L’invenzione della «canzone italiana»
2. Canzone, italianità musicale e pubblico nazionale
3.1. Sanremo e l’«italianità» della canzone
3.1.1. Restaurazione e valorizzazione: la Rai e Sanremo
Se si indaga sulla nascita dell’idea di «canzone italiana», i proclami che accompagnano il lancio del primo Festival di Sanremo nel 1951 sono particolarmente rivelatori. Merita riportare un lungo stralcio del primo articolo che il Radiocorriere dedica al Festival.
Una nuova iniziativa, volta a valorizzare la canzone italiana è stata recentemente promossa dalla Rai e avrà, questa settimana, la sua realizzazione conclusiva. L’intento principale è quello di promuovere un elevamento nel campo della musica leggera italiana, compatibilmente con i presupposti “popolari” propri del genere in se stesso, ma in maniera da colmare le sensibili manchevolezze che vi si riscontrano oggi, e da soddisfare le sia pure elementari esigenze estetiche che anche la canzone, in quanto espressione musicale, propone. Non va infatti dimenticato che spesso la canzone, nei suoi esempi migliori, ha saputo raggiungere una raffinata misura artistica ed un elevato livello espressivo, e che ad essa hanno rivolto il loro interesse, e talora fornito un contribuito concreto, famosi artisti e intellettuali di quasi ogni paese […].25
Dunque, «elevamento» del livello ma non troppo («compatibilmente con i presupposti “popolari” propri del genere»), e rimando alla condizione contemporanea della canzone italiana, «in maniera da colmare le sensibili manchevolezze che vi si riscontrano», nonostante le sue «esigenze estetiche» siano «elementari». La volontà di elevare il livello artistico della canzone italiana sarà un tema chiave del dibattito su di essa a partire, soprattutto, dalla fine degli anni cinquanta, e in maggior misura durante i sessanta. Queste ambizioni dichiarate potrebbero suonare fuori posto nel contesto di Sanremo, specie se se ne considerano gli esiti. Tuttavia, questa rete di discorsi sulla rivalutazione della canzone non ha valore solo aneddotico, ma è indice di qualcosa di più profondo in atto in quegli anni. L’articolo prosegue:
L’influsso della musica popolare afro-americana e ispano- americana – le cui due correnti principali, quella jazzistica e quella cubana e brasiliana, si ramificano in una infinità di
25 «Il festival della canzone italiana a Sanremo», Radiocorriere, a. 28, n. 5, 28 gennaio-
filiazioni commerciali e si intorbidano ingrossandosi – […] è divenuto via via più rilevante e col trascorrere degli ultimi anni ha impresso una fisionomia esotica alle canzoni dei diversi paesi europei attenuando sempre più i caratteri originali di queste e
l’aderenza al substrato etnico e sentimentale dei popoli da cui scaturiscono. La canzone italiana, che discende dai canti
napoletani e dalle romanze e si collega ad una tradizione lirica
insigne ma scarsa di evoluzioni recenti, è andata
particolarmente soggetta a questo influsso ed è venuta a mancare, negli ultimi anni, di un carattere originale e vivo. Con una serie di iniziative, la Rai cerca appunto di promuovere la rinascita di uno spirito veramente attivo nella canzone italiana e l’acquisizione di una individualità spiccata, indirizzando in tal senso gli autori e gli editori musicali. 26
Non è difficile riconoscere, nella critica alla «musica popolare afro-americana e ispano-americana», nel richiamo al carattere «originale» e al «substrato etnico», lessico e ambizioni simili a quelle della critica di epoca fascista. Ma a che cosa stanno guardando, i funzionari Rai, quando parlano della «canzone italiana […] che discende dai canti napoletani e dalle romanze e si collega ad una tradizione lirica insigne ma scarsa di evoluzioni recenti»? Che repertorio hanno in mente? Quello che la Rai sta proponendo è di fatto una restaurazione, o un revival, della canzone italiana, ma quel passato migliore a cui guardano i burocrati dell’ente come modello per migliorare la canzone a loro contemporanea – in realtà – non sembra essere mai esistito, esattamente come non esisteva, prima di allora, una «canzone italiana» pensata con tali elementi di coerenza interna.
Se si segue il Radiocorriere in questi anni, i riferimenti alla finalità di elevare la qualità della canzone e «valorizzare la musica leggera»27 compaiono
con frequenza proprio a partire dal 1951, né particolari proclami si ritrovano negli anni precedenti. A riprova di come il Festival nasca nel contesto di un generale ripensamento delle politiche culturali della Rai, appena una settimana dopo l’annuncio della nuova manifestazione il Radiocorriere torna sul tema del rilancio della canzone attraverso un recupero dei suoi «caratteri originari».
