• Non ci sono risultati.

Gli obiettivi della ricerca e la selezione del corpus

Gli spot elettorali dei partiti euroscettici dal 2008 al 2018: il disegno della ricerca

3.1 Gli obiettivi della ricerca e la selezione del corpus

L’Unione Europea si configura come un oggetto di studio particolarmente complesso che spinge a mettere a sistema una diversità di contesti storici, politici, culturali e sociali, che sono soggetti a periodiche trasformazioni e si influenzano a vicenda. Un’inevitabile conseguenza di tale struttura si ritrova negli effetti che le variabili interne di un singolo Paese producono sull’intera Unione, provocando quasi immediatamente delle trasformazioni anche sulle variabili interne degli altri Stati membri. Ci troviamo di fronte a un sistema articolato che non sempre permette di compiere analisi che tengano conto della sua totalità, ma che al contempo dà la possibilità di rintracciare alcuni elementi ricorrenti e di orientare le riflessioni. La definizione di queste macro-tendenze generalizzabili è resa possibile proprio a partire dall’analisi approfondita e sistematica di alcuni Stati membri, che possono essere considerati espressione di una certa area dell’Unione Europea e che permettono al ricercatore di “formarsi un’opinione” e di dare delle spiegazioni alle modalità con cui essi si rapportano a temi cruciali che animano il dibattito europeo. In questo modo, le diverse analisi permetterebbero ai ricercatori di comprendere a fondo i contesti di Paesi considerati spesso come “troppo distanti” e incomprensibili, e di conseguenza le élite politiche riuscirebbero a impegnarsi reciprocamente nella risoluzione delle controversie sorte nella gestione delle politiche comuni.

L’analisi proposta ha come obiettivo quello di individuare le modalità con cui i partiti euroscettici esprimono la loro opposizione all’Europa attraverso le attività di comunicazione, nello specifico quella che viene definita propaganda elettorale. Prima di passare in rassegna quelle che sono le scelte metodologiche alla base della ricerca, è necessario chiarire a cosa si riferiscono i suoi due concetti chiave, ossia “propaganda” ed “euroscetticismo”.

Con il termine “propaganda” si fa riferimento a un processo comunicativo che ha l’obiettivo di produrre in chi ne fruisce una risposta cognitiva e/o comportamentale che sia in linea con gli interessi di chi ne è promotore1. Tale definizione, contenuta nell’opera Propaganda and

1Le opere di Lasswell H. e Bernays L.E. possono essere considerate i maggiori iniziali contributi nel dibattito su “propaganda” e “pubblicità”. Nello specifico si riporta a: Lasswell H.D. (1927). Propaganda

Persuasion di Jowett e O’Donnell risalente al 1986, risente del particolare periodo storico in

cui prende forma, ossia un dopoguerra che vedeva nella propaganda lo strumento utile per l’affermarsi dei regimi totalitari in Germania, in Italia e in Unione Sovietica. Nonostante sia quasi impossibile parlare di propaganda “in generale” (Sartori 1952), quindi privandola di un qualsiasi attributo, in questo lavoro il termine propaganda si spoglia della sua accezione negativa (solitamente ricondotta al campo della comunicazione politica) e acquisisce una sorta di “neutralità”. Non si parla di propaganda come processo di “manipolazione” degli individui, ma si tratta di un processo comunicativo di tipo persuasivo che candidati e partiti politici utilizzano per veicolare le proprie argomentazioni e per ottenere visibilità. Nonostante l’ambiguità semantica che intercorre tra i due concetti, in letteratura si tende a operare una distinzione tra la propaganda e la pubblicità che, nella realtà dei fatti, sembrano fare ampio utilizzo delle stesse tecniche e retoriche per promuovere oggetti diversi e per raggiungere obiettivi differenti: nel caso della propaganda, si fa riferimento alla divulgazione di idee, concetti e dottrine politiche, ma anche sociali e religiose, allo scopo di modificare percezioni e comportamenti all’interno dell’opinione pubblica; nel caso della pubblicità, ci si riferisce alla promozione di prodotti o servizi riconoscibili per fini commerciali, ovvero l’incremento della vendita e l’eventuale trasformazione degli stili di consumo (Abruzzese e Colombo 1994; Cavazza1997). Partendo da tale assunto, nell’ambito della comunicazione politica con il concetto di “pubblicità politica” si fa esplicito riferimento alle attività di propaganda (Losito 2002).

