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la “lunga” Prima Guerra Mondiale

3. La vigilia della guerra in manicomio (1909-1914)

«L’aumento della popolazione manicomiale è il fatto più importante, sebbene non nuovo, che

devo segnalare»643. Così Cesare Rossi introduce la sua prima relazione annuale alla Deputazione e

al Consiglio Provinciale sottolineando senza mezzi termini, nel suo stile, la gravità di una situazione che, ormai da tempo, caratterizza la struttura di Racconigi. Alla fine del 1908, a Dicembre, sono presenti ben 783 internati, 20 unità in più rispetto al periodo di inizio contabilità stabilito a Luglio. Il numero cresce ulteriormente nei mesi di gennaio e febbraio, quelli più freddi e, quindi, anche quelli in cui le condizioni di vita nelle valli e nelle montagne del cuneese sono più difficili. Diminuiscono fino a 774 presenze nel mese di aprile, per riassestarsi sul numero di 788 a Giugno. Tranne che nel mese di novembre, si registra sempre una preponderanza degli uomini, che sono anche i soggetti più colpiti dalla piaga dell’alcolismo, che interessa il 15 % dei ricoverati e che Rossi considera nei termini di una questione culturale. La mortalità media è di 6 defunti al mese con un’oscillazione tra

637 APCN, Sull’andamento del Manicomio di Racconigi e sullo stato odierno del problema manicomiale nella Provincia di Cuneo.

Relazione all’Onorevole Deputazione e all’Onorevole Consiglio Provinciale 1908-1909…cit., p. 175.

638 Ibidem. 639 Ibidem. 640 Ibidem. 641 Ibidem. 642 Ibidem.

643 APCN, Sull’andamento del Manicomio di Racconigi e sullo stato odierno del problema manicomiale nella Provincia di Cuneo.

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8 (mesi di Settembre, Novembre, Dicembre, Gennaio e Aprile) e 2 (Agosto)644. Particolarmente interessante è il dato sui recidivi che fanno nuovamente il loro ingresso durante l’anno e che sono in media 8 al mese645, con punte nei mesi di Maggio (19) e di Novembre (11). Il totale alla fine dell’anno è di 104 e la cifra, insieme all’andamento costante degli ingressi, indica che le politiche terapeutiche del manicomio, in linea con le condizioni che la legge n.36 stabilisce come necessarie per essere inviati in manicomio, non incidono sulla patologia, quanto sulla pericolosità sociale dei sintomi. Appena le condizioni dell’alienato sembrano non essere pericolose, a meno di evidenti casi di mancanza di autonomia, si procede con le dimissioni che, però, proprio alla luce del criterio adottato non possono essere definitive. Un meccanismo perverso, rafforzato dalla legge del 1904, regola dunque il movimento dei recidivi, di fatto rendendolo inevitabile e strutturale.

