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Il quadro giuridico e la sentenza Bosman

2. Il calcio a fini di lucro

2.3. Il quadro giuridico e la sentenza Bosman

Da ciò che si è analizzato fino a questo punto il passaggio al calcio-business e al “neocalcio” potrebbe apparentemente sembrare causato da fattori endogeni: il naturale processo di evoluzione di uno sport in un fenomeno di massa, la spettacolarizzazione dell’evento e l’interesse dei mezzi di comunicazione ad una passione sempre più dilagante.

In realtà credo che i fattori esogeni siano stati ancora più determinanti ed uno tra tutti sia stato il mutamento del quadro giuridico di riferimento.

Come sottolineato da alcuni autori6 il quadro normativo del settore calcio, che ha subito negli ultimi anni diverse modifiche e trasformazioni, appare decisamente complesso perchè costretto a sottostare alle diverse norme di organismi nazionali ed internazionali, ma anche ad alcune norme speciali – volte alla risoluzione “ad hoc” di diverse problematiche – e alla giurisprudenza “ordinaria” nazionale, internazionale ed ora anche comunitaria.

«La regolamentazione dell’attività sportiva ha spesso una serie di ripercussioni di ordine economico» sulle società calcistiche, così come le norme nazionali, internazionali e comunitarie sulle diverse attività dello sport-business inevitabilmente vanno a condizionare le attività sportive e non dei club stessi.

Inoltre la gestione normativa nazionale ed internazionale del pianeta calcio non più basata essenzialmente sul diritto speciale, ma su rigide regole normative «che comportano procedure di attuazione alquanto complesse e che non sempre vengono interpretate e recepite con la necessaria tempestività»7, e i rapidi e spesso radicali cambiamenti nel quadro giuridico-normativo-amministrativo avvenuti negli ultimi anni, hanno trovato spesso impreparate le strutture organizzative della maggior parte dei club professionistici italiani, divenuti oramai, a causa della dimensione delle attività svolte, delle medie-grandi imprese.

Prima della “rivoluzione” del 1996, la più importante delle leggi che regolavano il calcio italiano è stata la legge n°91 del 23 Marzo 1981.

Nell’articolo 10, al comma 1, si obbligavano le società sportive a costituirsi in forma di società per azioni (S.p.a.) o di società a responsabilità limitata (S.r.l.) per poter stipulare contratti con atleti professionisti.

Ma ancora più importante, al comma 2, si escludeva il fine di lucro che per le società sportive, le quali non potevano così ridistribuire gli utili tra i soci ma reinvestirli nella attività sportiva stessa.

L’intera organizzazione del settore sportivo italiano è affidata al Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), che controlla e regolamenta le diverse federazioni sportive nazionali. Le società professionistiche di calcio sono

6 Lago, Baroncelli, Szymanski, Ibidem.

7 Ibidem.

inoltre soggette alle norme tecnico-giuridiche-finanziarie della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e della Lega Nazionale Professionisti (LNP) – esclusivamente le squadre di Serie A e B. Infine la Lega Calcio è autonoma nell’organizzare e amministrare l’attività agonistica e i campionati di Serie A e B, nel controllare il rispetto delle normative vigenti, e nel coordinare il trasferimento dei giocatori fungendo da garante.

Inoltre la FIGC effettua un controllo funzionale al mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario del nostro calcio. Attraverso l’articolo 78 delle Norme Organizzative Interne (NOIF), ha istituito la Commissione di Vigilanza Società di Calcio (Co.vi.soc) come organo preposto al controllo sulla gestione economico-finanziaria delle società calcistiche professionistiche, proponendo in caso di inadempimenti le dovute sanzioni.

Il controllo viene effettuato in base a quanto previsto nell’articolo 12 sempre della legge 91 del 23 Marzo 1981 – articolo poi modificato nel 1996 – attraverso l’esame dei bilanci di esercizio e delle situazioni finanziarie trimestrali.

2.3.1. La sentenza Bosman e i provvedimenti legislativi del 1996

Questo era sostanzialmente il quadro giuridico che regolò il nostro calcio fino al 1995, quando la famosa sentenza Bosman dette inizio ad una radicale riforma.

Questa prende il nome dal calciatore belga Jean Marc Bosman, il quale all’epoca dei fatti avendo il proprio contratto in scadenza con la squadra in cui militava, il club belga RFC Liegi, voleva trasferirsi a giocare in Francia nel Dunkerque.

Il Liegi però si rifiutava, come prassi per l’epoca8, di lasciar andare via il giocatore senza un costo di trasferimento, che però la squadra francese non era assolutamente disposta a pagare.

Bosman avanzò la tesi che come cittadino dell’Unione Europea aveva il diritto – secondo l’articolo 48 del Trattato di Roma – “di libertà di movimento all’interno dei confini europei” e che il sistema vigente dei trasferimenti dei calciatori impediva l’attuazione di questo suo diritto fondamentale; Bosman chiese quindi che il sistema normativo fosse trasformato in modo tale che i giocatori senza contratto potessero liberamente muoversi da una squadra all’altra, secondo le loro preferenze.