Il concetto di “euroscetticismo” sembra collocarsi in uno scenario particolarmente complesso, fatto di variabili e contesti in rapida e continua trasformazione, che non può essere sottoposto a generalizzazioni, ma che deve essere analizzato tenendo conto delle condizioni politiche, economiche, sociali e culturali dei vari Paesi. La generalizzazione che spesso viene applicata alla dimensione dell’euroscetticismo, da parte non solo del sistema mediale ma anche degli stessi partiti euroscettici, comporta una serie di risvolti negativi: da una parte, all’interno delle istituzioni europee di rappresentanza – all’interno dei gruppi parlamentari si trovano a convivere partiti critici verso l’Unione per diversi motivi e su diverse policies, e che, di conseguenza, fanno fatica a far emergere le proprie istanze e richieste all’interno della sfera pubblica e istituzionale; e, dall’altra, all’interno del proprio Paese, poiché vi è una commistione tra ciò che dipende dell’Unione e ciò che dipende dal governo nazionale che comporta una confusione e una difficoltà diffusa nel comprendere i programmi politici da parte dei cittadini-elettori. La complessità del fenomeno si riflette anche all’interno della letteratura accademica, nella quale sono presenti molteplici tentativi definitori che, però, non sembrano restituire una chiara immagine di quello che l’euroscetticismo rappresenta. Un

Technique in the World War. New York: Knopf; Bernays L.E. (1923). Crystallizing Public Opinion. New

primo tentativo definitorio arriva dagli studi di Taggart pubblicati nel 1998, e ripresi poi dallo stesso autore negli anni successivi in collaborazione con Szczerbiak (2001, 2004, 2008). Nonostante rappresenti una delle più utilizzate in letteratura, questa definizione riduce il fenomeno a sole due categorie: un hard euroscepticism, che si configura in una opposizione di principio al processo di integrazione europea, e un soft euroscepticism, che si riferisce a una opposizione verso specifiche policies. Di poco successivo il tentativo di Ray (1999), che opera una distinzione dell’euroscetticismo in relazione alla sua maggiore o minore intensità. Si tratta in entrambi i casi di definizioni relative a un “euroscetticismo indifferenziato”, che non tiene conto né delle issues su cui l’opposizione si basa né della tipologia di partito. Nel 2002 gli studiosi Mudde e Kopecky provano a superare i limiti delle riflessioni precedenti attraverso un modello basato su quattro diversi atteggiamenti nei confronti dell’Europa (euroenthusiasts, europragmatists, eurosceptics, eurorejects), i quali sono la testimonianza della mutevolezza di un fenomeno che assume forme e intensità diverse in relazione alle molteplici interpretazioni dell’UE e del suo processo di integrazione che si configurano nei Paesi e nei partiti politici presenti su un dato territorio. Le difficoltà incontrate nella generalizzazione dell’euroscetticismo incentivano riflessioni sulla stretta relazione che intercorre tra le variabili interne di un dato Paese e l’opposizione verso l’Europa. Nello specifico, gli studi di Forster (2002) sul contesto britannico e quelli di Conti (2003) su quello italiano mostrano chiaramente quanto il domestic context influenzi lo sviluppo di forme più o meno intense, più o meno simili, di euroscetticismo. Si discosta molto da quelle precedenti la riflessione di Lubbers e Scheepers (2005), che individuano un instrumental euroscepticism e un political

euroscepticism, espressione il primo di una opposizione basata sulla valutazione dei costi e dei

benefici dell’appartenenza all’Unione, e il secondo di un mancato riconoscimento della legittimità del potere decisionale e normativo posseduto dalle istituzioni europee. Nell’ultimo decennio si sono susseguiti ulteriori lavori sull’euroscetticismo (Leconte 2010; Adam e Maier 2011; Usherwood e Startin 2013; Usherwood e Leruth 2015; Dalton 2016) che comunque non hanno restituito una qualche forma di generalizzazione del fenomeno e, inoltre, danno maggiore forza alla riflessione di Genga (2015a) che considera l’euroscetticismo un “termine ombrello” proprio per la sua capacità di essere oggetto di una molteplicità di interpretazioni2.