La causa maggiore di ricovero durante l’anno è rappresentata dal gruppo delle «psicosi periodiche» che interessano 93 degli ingressi sul totale di 320. Segue l’alcolismo, 47 casi, e le «demenze primitive», 38 casi646. Il gruppo delle «frenastenie», invece, conta 17 ingressi su un totale di 63 presenze. Il dato, riguardando l’insieme delle patologie ritenute solitamente più tranquille – idiozia, imbecillità e cretinismo – sottolinea come il criterio della pericolosità sociale, stabilito dalla Legge Giolitti, abbia influito sugli ingressi di questo genere di alienati. Dunque, nonostante come abbiamo visto, il fenomeno sfuggisse ai contemporanei, di fatto una flessione nel numero degli ammessi meno «pericolosi a sé e agli altri» c’era, anche se questa non incideva sugli ingressi totali. Come già in passato la maggior parte degli internati proveniva dal territorio intorno al capoluogo – 226 – e dal saluzzese – 206647–, area quest’ultima che contempla le vallate montane intorno al Monviso, dove la vita dei contadini era, se possibile, più dura e continuamente esposta alle privazioni e alle contingenze stagionali. Qui, oltre alle difficoltà proprie legate all’esistenza di montagna, incidevano gli effetti di quel fenomeno che Biagioli, studiando i rapporti tra agricoltura e sviluppo economico, ha definito «rigido dualismo all’interno delle aziende»648. Questo riguarda la scissione tra una serie di prodotti destinati al mercato – frumento, riso, carni e formaggi – e quelli destinati al consumo alimentare, in particolare «il granoturco e la patata utilizzate come merci salario per i contadini e i braccianti»649. Tutto ciò comportava delle conseguenze evidenti sulla salute delle popolazioni rurali, costrette ad affrontare in particolare le stagioni più dure con una alimentazione depauperata e povera di grassi. Le conseguenze per l’equilibrio organico e psichico spiegano, almeno in parte, il dato sulla provenienza degli internati. D’altronde il problema delle condizioni di vita dei contadini delle valli e delle montagne, nonché le ricadute sulla salute fisica e psichica degli stessi, erano già state sottolineate dall’inchiesta di Lissone e Casalis Sulle condizioni dell’agricoltura e delle classi rurali nei circondari di Cuneo-Alba-Mondovì-Saluzzo, del 1880. E non sorprende constatare che, fin dall’apertura dell’Istituto, ben il 50% degli internati provenisse dal mondo contadino650, con le valli Po e Varaita a rappresentare i contesti maggiormente segnati «dalla pellagra e dalle tare familiari»651, sintomi di un’esistenza povera, legata a un orizzonte ristretto e contraddistinto da relazioni promiscue tra consanguinei.

Intanto, per far fronte alle maggiori spese legate al sovraffollamento, fin dai primi anni successivi all’apertura, era stata adibita una porzione della struttura a pensionario, con degli ospiti a pagamento che, però, al 30 Giugno 1909 erano soltanto 104, di cui solo 9 pagavano la retta intera,

644 APCN, Allegato n.1 – Quadro del movimento dei ricoverati 1908-1909…cit., p. 178.

645 Il dato preciso è di 8,6 per l’anno 1908-1909. APCN, Allegato N.2 – Quadro del movimento dei recidivi 1908-1909…cit., p. 178. 646 APCN, Allegato n.3 – Stato del movimento dei ricoverati distinto secondo le frenopatie, Anno 1908-1909…cit., p. 179. 647 APCN, Allegato n.8 – Quadro dei ricoverati presenti al 1 Luglio 1909, distinti secondo al provenienza…cit., 182.

648 Cfr. G. Biagioli, Agricoltura e sviluppo economico: una riconsiderazione del caso italiano, in «Società e storia», 1980, n.9, pp. 649-

678.

649 Ibidem.

650 Cfr. L. Berardo, Un manicomio provinciale nell’età del “grande internamento” 1871-1914…cit., p. 71. 651 Ibidem.

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pari a L.600. Il resto versava una quota più bassa fino al minimo, L.60, pagato da 64 ricoverati. Il risultato incideva nel computo generale in misura quasi irrilevante, a fronte di ciò in Consiglio Provinciale si sottolineava come diversi tra gli internati ufficialmente nullatenenti potessero «senza disagio pagare o tutta o buona parte della pensione quando non fosse la giustizia»652 a farli passare per poveri. Insomma, ancora una volta, in Provincia ci si lamentava dei costi generati da una struttura che svolgeva soprattutto la funzione di ricovero per tutte quelle figure con cui la società non voleva avere a che fare. Nonostante a Racconigi un malato venisse a costare alla collettività “soltanto” 1 lira e 22 centesimi653, il numero rilevante di soggetti lungo-degenti e il sovraffollamento dell’Istituto rendeva l’insieme difficilmente sopportabile per il bilancio provinciale.

