Il disagio mentale nell’esercito alla vigilia del Primo Conflitto Mondiale (1909-1914)
4. La mania acuta di un «alcolista e appassionato bevitore»: Lino G.
Le durezze della vita in comune, le difficoltà di abituarsi ai ritmi disciplinati dell’esercito e una radicata consuetudine culturale, propria in particolare del mondo contadino di vaste zone d’Italia, favorirono la diffusione e il consumo di alcool anche tra i corridoi e le camerate delle caserme505. Per molti soldati il ricorso alle sostanze alcoliche, perlopiù di scarsa qualità, rappresentava la via più immediata per sopportare i rigori e i soprusi del servizio militare. L’uso e l’abuso delle “sostanze spiritose” risultava attentamente vigilato da ufficiali e sottoufficiali, anche perché da tempo era riconosciuto il nesso tra devianza, criminalità e alcolismo506. Anche sulla base di questa correlazione, in particolare nei casi di soldati colpiti da “mania acuta”, in cui gli scatti violenti erano più difficili da controllare, tra le prime indagini che venivano svolte durante il periodo d’osservazione c’era quella sulle eventuali abitudini di “bevitore”. Ciò è ben illustrato, nella documentazione clinica esaminata, dall’attenzione con cui durante l’anamnesi si procede alla ricerca della ricostruzione dell’eventuale fisionomia di “abituale bevitore” dell’internato. Questo in linea con una ben consolidata tradizione che poneva in correlazione follia, crimine e alcolismo, come sottolineato con forza – e ripetutamente – da Lombroso nella sua opera più importante, L’uomo delinquente:
«Sotto l’azione delle grandi quantità [d’ubriachezza] l’eccitamento dell’innervazione motrice è causa dell’illusione di forza che hanno tutti gli ubbriachi e di tutte le loro azioni brutali e sconsiderate […]. L’alcool, dopo aver […] eccitato, indirizzato nella via del delitto la sciagurata sua vittima con atti istantanei ed automatici, ve la mantiene ed inchioda, per sempre, quando, rendendola un bevitore abituale, ne paralizza, narcotizza i sentimenti più nobili, e trasforma in morbosa anche la compage cerebrale più sana: dando una dimostrazione, pur troppo sicura, sperimentale, dell’assioma che il delitto è un effetto di una speciale, morbosa condizione del nostro organismo»507.
L’idea che l’ubriachezza, attraverso l’allentamento dei freni inibitori e l’alterazione della personalità, provocasse «azioni brutale e sconsiderate» era un patrimonio condiviso dell’epoca ed era considerata una delle caratteristiche proprie del “degenerato”, tanto che la determinazione dell’alcolismo ereditario era per l’appunto uno degli elementi che caratterizzavano l’indagine
505 Sull’uso delle sostanze alcoliche tra Otto e Novecento la bibliografia è copiosa. Per un inquadramento generale vedi: C. Lombroso,
Il vino nel delitto in A. Graf, A. Cossa, C. Corradino, M. Lessona, S. C. de Martiis, G. Arcangeli, A. Mosso, G. Giacosa, G. Bizzozero, C.
Lombroso, E. de Amicis (A cura di.), Il vino: Undici conferenze, Loescher, Torino 1880; G. Allevi, L’alcoolismo, Fratelli Bocca, Torino 1906;A. Pistolese, Alcolismo e delinquenza, UTET Torino 1907; N. Colajanni, L’alcoolismo, sue conseguenze morali, sue cause, Filippo Tropea ed. Catania 1887; A. Zerboglio, L’alcoolismo. Studio sociologico—giuridico, Fratelli Bocca Torino 1892; E. Ferri, L’alcolismo in «La scuola positiva», 7 (1897); C. Lanza, Criminali ed abnormi alcolisti in rapporto alla loro pericolosità sociale in «La scuola Positiva», 1,1921, pp.10-12; G. E. Vaillant, The natural history of alcoholism revisited, Harvard University Press. Cambridge, MA 2009; S. Barrows, e R. Room, Drinking: Behaviour and belief in modern history, CA, United States: University of California Press, Berkeley 1991; J.C. Sournia, A history of alcoholism, Basil Blackwell, Oxford 1990; A. Cottino, L’ingannevole sponda…cit.; M. Figurelli, L’alcol e la classe.
