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La ricerca, tramite l’interpetazione sistematica, della

2. I presupposti dell’azione

2.4. La giusta causa dell’arricchimento

2.4.2. La ricerca, tramite l’interpetazione sistematica, della

dall’art. 2497, 2 co., ult. parte, c.c.

E` attinente con il problema del bilanciamento dei contrapposti interessi del beneficiato e dell’impoverito e quindi, in definitiva, con l’individuazione della ‘‘giusta causa’’ del trasferimento patrimoniale un’ulteriore questione: quella dell’arricchimento imposto. La dottrina civilistica classifica con tale espressione le ipotesi in cui, in assenza di rapporti contrattuali, l’arricchimento si produce per iniziativa unilate- rale dell’impoverito, non essendo ‘‘voluto ne´ preventivabile’’ da parte dell’arricchito (63).

Si tratta di un’ipotesi a fronte della quale la dottrina civilistica ha intuito la necessita` di contemperare la tutela dell’impoverito con quella dell’arricchito (e in particolare della sua liberta` di rifiutare il vantag- gio) (64), imponendo, al fine dell’utile esperimento dell’azione, un re-

quisito ulteriore a quelli previsti dalla disciplina generale, in linea di massima consistente nel fatto che l’accipiens abbia acconsentito alla prestazione, o l’abbia consapevolmente ricevuta, o ne abbia tollerato l’esecuzione (65).

Proprio tali considerazioni relative all’arricchimento imposto, consentono di ricostruire sistematicamente il significato del requisito della ‘‘consapevolezza’’ prescritto dall’art. 2497, 2 co., ult. parte, c.c. Quest’ultima deve intendersi come effettiva conoscenza — da parte del beneficiario — dell’esercizio contra legem (cioe` contrario ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale) della dire- zione unitaria dal quale deriva il vantaggio e, quindi, del carattere lesivo di quest’ultimo per una componente del gruppo (66). La previ-

(63) Questa la definizione fornita da Albanese, Ingiustizia, cit., 264-265; in senso analogo Astone, L’arricchimento, cit., 175.

(64) Trimarchi, L’arricchimento, cit., 10-11, per il quale, applicando semplice- mente la disciplina degli artt. 2041 e 2042 c.c., si creerebbe una situazione reciproca a quella dell’espropriazione: l’azione di arricchimento attribuirebbe al danneggiato un di- ritto di espropriazione, in quanto si imporrebbe all’arricchito il pagamento di una somma di denaro contro l’attribuzione di altra utilita` (mentre nell’espropriazione si impone la privazione di una cosa contro il pagamento di un’indennita` in denaro); Gallo, L’arric- chimento, cit., 83, il quale afferma che, diversamente, ‘‘chiunque potrebbe andare in giro per la citta` effettuando sevizi di vario genere... sicuro poi di ottenere il corrispettivo’’; Goff of Chieveley and Jones, The law of restitution, London, 1993, 16. Favorevole a valorizzare gli stati soggettivi dell’impoverito e dell’arricchito anche Breccia, L’arricchi- mento, cit., 1015.

(65) Albanese, Ingiustizia, cit., 266; Astone, L’arricchimento, cit., 176. (66) Libonati, L’impresa, cit., 287; Badini-Confalonieri, Ventura, Sub art. 2497, cit., 2171, i quali intendono il requisito della consapevolezza come ‘‘conoscenza della provenienza del vantaggio da un’azione pregiudizievole. In altre parole un elemento psicologico piu` debole rispetto al dolo ed alla colpa (del resto configurabili solo con riferimento alla condotta illecita), ma pur sempre dato dalla coscienza di beneficiare dell’atto illecito altrui’’; Dal Soglio, Sub art. 2497,cit., 2335. Si consideri l’esempio dei

sione di tale elemento soggettivo trova la propria giustificazione nel- l’imposizione, da parte del legislatore, di un requisito ulteriore rispetto a quelli richiesti per l’esperibilita` dell’azione generale ex art. 2041 c.c. Pertanto, la scelta legislativa recepita nel comma in esame sembra ac- cedere all’opinione dottrinaria appena ricordata in relazione all’arric- chimento imposto (67): il requisito della consapevolezza vale a limitare

i casi nei quali i legittimati attivi possono esperire il rimedio, e quindi incide sul contemperamento degli interessi contrapposti di questi ul- timi e del beneficiario.