La scelta di porre l’attenzione esclusivamente sulla propaganda, nello specifico sugli spot elettorali, è dettata dalla consapevolezza che si tratta di messaggi totalmente gestiti dai partiti e/o dai candidati, che quindi permettono di veicolare se stessi e i propri programmi politici in modo diretto ai cittadini-elettori, senza la mediazione, e spesso la distorsione, operata sui

2Un’ampia rassegna su quelli che sono stati i tentativi definitori del concetto di euroscetticismo e le criticità emerse, nonché lo studio della sua evoluzione, è presente nel Capitolo 1 – Euroscetticismo:

contenuti da parte dei professionisti dell’informazione; pertanto, la responsabilità del prodotto finale è del tutto a carico del soggetto promotore del contenuto (Paletz e Vinson 1994; Holtz-Bacha 2012). Inoltre, si tratta di una forma breve e flessibile di comunicazione di grande impatto e di massima “integrabilità” nel web e sui social network, i quali rappresentano ad oggi il luogo maggiormente adibito alla diffusione di contenuti propagandistici3. In questo senso, l’analisi delle campagne di advertising, nel nostro caso delle campagne di spot elettorali, riescono sia a mostrare le strategie proprie della forza politica analizzata, in termini di temi, di forme estetiche e linguistiche adottate, sia a far emergere gli elementi politici e culturali di un determinato Paese (Rohe 1990; Kaid e Holtz-Bacha 2006; Holtz-Bacha 2012). Si è scelto di analizzare sia le elezioni europee poiché esse, grazie alla presenza di un contesto elettorale comune ai diversi Stati membri, ci permettono di realizzare una comparazione tra le strategie di propaganda televisiva messe in atto dai partiti dei diversi Paesi; sia le elezioni nazionali poiché danno la possibilità di comprendere in che modo la issue Europa sia entrata nel discorso pubblico nazionale, tenendo conto che sulla dimensione europea agiscono differenti contesti politici, culturali, economici e sociali, che dunque modificano i main topics della campagna.

La critica all’Unione Europea sembra dunque risentire fortemente del contesto nazionale, e di conseguenza l’osservazione della sua rilevanza all’interno delle elezioni nazionali potrebbe rappresentare un buon indizio per la comprensione dello sviluppo delle forze politiche euroscettiche e dei loro programmi elettorali. Ciò porta in primo piano, oltre che i differenti stili di propaganda, anche la tendenza dei partiti politici a opporsi all’Unione servendosi di issues e argomentazioni strettamente collegate alla domestic politics.

Va tenuta in considerazione, però, la frequente non corrispondenza tra le posizioni anti-UE che emergono dai programmi e dalla propaganda dei partiti e l’effettiva azione politica realizzata in Parlamento e verificata attraverso il voto espresso in riferimento a quelle che possiamo definire “affari europei” (Conti e De Giorgi 2011). Pertanto, accade spesso di trovarsi di fronte una situazione in cui i cittadini elettori non ritrovano una chiara corrispondenza fra gli atteggiamenti verso l’Europa espressi nel corso delle competizioni elettorali e le decisioni prese nei Palazzi istituzionali. Si tratta, comunque, di una condizione

3 Ha avuto ampia incidenza sul “passaggio” dall’offline all’online della propaganda politica la possibilità di condividere dei contenuti con le masse a costo zero. Spot e manifesti elettorali, infatti, oltre ad essere presenti sui media mainstream adibiti alla loro diffusione (televisione, quotidiani, cartellonistica) sono sempre più presenti sulle pagine Facebook, sui profili Twitter e sui canali YouTube di partiti politici e candidati, con modifiche negli stili e nelle forme (webcard e video autoprodotti). In questo modo, ogni promotore ha la possibilità non solo di diffondere il contenuto, ma anche di contestualizzarlo e di avviare un dibattito sulle issues presentate. A questo, va ad aggiungersi il fatto che per il presente studio non si è operata alcuna distinzione fra i video realizzati per la trasmissione televisiva e quelli destinati alla diffusione online; pertanto, l’analisi non permette né di cogliere le possibili differenze e similarità esistenti fra le due tipologie di contenuti in termini di stili e linguaggi narrativi né di individuare il maggiore o minore utilizzo di una dei due tipi di diffusione (anche alla luce della diversità di regolamentazioni vigenti in ciascun Paese).

che non va interpretata come un cambiamento di atteggiamento “voluto” dal partito, ma come un adeguamento a quello che è, da una parte, l’assetto degli organi di rappresentanza, fatto di coalizioni e vincoli, di assensi e dissensi necessari per scongiurare il “blocco” del Paese, e, dall’altra, la diversità delle posizioni che il partito assume prima in central office e poi in public office (Katz e Mair 1994; Mair 2009; Conti e De Giorgi 2011).