Cenni per una storia dell’alcolismo in Italia, in «La Classe», 10(15), 1978, pp. 93–136; P. A Garfinkel, In Vino Veritas: The construction of alcoholic disease in liberal Italy, 1880–1914 in M. Holt (Ed.), Alcohol: A social and cultural history, Berg Publishers, Oxford 2006,
pp. 61–76.
506 Cfr. E. Petrilli e F. Beccaria, The Italian “alcohol question” from 1860 to 1930: Two opposing scientific interpretations, IJADR, 2015,
4(1), pp. 37 – 43; F. Beccaria, e E. Petrilli, The complexity of addiction: Different conceptualizations of alcohol and drug addiction(s)
among Italian scholars in the late 19th and early 20th century, «Social History of Alcohol and Drugs», 28, 2014, pp. 34–56; A. Cottino, Science and class structure: Notes on the formation of the alcohol question in Italy (1860–1920) in «Contemporary Crises», 9, 1985,
pp. 45–53; A. Cottino, La questione sociale dell’alcool da Lombroso a Ferri in Gruppo di ricerca sui problemi dell’alcolismo e delle
tossicodipendenze (Eds.), L’alcol nella società—Scienza, cultura e controllo sociale, Celid.Torino 1985, pp. 11–32; P. Morgan, Industrialization, urbanization and the attack on Italian drinking culture in «Contemporary Drug Problems», 15, 1988, pp. 607–626.
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diagnostica dei nuovi entrati in manicomio. È quanto accade con Lino G., soldato del 31° Reggimento Fanteria, della classe 1888, che il 31 Agosto del 1909 fa il suo ingresso in manicomio proveniente dall’Ospedale militare di Savigliano, dove è stato giudicato un soggetto «pericoloso a sé e agli altri»508. Il soldato si trova ricoverato in ospedale dal 15 di Agosto: grida, scalcia e «durante la permanenza nel reparto […] è sempre stato in preda ad una sovraeccitazione generale con periodi di impulsività caratterizzati da tendenza a distruggere gli oggetti circostanti e ad aggredire i piantoni messi alla sua custodia»509. Dalle prime indagini svolte in ospedale risulta che il militare è «figlio di alcolista ed appassionato bevitore egli stesso»510. Tanto basta per valutare la «mania acuta» che lo scuote come legata alla sua condizione di alcolista che, come sostenuto da Lombroso, è una «lurida piaga […] nemica non solo della libertà ma anche della sicurezza sociale»511. Il soldato è agitato, animato da pulsioni distruttive e si scaglia contro tutto e tutti: agli occhi dei medici gli elementi sono più che sufficienti per disporre l’invio in manicomio.
Lino G. si trova in ospedale dopo essere stato fermato dai Carabinieri «mentre correva all’impazzata su una bicicletta lungo lo stradale Saluzzo-Revello. Avendo dato risposte poco attendibili e coerenti ai militi che lo interrogavano venne inviato in osservazione in […] ospedale»512. I luoghi sono quelli della valle Po, ai piedi del Monviso, e i carabinieri si chiedono cosa ci faccia da quelle parti un soldato originario della provincia di Rovigo. Dove vuole andare? Da una rapida indagine risulta che il militare si trovava a Cuneo con altri commilitoni in attesa di un trasferimento; da qui, senza alcuna ragione, né giustificazione, si è allontanato. I militi, considerato lo stato alterato del soldato, lo accompagnano in ospedale. E da qui, come detto, viene inviato in manicomio «per lo stato di viva agitazione cui è […] preda513». Le sue condizioni non consentono ai medici di «ottenere attendibili informazioni anamnestiche»514, così per ricostruire le vicende che lo riguardano si servono del notiziario medico, di una lettera inviata dal padre e di non ben precisate notizie diverse.
