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la malattia Di gaucher: il ruolo Del peDiatra nella Diagnosi e gli obiettivi terapeutic

M. Sibilio, G. Parenti, G. Andria

Dipartimento di Pediatria - Università Federico II - Napoli

La malattia di Gaucher (GD) è una delle più comuni malattie d’accumulo lisosomiale. È una malattia panetnica ereditaria trasmessa con modalità autosomica recessiva, causata dal deficit di un’idrolasi lisosomiale, la b-glucosidasi acida (o glucocerebrosidasi). Il deficit della b-glucosidasi acida determina l’accumulo di substrati lipidici non degradati, in particolare glucosilceramide (glucocerebroside), all’interno dei lisosomi delle cellule del sistema reticolo-endoteliale, in particolare del fegato, della milza e del midollo osseo. L’accumulo progressivo di tali substrati determina problemi ematologici e scheletrici, epato-splenomegalia e in alcuni pazienti interessamento neurologico.

L’età di insorgenza varia dall’infanzia precoce alla tarda età adulta, tuttavia spesso si manifesta in età pediatrica e la maggior parte dei pazienti sintomatici presenta l’esordio prima dei 10 anni di età (Charrow et al 2000).

Tra i pazienti affetti da GD è stata osservata un’ampia variabilità nell’ambito delle manifestazioni cliniche e della loro severità (Sidransky et al 1993), si va, infatti, da pazienti completamente asintomatici a pazienti con massiva epatosplenomegalia, compromissione della funzionalità epatica, piastrinopenia e grave interessamento osseo.

In relazione a tale eterogeneità, sono stati individuati tre fenotipi principali della malattia, distinti in base all’assenza (tipo 1) o alla presenza ed alla severità (tipi 2 e 3) del coinvolgimento del Sistema Nervoso Centrale (SNC):

tipo 1, non neuronopatico (GD 1) •

tipo 2, neuronopatico acuto (GD 2) •

tipo 3, neuronopatico cronico o di Noorbotten (GD 3) •

La forma più comune della malattia di Gaucher è il tipo 1, contando circa il 99% dei casi.

Le manifestazioni cliniche più frequenti della GD 1 sono la epato-splenomegalia, anemia, trombocitopenia, epatomegalia e malattia ossea (Beutler et al 2001). I bambini con GD non-neuronopatica possono presentare anche alterazioni del sistema endocrino quali: ritardo di crescita e della maturazione scheletrica e/o ritardo della pubertà.

La GD 2, rappresenta la forma infantile neuronopatica della malattia. È molto meno frequente. È caratterizzata da un decorso neurodegenerativo rapido ed un esteso coinvolgimento viscerale. La maggior parte dei bambini affetti generalmente va incontro a morte entro i primi due anni di vita, principalmente a causa di polmoniti da aspirazione e crisi di apnea.

La GD 3, fu descritta per la prima volta da Hillborg nel 1959, da lui definita “Noorbotthian”, in quanto molto frequente nella popolazione Noorbotthiana della Svezia. Generalmente si manifesta nell’infanzia con segni clinici di grado intermedio rispetto a quelli del tipo 1 e 2 e conduce a morte tra la seconda e la quarta decade di vita. È caratterizzata da un coinvolgimento neurologico che, rispetto al tipo 2, si manifesta più tardivamente e con minore severità.

L’esame del midollo osseo mostra, usualmente, la presenza delle cellule di Gaucher, ma il metodo più efficiente ed affidabile per la conferma diagnostica di GD si basa sulla determinazione dell’attività della b-glucosidasi acida (b-glucocerebrosidasi), eseguibile su leucociti isolati da sangue periferico (leucociti del sangue periferico, presentano un’abbondante attività della b-glucocerebrosidasi), su fibroblasti nonchè amniociti o villi coriali per la diagnosi prenatale.

Posta la diagnosi di GD è importante, per un corretta valutazione basale, raccogliere una dettagliata storia medica del paziente (etnia, consanguineità, presenza di sintomi o segni correlati alla GD nei genitori, fratelli o altri parenti), e nel caso dei pazienti pediatrici, valutare correttamente lo sviluppo del bambino,

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la funzione sociale e la performance scolastica.

