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Esperienza bellica, follia e soldati internati in manicomio (1915-1919)

5. Un caso di nevropatia violenta.

Le cause degli scoppi d’ira dei soldati, o degli agiti violenti nei confronti dei superiori o dei commilitoni, sono le più diverse. Nel caso del soldato Giovanni S. è il rifiuto di sottoporsi alle vaccinazioni predisposte per i militari a scatenare la sua furia1071. Originario di Busto Arsizio, classe 1890, appartenente al 1° Reggimento Alpini, venne inviato all’ospedale militare di Savigliano dal distaccamento di Garesio con la diagnosi iniziale di «alienazione mentale»1072. Questo perché «all’atto della vaccinazione si ribellò violentemente non intendendo di essere vaccinato e si munì perfino di fucile facendosi largo ed inveendo contro tutti»1073. La pericolosità sociale del soggetto era troppo evidente perché non venisse disposto immediatamente l’invio in osservazione. Giunto in ospedale il 19 febbraio 1918 i medici osservano che «ha mantenuto sempre contegno agitato,

rompendo varii oggetti e mostrandosi prepotente ed aggressivo col personale di servizio»1074. Per

inquadrare il caso si cercano immediatamente informazioni e si tenta di ricostruire la storia del militare. Le indagini del medico del presidio militare di Garesio consentono di ricostruire che «già da tempo egli dava segni di alterazione di mente e che andava sovente in preda ad accessi istero- epilettici: e per questo fatto […] era lasciato quasi in libertà d’azione, reagendo ad ogni piccolo comando o consiglio»1075.

Le notizie riportate dall’ufficiale medico sono importanti perché ci consentono di conoscere alcune delle modalità di gestione in uso nelle caserme e nei presidi militari, nei casi in cui dei soldati davano segni di pazzia. Il dato, naturalmente, non può essere generalizzato. A Garesio, presso il 1° Reggimento Alpini, sembra che la prassi in uso con i militari che mostravano segni di “agitazione” o accessi impulsivi, non prevedesse il contenimento e la restrizione. Almeno non come regola, piuttosto si preferiva lasciare il soldato libero di circolare («era lasciato quasi in libertà d’azione»), probabilmente con la convinzione che simili situazioni di disagio fossero transitorie e dunque che lasciarle esaurire autonomamente rappresentasse la strategia migliore. Considerata la pericolosità potenziale di lasciare libero di girare in caserma e di armarsi, un militare che ha mostrato segni di impulsività e di alienazione mentale, dobbiamo dedurre che tale convinzione fosse abbastanza radicata e condivisa tra le autorità mediche militari. Diversamente, tale atteggiamento, sarebbe risultato incomprensibile, nel suo essere totalmente irrazionale. Quanto indicato da Ian Hacking, con la categoria delle “sindromi transitorie”, trova qui ulteriore conferma, almeno nella valutazione che delle nevrosi di guerra ebbero alienisti di manicomio e medici militari. La circostanza, inoltre, sembra mostrare che, al di fuori degli ambiti più direttamente influenzati dalla letteratura psichiatrica, è difficile individuare orientamenti precisi nelle pratiche di gestione del disagio militare. Se gli articoli e i contributi apparsi sulle riviste specializzate sono fitte di analisi, distinzioni, congetture, di tutto ciò non vi è traccia nelle politiche diagnostiche e di trattamento attuate sul campo. Tanto che si può arrivare, in casi come quello che stiamo esaminando, a strategie apparentemente irrazionali come lasciare libero un militare presunto alienato nell’attesa che la condizione di disagio passi.

Procedendo con ulteriori ricerche informative viene fuori che «dai dieci ai quindici anni [il soldato] fu ricoverato in uno stabilimento dei discoli siccome incorregibile»1076. Il dato poneva il caso nell’ottica del consolidato paradigma della degenerazione e ciò, se possibile, velocizzava le

1071 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.10601, Direzione Ospedale Militare Principale di Savigliano, Dichiarazione

medica pel ricovero al Manicomio di Racconigi del soldato S. Giovanni, Savigliano, 8 Marzo 1918.

1072 Ibidem. 1073 Ibidem. 1074 Ibidem.

1075 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.10601, Infermerie Presidio di Garesio, 5 Marzo 1918.