Tra le informazioni poste in evidenza c’è quella che lo identifica come «figlio di alcolista ed appassionato bevitore egli stesso»515. Questo che è il quadro di base è complicato dalle allucinazioni pseudo-mistiche lamentate dal soldato che, poco prima di fare il suo ingresso nello stato acuto, dichiara di essere insonne da una settimana e di essere stato, «preso da uno Spirito così fortemente
al petto che credette di morire»516. Dopo ripetuti interrogatori i medici riescono a ottenere altre
informazioni e sulla base di queste si fanno una prima idea del soldato che, tra l’altro, appare essere fortemente segnato da credenze superstiziose e da un immaginario mistico.
Lino G., rievocando il primo attacco che lo ha condotto all’infermeria, afferma di aver attraversato un periodo di depressione durante il quale non mangiava, era pallido e si sentiva privo di forze. Egli è convinto di essere vittima «dell’invidia di un suo compagno [che confonde chiamando più volte con il proprio nome e cognome: Lino G.] perché egli aveva avuto in dono un paio di scarpe da un altro camerata»517. La vicenda raccontata non è chiara, ma il quadro che emerge è sufficiente per identificare il soggetto come vittima di attacchi deliranti di natura non chiara. Un elemento potenzialmente pericoloso, in linea con quanto ritenuto per gli “abituali bevitori”. D’altronde le “frenosi alcoliche”, fin dai tempi della direzione Giacchi, sono ritenute particolarmente insidiose e
508 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.7548, Direzione dell’ospedale militare principale di Savigliano, Proposta di
invio al manicomio, 27 Agosto 1909.
509 Ibidem. 510 Ibidem.
511 Cfr. C. Lombroso, Il vino nel delitto in A. Graf (a cura di), Il vino, Loescher, Torino 1880, p. 440.
512 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.7548, Direzione dell’ospedale militare principale di Savigliano, Proposta di
invio al manicomio, 27 Agosto 1909.
513 Ivi, Tabella nosografica, Anamnesi, 31 Agosto 1909. 514 Ibidem.
515 Ibidem. 516 Ibidem. 517 Ibidem.
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degne di speciali “riguardi”, tanto da rendere gli internati che ne “soffrono” dei soggetti da non “perdere mai di vista” proprio per il loro carattere imprevedibile e pericoloso. In ciò si segue una linea che in quegli anni viene ratificata da Carrara, nella sua Antropologia criminale del 1908518, in cui sostiene che l’ubriachezza agisce direttamente sul profilo criminale del soggetto bevitore e, indirettamente, su quello degenerogeno segnandone la fisionomia ereditaria. Debolezza caratteriale, immoralità e incapacità di conservare il controllo degli istinti sono alcune delle caratteristiche che rendono le “frenosi alcoliche” particolarmente pericolose per gli alienisti dell’epoca, come per l’appunto l’ex direttore del manicomio di Racconigi Oscar Giacchi, che per questa categoria di “folli” proponeva una soluzione sbrigativa: «mandarli a respirare aria libera e pura in un’isola deserta, ove non sono né bettole né spacci di liquori, costretti a dimandare al lavoro il pane quotidiano»519.
Sulla base di questo profilo Lino G., dopo il suo arrivo in manicomio, viene dunque immediatamente posto sotto stretto controllo. L’esame “antropologico somatico” non evidenzia particolarità degenerative520, quello “funzionale”, invece, risulta impossibile da compiersi visto lo «stato di viva irrequietezza fisica cui è preda l’internato”.521 Alterna fasi di apatia, ad altre acute in cui «è clamoroso, […] disordinato, con atteggiamenti aggressivi, laceratore. Si dovette anche contenere»522. Il soldato è violento, aggressivo e cerca di liberarsi dal regime contenitivo (“aggressivo”), tutte caratteristiche che ci si attende da un alcolista in preda agli eccessi dell’ubriachezza. E così se lo rappresentano i medici chiamati ad osservarlo e a valutarne il “contegno clinico”. Proseguono inoltre i «disturbi sensoriali (allucinazioni uditive e visive a contenuto persecutorio) […] e alcune apprensioni deliranti»523. Il caso viene ritenuto degno di attenzione perché sono chiari gli estremi di pericolosità sociale che la Legge n.36 del 1904 vuole scongiurare attraverso l’internamento. Non sorprende dunque – a differenza di vicende simili – una politica di internamento meno sbrigativa del solito, con una cartella clinica attenta, puntuale, ricca di informazioni. Ciò sembra confermare un’impressione maturata durante lo studio della documentazione clinica: l’attenzione burocratica e la completezza di informazione sono proporzionali al grado di pericolosità presunta dell’internato.
Sulla base di quest’ultima considerazione è possibile ipotizzare, anche tra la componente medica racconigese, un rafforzamento dell’ideologia disciplinare e securitaria dopo la legge Giolitti che, per l’appunto, inquadra la questione manicomiale alla luce del paradigma della pericolosità sociale. La degenza diventa a tutti gli effetti reclusione e la pericolosità per la collettività il criterio identificativo e di trattamento all’interno del manicomio. E ai militari, in tutto ciò, se possibile, si riserva una attenzione anche maggiore. Infatti soldati come Lino G., con le tare di cui si fanno “veicoli”, rappresentano la più profonda ferita ad un immaginario e a una retorica militare che, dopo l’Unità, prova a gestire la leva di massa alla luce di proiezioni ideali quali la figura del combattente sano, tendenzialmente eroico e naturalmente predisposto verso i doveri che lo legano alla nazione. Il controllo asfissiante, le annotazioni giornaliere, la contenzione praticata su Lino G. sono dunque parte di una politica di internamento più generale che interessa strategie disciplinari che lentamente prendono forma dopo la Legge 1904 e che, se ancora prima della Grande Guerra non contemplano
518 Cfr. F. Carrara, Antropologia criminale, Vallardi, Milano 1908.
519 Cfr. O. Giacchi, L’ubbriachezza e la riforma del Codice penale in “Effemeride del manicomio provinciale di Racconigi”, Gennaio
1888, pp. 1-3. Vedi inoltre, sempre dello stesso Giacchi: Manicomio provinciale. Gli alcolisti in «Sentinella delle Alpi», 1-2 Settembre 1898.
520 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.7548, Tabella nosografica, Esame antropologico somatico.
521 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.7548, Tabella nosografica, Esame antropologico funzionale, Funzioni di
senso.
522 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.7548, Tabella nosografica, Esame psichico. 523 Ibidem.
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il caso militare nella sua specificità medico-sociale, mostrano i germi di politiche eugeniche che troveranno piena attuazione durante il fascismo.
La diagnosi infine emessa è quella di «stato maniacale»524 in soggetto con «tendenza all’impulso» e deliri sensoriali. Tra le manifestazioni che più destano l’attenzione dei medici c’è quella delirante che, a fronte di una discreta consapevolezza di sé («sa dare esatta notizia di sé»525], evidenzia una personalità con tratti paranoici e allucinatori: «afferma che un camerata al reggimento avendo invidia di lui, gli fermò tutto il sangue nelle vene, così che non era più in grado di attendere a qualsivoglia occupazione»526. Lino G., nelle sue credenze e nel suo universo immaginario, rappresenta bene un mondo – quello contadino innanzitutto, ma non solo – immerso in un orizzonte
mentale di lungo periodo527 e che, ancora a inizio del Novecento, non risulta essere stato messo
seriamente in discussione dall’avvento della società industriale di massa. In questo caso le difficoltà ad adattarsi alla vita in caserma, la problematicità delle relazioni con persone sconosciute, conducono il soldato sulla strada delle credenze ancestrali e delle spiegazioni magiche. Non tutti i soldati, ovviamente, reagiscono così, anche se i riferimenti a credenze magico-superstiziose sono molto frequenti nella corrispondenza conservata e nelle annotazioni cliniche, a dimostrazione di quadri mentali collettivi profondamente condivisi. Quadri che si attivano più facilmente in condizioni di stress, di frustrazione o di impotenza, come quelli provati dai soldati sottoposti alla ferrea disciplina della vita di caserma e allo sradicamento forzoso dall’ambiente domestico. E proprio le dure condizioni di molte caserme erano da tempo denunciate dai quotidiani di ispirazione socialista che della critica al militarismo e, più in generale, della spersonalizzazione della disciplina militare e dei maltrattamenti all’ordine del giorno nelle caserme della Penisola, avevano fatto una sorta di bandiera programmatica. «Di strazianti angosce e bassezze stolte»528 parlavano i racconti dei militari intervistati dai corrispondenti e tale risulta essere anche il tono di soldati come Lino G. che identifica nel suo compagno la causa principale delle disgrazie occorsegli.
La situazione non migliora neanche in seguito, infatti, nonostante più volte dichiari ai medici di «sentirsi ora bene e di non avere più il minimo disturbo»529, in realtà è convinto di essere ancora nel mese di Luglio – invece di Settembre – e più volte si rivolge al direttore chiamandolo «curato». Desta molto interesse anche l’insolita produzione discorsiva che lo contraddistingue, infarcita di neologismi, che giustifica nelle maniere più diverse; ad esempio, messo davanti all’evidenza che quello che lo visita è il medico e non il curato, giustifica la sua scelta discorsiva sostenendo che «il
medico viene detto “curato” perché cura le malattie»530. Una dimostrazione di spiegazione che ha
una sua logica e che indica incidentalmente come la malattia mentale non faccia di tutti gli internati, necessariamente, dei soggetti incapaci di costruire nessi di causa ed effetto in qualche modo legittimi.
I comportamenti che destano attenzione proseguono nei mesi successivi, durante i quali «vuole farsi mandare il proprio clarinetto dal reggimento per poter concertare della musica con altri
ricoverati»531. «Ride facilmente», canta, è allegro «spesso senza motivo», sembra non preoccuparsi
di essere in manicomio, ma alterna queste fasi al pianto, alla disperazione e alla furia. I medici
524 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.7548, Tabella nosografica, diagnosi. 525 Ivi, Diari psichici e fisici, Agosto 1909.
526 Ivi, Diari psichici e fisici, Agosto 1909.
527 Sulla storia della mentalità la bibliografia è sterminata, per un inquadramento generale vedi: P. Ariès, La storia delle mentalità in
J. Le Goff, La nuova storia, Mondadori, Milano 1980 pp. 141–166; G. Duby, L'histoire des mentalités, in G. Samaran, L'histoire et ses
methodes, Gallimard, Paris 1961, pp. 937–966; J. Le Goff, Le mentalità. Una storia ambigua, in Fare Storia. Temi e metodi della nuova storiografia, Einaudi, pp. 239–258.
528 Cfr. L’infamie che impunemente si compiono nel Regio Esercito in «L’Avvenire», 2 Ottobre 1904. 529 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.7548, Diari psichici e fisici, Settembre 1909. 530 Ibidem.
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registrano che «l’irrequietezza s’è cambiata in agitazione»532 e il 12 di Settembre confabula tra sé e sé, canta e «scappa dal piano, […] arrampicandosi al sommo di un’inferriata»533 da dove lancia oggetti e dà in escandescenza. La pericolosità sociale del soggetto desta sempre più attenzione tra i medici e il personale, in linea con quanto ci si aspetta dai soggetti adusi all’abuso di sostanze alcoliche.
Tutto questo è in linea con le riflessioni degli studiosi che al tempo si sono interessati della questione. Tra loro Adolfo Zerboglio, giurista torinese e socialista, che qualche anno prima, nel 1892 precisamente, nella sua opera L’alcolismo, così definisce la piaga: «un male intollerabile e incompatibile con la sicurezza del corpo sociale»534. Intanto, dopo che per un’intera giornata è stato arrampicato su di un’inferriata, a sera, con molta fatica, riescono a contenerlo dopo che «ha portato via tutti i materassi del letto, coperte e lenzuoli»535 e si è scagliato contro tutto e tutti in preda a una furia incontrollabile. La condizione furiosa prosegue anche in seguito, tanto che devono trasferirlo
nel comparto di osservazione («E’ passato nuovamente in C.O. per maggiore sorveglianza»536) dove
di continuo «arrischia di prodursi delle lesioni e perciò è necessaria la sua contenzione»537.