La situazione non sarebbe migliorata neanche negli anni successivi. I ricoverati presenti al 1° Luglio 1909 erano 797, quelli rimasti in cura al 30 Giugno 1910 804654, 7 unità in più che preoccupavano per la tendenza inequivocabile di cui erano espressione. Sul computo generale pesava il rilevante numero di ammissioni che nell’annata erano 332, 220 uomini e 112 donne. Di essi ben 96 risultavano essere recidivi, tra ricoverati precedentemente dimessi come guariti (62) e in prova (34). Ciò evidenzia, a voler essere generosi, il parziale fallimento delle politiche terapeutiche che, sia nel caso dei presunti guariti, sia in quello dei dimessi in prova, di fatto non era in grado di garantire, se non in una percentuale minima, il reinserimento dell’alienato nella società. Il numero delle dimissioni, invero, non era basso – nel corso dell’annata 1909-1910 sono 255, il problema è che molti di questi, dopo qualche tempo, facevano ritorno in manicomio poiché risultavano un peso ingestibile per molte famiglie e per le amministrazioni comunali. Lo spiega bene, ancora una volta, un riferimento polemico che il direttore Rossi fa nella sua relazione alla Deputazione e al Consiglio Provinciale: «Un particolare rilievo, a proposito delle dimissioni, merita la cifra dei 49 licenziati per non verificata pazzia o non riconosciuta competenza manicomiale, la qual cifra è la più chiara dimostrazione del poco conto in cui è tenuta da molte autorità comunali la libertà dei cittadini»655.

Se i ricoverati presenti al 1° Luglio 1910 sono 804, «quelli rimasti in cura al 30 Giugno 1911 sommarono a 845, con una media fine di ogni mese di circa 20 presenti in più che nell’anno precedente»656. Ciò che invece è diverso è il numero degli ammessi, inferiori di 36 unità rispetto al precedente anno, pari a 166 uomini e 136 donne, per una media di 24 internati al mese657. La consistenza si spiega – secondo il direttore – da una parte con la «scarsa mortalità e nel conseguente ristagno dei cronici, dall’altra, nelle gravi difficoltà che incontrano nella pratica applicazione le dimissioni in prova»658. Inoltre resta sempre altro il contingente dei recidivi e dei riammessi, pari al 50% del totale. La maggior parte degli ammessi ha un’età compresa tra i 20 e i 40 anni – 126 individui –, anche se colpiscono i 13 ingressi – 6 uomini e 7 donne – di età inferiore659. I dimessi dell’annata sono 179, pari al 53,71 % degli ammessi durante l’anno, mentre i morti sono 76 – 6 in più del precedente anno – la maggior parte per «marasma», conseguente al grave stato di consunzione dell’organismo del malato, a sua volta riducibile – almeno in parte – a quelle che Rossi definisce le

«poco liete condizioni igieniche del Manicomio»660. Questa realtà pesa soprattutto sulle condizioni

652 APCN, ACP di Cuneo di Cuneo 1909 …cit., p. 22. 653 Ibidem.

654 APCN, Allegato.n1- Quadro del movimento dei ricoverati, in ACP di Cuneo 1910…cit., p. 197. 655 Ivi, p. 193.

656 APCN, Dati statistici e funzionamento del manicomio Provinciale di Cuneo. Relazione all’On. Deputazione e all’On. Consiglio

Provinciale (1910-1911), in ACP di Cuneo 1911. Sessione Ordinaria e Straordinaria, Tipografia Cooperativa, Cuneo 1912, p. 200.

657 APCN, Allegato.n1- Quadro del movimento dei ricoverati, in ACP di Cuneo 1911…cit., p. 204.

658 APCN, Dati statistici e funzionamento del manicomio Provinciale di Cuneo. Relazione all’On. Deputazione e all’On. Consiglio

Provinciale (1910-1911)...cit., p.200.

