• Non ci sono risultati.

Il rapporto “intelligente” fra marketing e politica

Lo spot politico: generi, tecniche e stil

2.1 Il rapporto “intelligente” fra marketing e politica

Negli anni Cinquanta, mentre in Europa la politica è ancora fortemente legata al voto di appartenenza e i confronti politico-ideologici hanno luogo nelle piazze, negli Stati Uniti si vanno sperimentando tecniche di marketing politico grazie anche alla presenza di un sistema mediale fortemente commercializzato.

Il marketing politico può essere considerato un insieme di tecniche che hanno come obiettivo quello di far conoscere il candidato al maggior numero di elettori, di favorirne l’adeguamento al potenziale elettorato, di rimarcarne le differenze rispetto agli avversari, di ridurre i costi di campagna e di ottimizzare il numero di suffragi che occorre guadagnare con il minimo dei mezzi (Bongrand 1993). Newman (1994a) sottolinea la complessità del processo nelle sue riflessioni, specificando che il marketing politico può essere definito come:

l’applicazione dei princìpi e delle procedure del marketing nelle campagne politiche, da parte di individui e organizzazioni. Le procedure utilizzate comprendono l’analisi, lo sviluppo, l’esecuzione e la gestione strategica delle campagne da parte dei candidati, partiti politici, lobby e gruppi di interesse che cercano di guidare la pubblica opinione, di promuovere il proprio credo ideologico, di vincere le elezioni, di far approvare provvedimenti e referendum in risposta ai bisogni e alle aspettative di particolari individui e gruppi di una società (ivi, p. 139).

Il progressivo impiego del marketing nel campo della politica è sicuramente legato alla particolare stagione della comunicazione politica in cui ci troviamo: un periodo ancora in fase di evoluzione e molto complesso rispetto a quelli precedenti, che Blumler e Kavanagh hanno definito “terza era1” (1999), ma conosciuto anche come “era post-moderna”, stando alla

1Blumler e Kavanagh (1999) individuano tre diverse fasi della comunicazione politica. La prima, che va dal dopoguerra agli anni Cinquanta, è caratterizzata dalla subordinazione della comunicazione politica alle istituzioni del sistema politico, dal voto di appartenenza e da quello di scambio; i partiti politici utilizzavano i mezzi di comunicazione – radio e giornali – per trasmettere le loro ideologie e i loro programmi politici ai cittadini. La seconda, che va dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, è caratterizzata dalla diffusione della televisione e dalla graduale scomparsa delle tradizionali fedeltà partitiche; in questo contesto, iniziano ad affermarsi strategie di campagna mirate e persuasive. La

definizione, di poco successiva, di Pippa Norris2 (2000). Una delle principali caratteristiche delle campagne elettorali post-moderne è l’aumento della competitività tra i contendenti, che li spinge ad affinare le strategie di propaganda e di persuasione allo scopo di ottenere una maggiore visibilità rispetto ai competitors. In questo contesto, il ricorso alle tecniche del marketing sembra essere giustificato, e gli esponenti politici hanno finito per “vendere” se stessi e le proprie idee ad una vasta platea di cittadini-elettori, i quali hanno assunto con il tempo i caratteri del “consumatore” (McLuhan 1967; Newman e Perloff 2004).

I princìpi del marketing (Kotler e Kotler 1981, 1999) sembrano adattarsi al contesto politico nella misura in cui – proprio come accade per le aziende, dedite alla produzione di beni e servizi allo scopo di soddisfare i propri clienti – i soggetti politici sono costantemente impegnati nella creazione di “valore”, in modo da migliorare la qualità della vita dei propri elettori e cercando di ottenere il massimo beneficio al minor costo. Il marketing politico, infatti, si basa su un assioma fondamentale: gli elettori non sono altro che consumatori di un servizio offerto dal candidato, il quale viene scelto in relazione al maggiore o minore valore che il soggetto votante attribuisce al servizio proposto. Come si può immaginare, la percezione che l’elettore ha del valore è influenzata dalle modalità e dall’efficacia con cui il soggetto politico promuove sia sé stesso che le sue idee. In particolare, il marketing è riuscito a “soccorrere” la politica, i leader e i partiti, riuscendo a guidarli verso un rinnovamento e a conferirgli un ruolo più strategico in un periodo in cui questi avevano difficoltà nel presentarsi a un elettorato sempre più distante, disinteressato e disincantato. È importante tenere in considerazione il fatto che la politica e il marketing rappresentano due diverse “discipline” che, una volta entrare in contatto, “interagiscono in maniera strategica”:

la politica nel marketing scopre e dispone rispettivamente di uno strumento moderno che le permette di raggiungere in maniera intelligente l’elettorato, obiettivo determinante per chi dagli elettori riceve il consenso; il marketing, a sua volta, ha nella politica una valorizzazione e una personalizzazione che ne elevano il livello da disciplina economico-commerciale a politico sociale (Foglio 1999, p. 27).

terza fase, che va dagli anni Novanta ad oggi, è caratterizzata dal proliferare dei mezzi di comunicazione, dalla frammentazione dei pubblici, dalla professionalizzazione delle attività di campagna, dalla scomparsa sia dei partiti di massa e sia del voto di appartenenza, dalla professionalizzazione e dalla mediatizzazione della politica.

