Nonostante fossero presenti posizioni anti-UE già a partire dalla costituzione della Comunità Economica Europea (CEE) nel 1957, soprattutto da parte di alcuni schieramenti politici francesi, è il referendum norvegese del 1972, che non permetterà alla Nazione di entrare a far parte della Comunità Europea, a suggerire la rilevanza e la persistenza delle istanze anti- europeiste all’interno del progetto europeo (Usherwood e Startin 2013). Si tratta comunque, almeno fino alla fine degli anni Ottanta, di un’avversione marginale, basata sul maggiore o minore sostegno verso alcune decisioni politiche ed economiche, che quasi sempre si riusciva a risolvere nei palazzi istituzionali mediante la “correzione” delle norme da applicare. Il termine euroscetticismo, invece, fa concretamente ingresso nel dibattito pubblico con specifico riferimento all’avversione della Gran Bretagna thatcheriana, considerata un caso isolato fino alla fine degli anni Ottanta, verso la richiesta di una maggiore cooperazione in termini economici e politici. Il discorso della leader Margaret Thatcher del 1988 racchiude in sé la prima concreta opposizione all’Unione e, inoltre, riesce a mantenere alta l’attenzione dei media e della politica sul tema fino al successivo dibattito, sorto in concomitanza con la ratifica del Trattato di Maastricht del 1992. Come emerge dalle riflessioni di Franklin, Marsh e McLaren (1994) e di Taggart (1998), fino ad arrivare al più recente studio di Eichenberg e Dalton (2007), il dibattito sorto in occasione del Trattato di Maastricht sembra aver incentivato la nascita di posizioni anti-EU più marcate all’interno degli Stati membri sia per la natura delle proposte contenute nel Trattato, le quali prevedono un nuovo assetto delle aree di competenza nazionale ed europea e il conseguente affermarsi di una maggiore divisione tra la politica europea e quella nazionale, ma anche perché ha dato avvio all’utilizzo del referendum nazionale come strumento di “accettazione” delle politiche europee, provocando dunque una polarizzazione maggiore tra l’ambito nazionale e quello sovra- nazionale. Nello sviluppo dell’euroscetticismo, dunque, la crisi sorta in relazione alla ratifica del Trattato di Maastricht rappresenta un turning point che ha il (de)merito di aver permesso a leader nazionali di servirsi della issue Europa, e soprattutto del suo futuro incerto, per
formare nuovi gruppi politici anti-EU e per mobilitare l’opinione pubblica10. Ciononostante, per tutto il decennio si continua a considerare l’euroscetticismo come un sentimento “temporaneo” e strettamente correlato alle caratteristiche proprie dei singoli Paesi, come dimostra lo studio di Benoit (1997) sul contesto francese. Si dovranno aspettare gli studi pubblicati a partire dai primi anni del nuovo secolo per far in modo che l’euroscetticismo sia riconosciuto come una posizione particolarmente diffusa all’interno dei diversi Stati membri, seppur in misura differente in relazione alle peculiarità del contesto in cui si svolge l’elezione e/o il discorso politico11.
Secondo Usherwood e Startin (2013), l’affermarsi dell’euroscetticismo è in parte dovuto alla mancata realizzazione di uno degli obiettivi della Dichiarazione di Laeken del 200112, ossia quello di avvicinare i cittadini all’Unione operando delle sostanziali modifiche all’assetto istituzionale. Si tratta di un tema particolarmente importante se si considera che l’indifferenza e la sfiducia dei cittadini verso l’Unione può mettere in discussione la legittimità, l’integrazione e la tenuta stesse delle istituzioni europee. Il sentimento euroscettico della cittadinanza si basa su una molteplicità di fattori e può essere suddiviso in quattro dimensioni: a) un euroscetticismo utilitarista, che vede i cittadini impegnati nella valutazione dei vantaggi derivanti dall’appartenenza all’UE; b) un euroscetticismo legato alla sovranità nazionale, che vede i cittadini favorevoli all’Unione a patto che non venga annichilita la sovranità nazionale; c) un euroscetticismo democratico, che fa leva sulla sfiducia nelle istituzioni; d) un euroscetticismo ideologico, che raccoglie le istanze di quei cittadini che percepiscono come una minaccia la spinta liberale che caratterizza l’Unione Europea fin dalle sue origini (Cerniglia 2013). È possibile rintracciare il sentimento euroscettico dei cittadini attraverso le numerose indagini di Eurobarometro13, realizzate due
volte all’anno a partire dal 1973 e commissionate dal Parlamento Europeo, e che hanno l’obiettivo di comprendere le percezioni e le attese dei cittadini sulle attività e lo stato dell’Unione. Dall’osservazione diacronica dei dati presenti in tali rilevazioni si rintraccia la graduale e generale perdita di fiducia dei cittadini verso l’Unione, e quindi una crescita dell’istanza euroscettica, a partire proprio dal 1992. Probabilmente, passato il periodo del
10A partire dagli anni Novanta si assiste al proliferare di riflessioni e analisi circa la crescita di una diffusa opposizione verso l’Unione Europea nei diversi Stati Membri. Si vedano ad esempio: Dalton R.J., Eichenberg R.C. (1993); Anderson J. (1995); Gabel M., Palmer H. (1995); Gabel M., Anderson C. (2002); Netjes C. (2004).