659 APCN, Allegato.n10- Quadro del movimento dei ricoverati divisi secondo l’età, in ACP di Cuneo 1911…cit., p. 209.

660 APCN, Dati statistici e funzionamento del manicomio Provinciale di Cuneo. Relazione all’On. Deputazione e all’On. Consiglio

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di vita degli internati che, di giorno, restano chiusi nei due cortili «confusi e pigiati»661 – uno per gli uomini e uno per le donne – a contendersi le sparute panche a disposizione o a litigare per il poco spazio coperto nei giorni di pioggia e neve, mentre nel pomeriggio, già alle 18, dopo la cena, vengono accompagnati nei dormitori dove, per facilitare i controlli, restano bloccati fino al giorno successivo. Le condizioni igieniche dopo 12 ore di immobilità sono facilmente intuibili, così come quelle psicofisiche. Comprensibili, alla luce di queste condizioni di vita, i tentativi di suicidio o di auto- mutilazione. Tra il luglio del 1910 e il giugno del 1911 sono due i casi in tal senso: «un suicidio per strangolamento – riporta il direttore – avvenuto in un ricoverato, degente da circa cinque mesi nel Manicomio, il quale, durante la notte, poté, nella camera d’isolamento in cui si trovava per le sue tendenze aggressive, mandare ad effetto il proposito suicida […] servendosi delle biancherie da letto»662; un «tentato suicidio in un altro ricoverato, addetto ai lavori di sartoria, il quale, nel breve istante in cui l’infermiere che lo sorvegliava gli voltava le spalle, si inferse ripetuti colpi di forbice alla gola ferendosi la trachea in tre punti»663. A seguito di complicazioni dovute all’insorgere di una polmonite anche questo internato morì.

Nonostante le speranze riposte da amministratori e medici sul Regolamento attuativo della Legge sugli alienati, neanche questo riescì ad arrestare il progressivo aumento dei ricoveri. Il 30 Giugno del 1912 gli internati sono 864, una leggera flessione si registra invece nel numero degli ammessi: 287 – 173 uomini e 114 donne –, vale a dire 9 unità in meno rispetto all’anno precedente. Ciò che invece rimane confermato è l’alto numero di recidivi e riammessi, pari a 79 nel 1911-1912, «poco meno della metà degli ammessi per la prima volta»664. Il dato, secondo la direzione, si spiega non soltanto con la «facilità di riconsegnare al Manicomio quei dimessi che a domicilio si dimostrino ancora improduttivi o bisognosi di assistenza familiare»665, ma anche con le difficoltà che incontrano questi soggetti, una volta fuori dall’Istituto, ad «affrontare le prime necessità della vita»666. Tutto ciò deve essere contestualizzato anche alla luce della mancanza in provincia della «benefica azione di alcun patronato» o di «istituzione di sussidi provinciali», necessari per fornire sostegno ai soggetti con pochi margini di autonomia, come nella quasi totalità sono i dimessi dal manicomio. Una notizia positiva però c’è: finalmente, dopo decenni, si registra la quasi totale «scomparsa dalla statistica nosologica» della psicosi pellagrosa; restano invariate invece le psicosi periodiche e le frenosi da alcolismo che, al pari degli altri anni, incide sul numero dei recidivi e delle riammissioni. La percentuale dei dimessi è del 16,78% sul totale dei ricoverati, un «risultato che – secondo il Direttore – può gareggiare con quelli portati dalla maggior parte dei Manicomi»667, ma che non riesce ad essere fonte di soddisfazione considerata la situazione generale. Il numero maggiore dei dimessi si registra nel primo anno di ricovero, diminuisce il contingente nel secondo, mentre diventa un caso eccezionale successivamente. Il numero dei morti è di 78, due in più rispetto al precedente anno. La causa principale è sempre quella del grave deperimento organico in pazienti anziani, costretti a letto da diversi anni; seguono le malattie a carico dell’apparato digerente e quelle cardiovascolari.

661 APCN, ACP di Cuneo 1911…cit., p. 5.

662 APCN, Dati statistici e funzionamento del manicomio Provinciale di Cuneo. Relazione all’On. Deputazione e all’On. Consiglio

Provinciale (1910-1911)...cit., p. 203.

663 Ibidem.

664 APCN, Dati statistici e funzionamento del manicomio Provinciale di Cuneo. Relazione all’On. Deputazione e all’On. Consiglio

Provinciale (1911-1912), in ACP di Cuneo 1912, Sessione ordinaria, Tipografia Cooperativa, Cuneo 1913, p. 227.