Il corpus di analisi è composto dagli spot elettorali di alcuni partiti euroscettici realizzati in occasione di competizioni elettorali nazionali ed europee che hanno avuto luogo nel periodo compreso fra il 2008 e il 2018. Un arco temporale di 10 anni che ci permette di osservare le strategie e le innovazioni nella creazione e nella diffusione degli spot elettorali nei partiti CHE da poco hanno guadagnato un posto di rilievo all’interno dello scenario politico nazionale, e di individuare le eventuali trasformazioni delle stesse dimensioni nei partiti “di vecchio corso”. La scelta di far partire l’analisi longitudinale dal 2008 è dovuta al fatto che nella fase post-crisi il sentimento euroscettico si sia maggiormente diffuso in tutti gli Stati membri dell’Unione, sia nei Paesi “vecchi” (+2,7%) sia in quelli “nuovi” (+4,7%), come emerge dalle rilevazioni condotte da Eurobarometro. Nella scelta dei casi di studio si ricorre spesso a una categorizzazione su base geografica che, pur riconoscendone i limiti in termini di generalizzazione, si trova però a coincidere in buona parte con una tipizzazione che racchiude una similarità del contesto storico, politico ed economico degli Stati che compongono una specifica area geografica, essendo quest’ultima una variabile di impatto in quello che è il ruolo geopolitico di un Paese4.

Per la costruzione del corpus si fa ricorso al geoschema per macroregioni proposto dalle Nazioni Unite5. Si tratta della distinzione tra quattro diverse aree dell’Unione all’interno delle quali i 28 Stati membri sono così raggruppati: Europa occidentale (Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi); Europa settentrionale (Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Regno Unito, Svezia); Europa meridionale (Cipro,

4 La vicinanza geografica o l’appartenenza alla stessa area è in alcuni casi sinonimo di una certa “vicinanza” culturale, ma anche di una similarità dovuta alla necessità di dover affrontare problematiche simili. Ne sono un esempio i Paesi dell’Europa meridionale, in primis Grecia, Italia e Spagna, che sono i Paesi maggiormente coinvolti sul piano territoriale dalle recenti crisi migratorie dovute ai disordini derivanti dalle Primavere Arabe; i Paesi dell’area Orientale, come Ungheria e Polonia i quali, essendo caratterizzati da uno stesso “vissuto storico”, hanno sviluppato un sentimento nazionalista per nulla paragonabile a quello francese o britannico; i Paesi dell’area settentrionale, come Danimarca, Finlandia e Regno Unito, che in virtù delle loro caratteristiche economiche e demografiche (quest’ultima soprattutto per i paesi scandinavi) affrontano in modo analogo la migrazione economica e climatica che li interessa. I Paesi dell’area Occidentale sono difficilmente riconducibili a delle tipizzazioni, considerando che appartengono a questa macroregione Paesi come la Francia, la Germania e l’Olanda, i quali si discostano molto sul piano economico e politico, culturale e sociale; una condizione di diversità che incide sulla gestione dei problemi interni e ne modifica naturalmente il contesto.

5 Il geoschema delle Nazioni Unite è un sistema, realizzato dalla United Nations Statistics Division

(UNSD), che divide il globo in regioni e subregioni. La suddivisione è basata sul codice di

Croazia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo, Slovenia, Spagna); Europa orientale (Bulgaria, Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria)6. Si è scelto di condurre l’analisi su un Paese per ogni macroregione, selezionato sulla base della presenza di un partito euroscettico meritevole di analisi. Una scelta che ci porta inevitabilmente verso una riflessione “mono-dimensionale e mono-orientata”, ma che allo stesso tempo ci restituisce una iniziale immagine della presenza dell’euroscetticismo e delle sue modalità di diffusione attraverso gli spot elettorali all’interno delle quattro macroregioni in cui l’Unione Europea viene geograficamente suddivisa.

I quattro Paesi scelti sono la Francia per l’Europa occidentale, la Polonia per l’Europa orientale, la Danimarca per l’Europa settentrionale e l’Italia per l’Europa meridionale. La selezione è stata dettata anche dalla possibilità di organizzare due periodi di studio all’estero, rispettivamente in Polonia e in Danimarca7, che hanno rappresentato un momento fondamentale per la comprensione del contesto politico, economico, sociale e culturale di due Paesi considerati come “distanti” e che presentato delle maggiori barriere di tipo linguistico; non si è sentita la necessità di svolgere in loco lo studio della Francia, poiché è stato possibile rintracciare materiali e trovare informazioni esaustive nella letteratura accademica e, inoltre, non vi sono stati difficoltà sul piano linguistico. Uno studio approfondito e una conoscenza dettagliata del contesto nazionale hanno di conseguenza dato l’opportunità di leggere più facilmente i risultati della ricerca empirica.

