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L’interesse della semiotica per i messaggi pubblicitar

Gli spot elettorali dei partiti euroscettici dal 2008 al 2018: il disegno della ricerca

3.3 L’analisi degli spot elettorali: strumenti e tecniche di rilevazione

3.3.2 L’interesse della semiotica per i messaggi pubblicitar

Sul complicato rapporto tra la semiotica e la pubblicità proliferano numerose riflessioni, che provano a spiegare in che modo gli strumenti della semiotica visiva possano aiutare nella comprensione e interpretazione dei significati profondi e di quelli latenti racchiusi in un prodotto pubblicitario (Floch et al. 1986; Umiker-Sebeok 1987; Floch 1990, 1992, 1997; Semprini 1990, 2003; Bettetini 1993, 1996; Grandi 1994; Marrone 2001; Pezzini 2002; Volli 2003; Bianchi 2005; Traini 2006, 2008; Pozzato 2013). L’interesse della semiotica nasce soprattutto dalla consapevolezza che il messaggio pubblicitario non viene realizzato per il solo scopo di

essere “osservato”, ma ha alla radice l’intento di convincere il fruitore a modificare le proprie pratiche di consumo e/o le proprie abitudini. Per tali ragioni, risulta spesso di grande aiuto conoscere i processi che sono alla base della costruzione di tali contenuti e le modalità con cui riuscire ad ottenere l’effetto sperato. Nonostante le grandi possibilità offerte, la semiotica non riesce a guadagnare un ruolo di rilievo all’interno di tali processi; una condizione che probabilmente risente della grande quantità di concetti e della talvolta difficile comprensione degli strumenti semiotici, ma anche dell’impossibilità nel rilevare l’effettiva efficacia di un qualsiasi messaggio pubblicitario.

Quando l’attenzione si sposta sulla pubblicità politica, che ha come obiettivo quello di convincere i cittadini-elettori a votare per il candidato oggetto della promozione, l’utilizzo degli strumenti semiotici risulta essere ancor più importante, dal momento ciò che deve essere “venduto” attraverso forme e linguaggi visivi non sono prodotti reali, ma “valori” (Marrone 2001; Pezzini 2001, 2002; Guarino 2001; Cosenza 2007). La pubblicità politica non si configura quale semplice creazione e diffusione di un massaggio, ma come “un’azione, dunque come un evento che accade in un contesto sociale e che agisce su di esso” (Marrone 1999, p. 23).

Si affaccia la necessità di utilizzare degli strumenti di analisi in grado di registrare e analizzare la “vita sociale” della pubblicità, ossia la loro capacità di influenzare e prendere parte al processo di costruzione della realtà e alla definizione dei comportamenti degli individui, tenendo in considerazione il costante interscambio e la connessione che prende forma tra la realtà sociale (contesto) e quella costruita nel messaggio (testo) (Giaccardi 1995; Codeluppi 1997, 2003; Guarino 2001; Marrone 2001).

In questo contesto, si inserisce l’approccio della sociosemiotica, che si pone l’obiettivo di studiare quelle pratiche e quei discorsi che creano particolari “legami e interazioni” tra i soggetti (Landowski 1999; Volli 2003; Pezzini 2008). Il legame esistente tra la sociosemiotica e la politica appare scontato se si considera che quest’ultima, oltre a rappresentare un “fenomeno sociale”, rappresenta un vero e proprio “sistema, al cui interno le relazioni tra le varie componenti in gioco costituiscono, e immancabilmente trasformano, le componenti stesse” (Marrone 2001, p. 215). Un qualsiasi tipo di messaggio, dal discorso politico all’immagine del candidato, dal manifesto allo spot elettorale, si muove all’interno delle

semiosfera21, occupando e dando forma a un sistema sociale e culturale nel quale i soggetti comunicano, interagiscono e si formano.