665 Ibidem. 666 Ibidem. 667 Ibidem.

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I dati relativi all’annata 1912-1913 evidenziano ancora l’aumento delle presenze che si attestano su 913 internati668; gli ammessi durante l’anno sono 329, divisi in 161 uomini e 168 donne669. Analizzando i dati a disposizione ci si rende conto che la maggior parte dei ricoverati ha un’età compresa tra i 20 e i 40 anni670, subito dopo viene la fascia tra i 40 e i 60. Non mancano però neanche gli internamenti precoci: al 1° Luglio 1912 sono presenti 30 ragazzi sotto i vent’anni, 15 uomini e 15 donne671. Per quanto riguarda, invece, lo stato civile – prendendo come punto di osservazione sempre l’annata 1912-1913 – notiamo che prevalgono i celibi, seguiti dalle coniugate. Quasi il doppio il contingente delle vedove ammesse rispetto agli uomini rimasti senza moglie: 6,99% a fronte di 3,95%672. Il numero dei dimessi è di 201, come riconosce però il direttore nella sua annuale relazione «non tutte le dimissioni corrispondono ad altrettanti casi di guarigione, che, anzi, furono

più numerosi i casi di dimissione per miglioramento»673 legati alla nuova politica delle dimissioni

precoci e all’affidamento alle famiglie e ai parenti più prossimi. Un dato soddisfa la direzione sanitaria, ed è quello delle morti che, nell’annata, sono «79, di cui 3 uomini e 46 donne»674. La percentuale è del 6,62% sul totale delle presenze e del 7,29% sugli ammessi nell’anno, Rossi ritiene questo elemento molto positivo tanto da affermare che «pur tenendo conto del valore relativo che ha questo dato, non v’ha ragione di non compiacersene», poiché «è senza dubbio tra le più basse che ci danno le statistiche manicomiali»675.

Alla vigilia della guerra, più nello specifico al 30 Giugno 1914, i ricoverati sono 967, 54 in più rispetto al precedente anno676. Non sono tanto le ammissioni a pesare, pari a 283, quindi 46 in meno rispetto al precedente anno, quanto le dimissioni, 157, cioè 44 in meno dell’anno precedente. Resta tutto sommato invariata la percentuale di recidivi e riammessi che sono il «30% degli entrati, proporzione che non sia allontana di molto dalla norma»677. Il numero più alto di ingressi è concentrato a Maggio, 35, mentre quello più basso è ad agosto: 16. Tra le patologie responsabili

dell’internamento, spiccano le frenosi maniaco depressive678, 93 ingressi, seguite dal gruppo delle

psicosi primitive, dalle amenze e dalle psicosi alcoliche. Tra le cause originanti queste costellazioni sintomatiche, secondo il direttore, il primato spetta all’ereditarietà, secondo i canoni di un pensiero che riconosce nella trasmissione intergenerazionale del “morbo della follia”, la causa principale della malattia mentale. «Seguono in linea decrescente i traumi psichici, l’alcolismo, le affezioni

cardiovascolari»679. I morti durante l’annata sono 72, 37 uomini e 35 donne, per una percentuale

del 6,02% sul totale dei ricoverati. Il dato è in diminuzione rispetto agli anni precedenti e ciò viene accolto con orgoglio dalla Direzione sanitaria che più volte sottolinea il compito terapeutico improbo alla luce della condizioni della struttura.

668 APCN, Dati statistici e funzionamento del manicomio Provinciale di Cuneo. Relazione all’On. Deputazione e all’On. Consiglio

Provinciale (1912-1913), in ACP di Cuneo 1913. Sessione Ordinaria, Tipografia Cooperativa, Cuneo 1914, p. 219.

669 APCN, Dati statistici e funzionamento del manicomio Provinciale di Cuneo. Relazione all’On. Deputazione e all’On. Consiglio

Provinciale (1912-1913), in ACP di Cuneo 1913, Sessione ordinaria, Tipografia Cooperativa, Cuneo 1914, p. 219.

