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La causalita` nel concorso all’inadempimento

A fronte della rilevanza che si e` ritenuto di dover attribuire al nesso di causalita` nell’interpretare la previsione della responsabilita` di ‘‘chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo’’, qualche osservazione deve essere dedicata al modo di intendere tale elemento dell’illecito, anche in considerazione del fatto che lo stesso e` stato recentemente oggetto di una specifica pronuncia delle Sezioni Unite della Cassa- zione (68). In tale sentenza si e` rilevato che ‘‘nel macrosistema civilistico

l’unico profilo dedicato al nesso eziologico, e` previsto dall’art. 2043 c.c., dove l’imputazione del ‘‘fatto doloso o colposo’’ e` addebitata a chi ‘‘cagiona ad altri un danno ingiusto’’, mentre un’analoga disposi- zione non e` richiesta in tema di responsabilita` cd. contrattuale o da inadempimento, perche´ in tal caso il soggetto responsabile e`, per lo piu`, il contraente rimasto inadempiente, o il debitore che non ha effet- tuato la prestazione dovuta. Questo — prosegue la Cassazione — e` uno dei motivi per cui la stessa giurisprudenza di legittimita`, partendo dal- l’ovvio presupposto di non dover identificare il soggetto responsabile del fatto dannoso tramite il criterio di imputazione oggettivo del nesso eziologico, si e` limitata a dettare, in caso di applicazione dell’art. 1218 c.c., una serie di soluzioni pratiche, caso per caso, senza dover optare per una precisa scelta di campo, tesa a coniugare il ‘‘risarcimento del danno’’, cui e` dedicato l’art. 1223 c.c., con il rapporto di causalita`’’.

Tuttavia, le Sezioni Unite hanno anche notato che in alcune ipo- tesi particolari in cui l’inadempimento dell’obbligazione e` imputabile al fatto illecito del terzo — cosı` come si ritiene anche in relazione all’art. 2497, 2 co., prima parte, c.c. —, il problema della causalita` e` stato affrontato dalla giurisprudenza, sia sotto il profilo del rapporto tra comportamento ed evento dannoso, sia sotto quello tra evento dannoso e conseguenze risarcibili.

Tale rilievo rende utile il tentativo di individuare come debba essere ricostruito il nesso causale fra la condotta di ‘‘chi abbia comun- que preso parte’’ all’evento lesivo per i soci e i creditori della dominata e l’inadempimento imputabile alla capogruppo.

Le sentenze pronunciate in relazione ad ipotesi di concorso nell’i- nadempimento — richiamate nella citata pronuncia delle Sezioni Unite — hanno affermato che l’apprezzamento della sussistenza della parteci- pazione del terzo richiede un esame rigoroso del nesso di causalita` ade- guata tra il danno al creditore ed il comportamento del terzo stesso (69).

(68) Cass., SS.UU., 11 gennaio 2008, n. 576, cit.

(69) Cass., 8 gennaio 1999, n. 108, cit.; Cass., 3 dicembre 2002, n. 17110; Cass., 23 febbraio 1978, n. 909, Resp. Civ. e prev., 1978, 869.

Si tratta, peraltro, di un orientamento che trova una conferma a livello generale — ossia a prescindere dalla considerazione della fattispecie del concorso all’inadempimento — nella gia` citata decisione delle Sezioni Unite. In essa si e` rilevato che, per accertare la causalita` materiale nel- l’ambito della responsabilita` aquiliana, non e` sufficiente accertare che un evento non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non), essendo inoltre necessario, all’interno delle serie causali cosı` determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l’evento causante non appaiano del tutto inverosimili, ma che si presentino come effetto non del tutto imprevedibile (principio della c.d. causalita` adeguata o della c.d. regolarita` causale) (70).

Pertanto, applicando tale principio di diritto alla fattispecie che ci riguarda, il terzo complice deve essere considerato co-responsabile con la capogruppo inadempiente soltanto delle conseguenze della sua condotta, che appaiono sufficientemente prevedibili al momento nel quale ha agito, escludendosi in tal modo la responsabilita` per tutte le conseguenze assolutamente atipiche o imprevedibili (71).

Il principio di diritto enunciato dalle SS.UU. sembra suggerire, inoltre, la necessita` di ricorrere, a quello che e` stato definito un ‘‘pro- cedimento a piu` stadi, di cui il primo e` il momento naturalistico della condicio sine qua non, e il secondo quello della probabilita` generica con esclusione del fortuito, mentre il terzo momento...e` quello in cui i criteri [causali] si diversificano, secondo la natura dell’illecito’’ e le circostanze concrete del caso, ovverosia il tipo di condotta e degli eventi dannosi (72).

(70) Conf., fra le molte, Cass., 30 ottobre 2009, n. 23059, in Dir. e giur. 2009; Cass., 11 giugno 2009, n. 13530, Resp. civ. e prev., 2009, 1779. Oltre ad essere la tesi dominante anche in dottrina circa la ricostruzione del nesso causale in ambito civilistico (cfr. ampiamente Taruffo, voce Prova scientifica (Dir. Proc. Civ.), Enc. Dir. Annali, II, 1, Milano, 2008, 965 ss.) tale concezione della causalita` e` stata accolta in relazione all’illecito dell’induzione all’inadempimento (che si e` detto essere una specie della fatti- specie della complicita` all’inadempimento del debitore e quindi certamente riconducibile entro la previsione di cui all’art. 2497, 2 co., prima parte, c.c.) in Ziccardi, L’induzione, cit., 229 ss.

