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la sinDrome Da enterocolite allergica (sea)

S. Miceli Sopo, V. Giorgio, R. Onesimo, C. Fundarò

Dipartimento di Scienze Pediatriche e Neuroscienze dello sviluppo - Policlinico Agostino Gemelli - Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma

smicelisopo@rm.unicatt.it Definizione e prevalenza

La Sindrome da Enterocolite Allergica (SEA), in inglese Food Protein Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES), è una forma severa di ipersensibilità agli alimenti di tipo cellulo-mediato, caratteristica dell'età infantile (di solito si tratta di bambini con età inferiore ai 9 mesi) e tipicamente causata dal latte vaccino e/o dalla soia. La prevalenza della SEA non è ancora definita, ma viene comunque considerata una forma rara di ipersensibilità agli alimenti. In realtà il numero dei casi segnalati in letteratura è in aumento, parallelamente all'aumento dei casi di allergia in genere e, probabilmente, della conoscenza della SEA da parte dei pediatri.

Sintomi

La SEA è caratterizzata da vomito incoercibile e diarrea profusa con progressione fino alla disidratazione ed allo shock ipovolemico in circa il 20% dei casi. I sintomi insorgono tipicamente dopo 2-3 ore dall'assunzione dell'alimento sospetto e regrediscono completamente dopo la sospensione dello stesso. In caso di nuova assunzione dell'alimento sospetto, vomito incoercibile e diarrea profusa ricompaiono e sono associati ad aumento dei polimorfonucleati nel sangue periferico. Sono stati riportati casi di metaemoglobinemia in un numero significativo di pazienti.

Recenti sono degli studi che confermano l'osservazione per cui anche cibi solidi (pesce, riso, frutta, tacchino) possono scatenare la SEA; in questi lavori è stato altresì osservato che i bambini con SEA da cibi solidi hanno maggiore probabilità che essa venga scatenata da più di un alimento e che abbia una presentazione clinica più drammatica di quella da liquidi.

Sono stati descritti casi di SEA con malassorbimento grave ed ipoprotidemia, associati ad emesi e diarrea cronici.

Tabella 1 - “The Essentials” per la SEA

1. Vomito profuso, che insorge entro 2-3 h dall'assunzione, e diarrea, fino alla disidratazione 2. Malassorbimento con ipoalbuminemia e scarso accrescimento in caso di esposizione cronica 3. Rapida risoluzione dei sintomi non appena il cibo responsabile viene eliminato

4. Prick tests cutanei e IgE sieriche specifiche negativi

5. Il trattamento acuto si fonda essenzialmente su una vigorosa reidratazione

6. La reintroduzione dell'alimento sospetto deve essere effettuata sotto supervisione medica e con accesso venoso disponibile

7. E’ molto probabile l’ acquisizione della tolleranza con l'età Fisiopatologia

La SEA è una forma di ipersensibilità agli alimenti apparentemente non IgE-mediata. E’ stata ipotizzato un aumento della secrezione di TNF e un deficit relativo dell'espressione di TGF.

Diagnosi

Il sospetto diagnostico si basa sulla storia clinica; la conferma della diagnosi passa attraverso l’ esecuzione del Test di Provocazione Orale (TPO) secondo una procedura standardizzata. Si tratta di una procedura ad alto rischio che richiede la disponibilità immediata di un accesso venoso per i fluidi di rianimazione. Esso prevede la somministrazione graduale - in più di 1 ora - di 0.06-0.6 g/kg di peso corporeo di proteine dell'alimento sospetto; se non si verificano reazioni, il paziente può essere dimesso dopo 6 ore; in caso contrario l'operatore dovrà valutare i seguenti sintomi e dati laboratoristici: 1) vomito (insorge tipicamente

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dopo 2-4 ore); 2) diarrea (insorge tipicamente dopo 5-8 ore); 3) sangue nelle feci (evidente ad occhio nudo o occulto); 4) presenza all' esame chimico delle feci di leucociti e/o eosinofili; 5) incremento nel sangue periferico di polimorfonucleati (più di 3500 cell/mmc, picco a 6 ore dall'inizio del test). Il TPO viene considerato positivo in presenza di 3 dei 5 criteri sopra elencati, dubbio in presenza di 2 dei 5. Alcuni autori ritengono che il TPO non sia necessario in presenza di più di un episodio di sintomi tipici.

Test allergometrici

Tipicamente i prick tests risultano negativi come negativa, nella gran parte dei casi, è la ricerca di IgE specifiche nel siero. Sono però stati descritti casi di debole positività al test allergometrico, per i quali viene suggerita l'esecuzione di un TPO in condizioni di massima sicurezza poiché la loro positività è un fattore prognostico sfavorevole per l'acquisizione della eventuale tolleranza.