2 Pippa Norris (2000) ha individuato tre fasi evolutive delle campagne elettorali. Le campagne

premoderne, che vanno dalla metà dell’Ottocento agli anni Cinquanta, sono caratterizzate

dall’interazione diretta tra candidati ed elettori, dalla presenza di una partigianeria degli organi informativi e da un elettorato pienamente identificato con i partiti. Le campagne moderne, che vanno dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, sono caratterizzate dall’affermarsi di figure professionali nell’ambito della comunicazione e della propaganda politica e dal dominio della televisione. Le

compagne post-moderne, che vanno dagli anni Novanta ad oggi, sono caratterizzate dalla

professionalizzazione di tutte le attività di pianificazione e gestione della comunicazione elettorale e dall’utilizzo del marketing politico.

Il marketing politico, dunque, si pone a metà tra l’offerta politica e la domanda politica, e mette in campo strategie e tecniche di tipo informativo, decisionale, organizzativo e comunicazionale che hanno come obiettivo quello di guadagnare il consenso dell’elettorato, operando sia un modellamento dei caratteri dell’offerta a quelle che sono le esigenze e le richieste della domanda sia una diffusione semplificata e comprensibile dei programmi politico-elettorali. Nello specifico, il marketing politico mette in campo interventi differenti in base alla tipologia di elettorato al quale deve rivolgersi (favorevole, orientato verso altre offerte, assente, latente, incerta), ma anche in relazione al contesto in cui opera. Il marketing applicato alla politica, infatti, può trovarsi ad operare in diversi ambiti: quello politico, relativo al periodo extra-elettorale e concentrato sul supporto alle azioni del partito; b) quello

elettorale, che prende forma durante la campagna e che è impegnato nel raggiungimento di

obiettivi diversi in base all’offerta politica e al contesto elettorale (Foglio 1999; Cattaneo e Zanetto 2003; Cacciotto 2011). Ovviamente i due ambiti non sono separati, dal momento che per affermarsi nel periodo elettorale, un partito e/o il suo leader necessitano di farsi conoscere dai cittadini e di costruire una strategia di marketing già nel periodo precedente alla consultazione.

È indispensabile, dunque, mettere a punto il marketing mix, ovvero la definizione degli obiettivi, delle strategie e degli strumenti che si vogliono utilizzare per ottenere i migliori risultati, che si traducono in un consistente consenso in termini di voti, per raggiungere gli obiettivi fissati nel proprio programma politico-elettorale e per rispondere alle esigenze dei cittadini-elettori. Alla base della definizione del marketing mix ci sono tre importanti fasi, quali a) l’analisi del mercato politico-elettorale, che permette di individuare gli elementi costitutivi (contesto demografico, politico, economico, sociale, culturale-professionale, giuridico-legislativo) del territorio nel quale si è scelto concentrare il proprio impegno; b) la

segmentazione dell’elettorato, possibile grazie alla rilevazione e allo studio su quelli che sono i

possibili elettori, e che da la possibilità di classificarli in acquisiti, potenziali, incerti e avversari; c) la selezione dei segmenti-target, ossia la scelta di segmenti specifici di elettori che meglio potrebbero accettare e sostenere il disegno politico che si vuole presentare. Quest’ultima fase rappresenta un passaggio fondamentale, dal momento che essa permette di realizzare delle azioni mirate in relazione ai diversi target, riducendo il rischio di investire risorse ed energie verso elettori che per loro stessa natura non sarebbero in grado di comprendere e accettare l’offerta politica proposta. Una volta definito il marketing mix, prendono forma il posizionamento del prodotto politico (leader e/o candidato), l’organizzazione del partito e la definizione del programma, le attività di comunicazione e di

propaganda, la ricerca di risorse economiche (fund raising), il mantenimento dell’etica e della trasparenza. Tutte queste attività variano in relazione al target elettorale di riferimento e

poterne valutare l’efficienza e le mancanze in previsione delle successive consultazioni elettorali (Foglio 1999; Cattaneo e Zanetto 2003; Cacciotto 2011).

Figura 19 – Le fasi del marketing politico ed elettorale (Fonte: Foglio 1999, p. 52).

In generale, si può affermare che il ricorso alle tecniche del “marketing commerciale” è guidato dalla consapevolezza che tali strategie sono in grado di “riattivare le predisposizioni degli elettori già simpatizzanti, ma anche di conquistarne di nuovi” (Campus 2011, p. 537). Riconoscendo quindi la sua centralità all’interno della campagna, non deve sorprendere che gli investimenti nelle attività di marketing politico abbiano raggiunto cifre esorbitanti negli ultimi anni. Oltre alla necessità di coinvolgere un numero maggiore di professionalità che siano in grado di gestire al meglio la varietà di strumenti sui quali veicolare la propria immagine, i candidati puntano sempre di più all’acquisizione di banche dati di elettori, alla realizzazione di sondaggi e all’acquisto di spazi sulle tv pubbliche e commerciali. Sono soprattutto i sondaggi a giocare un ruolo di rilievo all’interno della competizione elettorale, poiché contribuiscono nella scelta e definizione del tema dell’intera campagna portata avanti

dal candidato in questione: infatti, “un messaggio ben scelto, che abbia la caratteristica di rispondere davvero ai bisogni e ai desideri degli elettori, può essere la carta vincente” (ivi, p. 538-539).