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Lo spot politico: generi, tecniche e stil

2.8 Le opportunità offerte dalla Rete

L’avvento della Rete ha portato verso una lenta rinascita degli spot elettorali, che possono essere diffusi gratuitamente e liberamente da partiti e candidati sulle piattaforme di

un nuovo canale ha ampliato la platea del pubblico-elettore e ha dato ai soggetti politici la possibilità di diffondere direttamente una maggiore quantità di informazioni, anche se uno sguardo più attento ci dimostra che sono solo gli elettori più informati ad approfondire gli argomenti, mentre i cittadini disinteressati continueranno a informarsi unicamente sugli spot televisivi e sui canali tradizionali (Howard 2006). Inoltre, si sono moltiplicate le possibilità di realizzare spot denigratori riducendo considerevolmente il dispendio di risorse economiche. Gli attacks diffusi in Rete offrono ai candidati due vantaggi: da un lato, i promotori dei

negative ads possono rimanere anonimi, situazione che fa comodo soprattutto nel caso in cui

fossero diffuse accuse particolarmente gravi o infondate; dall’altro, le denigrazioni hanno modo di diffondersi fra gruppi e leader d’opinione prima che l’avversario ne venga a conoscenza – strategia che permette ai messaggi negative di inserirsi all’interno dello spazio pubblico prima che gli “attaccati” abbiamo la possibilità di difendersi.

La facilità con cui è possibile produrre e diffondere i contenuti in Rete ha dato l’opportunità a più soggetti non appartenenti al mondo politico e a quello mediale, quali semplici cittadini, gruppi creativi e simpatizzanti, di realizzare spot virali. La produzione grassroot, non essendo sottoposta a regolamentazioni, ha lasciato spazio alla creatività e ai toni forti e ironici, capaci di acquisire grande popolarità e di inserirsi nell’agenda mediale e politica (Cepernich 2012). L’utilizzo di linguaggi semplici e diretti, il ricorso a tecniche provenienti dall’industria cinematografica, così come il ricorso ad una narrazione emotiva e di intrattenimento, sono tutti tratti stilistici che riescono ad attirare l’attenzione di una vasta quantità di utenti. La continua condivisione attraverso i social network fa sì che gli spot “dal basso” e virali diventino e raggiungano un successo in grado di influenzare la comunicazione ufficiale. Nonostante questi video siano realizzati appositamente per la Rete, la loro diffusione non rimane necessariamente circoscritta al web. Esistono casi in cui spot elettorali particolarmente efficaci, persuasivi e ben costruiti, vengano assimilati nella pubblicità politica ufficiale e diffusi sui canali di distribuzione mainstream. Lo spot “Don’t wake up with Conservative”16 – realizzato da un gruppo di attivisti-sostenitori del partito laburista britannico durante le elezioni del 2005 – nasce come spot virale che, visto il successo ottenuto sul web, viene integrato nella propaganda ufficiale di partito. Oltre a suscitare l’interesse generale degli utenti e stimolare diversi dibattiti sul canale non ufficiale della piattaforma YouTube, il video cattura l’attenzione dei professionisti ingaggiati per l’ideazione e gestione della propaganda elettorale laburista, i quali decidono di inserirlo nella pubblicità ufficiale di partito e trasmetterlo nel Political Election Broadcasting (PEBs), ossia lo spazio televisivo destinato alla diffusione della pubblicità elettorale durante la campagna britannica.