26 Ibidem, corsivi miei.
27 Così si esprime il direttore della giuria del Festival del 1951, Pier Bussetti, in Gianni
Giannantonio, «Il mondo cambia, le canzoni no», Radiocorriere, a. 28, n. 7, 11-17 febbraio, 1951.
Nella serie delle iniziative che la Radio ha promosso e promuove con l’intendimento di valorizzare la canzone italiana, di riportarla ai suoi caratteri originari, di elevare il livello artistico e la qualità espressiva della musica leggera e quindi, nel contempo, il gusto del vasto pubblico cui essa si rivolge, un nuovo contributo è stato ora fornito dalla Rai e le sue realizzazioni vengono presentate in questi giorni agli ascoltatori, quasi contemporaneamente a quelle del Festival della Canzone di San Remo. 28
L’articolo prosegue lamentando il «perdurare e anzi il più profondo radicarsi del procedimento “standard” […] nella stesura del testo e della musica delle canzoni», confrontando il presente della canzone italiana, con «la consuetudine dei grandi melodisti napoletani, dei famosi autori di romanze e dei canzonieri del periodo aureo del varietà e del cabaret», e con la chanson francese. Il paroliere si limiterebbe a un «adattamento ritmico senza vera libertà di inseguire le immagini suggerite dalla fantasia».
In questo rimare a freddo su uno schema prestabilito, oltreché nella sempre maggiore diffusione di forme derivate dalla musica popolare afroamericana e latino-americana, e nel loro influsso sui gusti del pubblico, si è talora pensato di identificare una delle cause dell’anodinità della canzone italiana e della fievolezza delle sue espressioni attuali, pur riconoscendo che vi concorrono alcuni fattori “costituzionali”, quali la scarsa duttilità della lingua italiana rispetto agli andamenti ritmici oggi in voga. 29
La radio si fa dunque carico, continua l’articolo, delle numerose «voci che si sono levate auspicando una “rinascita” della canzone italiana», e ha coinvolto i migliori autori commissionando loro un testo da far musicare. Le canzoni selezionate, che saranno trasmesse in programmi speciali, entreranno poi nel repertorio dell’orchestra del maestro Donadio, affinché la musica leggera italiana «adempia soddisfacentemente e con dignità di forma a quella funzione ricreativa che le è propria».
Ancora nel 1952, nel presentare la seconda edizione di Sanremo, quella che ne sancisce il successo nazionale, l’estensore dell’articolo tira in ballo ancora il modello francese, il ruolo degli intellettuali nel migliorare una «tradizione
28 «Un invito della radio ai canzonieri», Radiocorriere, a. 28, n. 6, 4-10 febbraio 1951,
pp. 16-17. Corsivo mio.
insigne ma scarsa di evoluzioni recenti […] venuta a mancare negli ultimi tempi di un vivo carattere originale e […] soggetta ad influssi esotici che ne alteravamo la intima natura e la aderenza al substrato etnico del popolo».30 Lo annuncia
persino Nunzio Filogamo, all’inizio della prima serata del Festival di quell’anno:
Il senso della manifestazione, come è noto, è quello di valorizzare ed elevare qualitativamente le espressioni della musica leggera del nostro paese. 31
Cenni a queste politiche culturali, negli stessi anni, emergono anche nella rubrica «Notizie della radio» sul periodico Approdo letterario (sempre della Rai), che comincia le sue pubblicazioni nel 1952. Secondo il trimestrale culturale, per l’«abbondanza» delle «iniziative nell’esteso dominio della musica leggera», addirittura «si sente la necessità di una selezione»,
così come si avverte il bisogno che le forme tipicamente italiane continuino a vivere e a distinguersi da quelle straniere, mantenendo quel prestigio e quel livello artistico che le hanno rese illustri.32
Si annuncia anche un «nuovo grande referendum destinato, come altre precedenti manifestazioni, a rialzare le sorti e a migliorare le fortune della canzone italiana».33
La promozione di manifestazioni come il Festival, dal punto di vista della Rai, è un modo per soddisfare la propria domanda di canzoni, e riaffermare il proprio controllo (che è anche contenutistico e stilistico) sull’offerta. In quanto maggior committente di «musica leggera» in Italia e principale interlocutore per gli editori musicali, e con la crescente crisi del varietà, la Rai cerca cioè di consolidare la propria posizione di forza. Il successo di Sanremo sortisce sicuramente degli effetti in tal senso. Prima della guerra il problema dell’Eiar,
30 N.T., «Il secondo festival della canzone italiana», Radiocorriere, a. 29, n. 5, 10-16
febbraio 1952. Sono argomentazioni che tornano nei discorsi degli intellettuali sulla canzone, in varie sedi: si veda il CAPITOLO 8.