Cosı` interpretata, la consapevolezza non puo` considerarsi ele- mento ‘‘eccentrico’’ che vale a differenziare la disciplina del rimedio restitutorio in esame da quella dell’azione di arricchimento senza causa (68). Seppure si ritenga estraneo qualunque requisito soggettivo

alla disciplina dell’azione di cui all’art. 2041 c.c., numerose sono, pero`,

soci minoritari della holding: ‘‘puo` dubitarsi che gli stessi siano tenuti all’indennizzo sol perche´ nelle comunicazioni sociali viene loro indicata la presenza di un vantaggio deri- vante da una data operazione, qualora manchino ulteriori informazioni idonee a rendere percepibile anche il pregiudizio per la societa` controllata’’ (Badini-Confalonieri, Ven- tura, Sub art. 2497, cit., 2171). A proposito del carattere consapevole dell’arricchi- mento e` stato sostenuta l’opportunita` di ricostruire la responsabilita` dei beneficiari in termini obiettivi, in quanto l’uso dell’avverbio consapevolmente, se riferito ad una so- cieta`, non puo` alludere ad un presupposto soggettivo, inteso come modo d’essere della volonta`, se non come fictio iuris. Pertanto — si e` sostenuto — sembra piuttosto da riferire ad un carattere obiettivo dell’attivita` d’impresa, strutturata in modo da profittare dello svantaggio di cui soffre simmetricamente l’altra societa`. Un’attivita` d’impresa pro- grammata in modo tale che alcune societa` profittino dei vantaggi ai danni di altre so- cieta`, fa sı` che le prime beneficiano consapevolmente (vale a dire in modo non casuale ed occasionale, bensı` come effetto di una programmazione ad hoc delle rispettive attivita` d’impresa in quanto ‘‘integrate’’ in gruppo), sı` da essere poi obiettivamente responsabili. Cosı` Niutta, La novella, cit., 405-406. L’opinione, sebbene interessante, pare partire da una premessa errata, ossia dalla constatazione che non sarebbe appropriato interpretare il requisito della consapevolezza come elemento soggettivo. Innanzitutto, una simile inter- pretazione in chiave obiettiva della consapevolezza vale soltanto nell’ipotesi in cui il requisito si riferisca ad una societa`, non se riferito ad una persona fisica, che potrebbe benissimo essere responsabile ai sensi dell’art. 2497, 2 co., ult. parte, c.c. (per es. il socio della capogruppo). Inoltre, la dottrina ha ampiamente mostrato come le norme che va- riano i loro effetti a seconda che il destinatario versi o meno in uno stato soggettivo debbano, senza discussione, trovare applicazione anche nei confronti delle societa`, ben- che´ sfornite di sapere proprio. Al riguardo vale il principio secondo il quale alle societa` sono imputabili gli effetti dello stato di scienza, mala fede o dolo della persona fisica che ha agito in loro nome, sia essa rappresentante organico o volontario. Cfr. M. Campo- basso, L’imputazione di conoscenza nella societa`, Milano, 2002, 1 e 229.

(67) In generale v. Albanese, Ingiustizia, cit., 265, il quale afferma che in caso di arricchimento imposto ‘‘si potra` esperire l’azione di arricchimento esclusivamente ove si dimostri... che l’accipiens... l’abbia [la prestazione] consapevolmente ricevuta’’ (cor- sivo aggiunto).