Il 15 Ottobre 1995 la Corte di Giustizia della Comunità Europea nella sua sentenza sancisce, in base al suddetto articolo 48, due principi fondamentali: il primo è che "le norme emanate da federazioni sportive in forza delle quali un calciatore professionista, cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società può essere ingaggiato da società di un altro Stato membro solo se questa ha versato alla società di provenienza un' indennità di trasferimento, formazione e promozione" sono contrarie al principio di libera circolazione dei lavoratori nell'ambito comunitario; il secondo è che anche le "norme

8 Prima della sentenza Bosman i giocatori erano vincolati alle società calcistiche a cui appartenevano e non potevano in alcuna maniera e per alcun motivo trasferirsi in un’altra squadra senza il consenso della società di appartenenza.

emanate dalle federazioni sportive in forza delle quali, nelle partite che organizzano, le società calcistiche possono schierare solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri stati membri" sono contrarie al suddetto principio.

E' necessario quindi apporre immediatamente delle modifiche all’articolo sei della legge 91/1981, in cui si disciplina il versamento dell'indennità di preparazione e promozione. La revisione viene introdotta con il Decreto Legge n° 272 del 17 Maggio, recante "disposizioni urgenti per le società sportive", che adeguerebbe le norme nazionali con quelle previste dalla sentenza Bosman.

Il decreto, però, non viene convertito in legge rendendo quindi necessaria la reiterazione attraverso un nuovo Decreto Legge, il n.383 del 22 luglio 1996 che ripropone per intero il testo della precedente disposizione.

Anche il Decreto n.383 non viene però convertito in legge e allo scadere dei 60 giorni, si ha una nuova reiterazione ed un nuovo Decreto nel quale vengono inserite delle novità rilevanti. Nel Decreto Legge n.485 del 20 settembre 1996 viene anche abrogato, tra le altre modifiche, il secondo comma dell' articolo 10 della legge n° 91, che obbliga i club al reinvestimento degli utili realizzati "per il perseguimento esclusivo dell'attività sportiva". Si eliminano, pertanto, la preclusione delle società sportive professionistiche alla distribuzione ai soci dell'utile di esercizio e del residuo attivo della liquidazione, rendendo così tali società “a fini di lucro” a tutti gli effetti.

Per favorire poi lo sviluppo dell'azionariato popolare, all'art. 10 della Legge n.91 viene aggiunto un nuovo comma (la lettera “c”) con il quale si dispone che, in deroga a quanto previsto dalla legge n.216 del 1974, "non costituisce sollecitazione del pubblico risparmio il collocamento di azioni e di altri valori mobiliari effettuato dalle società sportive professionistiche tra persone fìsiche o giuridiche per importi unitari non superiori a dieci milioni di lire."

Inoltre il nuovo art.12 dispone che i controlli economico-finanziari della Federazione (effettuati dalla Co.vi.soc.) siano esercitati "al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi".

Il Decreto 485 del 1996 viene così convertito, il 18 Novembre 1996, nella Legge n°586 che però apporta ancora nuove decisive modifiche.

Una delle più importanti è la sostituzione del secondo comma dell’articolo 10 con una nuova versione la quale stabilisce che “l'atto costitutivo deve prevedere che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali", ampliando così praticamente all’infinito la sfera delle attività commerciali esercitabili, e dando ufficialmente l’avvio e lo sviluppo a tutte quelle forme di merchandising e promozione che i club calcistici svolgono tuttora. Ma rendendo anche le società di calcio, per esempio, dei potenziali editori e produttori di beni e servizi totalmente diversi dal singolo match sportivo, ma indissolubilmente legati alla squadra, all’immagine e al marchio della società stessa,

«trasformando anche spettacolarmente la visione del calcio»9, creando

9 Lago, Baroncelli, Szymanski, Ibidem.

nuove modalità di fruizione dello sport e nuovi modelli di consumo, e rendendo così definitivo lo sviluppo delle squadre di calcio come società di capitali.

Infine la nuova Legge n°586 inserisce un ulteriore comma all’articolo 10 con il quale si impone alle società calcistiche di reinvestire minimo il 10%

degli utili nel proprio Settore Giovanile, ed elimina il comma “c” – sempre dell’articolo 10 – dando così la possibilità alle società calcistiche che lo volessero di quotarsi in borsa.

2.3.2. Le conseguenze della sentenza Bosman

Questo nuovo quadro giuridico “post Bosman” ha determinato un nuovo modello di business del calcio professionistico italiano ed internazionale andando a modificare anche le linee di condotta non solo delle società calcistiche professionistiche interessate dal cambiamento e i propri dirigenti, ma inevitabilmente anche i comportamenti dei tifosi, degli sponsor, dei media e degli investitori.