31 Sanremo 1952. Cari Amici Vicini E Lontani, via Asiago 10, 2013, CD, disco 1, traccia
1.
32 G.B. Bernardi, «Notizie della radio», Approdo letterario, a. 2, luglio-settembre 1952,
pp. 126-127
33 G.B. Bernardi, «Notizie della radio», Approdo letterario, a. 2, gennaio-marzo 1953,
per ammissione di Giulio Razzi, era la mancanza di un numero di canzoni adeguato alle necessità della messa in onda, per poter rimpiazzare gli autori «ebrei e negri».34 Nel 1952, secondo una stima dello stesso, la radio trasmette
poco meno di ottomila canzoni sulle tre reti, passando ogni brano una dozzina di volte, e necessitando dunque di almeno settecento canzoni all’anno.35 Nel
1956 il problema sembra essersi addirittura ribaltato: se l’obiettivo fissato nel 1951 – innalzare il livello della canzone italiana – è rimasto invariato, ora
la produzione della canzoni in Italia è abbondante, troppo abbondante: e da qualche anno a questa parte si è ancor più dilatata, poiché agli autori affermati si sono via via aggiunti, come è naturale, i più giovani, tra i quali molti aspiranti autori non sufficientemente dotati. 36
Sono ora oltre diecimila le canzoni che arrivano alla Commissione di lettura: si rende dunque necessario un «contingentamento»: il 40% della produzione «sarà fornito dalla produzione edita e da quella provocata ad invito della Rai»,37
e il resto sarà garantito da due concorsi annuali. È una mossa unilaterale, questa dell’ente pubblico, che attira le critiche degli editori musicali,38 ma che piace ad
alcuni autori. Viene interpretata da alcuni come un passo concreto verso un miglioramento qualitativo del livello della canzone: «la canzone italiana sarà messa su una base di sicurezza nei confronti di quella straniera e sarà pure possibile difenderla dalla concorrenza della canzone regionale», afferma soddisfatto Mario Ruccione dalle pagine di Sorrisi e canzoni.39 Soprattutto, si
tratta di un forte aiuto alla produzione nazionale in chiave, ancora, protezionistica e di monopolio da parte della Rai.
Questa mossa arriva a distanza di pochi mesi dal Sanremo 1956, molto criticato per la presenza del direttore inglese «star» George Melachrino, che sarà rapidamente licenziato per ragioni decisamente pretestuose. Molto meglio – scrive Sorrisi e canzoni – il suo sostituto Trovajoli, che «saprà certamente
34 «Ancora della musica leggera», Radiocorriere, op. cit.
35 Angelo Nizza, «Carosello di canzoni al Festival di Sanremo», Nuova Stampa Sera, 30
gennaio 1952, p. 3.
36 «Concorso per 150 canzoni», Radiocorriere, a. 33, n. 21, 20-26 maggio 1956, p. 3. 37 Ibidem.
38 Il comunicato degli editori si può leggere in: «Orchestrina», Sorrisi e canzoni, a. 5, n.
21, 20 maggio 1956, p. 3.
portare, col suo repertorio, la “ventata di rinnovamento”, senza però falsare la natura stessa della canzone italiana».40 Lo stile dell’inglese, in particolare, è
criticato perché non sarebbe adatto alla «tradizione» del Festival. Sanremo, in cinque edizioni, è già divenuto una «tradizione», «per alcuni da salvaguardare, per altri da rifondare» (Facci & Soddu 2011, p. 58). La codificazione della formula-festival, e del tipo di canzone «italiana» a essa collegata, si è completata nel giro di pochi anni.
La salvaguardia di una sedicente «tradizione» e la promozione di una certa idea di «canzone italiana» che accompagnano la nascita e il successo di Sanremo sono dunque spiegabili nel contesto delle politiche della Rai. Anche il «protezionismo» – o meglio, la valorizzazione della produzione italiana su quella straniera – è una strategia dell’ente per consolidare il proprio monopolio sulla diffusione di canzoni, e facilitare un controllo centralizzato sull’editoria musicale.