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La responsabilita` dei soci di controllo della dominante: l’in-

11. Alcune esemplificazioni in ordine ai possibili legittimati passivi al-

11.1. La responsabilita` dei soci di controllo della dominante: l’in-

La dottrina e` concorde nell’ammettere il coinvolgimento nella responsabilita` per abuso di eterodirezione del socio di controllo (252)

della capogruppo (253).

Al riguardo diviene rilevante il riferimento — di cui si e` parlato sopra in sede di ricostruzione generale della condotta partecipativa — ai contributi causalmente efficienti rispetto al verificarsi dell’evento lesivo, che intervengano non soltanto nella fase attuativa delle direttive

(250) L’obbligo risarcitorio solidale si applica anche in tutti quei casi in cui l’e- vento (unico), e quindi il conseguente danno, sia cagionato solo in parte da ciascun agente. La ratio dell’art. 2055 c.c. e` infatti quella di escludere una valutazione del danno ripartita, cioe` condotta alla luce della responsabilita` di ciascun concorrente (Gnani, La responsabilita` solidale, cit., 168).

(251) Cosı` Tassone, La ripartizione, cit., 445 ss. e nt. 157, ove viene condotta un’analisi in prospettiva giuseconomica della responsabilita` solidale, che e` accostata, nella misura in cui impone agli autori dell’illecito la responsabilita` per la parte ad essi non pertinente da un punto di vista causale, ai punitive damages dell’ordinamento anglo- sassone, i quali ad avviso della dottrina adempiono una funzione moltiplicativa della responsabilita` che assicura a quest’ultima una funzione deterrente (cfr. Friedman, L’or- dine del diritto, Bologna, 2004, 392 ss.).

(252) Il discorso e` limitato al socio che controlla (con qualunque mezzo) la so- cieta` in quanto costui, in forza del meccanismo maggioritario di funzionamento delle societa`, gode del potere di ingerirsi nella gestione della stessa e, piu` in generale in tutti gli aspetti del governo societario (Guerrera, La responsabilita`, cit., 126 ss.). Conseguen- temente lo stesso potra` anche ingerirsi nella determinazione della strategia imprendito- riale riguardante il gruppo. Inoltre, sempre in merito al fatto che la responsabilita` deli- berativa del socio presupporrebbe un elemento oggettivo ‘‘rappresentato dalla rilevanza specifica della sua partecipazione ai fini dell’assunzione della decisione’’, molto sensate risultano le osservazioni (seppur riferite all’art. 2476, 7 co., c.c.) di Ranieli, La respon- sabilita` gestoria dei soci di s.r.l., in Vita not., 2006, 1024 ss.

(253) Cariello, Dal controllo, cit., 57 ss.; Pavone la Rosa, L’unico azionista, in Giur. comm., 2005, I, cit., 433; Giovannini, La responsabilita`, cit., 121; Guizzi, Parte- cipazioni qualificate, cit., 251 ss.; Niutta, La novella, cit., 392 s.

emanate dalla capogruppo, ma anche nella fase della elaborazione di queste ultime.

La difficolta` che si pone in merito al perseguimento del socio della capogruppo ai sensi dell’art. 2497, 2 co., prima parte, c.c. consi- ste nella necessita` di distinguere, caso per caso, le fattispecie concrete nelle quali egli si limita ad esercitare il controllo della societa` o del- l’ente, che e` unico titolare (e quindi unico responsabile) dell’attivita` di direzione e coordinamento; da quelle in cui, invece, il medesimo sog- getto determina la Planung di gruppo in modo tale da poter essere considerato titolare dell’attivita` di direzione e coordinamento, con la conseguente imputazione della responsabilita` prevista non dal 2, bensı` dal 1 co., dell’art. 2497 (il che comporta l’ulteriore, eventuale pro- blema della perseguibilita` della holding-persona fisica). Tale distinzione non risulta agevole proprio in caso di attiva partecipazione del socio che si presume mero controllante della holding ‘‘all’elaborazione dei processi decisionali concernenti l’esercizio’’ dell’eterodirezione. Infatti a seconda della forma, della portata e dell’incidenza assunta dal con- tributo in seno al processo decisionale nel caso concreto (254) si po-

trebbe alternativamente affermare di essere in presenza a) di un sog- getto che controlla la societa` che esercita l’attivita` di direzione e coor- dinamento; b) di un soggetto cui deve imputarsi, in base al principio di effettivita`, la titolarita` dell’eterodirezione; c) di un soggetto che, unita- mente alla societa` controllata qualificabile come sub-holding, esercita un’attivita` congiunta di eterodirezione sulle ulteriori societa` del gruppo.

Il ricorso a simili parametri per distinguere le ipotesi appena elencate risulta coerente con la riflessione poco sopra proposta in sede di ricostruzione dei tratti distintivi fra la condotta imputabile al responsabile ai sensi del 1 ovvero del 2 comma dell’art. 2497 c.c.