Negli ultimi 20 anni grandi progressi sono stati effettuati per il trattamento della GD al fine di migliorare la qualità di vita, la crescita e lo sviluppo dei pazienti affetti. Ancora oggi, un ruolo fondamentale nella gestione di tali pazienti è giocato dalla terapia di supporto, cui si è aggiunta, ormai da oltre un decennio, la terapia enzimatica sostitutiva (ERT), dapprima con enzima estratto e purificato da placenta umana (alglucerasi-CeredaseTM, Genzyme corporation), e successivamente con enzima ricombinante (imiglucerasi - Cerezyme®, Genzyme Corporation). La GD è stata la prima malattia da accumulo lisosomiale ad essere trattata con successo mediante ERT. Tale approccio è risultato efficace nei pazienti con GD non- neuronopatica determinando un miglioramento dei parametri ematologici e biochimici, della crescita e dell’epatosplenomegalia. Inoltre evidenze cliniche e radiologiche hanno mostrato che la ERT è in grado di migliorare le manifestazioni a carico del sistema scheletrico e la qualità di vita dei pazienti. Tuttavia poiché l’enzima somministrato non è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, l’efficacia di questo approccio nelle forme di GD neuronopatiche è molto ridotta (Andria G & Parenti, 2003; 2006). Obiettivi della terapia con ERT

Nel 2004, un gruppo di esperti internazionali con ampia esperienza clinica nel trattamento dei pazienti in età pediatrica con GD, si sono riuniti per poter valutare lo stato dell’arte della GD e per ciascuno dei sistemi coinvolti dalla malattia, in particolare per quanto riguarda l’anemia, la trombocitopenia, l’epatomegalia, la splenomegalia, la malattia ossea, la crescita, le condizioni polmonari e la qualità di vita hanno proposto una serie di obiettivi terapeutici specifici come guida per i clinici che hanno in cura i pazienti, insieme ai tempi previsti per il raggiungimento di tali obiettivi (Baldellou et al 2004, Pastores et al 2004).

In generale, tutti i bambini con segni fisici o manifestazioni della GD devono essere trattati con ERT al fine di prevenire lo sviluppo di complicanze e favorire in tal modo un adeguato sviluppo attraverso l’infanzia e l’adolescenza.

Dopo l’inizio della ERT, i pazienti devono essere monitorati attentamente e regolarmente, per valutare anche la opportunità di modificare la dose, nel caso in cui non siano stati raggiunti gli obiettivi terapeutici pianificati entro il periodo di tempo stabilito.

L’attento monitoraggio della malattia ossea è di vitale importanza per i bambini affetti da GD, in quanto le sequele risultanti dal coinvolgimento osseo determinano un alto grado di morbidità.

In linea generale, dopo 6 mesi di trattamento con dosaggio appropriato, tutti i pazienti rispondono alla terapia enzimatica sostitutiva con miglioramento dei parametri ematologici, biochimici e viscerali; tuttavia in assenza di miglioramento occorre valutare l’opportunità di aumentare la dose.

Molteplici fattori possono condizionare la risposta alla ERT, quali ad esempio l’età di esordio, il tipo e il grado di compromissione degli organi coinvolti e infine la presenza o meno di complicanze irreversibili. Dosi iniziali di 30 - 60 U/Kg ogni 2 settimane di Cerezyme si sono dimostrate essere sicure ed efficaci nel migliorare rapidamente l’epatosplenomegalia, l’anemia, la trombocitopenia e la qualità di vita dei pazienti affetti. In alcuni pazienti, tuttavia, il raggiungimento dei goals terapeutici è possibile solo attraverso un aumento delle dosi dell’ERT.

È bene sempre ricordare che le risposte alla terapia nei singoli pazienti sono altamente variabili, anche nei pazienti con fenotipi identici; pertanto è molto importante che l’approccio terapeutico sia personalizzato.

Per le forme neurologiche la terapia ha mostrato un eccellente profilo di sicurezza, migliorando le implicazioni sistemiche associate alle forme neurologiche, ma sono da verificare gli effetti sulla stabilizzazione o il rallentamento delle implicazioni neurologiche in alcuni pazienti.

Anche i bambini affetti da GD non-neuronopatica, ma che sono asintomatici (bambini nei quali la diagnosi è stata effettuata mediante screening o sulla base della positività dell’anamnesi familiare) e/o anche i pazienti che presentano minimi segni o sintomi della GD e che non hanno iniziato la ERT, devono essere monitorati regolarmente. Idealmente questi bambini devono effettuare una valutazione clinica accurata, in particolare dei parametri auxologici, ogni 6 mesi, e annualmente controllare i parametri ematologici e

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biochimici. Inoltre ogni 24 mesi devono praticare la MRI dello scheletro e la DEXA. Tuttavia la comparsa di segni o sintomi clinici deve precocemente indirizzare questi pazienti alla ERT al fine di limitare fortemente le complicanze connesse alla malattia.

Il follow-up attento della GD deve necessariamente includere un approccio multidisciplinare, che include naturalmente anche il Pediatra Curante, che valuti lo stato psicosociale, funzionale e la qualità di vita dei pazienti affetti. Infatti molti pazienti possono presentare considerevoli problemi psicosociali e disturbi del comportamento. Nei bambini più grandi, l’organomegalia, il ritardo di crescita e pubertà possono avere effetti determinanti sull’immagine corporea, e ciò potrebbe causare lo sviluppo di pensieri e sentimenti non adeguati (bassa stima di se stessi, sentimenti di rabbia, paura, insicurezza e di isolamento). Inoltre il dolore cronico, la splenomegalia, il coinvolgimento osseo possono avere un impatto altamente negativo sulla qualità di vita dei pazienti condizionandone l’inserimento nella società.