11 Si rimanda agli studi teorici ampiamente trattati nei paragrafi 1.1 e 1.2 del capitolo “Euroscetticismo: definizione, evoluzione e diffusione”.
12La Dichiarazione di Laeken è stata sottoscritta il 15 dicembre del 2001 e prevedeva l’attuazione di riforme per la realizzazione di diversi obiettivi: a) allargamento dell’Unione a nuovi Stati; b) avvicinamento dei cittadini all’Unione; c) rispetto della competenza esclusiva nazionale in alcuni settori; d) creazione di una convenzione per le riforme.
13Le rilevazioni di Eurobarometro sono reperibili al sito: www.europarl.europa.eu/italy/it/scoprire- l-europa/eurobarometro-i-sondaggi-d-opinione-del-pe
consenso permissivo, i cittadini iniziano a prendere maggiore coscienza del processo di
integrazione e dei benefici da esso derivanti in concomitanza con il dibattito avviato in relazione al Trattato di Maastricht. In questo contesto, l’élite istruita e benestante continua a riporre fiducia nell’Unione, ma ad esse si oppongono quelle classi sociali che vedono le nuove norme del Trattato come una imposizione e una privazione della libertà decisionale nazionale (Hix 2008).
La disaffezione verso l’Unione ha subìto un’ulteriore intensificazione con l’avvento della crisi economica del 2008 che, come quanto accaduto in occasione dei Trattati del 1992, ha visto affermarsi un maggiore sostegno dei cittadini alle proprie istituzioni nazionali con il conseguente allontanamento dalle istanze europeiste. Una situazione che, oltre ad alimentare il sentimento euroscettico, ha provocato enormi fratture tra gli stessi cittadini dell’Unione, i quali si sono sentiti chiamati a contribuire alla risoluzione della crisi economica in modo diverso in relazione all’intensità con cui essa ha minato la stabilità economica e politica della propria Nazione di appartenenza (Roth, Nowak-Lehmann e Otter 2011; Serricchio, Tsakatika e Quaglia 2013). Esistono in letteratura studi recenti (Serricchio, Tsakatika e Quaglia 2013; Rombi 2016a; De Sio, Franklin e Weber 2016) che hanno dimostrato come la crisi economica abbia in qualche modo accelerato la diffusione del sentimento euroscettico fra i cittadini, il quale si è poi tradotto in un maggiore consenso elettorale acquisito da partiti caratterizzati sia da un hard sia da un soft euroscepticism in occasione delle competizioni elettorali nazionali ed europee svoltosi all’indomani del 2008. Dalle riflessioni di Hobolt e Leblond (2014) si è assistito, invece, a un graduale spostamento verso posizioni di hard euroscepticism proprio in concomitanza con la crisi economico-finanziaria del 2008. Dalle indagini di Eurobarometro e dai risultati elettorali emerge chiaramente come proprio nella fase post-crisi sia stato registrato un aumento del sentimento euroscettico e un aumento del voto euroscettico sia nei Paesi di lungo corso sia in quelli più recentemente entrati a far parte dell’Unione Europea. Nello specifico, Stefano Rombi (2016a) realizza un interessante studio sull’aumento dell’opposizione all’Unione Europea nella fase post-crisi 2009-2014, prendendo in considerazione la variazione sia del voto (quindi rifacendosi ai risultati elettorali dei partiti considerati euroscettici) sia del sentimento euroscettico (servendosi delle rilevazioni di Eurobarometro sulla percezione dei cittadini) in occasione delle tornate elettorali precedenti e successive alla crisi economica.