Per quanto riguarda l’Italia la nuova legge del 1996 coincise con un momento di grandissima espansione del fenomeno calcio, dovuto ed influenzato in gran parte «dalla trasformazione dello spettacolo calcistico in format televisivo».10 Come è oramai facile riscontrare oggi i calendari degli impegni calcistici sono pesantemente condizionati dalle esigenze televisive, arrivando quasi ad essere creati secondo le volontà economiche delle aziende che controllano la “miniera d’oro” dei diritti tv. Questo fattore determinante ha inoltre aumentato in modo esponenziale il numero dei fruitori degli spettacoli sportivi allargando la fascia di spettatori e tifosi potenziali a livello mondiale.

1990 IL CALCIO IERI E OGGI 2000 1.068.000 Numero di calciatori tesserati per la FIGC 1.437.840

374 Numero di calciatori tesserati in Serie A 592 12,80% Percentuale di calciatori stranieri in Serie A 36%

47 Numero di gare ufficiali per la squadra che ha vinto lo scudetto 57 14 Numero di partite disputate dalla Nazionale 14 840 Fatturato totale dei club professionistici (mld di lire) 2.700

28 Fatturato medio di un club di Serie A (mld di lire) 114 60 Valore dei diritti tv di Campionato e Coppa Italia (mld di lire) 980 5 Ricavi televisivi del vincitore della Champions League (mld di lire) 56 199 Incassi totali da biglietti e abbonamenti in Serie A (mld di lire) 304 27.160 Numero medio di spettatori ad un incontro di Serie A 29.732 24.000 Spesa media al botteghino per un incontro di Serie A (lire) 33.470 25 Entrate totali da sponsor e pubblicità in Serie A e B (mld di lire) 370 20 Importo più elevato per il trasferimento di un calciatore (mld di lire) 110 3.019 Incasso lordo dei concorsi e delle scommesse sportive (mld di lire) 2.929

0 Numero di partite di Serie A trasmesse in diretta tv nella stagione 306 0 Numero di emittenti che trasmettono il calcio di Serie A e B in Pay-Tv e PPV 2

Fonte: FIGC

Questa indagine svolta dalla FIGC mette in evidenza le differenze più rilevanti tra il calcio in Italia degli anni novanta e quello del duemila, figlio della sentenza Bosman, delle nuove leggi, ma anche di un nuovo modo di pensare lo sport del football come business dalle mille risorse.

10 Ibidem.

Si può subito notare come il numero totale dei calciatori tesserati per la FIGC sia aumentato in dieci anni del 34,7% e del 58,3% nella sola Serie A, con un incremento notevole (dal 12,80% al 36%) della percentuale di calciatori stranieri nella massima serie; queste cifre sono accompagnate anche da un’evidente crescita dei costi di trasferimento dei giocatori, con una somma nel 2000 dell’acquisto più oneroso superiore di oltre 5 volte alla somma massima raggiunta nel 1990.

Ad attrarre maggiormente l’attenzione sono però tutte le cifre riferite ai fatturati e al giro d’affari delle squadre di calcio italiane. Risulta dall’indagine che il fatturato totale dei club professionistici e quello medio di un club di Serie A siano aumentati, dal 1990 al 2000, rispettivamente del 221% e del 307%.

Questo aumento vertiginoso del denaro incassato dalle società calcistiche è dovuto soprattutto agli introiti di sponsor e diritti televisivi, che non ai ricavi “da botteghino”. A fronte infatti, nell’arco del decennio analizzato, di un leggero aumento del numero medio di spettatori ad un incontro di Serie A, di un significativo aumento della spesa media al botteghino (rincaro del 40% in Serie A) e degli incassi totali da biglietti e abbonamenti in massima serie (aumento del 53%), la differenza abissale tra i ricavi di pubblicità e diritti televisivi diventa ancora più evidente. Nel 2000 i club calcistici hanno ricavato solamente in sponsorizzazioni e pubblicità quasi 15 volte quello che avevano guadagnato nel 1990, e il valore dei diritti televisivi delle partite della stagione di Campionato e Coppa Italia è aumentato nel decennio di 16 volte, con i soli ricavi televisivi del vincitore della Champions League cresciuti nel 2000 di 11 volte.

Questi dati non fanno quindi che sottolineare come nel “nuovo” calcio, nel

“neocalcio”, «le televisioni hanno trasformato i tifosi in audience, e gli sponsor li hanno trasformati in meri clienti.»11

Anche grazie a questa indagine della FIGC si può delineare come la spinta data dal repentino cambiamento normativo attuato dalle sentenze comunitarie e dalle leggi nazionali abbia apportato alcuni cambiamenti nelle “regole del gioco” e nei meccanismi di funzionamento del settore calcistico, tra cui soprattutto l’aumento del potere contrattuale dei giocatori nei confronti delle società e di conseguenza la necessità di queste ultime (ma anche ovviamente la possibilità) di ricercare nuove fonti di ricavo.

Questo trend è andato comunque negli ultimi anni leggermente diminuendo, coincidendo anche con le note problematiche del nostro calcio ormai in aperta crisi, causata da un eccessivo e repentino rigonfiamento della “bolla”

del calcio-business - impreparato evidentemente ad un cambiamento così radicale e radicato – che adesso rischia di scoppiare e lasciare dietro di se solo i cocci.

11 Liguori, Smargiasse, Ibidem.