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la “lunga” Prima Guerra Mondiale

1. Il problema del «mantenimento dei mentecatti poveri»

Come indicato, già nel 1870, dal libero docente in psichiatria e medico alienista presso il Regio Spedale Bonifazio per i mentecatti Pietro Grilli, «in Italia, come presso tutte le nazioni civili, allorché un soldato incomincia a presentare fenomeni di alienazione mentale, non si trattiene negli ospedali militari, ma si invia al manicomio, che serve ai bisogni della provincia ove egli si trova»602. Questo significa che i soldati alienati, una volta mostrati «fenomeni di alienazione mentale», vengono internati in manicomio e, dunque, non sono i medici militari a seguire il periodo di osservazione, a pronunciare la diagnosi e a gestire le politiche di trattamento sanitario. Per questo il “recinto manicomiale” assume un valore fondamentale per lo studio delle nevrosi di guerra e, più in generale, per la questione della “pazzia nei militari”. Sulla base di questa premessa la presente ricerca sceglie di collocare il proprio punto di osservazione all’interno di un perimetro asilare concreto, quello di Racconigi, in provincia di Cuneo, nel periodo compreso tra il 1909 e il 1919. Questo arco di tempo corrisponde a ciò che possiamo definire la «lunga Grande Guerra» dell’istituto

in questione603. E anche se tale opzione ermeneutica non consente di esaurire la complessità dei

possibili nessi tra disturbi mentali, politiche di trattamento, reazioni dei soldati, permette di problematizzare alcuni elementi in gioco a partire da un prisma di osservazione concreto.

L’ospedale psichiatrico per la provincia di Cuneo, con sede a Racconigi, fu istituito dalla provincia stessa nel 1871. Analizzare le vicende che lo riguardano significa contestualizzare la storia attraverso cui l’autorità di governo, nella fattispecie l’Amministrazione provinciale di Cuneo, ha affrontato il problema del «mantenimento dei mentecatti poveri», così come stabilito dalla legge comunale e provinciale del 1865604. Significa anche inserire questa vicenda locale entro le dinamiche più ampie che in tutta Italia, negli ultimi decenni del XIX, videro il sorgere delle strutture manicomiali605. In

602 Cfr. P. Grilli, La pazzia né militari. Note statistiche intorno ai casi occorsi in un ventennio nel manicomio fiorentino…cit., p. 4. 603 Le ragioni di questa scelta interpretativa verranno presentate più avanti.

604 Cfr. M. Cotti, L’istituzione manicomiale nel nuovo Stato Unitario. Regime sanitario, regime amministrativo e armonia istituzionale

in V. P. Babini, M. Cotti, F. Minuz, A. Tagliavini (a cura di), Tra sapere e potere. La psichiatria italiana nella seconda metà

dell’Ottocento… cit. p. 210 e segg.

605 Sulla diffusione degli stabilimenti manicomiali alla fine del XIX secolo vedi: F.M. Ferro, Note per una storia dei manicomi in Italia

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particolare, lo stabilimento in questione ci parla di una storia che è quella di un contesto contadino di periferia, ai confini con una nazione “ingombrante” come la Francia, che dopo l’Unità si trova a dover riconfigurare il proprio scacchiere assistenziale sotto l’urgenza di un problema sempre più urgente: liberare le campagne e le strade da tutte quelle figure – poveri, matti, alcolisti e mendicanti

– che rappresentano un potenziale problema di ordine pubblico e una fonte di ansia collettiva 606.

In questo senso la gestione della follia è tanto una questione sociale e politica, quanto una faccenda economica, segnata dalle esigenze di bilancio e dalle necessità imposte dalla legge. E il tanto discusso «potere psichiatrico»607, quello rappresentato da medici e alienisti in primis, anche alla luce della documentazione esaminata, appare essere soltanto uno degli “attori” responsabili della gestione della follia, dell’assistenza e del controllo. Accanto ad esso, e con un ruolo che a tratti sembra essere preminente, almeno nel contesto esaminato, troviamo l’Amministrazione Provinciale che, attraverso le commissioni, opera alla luce di esigenze di contabilità che, a tutti gli effetti, rappresentano il criterio primo per la messa in opera degli interventi e delle politiche assistenziali e di controllo.

Proprio la consapevolezza della intrinseca ambiguità delle politiche di igiene pubblica attuate su scala locale, delle strategie “terapeutiche” e di reclusione attraverso le quali si è ritenuto di dover curare la follia, rappresentano alcune delle acquisizioni più recenti della storiografia. Infatti, dopo una fase di studi, «nella seconda metà degli anni Settanta, fortemente condizionata dallo scontro ideologico e incentrata sulla lettura classista e repressiva»608, seguita da quella operata dalle ricerche “interne”, soprattutto da psichiatri con interessi storici609, siamo adesso immersi in una nuova e – forse – più interessante fase, contraddistinta dalla consapevolezza del valore e del peso storico-sociale dell’istituzione manicomiale e delle pratiche d’internamento in essa realizzate. Come afferma Matteo Fiorani: «La nuova generazione di storici si è accostata alla storia della psichiatria non soltanto attraverso la militanza politica e il clima movimentista, ma anche per iniziare a confrontarsi con temi, proposte, metodologie storiografiche avanzate»610. Indice di questo rinnovato interesse sono gli studi più generali sulle singole istituzioni611 e quello sui manicomi durante la Grande Guerra.