In riferimento alla pubblicità, la sociosemiotica analizza i contenuti su tre livelli. Il primo riguarda l’enunciazione, ossia il momento in cui un messaggio viene esternato attraverso un’azione e una modalità da parte di un soggetto enunciatore, il quale attraverso l’enunciato

21Nelle sue riflessioni, Lotman (1985) considera la semiosfera come un universo semiotico in cui si inseriscono i testi, che sono coinvolti in un processo di azione reciproca.

stesso ci fornisce le coordinate spazio-temporali. In semiotica si distinguono due tipologie di enunciazione: con l’embrayage, l’enunciatore si fa portavoce di un discorso “soggettivamente vissuto” che permette al destinatario del messaggio di condividere tale esperienza, creando quindi una strategia di complicità; con il débrayage, l’enunciato non ingloba il soggetto enunciatore, ma gli elementi temporali, spaziali e soggettivi sono concepiti come realtà autonome e distanti che non creano nessun legame con il fruitore (Fisher e Veron 1990; Landowski 1999; Guarino 2001). Il secondo livello è quello che studia le strategie manipolatorie, ossia la capacità di un dato messaggio di spingere verso specifiche azioni o di condizionarne di altre; il far fare può essere raggiunto mediante la modalizzazione del volere (seduzione e tentazione), del potere (minaccia e provocazione) e del sapere (logica e razionalità) (Volli 2003; Traini 2006; Pozzato 2013). Il terzo livello è incentrato sullo studio delle variabili estesiche, ossia l’insieme di quegli effetti di senso che sono definiti con l’utilizzo di specifici elementi significanti, ad esempio toni, linguaggi, stili; questi elementi contribuiscono alla buona riuscita delle strategie manipolatorie, dal momento che essi riescono ad avere un ruolo nella definizione dell’efficacia del messaggio, e quindi del raggiungimento dell’obiettivo preposto (Landowski 2001; Cosenza 2007; Traini 2008). L’analisi sociosemiotica si configura quale metodo sicuramente utile nell’analisi quanto più completa dei contenuti pubblicitari, e più in generale dei prodotti mediali, ma allo stesso tempo sembra a tratti porre l’attenzione su una molteplicità di elementi connessi tra loro e di difficile applicazione. In riferimento alla pubblicità, il semiologo Jean-Marie Floch (1990, 1992) semplificherà in modo consistente lo studio dei messaggi pubblicitari, individuando quattro diverse tipologie che sono l’espressione più immediata di quattro diverse strategie:

a) pubblicità referenziale, b) pubblicità obliqua, c) pubblicità mitica e d) pubblicità sostanziale. I tre

livelli sociosemiotici sembrano venire inglobati da tali tipologie, al punto che la presenza di alcuni di essi permette all’osservatore di comprendere il significato profondo del messaggio e fornire un’interpretazione soddisfacente. Se inserite in un quadrato semiotico, le quattro tipologie si legano tra loro attraverso delle relazioni di complementarità, contraddizione e contrarietà; e, inoltre, esse prendono forma dalle riflessioni di quattro pubblicitari che, nel corso della loro carriera, hanno deciso di valorizzare alcuni elementi a discapito di altri, portando verso la definizione di quattro diversi modi di concepire e utilizzare lo strumento pubblicitario (Floch 1992).

Figura 21 – Il quadrato semiotico delle tipologie pubblicitarie (Fonte: Floch 1992a, p. 241).

La pubblicità referenziale è quella che si rifà alle osservazioni di D. Ogilvy, pubblicitario britannico, che considerava la pubblicità come una sorta di riproposizione della realtà. Difatti, gli elementi che costituiscono il contenuto devono riprendere azioni, rumori e oggetti della vita quotidiana, senza che vi sia alcun tipo di miglioramento. L’idea è quella di creare contenuti realistici e l’onesta diviene il principio morale su cui basare le scelte creative ed estetiche. Nella concezione di Ogilvy, l’aderenza alla realtà e l’onestà nella promozione del prodotto sono alla base della costruzione di un rapporto fiduciario con il consumatore. Quelle che devono essere realistiche, però, non sono le caratteristiche dei “prodotti”, ma le strategie discorsive utilizzate nella promozione di tali prodotti. L’effetto di realtà dipende dalle scelte estetiche e narrative del promotore del messaggio e, pertanto, la pubblicità referenziale sembra prediligere una narrazione lineare, definita nello spazio e nel tempo; un linguaggio

descrittivo, che permetta al fruitore di seguire in modo semplice le azioni che si susseguono;

dall’assenza di slogan e giochi di parole (Ogilvy 1985; Floch 1990, 1992).

