimentazioni e ha fatto sì che gli spot elettorali diventassero la tipologia di political advertising più utilizzata, poiché considerati capaci di accorciare le distanze tra politica e società civile, di raggiungere in modo efficiente milioni di elettori direttamente nelle loro case, di coinvolgerlo e persuaderlo attraverso immagini evocative ed emozionanti, conferendogli il ruolo passivo si spettatore (Bodrato 1991).
Le peculiarità del sistema politico, di quello mediale e della cultura nel contesto americano hanno sicuramente incentivato lo sviluppo della comunicazione politica audiovisiva, e di conseguenza gli studi sul suo utilizzo risultano essere nel pieno dello sviluppo. Lo stesso non può dirsi degli studi sull’utilizzo degli spot nei Paesi appartenenti all’Unione Europea, dove il pluralismo polarizzato8, il disinteresse generale, la brevità del periodo di campagna, il sistema elettorale e il forte controllo statale sul sistema mediale hanno bloccato l’ascesa dello
7 L’unione tra politica e televisione ha incentivato l’affermarsi di diversi fenomeni, quali la spettacolarizzazione, la frammentazione del discorso politico, la personalizzazione, tutti elementi che
sembrano incidere sugli indici di ascolto e che hanno negli anni allargato la platea di soggetti interessati alla politica (Mazzoleni G., 2001, La comunicazione politica, Bologna: il Mulino).
8 La presenza di forze politiche polarizzate è considerata una diretta conseguenza delle vicende
storiche che hanno interessato i diversi Paesi; infatti, è possibile rintracciare un pluralismo polarizzato in quegli Stati in cui hanno acquisito importanza forze antisistema o singole parti politiche presenti al governo, come il fascismo in Italia, il nazionalsocialismo hitleriano della Repubblica di Weimar, il Raggruppamento del Popolo Francese di De Gaulle della IV Repubblica Francese (Sartori G., Parties
spot elettorale in diversi Paesi (Bentivegna 1997), anche se recentemente le competizioni politiche stanno assumendo i caratteri di quelle statunitensi attraverso quello conosciuto come processo di “americanizzazione9”.
Negli Stati Uniti, gli spot elettorali non sono soggetti a restrizioni, situazione che ne giustifica la larga diffusione, anche se esistono cittadini americani convinti che vi siano della autorità impegnate nel controllo dell’autenticità dei contenuti degli spot (Iab 2006). In realtà, non esiste alcun tipo di regolamentazione e non vi è un organo di vigilanza, infatti ogni candidato ha la possibilità di veicolare una qualsiasi tipologia di messaggio semplicemente investendo capitali nella produzione e nell’acquisto di spazi presso le emittenti televisive. Alcuni studi (Kaid e Holtz-Bacha 1995; Kaid 1999b; De Blasio e Sorice 2014; Hallin e Mancini 2009) hanno dimostrato che negli Stati europei alla pubblicità televisiva sono state imposte maggiori restrizioni rispetto a quelle presenti nel contesto americano. In particolare, il numero delle emittenti pubbliche adibite alla diffusione degli spot politici è assai limitato (Gran Bretagna); inoltre, le concessioni dello spazio sono distribuite o in base al numero di seggi dei diversi partiti (Francia) oppure lo spazio totale viene suddiviso in egual misura tra le forze politiche impegnate nella competizione elettorale (Germania, Spagna, Grecia). Negli spazi presenti sulle tv pubbliche, la trasmissione degli spot è destinata a partiti politici e non a singoli soggetti; solo in pochi Paesi sono previsti spazi a pagamento sulle emittenti pubbliche (Polonia, Finlandia). In gran parte dei Paesi europei, la trasmissione a pagamento di spot elettorali sulle emittenti private è vietata (Italia, Danimarca); soltanto in alcuni di essi è concesso l’acquisto di spazio illimitato sulle tv private (Bulgaria, Romania, Ungheria, Polonia), mentre in altri le concessioni sulle tv private sono regolamentate dagli stessi criteri vigenti per la trasmissione sul servizio pubblico (De Blasio e Sorice 2014).