670 Per i dati relativi all’annata 1912-1913 vedi: APCN, Allegato n.10 – Quadro del movimento dei ricoverati divisi secondo l’età, in ACP

di Cuneo 1913…cit., p. 228.

671 Ibidem.

672 APCN, Allegato n.6 – Quadro del movimento dei ricoverati, distinto secondo lo Stato Civile – Vedovi, in ACP di Cuneo 1913…cit., p.

226.

673 APCN, Dati statistici e funzionamento del manicomio Provinciale di Cuneo. Relazione all’On. Deputazione e all’On. Consiglio

Provinciale (1912-1913) …cit., p. 220

674 Ibidem. 675 Ibidem.

676 APCN, Dati statistici e funzionamento del manicomio Provinciale di Cuneo. Relazione all’On. Deputazione e all’On. Consiglio

Provinciale (1913-1914), in ACP di Cuneo 1914. Sessione Ordinaria, Tipografia Cooperativa, Cuneo 1915, p. 221.

677 Ibidem.

678 APCN, Allegato N.3 – Quadro del movimento dei ricoverati divisi secondo le frenopatie, in ACP di Cuneo 1914. Sessione

Ordinaria…cit., p. 225.

679 APCN, Dati statistici e funzionamento del manicomio Provinciale di Cuneo. Relazione all’On. Deputazione e all’On. Consiglio

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Tra le misure prese per cercare di gestire meglio la condizione di sovraffollamento c’è quella del potenziamento del personale sanitario. Fino al 1907 il rapporto tra infermieri e ricoverati è pari a 1 a 12, essendo 32 i salariati uomini e 28 le suore infermiere, «proporzione inadeguata alla necessità del servizio»680. Inoltre, fino ad allora, «gli infermieri usufruivano […] di una giornata di libertà ogni terzo giorno – la qual cosa voleva dire che più di 20 non erano effettivamente in servizio – e la

vigilanza notturna era fatta, quasi ovunque, a mezzo di ronde»681. Ciò determinava una situazione

notturna caotica, con gli «ammalati, negli intervalli dall’una all’altra ronda, del tutto abbandonati»682. Inoltre, secondo il direttore, la carenza di personale influisce anche sulla sorveglianza dei più pericolosi, sulle politiche terapeutiche – «l’impiego dei bagni di cura» –, sullo «stato deplorevole in cui si riducevano i malati sucidi in causa dell’insufficiente nettezza»683 ma anche, sull’abuso «sistematico dei mezzi di repressione che trovavano applicazione in misura non

lecita»684. Soprattutto quest’ultimo punto, neanche troppo tra le righe, appare nei termini di una

grave denuncia sulle condizioni di detenzione cui sono soggetti tanti malati, a causa della mancanza del personale di sorveglianza. A ciò Cesare Rossi risponde attraverso

«due fondamentali innovazioni e precisamente l’aumento di 12 infermieri (6 uomini e 6 suore) e l’intensificazione del loro servizio, attuata coll’ordinare le veglie notturne individuali a notte alterne, anziché ogni terza notte com’era in uso, e coll’aumentare, spostando dal terzo al quarto giorno la giornata di libertà, un giorno di lavoro per ogni turno di servizio»685.

Le misure, come ovvio, rischiano di mettere in agitazione il personale sanitario che, fin dall’apertura della struttura, dimostra di essere coeso e di avere un notevole potere contrattuale che si concretizza in diverse concessioni di tipo economico e nell’ottenimento di un’organizzazione dei turni di lavoro tutt’altro che sfavorevole. Anche alla luce di ciò, per evitare che le misure adottate risultassero troppo radicali «venne accordato al personale maschile l’indennità di vitto nei giorni di uscita e una licenza annuale di giorni sette»686. Per migliorare inoltre la preparazione del personale, composto soprattutto da contadini in possesso perlopiù del livello elementare di alfabetizzazione, si è proceduto all’organizzazione di un «corso di istruzione», basato su lezioni e dispense687, che ha visto tutti gli operatori conseguire l’idoneità.

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