(68) In questo senso v. Guizzi, Partecipazioni qualificate, cit., 256. Non condi- visibile pare anche l’opinione di Castronovo, La nuova responsabilita`, cit., 161, il quale afferma che in presenza di un approfittamento consapevole vi e` comunque un concorso alla realizzazione del fatto lesivo. In realta`, sono numerose le ipotesi previste dal codice nelle quali il ricorrere dell’elemento soggettivo non fa venir meno la loro riconducibilita` al principio dell’arricchimento ingiustificato.

le ulteriori norme del codice — applicazioni specifiche del principio generale di arricchimento ingiustificato ad ipotesi in cui questo risulta ‘‘imposto’’ — nelle quali il legislatore ha condizionato la nascita del- l’obbligo di indennizzo al ricorrere di un particolare stato soggettivo del beneficiato (69).

Naturalmente, spiegare il significato del requisito della consape- volezza, riferendosi all’elaborazione della dottrina civilistica relativa all’arricchimento imposto, risulta agevole nei casi in cui il vantaggio derivi dall’iniziativa unilaterale della societa` dominata-impoverita. In tali frangenti, infatti, laddove non fosse stato prescritto il requisito soggettivo, l’attribuzione da parte del legislatore dell’azione indennita- ria ai soci e ai creditori della societa` impoveritasi produrrebbe le me- desime conseguenze inique che la dottrina ha avuto modo di rilevare a proposito di un arricchimento non voluto ne´ preventivabile da parte dell’arricchito.

Ma anche quando il vantaggio infragruppo consegua ad un’ope- razione contrattuale, la necessaria presenza, a tal fine, del consenso prestato dall’arricchito non sembra sufficiente ad escludere il carattere imposto del beneficio e, dunque, ad inficiare la spiegazione proposta in merito alla necessita`, per la nascita dell’obbligo restitutorio, della con- sapevolezza.

Non deve dimenticarsi, infatti, che il contratto infragruppo si realizza in attuazione di una strategia gestoria decisa dalla holding e a cui sono assoggettate le societa` dominate. Conseguentemente, la com- ponente del gruppo avvantaggiata, pur prestando il consenso alla con- clusione del contratto, non partecipa all’operazione spontaneamente, ma esegue gli indirizzi gestori imposti dalla capogruppo nell’esercizio della direzione unitaria. Quindi, il suo arricchimento puo` considerarsi imposto dalla capogruppo, perche´ conseguente all’attuazione di diret- tive da essa determinate, senza che le societa` dominate possano inci- dere sul relativo contenuto.

L’ottica dell’arricchimento imposto appare utile, inoltre, per spie- gare la necessita` del requisito soggettivo anche nei confronti di coloro che, pur non essendo direttamente parti dell’operazione infragruppo, acquisiscano un vantaggio indiretto. Come gia` rilevato, si trattera`, in genere, dell’arricchimento a favore di una delle societa` del gruppo (compresa la capogruppo), che ridonda, in virtu` del rapporto parteci- pativo o organico, a vantaggio del socio o degli amministratori. Anche in questo caso si puo` parlare di un arricchimento che prescinde dalla

(69) A parte l’art. 2497, 2 co., ult. parte, c.c., le norme in cui, a fronte di un arricchimento imposto, occorre la presenza di un requisito ulteriore, rispetto a quelli sufficienti ai sensi della disciplina generale sono, per esempio, gli artt. 1592, 1593, 2031, 2 co., c.c. V. per un’esauriente rassegna Astone, L’arricchimento, cit., 175 ss.

volonta` del beneficiato, posto che l’incremento patrimoniale consegue, automaticamente, al rapporto (partecipativo o gestorio) intercorrente con il beneficiario diretto. L’elemento soggettivo evita cosı` che la per- seguibilita` dell’arricchito in via mediata — soluzione preferibile, come detto, in considerazione della ratio dell’art. 2497, c.c. — determini risultati iniqui (70).