Già nelle elezioni del 1952, il candidato Dwight Eisenhower utilizzò gli spot nella campagna presidenziale, affidando la gestione, la creazione e la diffusione di questi contenuti audiovisivi all’agenzia pubblicitaria Bbd&o. Il suo consigliere, Rosser Reeves, li definì come dei “messaggi brevi e difficili da evitare, soprattutto se paragonati a manifesti, libri e comizi” (Atkin et al. 1973). La diffusione di una serie di spot dal titolo “Eisenhower Answers America” è considerata in letteratura un momento di svolta, che porterà verso l’affermarsi di una nuova era nell’ambito delle strategie di campagna (Diamond e Bates 1984). Nello specifico, in seguito al ruolo centrale acquisito dal mezzo televisivo a partire dagli anni Cinquanta, lo spot elettorale diviene la forma di persuasione dominante all’interno delle
9Ci si riferisce al potere degli Stati Uniti di influenzare la cultura, le abitudini, le forme del giornalismo
e dell’intrattenimento di altri Paesi, soprattutto europei, che si intensificò notevolmente nel periodo delle due guerre grazie al crescente successo di Hollywood e delle agenzie di stampa. Questa tendenza si è ampiamente intensificata nel secondo dopoguerra, quando gli USA sono divenuti la guida politica, economica e culturale a livello mondiale (Schou S., Postwar Americanisation and the
Revitalisation of European Culture, in M. Skovmand, K.C. Schroder (a cura di), Media Cultures: Reappraising Transnational Media, Sage, London, 1992, pp. 142-158).
campagne presidenziali americane, come dimostrano gli ingenti investimenti monetari destinati a tale contenuto propagandistico. Nonostante nelle elezioni del 1952 ci si trovi dinanzi a un utilizzo e a una diffusione embrionale della pubblicità politica televisiva, la letteratura americana sembra riconoscere il ruolo decisivo ricoperto dalla televisione e dallo spot elettorale nell’aver avviato un processo di trasformazione della comunicazione politica e della campagna elettorale, ma anche della modalità con cui gli elettori americani eleggono il loro Presidente (ibidem).
All’interno della strategia di marketing di un qualsiasi soggetto politico, lo spot rappresenta una tipologia di propaganda sintetica ed efficace, realizzata attraverso la commistione di diversi linguaggi, quali parole, immagini, suoni (Pezzini 2001); inoltre, permettono di diffondere in modo sintetico e immediato i temi principali della campagna mediante l’utilizzo di uno stile con caratteristiche particolari:
[lo spot] asserisce ma non discute, mostra prove spesso in forma di esempio, personalizza il messaggio, visualizza concetti astratti e drammatizza, favorendo la semplicità a scapito della complessità (Cattaneo e Zanetto 2003, p. 227).
In generale, sono tre gli obiettivi che una campagna di spot elettorale ha lo scopo di raggiungere: veicolare maggiori informazioni sul candidato per farlo conoscere agli elettori e migliorare la familiarità con esso; migliorare la percezione del candidato da parte degli elettori e, di conseguenza, aumentare il consenso di questi ultimi verso il candidato. Proprio tenendo conto di tali obiettivi, gli spot elettorali sembrano essere particolarmente efficaci nel catturare l’attenzione degli elettori mobili, i quali, dopo la visione di un messaggio audiovisivo semplice ed emozionale, possono sentirsi invogliati nel raccogliere maggiori informazioni sul candidato e sulle issues mostrate nello spot.