Figura 3 – Differenza tra la percentuale media dei voti ottenuti dai partiti euroscettici nella fase post-crisi 2009-2014 e nella fase pre-crisi 1999-2004
(Fonte: Rombi 2016a, p. 165).
Trattandosi di una differenza tra la percentuale di voti ottenuta dai singoli partiti nelle due fasi prese in esame, i valori positivi devono essere interpretati come un aumento nella fase post-crisi del consenso elettorale dei partiti euroscettici considerati, mentre ai valori negativi corrisponde una tendenza inversa. Risulta che in 18 Paesi sui 27 considerati le forze politiche euroscettiche hanno registrano un aumento della percentuale di voto; nel complesso, andando ad analizzare più nello specifico le singole performances elettorali della fase post- crisi di quei partiti presenti negli 8 Paesi in cui sembra verificarsi un calo del consenso verso gli schieramenti anti-UE, si registrano in realtà delle percentuali di voto comunque molto elevate; sintomo, quest’ultimo, di un sostegno ormai diffuso e costante verso i partiti politici che si oppongono all’idea di Europa, al suo processo di integrazione e alle sue policies (Rombi 2016a). In particolare, dall’analisi riportata emerge una correlazione tra il livello di euroscetticismo e la durata della membership, uno scenario già messo in luce nel 2010 dalla studiosa Cécile Laconte. Stando ai dati, per i partiti euroscettici dei Paesi entrati a far parte dell’Unione Europea prima del 2004 si registra fra le due fasi prese in esame un aumento della percentuale di voto del 6,3%; nei Paesi che, invece, hanno fatto ingresso nell’UE dopo il 2004, i partiti euroscettici registrano un aumento del 2,2% (ibidem).
Figura 4 – Differenza tra la percentuale dei cittadini euroscettici nella fase post-crisi 2009-2014 e nella fase pre-crisi 1999-2004 (Fonte: Rombi 2016a, p. 168).
Rifacendosi alle indagini di Eurobarometro, è possibile rintracciare in che misura l’atteggiamento euroscettico dei cittadini sia aumentato nel periodo successivo alla crisi del 2008. In 21 dei 27 Paesi analizzati si registra una crescita del sentimento anti-UE all’intero dell’opinione pubblica; nello specifico, si passa dal 13% del periodo pre-crisi al 16,2% del periodo post-crisi, con un aumento medio del 3,2%. Diversamente da quanto emerso dai dati riguardanti la percentuale di voto dei partiti euroscettici, la percentuale di cittadini euroscettici è particolarmente alta in quei Paesi caratterizzati da una membership più recente (Rombi 2016a).
Entrambe le analisi dimostrano che la crisi economica ha rappresentato un momento cruciale per lo sviluppo dell’istanza euroscettica in tutti gli Stati membri dell’Unione, ma anche per l’aumento della presenza della issue Europa all’interno del dibattito europeo e nazionale. Infatti, l’Europa, e più nello specifico l’istanza anti-europeista, si è inserita all’interno dei programmi elettorali di numerosi partiti anche all’interno delle strategie di campagna svoltesi sul territorio nazionale, tanto che si registra un numero consistente di voti anche per quei partiti per i quali l’euroscetticismo rappresenta una, e neanche la più rilevante, delle tematiche affrontate. In generale, si può affermare che l’interesse del mondo politico, e quindi non solo di quello accademico, ha permesso al tema di inserirsi all’interno del dibattito pubblico e di dominare l’agenda politica e mediale, anche a causa della delicata fase che l’Europa si trova ad attraversare: la crisi economica, la conseguente instabilità politica e l’ascesa di forze politiche nazionaliste ed euroscettiche, infatti, hanno dato avvio a quella che alcuni definiscono la Grande Recessione dell’Europa (Canterbery 2011; Kahler e Lake 2013).