Diagnosi Differenziale

La diagnosi differenziale prevede, specie in lattanti e bambini piccoli, l'esclusione di cause infettive (sepsi), di emorragie o di altre cause di shock ipovolemico. La accurata raccolta dei dati anamnestici consentirà poi di pensare alla possibilità della SEA e l'esecuzione del TPO in ambiente protetto confermerà la diagnosi. Terapia e gestione clinica

La terapia dell'episodio acuto prevede in prima linea una reidratazione vigorosa piuttosto che l'utilizzo di adrenalina o antiistaminici. L'utilizzo dei corticosteroidi per via endovenosa va comunque considerato. Il trattamento successivo prevede la eliminazione dalla dieta dell'alimento dimostrato essere causa della SEA. Nei casi di SEA da latte vaccino vengono consigliate le formule idrolisate o, se necessario, formule a base di amminoacidi (non la soia). L'acquisizione della tolleranza verso l'alimento responsabile della SEA viene valutata mediante TPO.

Follow up e valutazione dell’ acquisizione della tolleranza

Generalmente la maggioranza dei bambini diventa tollerante all'alimento scatenante i sintomi di SEA in circa 2 anni. Recente è uno studio retrospettivo in cui sono stati pubblicati dati di follow up a 2 anni di bambini affetti da SEA da latte vaccino e da soia: gli autori hanno osservato che i bambini con SEA per la soia acquistano più rapidamente la tolleranza per l'alimento (dai 6-8 mesi di vita in poi), al contrario dei bambini con SEA da latte vaccino che non la acquistano in media prima dei 12 mesi. Non vi sono in letteratura dati sul follow up dei casi di SEA da cibi solidi.

La nostra casistica

Abbiamo osservato 21 casi in 6 anni, un buon numero se si guarda alla numerosità delle casistiche pubblicate. Le caratteristiche dei nostri pazienti sono, in linea di massima, assimilabili a quelle descritte in letteratura come tipiche.

Il rapporto maschi/femmine è stato pari a 12/9, l’ età media alla 1^ reazione a 6.5 mesi, il tempo medio di insorgenza dei sintomi a 2.5 ore, il numero medio degli episodi di SEA prediagnosi a 2.5, l’ età media alla diagnosi a 15.5 mesi, l’ età media all’ acquisizione della tolleranza a 44.5 mesi.

L’ atopia è stata scarsamente presente nei bambini con SEA e nei loro genitori: un solo bambino presentava una lieve dermatite atopica (e i suoi genitori non erano allergici), solamente in due casi i genitori manifestavano malattie allergiche.

Il latte vaccino è stato l’ alimento colpevole in 11/21 casi (52%), anche questo è tipico. Ma la soia è stata implicata solamente in un caso, e questo è meno tipico: verosimilmente ciò è da attribuire allo scarso utilizzo della soia in Italia. L’ uovo è stato responsabile di SEA in 3 dei 21 casi da noi osservati, il pesce in ben 5 casi (24%). Per quanto riguarda quest’ ultimo alimento, si è trattato quasi sempre di sogliola, in singoli casi sono stati implicati la trota o il merluzzo. Probabilmente anche stavolta la spiegazione sta nelle abitudini alimentari italiane. Tutti i bambini che hanno presentato una SEA da pesce e sono stati sottoposti a Test di Provocazione Orale con altri pesci (per esempio salmone, pesce spada, orata, calamaro, gamberi) e hanno tollerato uno o più pesci.

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TERZA SESSIONE

Nessuno dei 21 bambini da noi studiati ha presentato reazione avversa a seguito dell’ ingestione di un secondo alimento. Ciò nonostante il fatto che non siano mai state suggerite precauzioni da osservare nella gestione della dieta di questi bambini salvo che, naturalmente, l’ eliminazione dell’ alimento colpevole della SEA accertata.

Il vomito ripetuto, il pallore e la lipotimia sono stati costantemente presenti, la diarrea ha interessato la metà circa dei casi da noi studiati. Il ristabilimento di buone condizioni generali è invariabilmente avvenuto entro 12 ore al massimo dall’ esordio dei sintomi.

Solamente 5/21 (24%) bambini sono stati ricoverati in ospedale dopo l’ episodio acuto di SEA e pochi di più hanno fatto ricorso alle cure mediche presso un pronto soccorso.

Nove dei 21 bambini (43%) hanno effettuato un Test di Provocazione Orale (in aperto) con l’ alimento sospettato di aver provocato la reazione avversa entro 2 mesi dall’ ultimo episodio critico (TPO diagnostico). Tutti e nove i TPO hanno avuto un esito invariabilmente sfavorevole. In due casi è stata somministrata adrenalina per via intramuscolare con beneficio pressocchè immediato nei confronti della profonda iporeattività. Le caratteristiche di questi 9 bambini sono state simili a quelle dei 12 bambini che non hanno effettuato un TPO diagnostico.