In conclusione, la disponibilità di un trattamento efficace rende più che mai indispensabile una diagnosi precoce per prevenire complicanze irreversibili, delibitanti e potenzialmente fatali associati alla GD. Pertanto è molto importante che il Pediatra conosca e sospetti tale patologia. E poiché ciò che non si conosce non può essere ricercato, la non conoscenza di questa patologia riduce fortemente la possibilità per il Pediatra di sospettarla e conseguentemente porla in diagnosi differenziale di fronte a taluni segni e sintomi.

Il riscontro di dati di laboratorio quali anemia, piastrinopenia e un aumento della ferritina in associazione a segni clinici quali epatosplenomegalia, petecchie, epistassi (con o senza la presenza di segni di interessamento del sistema nervoso centrale) devono indurre il Pediatra a sospettare la GD. Infatti una particolare attenzione da parte del Pediatra nell’osservazione di questi segni, anche apparentemente insignificanti presi ognuno singolarmente, può permettere se non una diagnosi di certezza, quantomeno la formulazione di un sospetto.

Tuttavia, accade piuttosto spesso che tra la prima insorgenza dei sintomi e la diagnosi intercorra uno spazio temporale notevole. Gli errori diagnostici iniziali più comuni variano dai comuni dolori della crescita o frattura accidentale oppure epistassi ricorrente a causa di disturbi emorragici non specifici con splenomegalia, leucemia o Malattia di Legg-Calvè-Perthes.

Altri approcci terapeutici

La ERT, come descritto in precedenza risulta sicuramente una strategia terapeutica sicura ed efficace, tuttavia presenta delle limitazioni, in primis l’impossibilità da parte dell’imiglucerasi,essendo una macromolecola proteica (glicoproteina di ≈ 60-kDa), di attraversare la barriera ematoencefalica (BEE); la ERT inoltre non è in grado di risolvere tutti i problemi, in particolare le manifestazioni neurologiche, che comporta la GD; per tale motivo la ricerca si è orientata verso nuove alternative terapeutiche, che vedono in particolare l’utilizzo di piccole molecole. Tra i nuovi approcci terapeutici introdotti per il trattamento della GD vi è la “riduzione di substrato (SRT)”. Questa nuova modalità di trattamento, sperimentata per la prima volta da Radin nel 1987 (InoKuchi and Radin 1987), sta suscitando molto entusiasmo, in quanto oltre che per la GD potrebbe essere utile per altri disordini di accumulo lisosomiale. L’obiettivo di questa strategia terapeutica è quello di ridurre la sintesi di glicosfingolipidi ad una velocità tale da consentire all’attività enzimatica residua di catabolizzare il substrato lisosomiale. A tale scopo, recentemente per il trattamento della GD è stato testato un iminozucchero, la N-butildeossinojirimycin (NB-DNJ o miglustat o OGT 918; Zavesca®, Actelion Pharmaceuticals US, San Francisco, CA), somministrabile per via orale, che inibisce in maniera reversibile, la sintesi di glucosil-ceramide, attraverso l’inibizione della glucosiltransferasi, enzima responsabile della prima tappa della sintesi dei glicosfingolipidi (Cox et al., 2003). La glucosiltransferasi, infatti, catalizza il legame del glucosio al lipide. Tale approccio è stato studiato in diversi trial clinici che hanno permesso di evidenziare un miglioramento delle dimensioni del fegato e della milza e dei parametri ematologici, sebbene siano stati descritti diversi effetti collaterali, quali perdita di peso, sintomi gastrointestinali, diarrea, tremori, disturbi della funzione cognitiva e neuropatia periferica. Inoltre un elemento di particolare rilevanza da sottolineare è la capacità del miglustat, in virtù delle sue peculiari

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caratteristiche chimico-fisiche, di diffondere a livello tissutale; ciò rende questa nuova molecola un’arma molto interessante per il trattamento dei distretti poco raggiungibili da macromolecole, come l’apparato scheletrico e il cervello. Correntemente la terapia di riduzione del substrato è indicata solo nei pazienti adulti con GD di grado lieve o moderato che non possono o che rifiutano di continuare la ERT. Sulla base delle raccomandazioni della EWGGD (Expert members of the European Working Group on Gaucher disease), la N-butildeossinojirimycin è controindicata nei bambini, negli adolescenti, in gravidanza e durante l’allattamento.

Per quanto riguarda la GD3, come riportato anche da Schiffmann R (Schiffmann R et al, 2008), il miglustat sembra non apportare alcun beneficio sulle manifestazioni neurologiche.

L’uso combinato della ERT con la terapia di riduzione del substrato potrebbe rappresentare un valido approccio terapeutico, tuttavia tale opzione necessita di ulteriori studi.

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