Gli spot grassroot sono molto originali e creativi, riescono a parlare di politica in modo divertente, leggero e comprensibile, soprattutto perché non risentono di quei princìpi etici e morali che influenzano i professionisti del marketing politico e della political advertising nello sviluppo dei contenuti propagandistici. Il fenomeno ha alimentato la definizione di una age

of the spoof (Dermody e Hanmer-Lloyd 2011), un’era in cui la propaganda elettorale dei partiti

diviene satirica e umoristica, e di conseguenza più accessibile e interessante per i cittadini. L’incontro tra spot e Rete, e il conseguente utilizzo di tecniche espressive creative e innovative tipiche della satira e dell’umorismo, ha incalzato lo sviluppo di:

un ambiente mediale formatosi dal collasso delle precedenti distinzioni fra generi, pratiche sociali e campi discorsivi una volta differenziati. In questo ambiente, la politica e la cultura popolare, l’informazione e l’intrattenimento, la risata e l’argomentazione, il reale e il surreale sono diventati profondamente inseparabili (cfr. Baym 2007, p. 373).

Oltre a conferire un nuovo spazio di diffusione per gli spot elettorali concepiti come parte integrante delle attività di promozione della campagna (spot realizzati per la televisione che poi vengono condivisi anche su siti, canali e pagine social ufficiali del partito e del candidato, ma anche spot realizzati esclusivamente per il web), la Rete ha guidato gli esponenti politici verso un inedito utilizzo del contenuto video.

Anche se non esteticamente ben costruita, la clip audiovisiva rappresenta un buon alleato nella diffusione di informazioni e dichiarazioni in tempo reale su specifiche issues o in seguito a particolari situazioni, spesso inaspettate e improvvise, che si configurano durante la campagna e per le quali il candidato si trova obbligato a esprimere la propria opinione. Ad esempio, videomessaggi di risposta ad affermazioni o attacchi di avversari o di altri esponenti politici non direttamente impegnati nella campagna, videomessaggi di commento a vicende in corso che possono più o meno toccare le azioni di governo, videomessaggi di denuncia su situazioni spesso spiacevoli che necessiterebbero di una maggiore attenzione e che, invece, vengono presentate come “dimenticate” dal precedente Governo; ma anche videomessaggi di

agenda in cui il soggetto politico ricorda gli appuntamenti della giornata o della settimana

(comizi, ospitate in tv, appuntamenti, etc), e videomessaggi di informazione in cui si tende a fare il punto sull’andamento della campagna e sul lavoro svolto. Questi messaggi possono essere preconfezionati, e quindi più simili nella loro struttura allo spot elettorale “tradizionale”, oppure in diretta, come accade per le dirette streaming su Facebook, che hanno rappresentato un valido strumento di campagna in diversi contesti elettorali soprattutto degli ultimi due

anni17. Si tratta di un modo di comunicare che ha portato a pieno compimento quel sistema di “disintermediazione” tanto inseguito dalla classe politica (Chadwick 2006, 2007; Bentivegna 2006, 2015), che ha così la possibilità di “parlare” direttamente con i cittadini- elettori senza la mediazione del sistema mediale e dei professionisti dell’informazione. Inoltre, la diffusione di contenuti video sulla Rete, in modo particolare sui social network, permette di entrare in contatto con un maggior numero di cittadini: un video postato sulla propria pagina Facebook da un soggetto politico, oltre a comparire sulle bacheche degli utenti che seguono spontaneamente quel candidato, grazie alla condivisione di questi ultimi finiranno per guadagnare un posto anche sulle bacheche di quegli utenti che rientrano nella cerchia di amici di chi condivide il contenuto. Un modo, dunque, per entrare in contatto con quei cittadini-elettori vicini ad altri schieramenti o del tutto disinteressati verso la politica, magari guadagnando ulteriori consensi.

Anche se non tutti i video messaggi possono essere ricondotti alla struttura dello spot elettorale, alcuni contenuti, diffusi esclusivamente sulle piattaforme social o più in generale in Rete, possono essere considerati come parte della campagna di video advertising poiché ne riflettono obiettivi, strategie e capacità persuasive pur non presentando una studiata composizione estetica.

17Risale al mese di gennaio 2016 l’introduzione su Facebook del “live streaming”, disponibile per tutti gli utenti attraverso l’utilizzo di una funzione direttamente integrata nel social network.

Capitolo 3

Gli spot elettorali dei partiti euroscettici dal 2008 al 2018: