Salvatore Misdea è un soldato calabrese ventiduenne che il 13 marzo del 1884, giorno di Pasqua, nella caserma di Pizzofalcone, a Napoli, esplode ben 52 colpi di fucile, uccidendo e ferendo diversi commilitoni. Al processo che con solerzia viene messo in piedi Lombroso, insieme a Leonardo Bianchi, celebre alienista dell’epoca, svolge la funzione di perito medico-legale. Le esigenze biopolitiche delle istituzioni militari pretendono una risoluzione veloce del caso e una sentenza esemplare, che serva da monito per tutti i soldati. Il caso assume ben presto un valore paradigmatico, poiché nella situazione interagiscono alcuni degli elementi più problematici della realtà italiana post-unitaria. Innanzitutto il movente della reazione di Misdea è legato agli scherni rivolti da soldati di origine lombarda alla Calabria, la sua terra d’origine. Vi è poi implicato il clima di tensione, le logiche di gruppo e i processi di esclusione che una realtà chiusa come la caserma sollecita e fa emergere. Inoltre nel caso emergono in maniera drammatica i nodi irrisolti legati al reclutamento, alla difficoltà di individuare quelli che Tamburini definisce i «candidati alle psicopatie e alla delinquenza» occultati, i degenerati nascosti tra le fila dell’Esercito. Tutto ciò in una congiuntura in cui si registrava un sensibile aumento delle malattie mentali tra i militari, come riscontrato da Gaetano Funaioli – allora capitano medico e assistente della Clinica psichiatrica di Roma – nella sua disamina sull’«Organizzazione del servizio medico-psichiatrico nell’esercito»238. A questa situazione, lentamente, l’esercito risponde inasprendo le politiche di selezione dei candidati alla leva e quelle pedagogiche all’interno della caserma, per cercare di rendere quanto più omogenea possibile la comunità militare.
In quest’ottica bisogna rivedere e contestualizzare l’opinione di quegli studiosi, come Maiocchi, che sostengono che il rifiuto dell’eugenica italiana delle soluzioni più radicali, quali quelle proposte dall’eugenica positiva, sia da collegare all’inconciliabilità «con la tradizione, la sensibilità, la cultura latina e cattolica»239. Infatti, se è vero che l’eugenica positiva è in palese contraddizione con la cultura cattolica del paese, le ragioni dell’affermarsi dell’eugenica negativa vanno ricercate anche in altro, in particolare nella capacità di offrire strategie e soluzioni più funzionali in ordine ai problemi che la congiuntura presenta. La gestione della comunità militare di massa è uno di questi. Rigenerare la collettività per sottrazione, attraverso politiche di esclusione preventiva, rientra infatti in una strategia di politica sociale di più ampio raggio, rispetto alle misure necessariamente mirate dell’eugenica positiva. Liberare e purificare la comunità militare dall’elemento deviante assume così un valore laboratoriale in ordine a misure di bio-profilassi più generali, che la società italiana, lentamente, va introiettando. Infatti, se il recente processo unitario poneva l’Italia in coda rispetto alle nazioni che potevano vantare una coesione comunitaria più antica, dovuta a processi di consolidamento identitario più omogenei e remoti, proprio la recente unificazione poteva servire come punto di avvio per la formazione di un aggregato razziale omogeneo, basato su biopolitiche che puntavano al “cuore stesso degli individui”. Tutti questi elementi devono dunque essere
238 Cfr. G. Funaioli, Organizzazione del servizio medico-psichiatrico nell’esercito in RSF, 1911, p. 339-342 239 Cfr. R. Maiocchi, Scienza italiana e razzismo fascista, La Nuova Italia, Firenze 1999, pp. 9-10.
46
contestualizzati alla luce del processo più generale attraverso cui le autorità politiche cercano di “fare gli italiani”240.
Proprio in relazione a queste istanze che animano la società e le istituzioni militari negli anni successivi all’Unità, processi come quello intentato a Salvatore Misdea non rappresentano soltanto avvenimenti di cronaca241, ma devono essere letti come fenomeni paradigmatici in grado di orientare e rafforzare una concezione disciplinare del rapporto tra lo Stato, l’esercito e la cittadinanza. Ciò ha indubbiamente segnato il volto psico-profilattico della medicina sociale e, in particolare, l’opera di medicalizzazione compiuta dalla psichiatria militare che, non bisogna dimenticarlo, almeno fino alla Grande Guerra è un sottoinsieme dell’ambito medico-militare con compiti specifici e ridotti, limitati perlopiù all’esame delle truppa potenziale durante la visita di leva e alla valutazione dei sintomi lamentati dai soldati durante la ferma obbligatoria. Proprio i medici militari, incapaci di scorgere i “segni della devianza” in Salvatore Misdea, sono tra i maggiori responsabili dell’accaduto secondo l’opinione pubblica. Tracce, segni e indizi sfuggiti all’esame dei selettori, dopo il delitto, ai più sembrano evidenti, anche alla luce del comportamento e dalle dichiarazioni rese dal soldato durante il processo: «“Mi chiamo Misdea Salvatore, detenuto per aver esploso diversi colpi di fucile… essendo ubbriaco […] Con mio padre e mia madre ci rivedremo all’inferno; ma quanto a mio fratello Michele, se non sarò fucilato, lo voglio ammazzare”242.
Tutti questi fattori interagiscono e si condizionano reciprocamente segnando l’orizzonte sociale della medicina militare che trova in Lombroso – e nelle sue teorie – il punto di riferimento attraverso cui definire teoricamente e clinicamente, oltre che giuridicamente, il problema del “soldato alienato”. Il medico veronese, proprio nella sua figura di perito psichiatrico nominato dalla difesa, affrontò il processo a Salvatore Misdea nella convinzione che i dati messi a disposizione243, le analisi effettuate e le spiegazioni esposte, potessero «convincerne l’unanimità sull’errore, in cui incorsero, sul fatto di Misdea, organi della stampa autorevolissimi, i quali credettero, al pari delle infime plebi, che il compito della nuova scuola fosse quello di tutelare i birbanti, mascherandoli da pazzi, ed esponendo la società, indifesa, ai loro colpi»244. La scuola cui fa riferimento Lombroso è quella “penale nuova” e ciò di cui bisogna convincersi è che, contrariamente a quanto preteso dall’opinione pubblica, il soldato alienato e delinquente non è imputabile per quell’assenza di libero arbitrio che lo contraddistingue. Tesi scomoda, che suscita resistenze nella società, ma che inaugura in maniera irreversibile, anche nelle aule di tribunali, l’antropologia criminale come ermeneutica per la decifrazione e la comprensione dei “segni della devianza”. Misdea, alla fine del processo viene condannato, ma ciò non spinge Lombroso a rigettare le ipotesi fino ad allora sviluppate, anzi egli si lamenta a più riprese della scarsa lungimiranza dei giudici che, a suo, dire con la condanna hanno privato la scienza di un soggetto così interessante. Un “oggetto” da studiare per decifrare la
condizione clinica-criminale che contraddistingue Misdea: l’epilessia245. Una categoria
fondamentale, questa, nell’architettura lombrosiana, che sviluppa e per molti versi, definisce la teoria che ha nell’atavismo e nella follia morale due elementi fondamentali:
240 Cfr. P. Del Negro, N. Labanca, A. Staderini, Militarizzazione e nazionalizzazione nella storia d’Italia, Unicopli, Milano 2005. 241 Per valutare l’interesse suscitato dal caso basta considerare la pubblicazione, a puntate, sul quotidiano «La Riforma», del saggio
romanzato «Il romanzo di Misdea». Il testo è stato recentemente riedito: E. Scarfoglio, Il romanzo di Misdea, Polistampa, Firenze 2003. Sul romanzo giudiziario in Italia e sull’importanza in ordine alla costituzione di un immaginario comune vedi: S. Adamo, Mondo
giudiziario e riscrittura narrativa in Italia dopo l’Unità, in «Problemi», 113 (1999), pp. 70-98; S. Adamo, Farina e il romanzo giudiziario: Il segreto del nevaio, in Salvatore Farina: la figura e il ruolo a 150 anni dalla nascita, Atti del convegno, Sassari - Sorso 5/8 dicembre
1996, Ed. Dino Manca, Sassari, Edes, 2001; S. Adamo, La gustizia del dimenticato: sulla linea giudiziaria nella letteratura italiana del
Novecento, in Postmodern impegno, Eds. Pierpaolo Antonello-Florian Mussgnug, Oxford, Peter Lang, 2009; R. Ceserani, Il gioco delle parti, in Il processo di Frine, Palermo, Sellerio, 1995.
242 Cfr. C. Lombroso, L’uomo delinquente… cit., vol. II, pp. 56, 61, 62, [4 ed. 1889]
243 Lombroso sviluppò il proprio punto di vista in un opuscolo: C. Lombroso - L. Bianchi, Misdea e la nuova scuola penale, Torino 1884. 244 Ivi, pp. 6-9.
47
«codesti epilettici (larvati) sono anzi molto più pericolosi dei pazzi morali, coi quali intanto hanno una estrema analogia, seppure, come noi opiniamo da qualche tempo, epilessia e pazzia morale non sono collegate intimamente sotto il punto di vista della patogenesi, potendosi ambedue considerare come anomalie costituzionali di sviluppo della personalità: del ché è anche argomento irrefutabile quel facile associarsi e succedersi dell’una e dell’altra»246.
L’epilessia di Misdea, secondo Lombroso, spiega l’«amnesia successiva al delitto»247, ma anche
l’efferatezza della strage, «sintomo clinico e causa dell’atto criminale»248, che proprio per questo delinea «uno stato patologico che si univa all’atavistico nel formare il tipo del delinquente»249.
«Gli zigomi, vari di grandezza, sono distanti l’uno dall’altro come nei Giapponesi. Chi vede un Giapponese vede Misdea (si ride). La nota dei due incisivi segna anche una degenerazione. La follia morale è un fatto atavistico, che su su va fino ai selvaggi, all’uomo primitivo, agli orsi. […]. Nelle razze inferiori, nei Cafri, nei Mongoli, si trova una buona distanza fra gli incisivi e i canini. Quello che in Misdea è sembrato un sorriso, non è che la naturale sporgenza dei denti. Per trovare consimili difetti bisogna retrocedere fino ai conigli. […] Rispondo dunque ai quesiti proposti: lo stato mentale del Misdea è quello del delinquente nato, dell’imbecille morale»250.
Il volto, il cranio, le asimmetrie, la dentatura imperfetta, la mancanza di pentimento dopo il delitto, sono tutti elementi che concorrono a definire Misdea come un epilettico. In quest’ottica l’utilizzo della definizione diagnostica per spiegare lo scoppio improvviso del militare rappresenta un momento di svolta nella storia della comprensione del fenomeno. Infatti, sostenendo che in
Misdea «i sintomi della pazzia morale sono esagerati dall’epilessia»251, Lombroso non soltanto pone
le basi per l’affermazione di un canone interpretativo, ma afferma implicitamente il valore dell’antropologia criminale nello scoprire quelli che, sulla scorta di Henry Maudsley, sono considerati i «malati più pericolosi pei guardiani e pei medici alienisti»252. Inoltre, una volta stabilita questa costellazione patologica nei termini di un quadro diagnostico che coincide con la personalità stessa dell’individuo che ne è portatore, si pongono le basi per una sovrapposizione sempre più estesa tra l’antropologia criminale e la medicina sociale e dunque per la designazione del soldato
alienato253. Coglie bene queste dinamiche Renzo Villa quando sostiene che
«la costruzione di tipologie mediche è indubbiamente uno dei caratteri della medicalizzazione della devianza: la presenza di dati caratteristici riferiti ad una tipologia in un soggetto particolare, conduce il medico ad un processo inferenziale per cui il comportamento è dedotto dall’appartenenza ad una tipologia appunto specifica»254.
246 Cfr. E. Morselli-C. Lombroso, “Epillesia larvata-pazzia morale”, in «Archivio di psichiatria, scienze penali e antropologia criminale»,
1885, 1, p. 42.
247 Cfr. R. Villa, Il deviante e i suoi segni…cit., p. 181. 248 Ibidem.
249 Cfr. C. Lombroso, Identità dell’epilessia colla pazzia morale e delinquenza congenita, in «Archivio di psichiatria, scienze penali e
antropologia criminale», 1885, 1, p. 27.
250 Cfr. G. Patarini, Patarini, “Il processo Misdea”, Modelli, giudizi e pregiudizi, p. 29,
[http://w3.uniroma1.it/dsmc/old/ricerca/materiali_fine_secolo].
251 Cfr. C. Lombroso, L. Bianchi, Misdea e la nuova scuola penale, cit., p. 47.
252 Cfr. H. Maudsley, La responsabilità nelle malattie mentali, Dumolard, Milano 1875, p. 177.
253 Precisiamo che almeno fino alla Grande Guerra, nelle interpretazioni mediche segnate dall’ottica antropologico-criminale, la follia
viene considerata una forma di crimine, potenziale o in atto, a seconda delle sue espressioni.
48
Attraverso la fissazione di una natura patologica dell’anormale e per mezzo di una riflessione più ampia che vede gli studi medici, psichiatrici, antropologici e le indagini di tipo statistico, fare l’ingresso in processi come quello a Salvatore Misdea si compie un ulteriore passaggio nel percorso che afferma la centralità della «questione dell’eredità da un punto di vista nazionale»255. L’avvenire della nazione si configura così in maniera sempre più netto come l’esito destinale di un processo di purificazione che ha nella costituzione del soldato virile e pronto al sacrificio, l’archetipo di un modello che riguarda l’avvenire dell’italiano stesso. Insomma attraverso nozioni quali «atavismo»
ed «epilettoidismo» Lombroso psichiatrizza la devianza criminale – come sostenuto da Renzo Villa256
– ma contribuisce anche a sancire la funzione disciplinare della psichiatria, in particolare di quella militare, all’interno del dominio più ampio della medicina sociale. Anche grazie alla semplicità, almeno ad un certo livello, di nozioni che ben si prestano ad essere comprese ed utilizzate per spiegare agevolmente questioni decisive per l’epoca come la criminogenesi, Lombroso riesce a diventare «scienziato e scrittore più noto fra i dilettanti ed il pubblico, che fra i colleghi e gli altri scienziati. Come nessun medico accetta di fare una diagnosi clinica di mattoidismo ed epilettoidismo, così il giornalismo se ne appropria e le diffonde. Anche così nasce il caso Lombroso»257. Il caso di uno studioso tanto celebre sulla stampa e presso l’opinione pubblica, quanto screditato sempre più presso il consesso scientifico. Come dimostrano le decise critiche mossegli dagli antropologi francesi durante il II° Congresso di Antropologia Criminale, svoltosi a Parigi nel 1889258. Qui non soltanto veniva messa radicalmente in discussione la teoria del “delinquente nato”, ma si evidenziava la forzatura dell’accostamento tra la pazzia morale e l’epilessia. Nonostante ciò da allora l’interesse delle teorie lombrosiane per le applicazioni militari non viene meno e segna la storia della psichiatria militare italiana a cavallo tra Otto e Novecento, con sviluppi che attraversano la Grande Guerra e si innestano nel fascismo.