1076 ASONR, Archivio sanitario, cat.9 - classe 2, c.c. matr. n.10601, Direzione Ospedale Militare Principale di Savigliano, Dichiarazione

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procedure di invio in manicomio. Infatti, il colonnello medico e direttore del nosocomio, l’8 marzo del 1918, dopo un periodo di osservazione di una ventina di giorni, ritiene urgente il trasferimento: «trattandosi di individuo di difficile custodia ed estremamente pericoloso a sé ed agli altri, si rende urgente il suo ricovero nel Manicomio Provinciale di Racconigi (Reparto Psichiatrico Militare) a mente dell’art. 108, paragrafo 512 del Regolamento sul servizio sanitario militare»1077. A Racconigi giunge in giornata e viene immediatamente internato presso il Reparto Psichiatrico Militare. Qui resta in osservazione due mesi circa, fino al 22 Maggio 1918. Durante questo periodo scrive alla madre e la informa di essere internato in manicomio. Dalla risposta di quest’ultima veniamo a sapere che il tratto impulsivo del carattere lo ha contraddistinto anche fuori dalla caserma, ma senza che questo sia mai sfociato in situazioni particolarmente gravi: «conoscendo il suo sangue – sono parole della madre – ne pensavo tutti i giorni come doveva andare a finire, pensavo pure che quando era in famiglia con noi se si parlava di una cosa che non piaceva a lui, o se lo si contraddiceva di una parola montava sulle furie; ma poi con le buone si rimetteva allo stato di prima, e ragionava al pari di me»1078.

Dalle parole della donna il giovane appare contraddistinto da un carattere problematico, sempre pronto ad andare su tutte le furie, ma probabilmente non un alienato. In manicomio, infatti, i medici lo descrivono come «abitualmente tranquillo e ordinato nel contegno ma soggetto a cambiamenti repentini di umore e a scatti impulsivi»1079. Come in molti casi simili non è semplice per gli alienisti di Racconigi inquadrarlo diagnosticamente; si tratta di non negare quanto valutato dai medici di Garesio e di Savigliano, ma anche di rispedire al corpo d’appartenenza un soldato che non merita di restare in manicomio. «Si tratta molto verosimilmente – concludono a Racconigi – più che di un vero alienato di un soggetto nevropatico»1080. Qual è la differenza? Che tra le cause frequenti delle nevropatie figurano i traumi. Lo spiega bene Leonardo Bianchi, nel suo Trattato di psichiatria, quando sostiene che «i traumi sono causa frequente di disturbi nervosi e mentali, i quali sono stati descritti sotto diversi nomi […]: encefalo-mielo-nevropatie traumatiche, nevrosi traumatica, psicosi o pazzie traumatiche, demenza traumatiche»1081. Le nevropatie cui si riferisce Leonardo Bianchi sono dunque delle condizioni post-traumatiche, influenzate sul piano intrinseco dalla «predisposizione psicopatica», dall’«essere andati soggetti a precedenti traumi»1082, dall’abitudine al consumo di sostanze alcoliche. Mentre su quello estrinseco dall’«angolo di incidenza del trauma in rapporto alla maggiore o minore elasticità del cranio, nonché la natura del trauma stesso»1083. Al di là della causa, però, ciò che interessa al nostro discorso è il nesso tra condizione traumatica e condizione nevropatica. Ciò può farci ipotizzare che i medici di Racconigi, nel designare in questi termini la sintomatologia del soldato S. Giovanni, abbiano stabilito un nesso tra il conflitto e la condizione di impulsività del soldato, anche se di ciò non è rimasta traccia esplicita nella documentazione clinica. Questo significa che, almeno sul finire del conflitto, anche gli alienisti di Racconigi, maturarono una qualche convinzione relativamente al legame tra la guerra – come condizione traumatica in genere – e alcuni dei sintomi che conducono i soldati in manicomio. Certo la diagnosi, da sola, non consente interpretazioni univoche e definitive, ma è comunque un elemento importante, che letto trasversalmente può rivelare qualcosa non altrimenti specificato nell’orientamento degli alienisti sul tema che qui interessa.

D’altra parte, diversi elementi nella storia clinica del soggetto – i motivi del ricovero durante l’infanzia, gli accessi impulsivi evidenziati durante i periodi d’osservazione – sembrano

1077 Ibidem.

1078 Ivi, Lettera di Molteni Giovannina, Busto Arsizio, 7 Maggio 1918 [n. 3553 del prot. Generale] 1079 Ivi, Relazione, 11 Maggio 1918.

1080 Ibidem.

1081 Cfr. L. Bianchi, Trattato di psichiatria…cit., p. 720. 1082 Ibidem.

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corrispondere a quanto indicato da Bianchi come tipico della condizione nevropatica1084.

Irrequietezza, confusione mentale evidenziata durante gli attacchi impulsivi, predisposizione ad andare facilmente su tutte le furie – come testimoniato anche dalla madre –, sono alcuni di questi fattori. Che però, a ben vedere, non sono diversi da quelli riscontrati in precedenza su molti altri soldati giunti a Racconigi. Come non è differente la prassi attraverso cui il militare viene rapidamente dimesso nel giro di due mesi, precisamente il 22 maggio 19181085. Cosa determina quindi lo spostamento diagnostico esaminato – da alienazione mentale a nevropatia –? Molto probabilmente proprio un diverso orientamento, maturato lentamente nel corso del conflitto, relativamente alle cause e all’origine dei sintomi sofferti dai militari. Ciò sarebbe in linea con la situazione più generale della psichiatria militare che a guerra conclusa cominciò a mostrare diversi orientamenti relativamente alla questione delle nevrosi di guerra.

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