Per ogni Paese è stato individuato un partito euroscettico sulla base delle rilevazioni realizzate per la Chapel Hill Expert Survey (CHES)8 (Bakker et al. 2015a, 2015b), e per ognuno di questi si è proceduto con uno studio dell’evoluzione storica e politica, nonché a un tentativo di “definizione” della forza politica tenendo conto delle riflessioni sull’euroscetticismo e della classificazione dei partiti in relazione alla loro più o meno intensa opposizione all’Unione. In fase di selezione si è tenuto conto anche di quei partiti in cui sono rintracciabili elementi di opposizione verso l’Europa, ma che non configurano all’interno dei sondaggi CHES. Nello specifico, sono stati selezionati sul fronte occidentale il Front National

(FN) per la Francia, mentre sul fronte orientale il Prawo i Sprawiedliwość (PiS) per la Polonia;

per l’area settentrionale ritroviamo il Dansk Folkeparti (DF) per la Danimarca, mentre nell’area

6 La suddivisione per macroregioni realizzata a livello mondiale è reperibile al sito:

http://unstats.un.org/unsd/methods/m49/m49regin.htm.

7Il periodo di studio in Polonia si è svolto presso il Dipartimento di Cultura Moderna dell’Istituto di Sociologia e il Dipartimento di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali della “Jagellonian University” di Cracovia per un periodo di due mesi (4 dicembre 2017 – 3 febbraio 2018). Quello in Danimarca si è svolto presso il Dipartimento di Scienze Politiche della Scuola di Business e Scienze Sociali (BSS) della “Aarhus Universitet” di Aarhus per un periodo di un mese (31 maggio 2018 – 3 luglio 2018.)

8La Chapel Hill Expert Survey raccoglie i sondaggi realizzati da esperti che stimano il posizionamento dei partiti in tema di integrazione europea, ideologia e questioni politiche in ambito nazionale nei diversi Stati europei (www.chesdata.eu).

meridionale la Lega Nord (LN) per l’Italia. Nella scelta tra le formazioni politiche euroscettiche presenti in uno stesso Stato si è fatto ricorso al dato elettorale dell’ultima elezione nazionale, anche tenendo conto del fatto che quelle europee sono considerate second-order elections (Reif e Schmitt 1980; Cayrol 1991; Kaid e Holtz-Bacha 1995), prediligendo il partito caratterizzato da un euroscetticismo duro o moderato che ha ottenuto il maggior numero di voti. Ci troviamo di fronte a quattro partiti che, a prescindere dalla loro appartenenza alla coalizione di governo o a quella di opposizione, hanno un peso rilevante all’interno dello scenario politico di riferimento: il Front National francese si inserisce nell’opposizione di governo; il PiS è attualmente il partito al governo in Polonia; in Italia la Lega Nord è parte della coalizione di governo insieme al Movimento 5 Stelle9; in Danimarca il Partito Popolare Danese è impegnato nel dare sostegno parlamentare al partito di governo.

La diversità delle forme di Governo presenti nei quattro Paesi selezionati, ci ha obbligati a condurre l’analisi su un numero diverso di tornate elettorali all’interno della decade interessata dalla rilevazione: per la Danimarca (Monarchia parlamentare) e per l’Italia (Repubblica parlamentare) saranno considerate le due elezioni parlamentari europee del 2009 e del 2014 e le due elezioni parlamentari nazionali, nello specifico quelle del 2011 e del 2015 per la Danimarca e quelle del 2013 e del 2018 per l’Italia10; per la Francia (Repubblica semipresidenziale) e la Polonia (Repubblica parlamentare con elezione diretta del Capo dello Stato) saranno considerate le due elezioni parlamentari europee del 2009 e del 2014, le due elezioni parlamentari nazionali, nello specifico quelle del 2012 e del 2017 per la Francia e quelle del 2011 e del 2015 per la Polonia, e ancora le due elezioni presidenziali, rispettivamente le francesi del 2012 e del 2017 e le polacche del 2010 e del 2015. La decisione di tenere in considerazione le elezioni presidenziali francesi e polacche – a costo di ottenere una sostanziale diversità soprattutto in termini di corpus – è dovuta alla difficoltà nel tralasciare tali momenti elettorali sia perché non può essere attribuita ad esse una maggiore o minore importanza rispetto a quelle parlamentari, essendo tali momenti elettorali molto diversi in termini di attori, strategie e partecipazione, sia perché le presidenziali rappresentano un momento di costruzione dell’agenda politica e di selezione dei main topics del partito di appartenenza, che dunque sono del tutto o in parte ripresi in occasione delle

9Nonostante il Movimento 5 Stelle rappresenti il partito che ha ottenuto il maggior numero di voti nel corso delle elezioni politiche del 2018, la scelta di svolgere l’analisi sulla Lega Nord è giustificata