606 La bibliografia sui temi dell’emarginazione sociale, dell’assistenza psichiatrica e delle istituzioni manicomiali in Italia e in Europa è

molto vasta. Solo a titolo esemplificativo e per poter contestualizzare i fenomeni vedi relativamente alla storia della psichiatra: E. Shorter, Storia della psichiatria. Dall’ospedale psichiatrico al Prozac, Milano-Parigi-Barcellona 2000; M.S. Micale- R. Porter (a cura di),

Discovering the History of Psychiatry, Oxford University Press, New York-Oxford 1994. Relativamente all’Italia: F. De Peri, Il medico e il folle: istituzione psichiatrica, sapere scientifico e pensiero medico fra Otto e Novecento…cit., G. Pantozzi, Storia delle idee e delle leggi psichiatriche: 1780-1980, Centro studi Erickson, Trento 1994; R. Canosa, Storia del manicomio in Italia dall'unita a oggi…cit.; B.

de Boismont, Des établissements d'aliénés en Italie in «Journal complémentaire des Sciences Médicales», 1832, pp. 1-20, V. P. Babini,

Liberi tutti. Manicomi e psichiatri in Italia: una storia del Novecento, il Mulino, Bologna 2009; P. Guarnieri, La storia della psichiatria. Un secolo di studi in Italia, L.S. Olschki, Firenze 1991. Sulla realtà manicomiale in Italia e su alcuni istituti nello specifico: L. Roscioni, Il governo della follia. Ospedali, medici e pazzi nell'età moderna, Bruno Mondadori, Milano 2003; V. Fiorino, Matti, indemoniate e vagabondi. Dinamiche di internamento manicomiale tra 800 e 900, Marsilio, Padova 2003; A. Scartabellati, L’umanità inutile. La «questione follia» in Italia tra fine Ottocento e inizio Novecento e il caso del Manicomio Provinciale di Cremona, Franco Angeli, Milano

2001. Per un inquadramento del nuovo corso di studi storiografici sul tema dei manicomi e dell’assistenza psichiatrica vedi: F. Cassata- M. Moraglio (a cura di), Ci sarà una festa. Per una storia sociale della psichiatria, «L’indice dei Libri del mese», 2003, 6

607 Cfr. M. Foucault, Il potere psichiatrico. Corso al Collège de France (1973-1974), a cura di F. Ewald, A. Fontana, trad. it. di M. Bertani,

Feltrinelli, Milano 2010.

608 Cfr. F. Cassata, M. Moraglio (a cura di), Manicomio, società e politica. Storia, memoria e cultura della devianza mentale dal

Piemonte all’Italia, BFS ed., Pisa 2005, p. 7.

609 Cfr. P. Guarnieri, La storia della Psichiatria. Un secolo di studi in Italia, Olshki, Firenze 1991, p. 15.

610 Cfr. M. Fiorani, Bibliografia di storia della psichiatria italiana 1991-2010, Firenze University Press, Firenze 2010, p. 22.

611 Solo a titolo d’esempio vedi: V. Fiorino, Le officine della follia. Il frenocomio di Volterra (1888-1978), ETS Pisa 2011; M. Banzola, Il

manicomio modello. Il caso imolese. Storie dell'ospedale psichiatrico (1804-1904), Editrice la Mandragora, Imola 2015; P. Giovannini, Il San Benedetto: storia del manicomio pesarese dalle origini alla grande guerra, Società pesarese di studi storici, Pesaro, 2009; G.

Licciardi, Urla e silenzi. Storia dell'ospedale psichiatrico di Verona 1880-1945, Villaggio Maori, Catania 2016; M. Bergomi. et al., Il

cerchio del contagio: il S. Lazzaro tra lebbra, povertà e follia, Reggio Emilia 1980 (catalogo della mostra organizzata al padiglione

Lombroso del S. Lazzaro, 10-30 aprile 1980); M. Bertani, Ipotesi su un manicomio. Il San Lazzaro di Reggio Emilia tra ’800 e ’900, in Andrea Giuntini (a cura di), Povere menti. La cura della malattia mentale in provincia di Modena tra Ottocento e Novecento, Provincia

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In questa prospettiva l’utilizzo della documentazione “interna”612, prodotta dal dispositivo manicomiale per ordinare e far funzionare la propria “macchina” istituzionale, in particolare gli archivi amministrativi, seppur meno evocativi di quelli clinici613, consente di gettare una luce nuova sull’universo manicomiale614 e sul ruolo rivestito dai singoli istituti in ordine alle dinamiche sociali generali; un ruolo più complesso, contraddittorio e meno circoscrivibile di quanto troppo spesso descritto da letture d’insieme che non fanno i conti con il dato locale. È quanto emerso anche in relazione alle politiche diagnostiche, di trattamento e gestione dei “traumatizzati di guerra”.

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