(71) In merito alle modalita` con le quali si deve compiere il giudizio di adegua- tezza, se cioe` con valutazione ex ante, al momento della condotta, o ex post, al momento del verificarsi delle conseguenze dannose, si ritiene che la prevedibilita` obiettiva debba essere accertata ex ante, nel momento in cui la condotta e` stata posta in essere. Deve, cioe`, essere applicata una ‘‘prognosi postuma’’, nel senso che si deve accertare se, al momento in cui e` avvenuta l’azione, fosse del tutto imprevedibile il verificarsi di una data conseguenza. V. Cass., SS.UU., 11 gennaio 2008, n. 576 cit. Cio` che rileva e` che l’evento sia prevedibile non da parte dell’agente, ma (per cosı` dire) da parte delle regole statistiche e/o scientifiche, dalla quale prevedibilita` discende da parte delle stesse un giudizio di non improbabilita` dell’evento.

(72) Conf. Ziccardi, L’induzione, cit., 224 e 229 ss. con specifico riferimento all’illecito d’induzione all’inadempimento. Peraltro l’impossibilita` di ricostruire una teoria unitaria del nesso causale a fronte di categorie di illeciti (penali, civili, dolosi, colposi,

Cio` e` plausibile in relazione alla fattispecie della complicita` nel- l’inadempimento, che, lungi dall’identificare un’autonoma figura di il- lecito dai contorni sufficientemente definiti, rappresenta una locuzione riassuntiva di diverse fattispecie, espressione di problemi ben diversifi- cati fra loro (73).

E` pertanto necessario distinguere all’interno della fattispecie di illecito appena menzionata due ipotesi.

In relazione a quella nella quale la condotta del concorrente con- siste in un contributo alla produzione dell’inadempimento in fase di elaborazione dell’attivita` di direzione e coordinamento pregiudizievole, si puo` individuare — in quello che le SS.UU definiscono il terzo stadio del giudizio di causalita` — un criterio piu` idoneo ad assolvere la fun- zione di guida nel giudizio sull’esistenza del nesso di causalita` rispetto al generico riferimento alla probabilita` (74). Al fine di accertare se il

contributo del concorrente alla formazione dei processi decisionali al- l’interno del gruppo rilevi quale con-causa dell’inadempimento dell’ob- bligazione ex lege ricavabile dall’art. 2497, 1 co., c.c., oppure se si debba riconoscere valore interuttivo del nesso causale alla volonta` autonoma della capogruppo di non conformarsi allo standard di com- portamento costituito dai principi di corretta gestione societaria e im- prenditoriale, il criterio da utilizzare potrebbe consistere nel valutare la diversa incidenza della condotta del terzo sul ‘‘rischio’’ cui sono espo- sti i creditori e i soci della dominata (75). Piu` specificamente, si deve

tener presente che questi ultimi — cosı` come qualunque creditore a fronte di una qualsiasi obbligazione — sono comunque esposti al ri- schio della mancata attuazione della prestazione oggetto dell’obbliga- zione ex lege imposta alla capogruppo. Tuttavia, il concorrente, a se- conda dell’influenza esercitata sulle determinazioni della holding —

oggettivi) che presuppongono criteri di attribuzione della responsabilita` affatto differenti e` gia` da tempo stata rilevata da Trimarchi, Causalita` e danno, Milano, 1967, 39 ss.

(73) A. Di Majo,La tutela civile, cit., 2003.

(74) Nota Trimarchi, Causalita`, cit., 41 nt. 58, che il criterio della probabilita` trova il suo grave limite nel fatto che esso e` in realta` null’altro che una veste formale la quale ‘‘si presta ad essere elasticamente adattat(a) a giustificare soluzioni gia` raggiunte per intuizione’’, incapace quindi di fornire un parametro di giudizio che serva da guida all’interprete.

(75) Si tratta di un criterio che la dottrina ha proposto proprio al fine dell’accer- tamento del nesso causale nei casi di complicita` all’inadempimento e in particolare in quelli d’induzione: in entrambi i casi si tratta di accertare se la scelta del debitore inadempiente costituisca una causa da sola sufficiente a determinare l’evento lesivo, cosı` escludendo l’efficienza eziologica del contributo del concorrente. V. Di Martino, La responsabilita` del terzo, cit., 1402, ss.; Verde, Note in tema di responsabilita` del terzo per induzione all’inadempimento, in Rass. dir. civ., 1985, 440 ss., entrambi sulla base dell’elaborazione di Trimarchi, Causalita`, cit., 39 ss. Per maggior precisione, si deve anche aggiungere che si tratta di un criterio di spiegazione del nesso di causalita` propo- sto come correttivo della teoria della condicio anche dalla dottrina penalistica (Coco, L’imputazione, cit., 13 ss.).

ossia degli amministratori, che agiscono per essa —, puo` determinare un corrispondente aumento della probabilita` che si verifichi l’inadem- pimento e quindi un aggravamento del rischio cui e` esposto il credi- tore (76). Ricorrendo tale evenienza, puo` dirsi esistente il nesso di cau-

salita` fra il contributo del concorrente e l’inadempimento (77).

Nelle ipotesi, invece, in cui sia posto in essere un contributo in fase di attuazione della direttiva pregiudizievole, la condotta del con- corrente rileva come fonte di responsabilita` risarcitoria qualora essa possa essere considerata condizione indispensabile per la realizzazione dell’evento lesivo, unitamente alla direttiva abusiva della capogruppo; cosicche´ l’accertamento del nesso di causalita` dipende semplicemente dall’applicazione del criterio naturalistico della condicio sine qua non (o meglio della teoria, che costituisce la versione corretta di quest’ul- tima, della causalita` adeguata).

6.

I criteri soggettivi di imputazione della responsabilita` dei