Con il passare dei giorni i medici registrano la persistenza dei «disturbi sensoriali a contenuto caotico»538 e irrequietezza, lo spostano di continuo da un comparto all’altro, lo tengono sotto stretto controllo e lo sottopongono di continuo a bagni prolungati, una pratica brutale prevista in genere per le «manie furiose», come lo sono molte «frenosi alcoliche», che prevede l’alternarsi di immersioni prolungate in tinozze d’acqua calda, alternate a violente docce d’acqua fredda. L’idea è che alla fine dell’intervento l’internato sia così stanco e frastornato da non avere la forza per lasciarsi andare ad impulsi violenti. La pratica sembra raggiungere il suo scopo se, qualche tempo dopo, il diario clinico ce lo descrive come libero da disturbi sensoriali, gaio e impegnato in lavoretti con gli infermieri. La strategia disciplinare sembra aver raggiunto il proprio scopo ed essere riuscita a calmare l’animo furioso del militare, tanto che viene nuovamente spostato nel Comparto Centrale, il nucleo più antico del manicomio, nonché quello meno adatto ai pazienti con impulsi violenti e aggressivi.
Nel periodo di calma Lino G. fa più volte richiesta di essere lasciato libero per poter fare «ritorno a casa, dove più che l’affetto famigliare l’attira il pensiero che potrà divertirsi, correre in bicicletta e fare della musica. Il tono dell’umore si mantiene gaio-euforico»539 ma dura poco e torna a stracciare coperte e «a disfare i materassi»540, «in preda ad esaltamento maniaco […] è agitato, clamoroso»541. Nonostante il soldato non faccia più uso di sostanze alcoliche, la persistenza della condizione violenta sembra confermare le credenze del periodo sulla natura, i sintomi e la resistenza degli effetti nelle frenosi di tipo alcolico. Il procuratore del Re a Torino, ad esempio, sostiene che all’alcolismo «e non all’indigenza ed al bisogno [si debba] di preferenza far risalire la delinquenza verificatasi nel circondario»542. L’abuso di alcool, come ricostruito nel caso del soldato Lino G., destruttura la personalità e la predispone al delitto e alla follia. Sempre Adolfo Zerboglio riassume ciò in un lavoro a cura della Federazione Antialcolista italiana: «l’alcolismo valutato nel suo aspetto di abuso degli alcolici conduce al delitto attraverso due vie, o in quanto mena alla degenerazione
532 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.7548, Diari psichici e fisici, 12 Settembre 1909. 533 Ibidem.
534 Cfr. A. Zerboglio, L’alcolismo, Bocca, Torino 1892, p. 282.
535 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.7548, Diari psichici e fisici, 12 Settembre 1909. 536 Ivi, Diari psichici e fisici, 20 Settembre 1909.
537 Ibidem.
538 Ivi, Diari psichici e fisici, 21 Settembre 1909. 539 Ivi, Diari psichici e fisici, Ottobre 1909. 540 Ivi, Diari psichici e fisici, Ottobre 1909 [s.d]. 541 Ivi, Diari psichici e fisici, Novembre 1909 [s.d].
542 Cfr. A. Zerboglio, Alcolismo e criminalità in Federazione Antialcolista italiana (a cura di) L’alcolismo pericolo per l’Italia?, Ufficio del
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fisico-psichica, o in quanto produce nell’alcolista una condizione sociale che favorisce il ricorso ad azione criminose»543. Il caso di Lino G., esempio tipico di soldato che si rifiuta di svolgere il proprio dovere, rientra nella prima tipologia, quella dei “degenerati”, individui che a causa di fattori predisponenti sono per natura inclini al delitto544.
Ma cosa si intende al tempo con «degenerazione»? La “teoria della degenerescenza” rappresenta il paradigma di riferimento per l’interpretazione delle anormalità psichiche e delle debolezze