L’importanza di questa forma di comunicazione politica audiovisiva è cresciuta in concomitanza con l’aumento degli studi che dimostravano sia che gli spot elettorali fossero diventati la fonte principale di informazione sui candidati (Atkin e Heald 1976), sia che avessero un’influenza superiore sul grado di popolarità dei candidati rispetto a quella riconducibile alla copertura garantita da stampa e televisione (West 2005). I soggetti politici hanno iniziato ad utilizzare gli spot per farsi conoscere presso l’elettorato e, con l’affinarsi delle competenze necessarie per l’utilizzo dello strumento, hanno finito per utilizzarli al fine di esprimere le proprie qualità, illustrare il proprio programma politico, avvicinarsi a specifiche categorie sociali, richiedere e incentivare il supporto finanziario, attaccare i propri avversari e difendersi a loro volta (Martinelli e Chaffee 1995; Pezzini 2001). Un’ulteriore funzione che lo spot elettorale svolge è quella di fornire ai cittadini-elettori informazioni che gli permettono di distinguere i diversi candidati. Soprattutto in contesti caratterizzati dalla
presenza di una molteplicità di candidati e di partiti, e quindi di posizioni politiche, non è detto che l’informazione oggettiva diffusa dai tradizionali canali di informazione sia la soluzione più comoda e semplice per conoscere appieno i programmi dei partecipanti alla competizione elettorale. Risalgono agli anni Settanta (Patterson e McLure 1976) e alla fine degli anni Ottanta (Kern 1989), gli studi su questa funzione degli spot, che dimostra come le persone più esposte agli spot televisivi risultano essere più informate sulle posizioni dei candidati in merito a specifiche issues – con il conseguente superamento del problema dell’esposizione selettiva – rispetto a quei cittadini che ricercano le informazioni esclusivamente sui canali di informazione tradizionali. Rinforza tale constatazione l’idea che le informazioni veicolate dai canali tradizionali siano in molti casi o incomplete o decontestualizzate o, nel peggiore dei casi, distorte; una situazione che finisce per generare confusione nei processi di valutazione e di scelta dell’elettore (Capizs 2006). Anche i dibattiti televisivi tra candidati e le ospitate nei talk show rappresentano per i candidati una buona possibilità per presentare i propri programmi politici e mostrare una personalità “diversa” dagli altri competitors, ma in questi contesti i candidati non possiedono il pieno controllo dell’interazione, come accade per il messaggio veicolato dagli spot, e talvolta finiscono per produrre effetti indesiderati con le parole pronunciate (Benoit 2003).
Gli spot elettorali possono essere considerati la prima forma di “politica spettacolo10”, intesa come utilizzo di uno stile retorico e visuale “leggero”, e quindi spettacolarizzato, di un linguaggio “comune”, di una semplificazione delle argomentazioni, in grado di accorciare la distanza tra il mondo incomprensibile della politica e la quotidianità dei cittadini-elettori (Diamond e Bates 1984). Anche in virtù di questi elementi, lo spot elettorale riesce nello stesso momento a informare e intrattenere, a presentare le argomentazioni politiche in un modo nuovo e comprensibile, riuscendo così ad avvicinare i cittadini al discorso politico almeno nel periodo della campagna elettorale. Gli studiosi Edwin Diamond e Stephen Bates (1984), nel lavoro sull’evoluzione della pubblicità politica televisiva nel contesto statunitense, attribuiscono allo spot elettorale una sorta di “magical powers” che consiste nell’importante ed efficace capacità di sorprendere, catturare l’attenzione, coinvolgere e suscitare l’interesse negli elettori; un potere che nella riflessione dei due studiosi americani sembra derivare dalla consapevolezza che se al pubblico-elettore non piace il modo in cui un candidato presenta una qualsiasi tema politico, non voterà per lui (ivi, pp. 389-392). Allo stesso tempo, però, l’idea che la vittoria di Eisenhower nel 1952 fosse in parte riconducibile all’ampio e “disturbante” utilizzo degli spot elettorali come strumento di persuasione, ha avviato un intenso dibattito sul rapporto tra politica, pubblicità e televisione. Nel corso di ogni campagna elettorale ritornano frequentemente alcuni interrogativi: ad esempio ci si chiede
se sia opportuno che le campagne elettorali siano basate più su strategie e princìpi di marketing che su programmi elettorali e professionalità dei candidati; o se vi sia un “problema etico” nel far prevalere l’immagine e l’emozione a discapito di argomentazioni e
issues nei messaggi politici audiovisivi; o ancora se sia effettivamente “the best man” a
vincere o invece “the most telegenic performer” (ivi, p. 65).