La pubblicità obliqua rappresenta la negazione della tipologia sopra illustrata. Soffermandosi sulle riflessioni del suo “ideologo”, Ph. Michel, in questa tipologia di pubblicità il significato non è dato, ma in continuo divenire perché soggetto all’interpretazione dello stesso fruitore. Il messaggio non va pedissequamente spiegato, dal momento che l’efficacia del testo non dipende dalla rapidità e dall’immediatezza con cui il significato raggiunge il destinatario. Si richiede un impegno cognitivo, e il fruitore dell’annuncio pubblicitario abbandona il suo ruolo passivo per prendere parte attiva al processo di significazione. In questo modo, emittente e destinatario sembrano avviare un rapporto di complicità, che potrebbe tramutarsi in una maggiore efficacia nel raggiungimento degli obiettivi che il contenuto pubblicitario si

propone, anche se spesso la comprensione di una pubblicità obliqua dipende dall’affinità ideologica, intellettuale, politica e perfino economica tra i due soggetti coinvolti. Per la realizzazione di questa tipologia di messaggi si fa ampio utilizzo di slogan e giochi di parole, di paradossi e situazioni surreali, utili per dare ai messaggi un’ambiguità che i fruitori sono chiamati a risolvere. Particolarmente efficace nella costruzione della tipologia obliqua è l’utilizzo dell’ironia (Ph. Michel 1988; Floch 1990, 1992).

La pubblicità mitica, fuoriuscita dalle riflession

i di J. Séguéla, si oppone a quella referenziale perché rifiuta la ricerca del realismo, e si propone quale obiettivo la costruzione di un “mondo” fantastico, desiderabile, diverso dalla quotidianità e dalla realtà. L’obiettivo è quello di promuovere un prodotto non soffermandosi sulle sue caratteristiche reali, che saranno comunque sperimentate dal fruitore, ma su uno stato di benessere che esso sembra essere capace di creare. L’immaginazione e la fantasia di cui la pubblicità mitica si alimenta, trasportano il destinatario in un “mondo altro”, fatto di sensazioni positive, che saranno rievocate ogni volta che il soggetto entrerà in contatto con quel prodotto. In questo modo, il prodotto assume un valore più ampio rispetto a quello che detiene effettivamente nella realtà (Séguéla 1983; Floch 1990, 1992).

La pubblicità sostanziale, che ha come ideologo J. Feldman, si configura quale negazione della pubblicità mitica e rifiuta anche gli elementi della pubblicità obliqua. Pur mantenendo un legame con la realtà nella presentazione delle caratteristiche del prodotto, l’obiettivo di questa tipologia di messaggio è estraniare il prodotto dal resto del mondo, di porlo al centro della scena e di farlo dialogare direttamente con i fruitori. Ciò che arriva è un senso di bellezza e di benessere, che, però, non deriva da una costruzione onirica o fantasiosa, ma dalla bellezza estetica del prodotto. L’obiettivo è quello di far crescere nel destinatario la necessità di possedere quel prodotto e di entrare in contatto con la bellezza estetica, che conferisce una sensazione di serenità e soddisfazione (Feldman 1989; Floch 1990, 1992). Attraverso l’applicazione di queste tipologie, lo studio della pubblicità diviene più semplice e immediato. Il riconoscimento di alcuni degli elementi tipici di una delle tipologie di pubblicità, difatti, permette di risalire alle strategie discorsive, stilistiche e simboliche utilizzate per la creazione del contenuto; e, di conseguenza, soprattutto nel caso della pubblicità politica, permette di cogliere i significati profondi, gli obiettivi che il soggetto politico intende attuare e i legami che si prefigge di instaurare con i cittadini-elettori.