In primo luogo si e` detto che la distinzione fra un semplice controllante e un soggetto cui deve essere riferito l’esercizio dell’atti- vita` di eterodirezione — in altri termini la distinzione fra chi puo` essere perseguito ai sensi del 1 o del 2 comma, dell’art. 2497 — di- pende dalla possibilita` o meno di ricondurre il contributo alla realizza- zione dell’abuso di eterodirezione entro una piu` ampia attivita`, di cui il primo non costituirebbe altro che la manifestazione episodica. Il sog- getto che, per ipotesi, limiti la propria influenza sulla gestione del gruppo ad un singolo atto o ad atti sporadici, non puo`, percio`, essere perseguito per esercizio abusivo di un’attivita` che, a causa del carattere

(254) Tali parametri, per discernere le diverse ipotesi che possono in concreto realizzarsi, sono utilizzati da Cariello, Dal controllo, cit., 58, cui appartiene anche il virgolettato.

episodico e non continuativo dei suoi interventi, non gli e` riferibile. Rispondera`, invece, quale concorrente all’eterodirezione altrui (255).

Esemplificativamente si puo` immaginare che il socio possa essere convenuto quale concorrente al fatto lesivo direttamente imputato alla holding da lui partecipata nelle ipotesi in cui abbia compiuto uno o piu` atti episodici di induzione degli amministratori al compimento di scelte rivelatesi dannose per i soci e i creditori della societa` eterodiretta. D’altronde in tale ipotesi, non solo l’intervento del socio non e` ricon- ducibile ad una pluralita` di atti teleologicamente diretti ad uno scopo (id est ad un’attivita`), ma esso non assume nemmeno i caratteri del contributo decisionale determinante l’an e il quomodo dell’eterdire- zione. Rispetto all’induzione, infatti, la dottrina civilistica insegna che la scelta decisiva e determinante per l’inadempimento e` propria dell’i- stigato; l’istigatore — nel caso in esame, il socio — da` solo un contri- buto causale (psicologico), come tale non avente i connotati dell’eser- cizio-disposizione che si e` ritenuto necessario ad integrare la fattispecie della responsabilita` di cui all’art. 2497, 1 co., c.c. (256). Si tratta di

quelle ipotesi nelle quali l’influenza extra-istituzionale del socio di co- mando non e` tale da sopprimere — mutuando una espressione utiliz- zata dalla giurisprudenza teorica e pratica britannica — la management discretion (257) degli amministratori della capogruppo (autori materiali

dell’eterodirezione), i quali continuano ad esercitare un potere determi- nante rispetto alle decisioni concernenti le modalita`, i tempi, i conte- nuti delle scelte strategiche di gruppo (258).

(255) Guerrera, ‘‘Compiti’’, cit., 508; Id., La responsabilita`, cit., 134, il quale afferma che la possibilita` di configurare la condotta assembleare del socio come fonte di responsabilita` risarcitoria (nel nostro caso ex art. 2497, 2 co., prima parte, c.c.) non postula l’esercizio di un potere avente i connotati della direzione e coordinamento. ‘‘Pos- sono venire in considerazione... anche iniziative di carattere episodico o discontinuo’’. (256) Ziccardi, L’induzione, cit., 178; Castronovo, La nuova responsabilita`, cit., 118.

(257) La dottrina inglese utilizza tale espressione per distinguere i casi in cui un soggetto possa o meno essere qualificato come shadow director. Analogamente in Francia si utilizza l’espressione ‘‘maitre de decision’’ per individuare la figura del dirigeant de fait. Questi criteri sono assimilabili alla ricostruzione proposta dell’espressione ‘‘esercizio della direzione e coordinamento’’ intesa come disposizione effettiva della stessa (cioe` come determinazione dell’an e del quomodo), cui si e` dato rilievo per distinguere il referente della responsabilita` di cui al 1 comma da quello della responsabilita` di cui al 2 co. dell’art. 2497 c.c.

(258) Nel caso di semplice partecipazione di un qualunque soggetto (per es. il socio) all’elaborazione delle direttive contrarie ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale (e, dunque, di una fattispecie idonea a determinare l’applicazione della responsabilita` ex art. 2497, 2 co., prima parte c.c.) non puo` dirsi che la volonta` della capogruppo (rectius dei suoi amministratori) funge da diaframma che interrompe il nesso di causalita`. L’obiezione e` calzante solo se l’autonomia dell’obbligato (ex art. 2497 1 co. c.c.) viene lasciata integra dal terzo, quindi allorche´ quest’ultimo svolga una attivita` qualificabile come mera consulenza. Laddove invece il terzo svolga un ruolo determinante la decisione dell’obbligato, non puo` negarsi il rapporto di causa-effetto (Cass., 14 luglio