Al contrario, invece, il riferimento alla figura dell’arricchimento imposto non pare idoneo a spiegare la prescrizione della consapevo- lezza di chi abbia tratto beneficio dall’attivita` di eterodirezione abusiva quando quest’ultimo sia un terzo estraneo alla struttura di gruppo. Poiche´ tale soggetto non e` sottoposto all’attivita` di direzione e coordi- namento, se costui contrae a condizioni particolarmente vantaggiose con una delle societa` dominate, lo fa nel pieno esercizio della propria liberta` negoziale; pertanto l’arricchimento eventualmente conseguito non puo` dirsi imposto.

In tale evenienza, allora, il requisito della consapevolezza puo` essere spiegato rilevando che perseguire il terzo avvantaggiato dal con- tratto stipulato con una societa` eterodiretta, ma ignaro del fatto che il comportamento negoziale della controparte consegue ad un’attivita` di direzione e coordinamento abusiva, determinerebbe delle conseguenze inique. In tal modo, infatti, si sacrificherebbero — nella prospettiva del soggetto estraneo al gruppo — i valori della certezza dei traffici e dell’affidamento sulla validita` ed efficacia del contratto, oltre a quelli individuati dalla dottrina civilistica nell’identificare comunque nell’atto di autonomia privata la giusta causa dell’attribuzione patrimoniale (71).

D’altra canto, pero`, non si puo` negare che, limitandosi ad attri- buire rilievo esclusivo a queste ultime istanze, verrebbero inevitabil- mente ad essere sacrificate le esigenze di tutela che devono ritenersi sottese alla fattispecie di responsabilita` in esame. Pertanto, la soluzione interpretativa piu` equilibrata — in assenza di qualsivoglia indicazione ricavabile dalla lettera della norma — pare essere quella che, da un lato, ammette l’esperibilita` dell’azione ex art. 2497, 2 co., ult. parte, c.c. a fronte di un arricchimento derivante dall’eterodirezione abusiva anche se conseguito nell’ambito di un rapporto contrattuale, in modo da non circoscriverne eccessivamente la funzione di tutela (72); e dal-

l’altro, coniuga tale possibilita` con la salvaguardia dei valori connessi

(70) Tale dovrebbe considerarsi la possibilita` di agire contro un soggetto che non ha modo di evitare il beneficio a suo favore.

(71) V. sopra.

(72) Abbiamo gia` rilevato sopra che l’inaccettabilita` della qualificazione del con- tratto di per se´ come giusta causa dell’arricchimento nel caso dell’azione ex art. 2497, 2 co., prima parte, c.c., consegue ad un’interpretazione teleologica della medesima disposi- zione. Il significato del requisito della consapevolezza deve quindi essere ricostruito par- tendo da tale assunto.

al contratto stipulato dal soggeto estraneo al gruppo, escludendone la legittimazione passiva se in buona fede rispetto alll’attivita` contra le- gem da cui trae origine il proprio vantaggio. In pratica, l’effettiva co- noscenza da parte del beneficiario che il proprio arricchimento conse- gue all’esercizio dell’eterodirezione contraria ai principi di corretta ge- stione societaria e imprenditoriale e` l’elemento capace di qualificare il vantaggio economico a danno della societa` dominata come non giusti- ficato da un interesse meritevole di tutela, nonostante esso si fondi su un contratto.

Pertanto, si puo` concludere che, nell’art. 2497, 2 co., ult. parte, c.c., la consapevolezza

— limita l’ampia capacita` espansiva della previsione di responsa- bilita` dei beneficiari (73), escludendo dal relativo ambito di applica-

zione i soggetti arricchitisi in buona fede (74);

— e, dunque, contempera la tutela dell’impoverito (rectius, dei suoi soci e creditori) con quella di chi ottiene una vantaggio, o in quanto questo prescinde dalla sua volonta` (c.d. arricchimento imposto) o in quanto costui, quale parte di un contratto con l’eterodiretta, e` portatore di interessi, che appare iniquo sacrificare a prescindere dal suo stato soggettivo di mala fede (c.d. principio fraus omnia corrum- pit, nell’ipotesi del terzo estraneo al gruppo).

2.4.3. Il rilievo, ai fini dell’esperibilita` dell’azione indennitaria