Alcuni dei 21 bambini hanno effettuato un TPO per verificare la possibile acquisizione della tolleranza verso l’ alimento già colpevole di SEA. L’ età media di acquisizione della tolleranza è stata pari a 44,5 mesi.

Conclusioni e interrogativi aperti

La nostra casistica non ha nulla di particolare salvo che per il ragguardevole numero dei bambini osservati. Il range del numero delle SEA osservate nei centri allergologici pediatrici italiani nello stesso arco di tempo (6 anni) va da 5 a 10, non conosciamo i motivi del cluster da noi osservato, particolarmente nel 2008 (11 casi alla prima diagnosi).

Alcune considerazioni ci sentiamo di farle. Per esempio che alla SEA ci si pensa poco: il ritardo per la diagnosi è stato di circa 10 mesi e la media degli episodi prediagnosi è stato di 2.5 (con alcuni bambini che ne hanno presentati 4-5). E ciò nonostante gli episodi siano sempre stati di una certa gravità. Ma anche sotto questo aspetto sorprende che l’ accesso all’ ospedale sia stato molto limitato se pensiamo che la SEA può causare uno shock ipovolemico non raramente. Sotto l’ aspetto diagnostico, vorremmo soffermarci sulla necessità del TPO come momento fondamentale. Già Scott Sicherer (JACI 2005) aveva paventato la possibilità che per i casi con presentazione tipica di SEA il TPO potesse essere evitato. Ma, ancor oggi, la SEA non è tra le situazioni che prevedono l’ esclusione del TPO al fine giungere al suggerimento di una dieta di eliminazione terapeutica, quanto meno a detta delle linee guida correnti riguardo la diagnosi di allergia alimentare. Informalmente, il suggerimento di Sicherer è condiviso da molti allergologi pediatri. E anche da noi, almeno nei casi con più di un episodio critico nella storia, e che rispondono alle caratteristiche elencate nella tabella 1. Questo va tenuto in conto soprattutto per il fatto che la SEA non ha quasi mai una presentazione di modesta gravità, per cui un TPO positivo rappresenta sempre un evento traumatico per il bambino e i suoi genitori.

Gradiremmo anche una riflessione critica, da parte delle Società preposte, della necessità di una dieta di eliminazione riguardante altri cibi solidi oltre a quello incriminato. Questa pratica forse è un po’ eccessiva, almeno nella SEA da allergia al pesce.

La diagnosi di quest’ ultima dovrebbe a nostro parere prevedere l’ esecuzione di TPO per verificare la tolleranza verso altri pesci, che è molto probabile, senza escludere del tutto questo importante alimento dalla dieta del bambino.

Il dubbio sulla necessità della adrenalina nel trattamento dell’ episodio acuto di SEA è già stato preso in considerazione da Scott Sicherer (JACI 2005). Noi lo riproponiamo, in due casi il suo utilizzo ci è parso risolutivo. Sono auspicabili studi che lo valutino adeguatamente.

Infine, l’ ipotesi di attuare per questi bambini una desensibilizzazione orale per alimenti, come si sta ampiamente sperimentando nel mondo per le allergie alimentari IgE-mediate, forse non è praticabile.

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Quasi tutti i bambini affetti da SEA raggiungono la tolleranza prima dei 5 anni, per cui la DOPA appare un provvedimento non proprio strettamente necessario.

Infine, è stato da noi avviato un progetto per l’ instaurazione di un Registro Italiano della SEA (RISEA), sicuramente permetterà di conoscere meglio alcuni aspetti di questa malattia meno nota di quel che si dovrebbe.

Letture consigliate

1. Hwang JB et al. Prospective follow up-oral food challenge in food protein-induced enterocolitis syndrome. Arch Dis Child. 2008 Oct 1

2. Mehr S et al. Rice: a common and severe cause of food protein induced enterocolitis syndrome. Arch Dis Child. 2008 Oct 28

3. Bruni F et al. Fruit proteins: another cause of food protein-induced enterocolitis syndrome. Allergy. 2008;63(12):1645-1646

4. Maloney J et al. Educational clinical case series for pediatric allergy and immunology: allergic proctocolitis, food protein-induced enterocolitis syndrome and allergic eosinophilic gastroenteritis with protein-losing gastroenteropathy as manifestations of non-IgE-mediated cow's milk allergy. Pediatr Allergy Immunol 2007;18:360-367

5. Zapatero Remón L et al. Food-protein-induced enterocolitis syndrome caused by fish.Allergol Immunopathol (Madr). 2005 Nov-Dec;33(6):312-6

6. Sicherer SH. Food protein-induced enterocolitis syndrome: Case presentations and management lessons. J Allergy Clin Immunol 2005;115:149-56

7. Nowak Wegrzyn A et al. Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome caused by solid food protein. Pediatrics 2003;111:829-835

8. Powell GK et al. Food protein-induced enterocolitis of infancy: differential dignosis and management. Compr Ther. 1986;12:28-37

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